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Un libro ricostruisce i retroscena del sequestro di Aldo Moro visto dal Vaticano.

Corriere della Sera Magazine-n° 11-2008

FUMATA NERA PER MORO TRENTANNI DOPO, UN LIBRO RICOSTRUISCE I RETROSCENA DEL SEQUESTRO VISTO DAL VATICANO. E FA I NOMI DEI PRELATI CHE OSTEGGIARONO LA TRATTATIVA

di Enrico Mannucci

A trent'anni dalla tragica conclusione, il rapimento Moro conserva numerose pagine oscure e continua ad alimentare ricerche e ricostruzioni che aggiungono tasselli trascurati, avanzano nuove ipotesi, prendono in esame i tanti ambiti in cui l'attacco dei brigatisti innescò conflitti e dinamiche divergenti. Il cardine su cui queste prevalentemente ruotarono (e, per certi versi, ruotano tuttora) è la possibilità di una trattativa, quella che i brigatisti chiesero con la liberazione dei loro compagni detenuti, o un'altra, nelle molte forme che vennero ipotizzate.

CON LO STATO o CON LE BR

Annachiara Valle, giornalista di Jesus impegnata nel campo delle carceri e dei manicomi, esplora la questione sul versante ecclesiastico con un libro in uscita per Rizzoli, Parole, opere e omissioni La Chiesa nell'Italia degli anni di piombo.

Perché anche dentro le mura del Vaticano ci si contrappose fra chi pensava soprattutto alla salvezza di Aldo Moro disposto anche a una qualche apertura verso le Br e chi faceva propria la posizione ufficiale del governo italiano, che vedeva in una mossa del genere un'incrinatura forse irrimediabile all'autorità dello Stato. In molti si muovono fra i prelati.

Il passaggio più importante viene qui ricostruito con particolari inediti, l'identità, innanzitutto, di chi si oppose a ogni tentativo di apertura. In questo senso si muove monsignor Luigi Bettazzi, il vescovo di Ivrea, che il 3 maggio (sei giorni prima del ritrovamento del cadavere di Moro in via Caetani) va in Vaticano e spiega a monsignor Giuseppe Caprio, so stituto di Stato della Santa Sede, l'iniziativa progettata con Al berto Abiondi, vescovo di Livor no, e con Clemente Riva, vesco vo ausiliario di Roma.

I tre si offrono come ostaggi in cambio di Moro: «Ci muoveremo noi, in prima persona. Ma vorremmo che il Vaticano ci desse un via libera».

La risposta di Caprio è raggelante (la vicenda era nota nei termi ni generali, ma non era identifi cato il protagonista del diniego):

«Ha già fatto troppo il Papa, non occorre esporsi di più. Non c'è nulla da fare. È meglio che muoia un uomo solo piuttosto che tut ta la nazione perisca».

Inutile che il vescovo insista osservando che dei contatti con ambienti vicini alle Br sono stati attivati, che erano stati previsti dei segnali da lanciare. Cercando un ultimo spi raglio, disse: «Farò come non fossi venuto».
Caprio rispose: «Poteva non venire... le proibiamo di offrirsi come ostaggio».
Bettazzi legge la reazione in maniera netta: «Una "lezione" che si voleva dare a chi voleva inserire le "sinistre" nei gangli del potere».

Nella ricostruzione di Valle, non è l'unico episodio che si può interpretare così. C'è il celebre appello di Paolo VI, per esempio, che viene ripetutamente corretto negli ambienti della Curia inserendo l'espressione «senza condizioni» che toglie margini a una risposta brigatista. Dice Valle: «Il partito ostile alla trattativa era in larga parte influenzato dal governo italiano e soprattutto da Andreotti che aveva un filo diretto con il segretario di Stato, Agostino Casaroli. In più c'erano gli ambienti vaticani che non volevano l'apertura al Pei operata da Moro».

Parole, opere e omissioni La Chiesa nell'Italia degli anni dì piombo di Annachiara Valle, giornalista di Jesus (in uscita per Rizzoli)

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