Per il papa il futuro della Chiesa
in America latina e nel mondo è legato all'obbedienza a Lui.
E ha
sentito il dovere di ricordarlo ai vescovi
di Sandro Magister www.chiesa.espressonline.it
ROMA, 15 maggio 2007 – Tra i dodici discorsi, omelie, messaggi, saluti
pronunciati da Benedetto XVI nei quattro giorni del suo viaggio in Brasile,
il più atteso era il discorso inaugurale della quinta conferenza
dell'episcopato latinoamericano e dei Caraibi, ad Aparecida.
Ma il discorso che sarà ricordato in futuro, come il più rivelatore
degli obiettivi del papa, è stato un altro. È stato quello
da lui rivolto ai vescovi del Brasile nella cattedrale di San Paolo, al
termine dei vespri di venerdì 11 maggio .
È il discorso riprodotto più sotto.
Il papa lo comincia con parole "più taglienti di una spada":
le parole del Nuovo Testamento sull'obbedienza perfetta al Padre di Gesù,
salvatore di tutti proprio perché obbediente in tutto, fino alla
croce. I vescovi – afferma – sono semplicemente "legati" a
questa obbedienza: la loro missione è predicare la verità,
battezzare, "salvare le anime una ad una" nel nome di Gesù.
"Questa, e non altra, è la finalità della Chiesa",
sottolinea Benedetto XVI. Quindi, dove latita la verità della fede
cristiana e dove i sacramenti non sono celebrati "manca l’essenziale
anche per la soluzione degli urgenti problemi sociali e politici".
Le consegne date dal papa ai vescovi brasiliani nel seguito del discorso
discendono tutte da questo fondamento. Il chiaro intento di Benedetto XVI è di
ricentrare su Gesù vero Dio e vero uomo la vita della Chiesa latinoamericana:
una Chiesa che a suo giudizio, negli ultimi decenni, s'è troppo
decentrata sul terreno sociopolitico, sotto l'influsso della teologia della
liberazione.
Per Benedetto XVI, una forte evangelizzazione è la vera risposta
agli attacchi alla famiglia, ai delitti contro la vita, all'abbandono del
cattolicesimo a vantaggio dei nuovi culti "evangelical" e pentecostali.
Anche il celibato del clero vacilla quando "la struttura della totale
consacrazione a Dio comincia a perdere il suo significato più profondo".
E anche ai poveri va offerto "il balsamo divino della fede, senza
trascurare il pane materiale".
Evangelizzare significa insegnare la verità cristiana integrale,
come sintetizzata nel Catechismo. Significa celebrare i sacramenti, specialmente
la Confessione e l'Eucaristia: la Confessione non collettiva ma individuale
perché "il peccato costituisce un fatto profondamente personale" e
l'Eucaristia con fedeltà alle norme perché essa "non è mai
proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della
comunità".
Ai vescovi, il papa chiede di vigilare sulla produzione teologica, di curare
la formazione dei preti, di praticare l'ecumenismo senza dimenticare che "l’unica
Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal successore
di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui".
In ciascuna di queste consegne date da Benedetto XVI ai vescovi del Brasile è facile
intuire le situazioni che le provocano: dallo sfrenato spontaneismo liturgico
alle violazioni diffuse del celibato sacerdotale. Il papa non si è dilungato
nel descrivere tali situazioni. Esattamente come non ha pronunciato nessuna
parola esplicita – contrariamente alle attese di molti – sulla
teologia della liberazione. Anche a un'analisi del successo dei culti pentecostali
egli ha dedicato solo minimi cenni. E non ha incontrato nessuno dei leader
di questi culti, nemmeno nel fuggevole saluto programmato a San Paolo con
i capi di altre confessioni cristiane e religioni.
Viceversa, Benedetto XVI ha centrato tutta la sua predicazione sul fondamento
da cui è partito nel discorso ai vescovi: Gesù. Ha fatto
cioè la stessa opera di concentrazione sull'essenziale che caratterizza
la sua enciclica "Deus caritas est" e il suo libro "Gesù di
Nazaret".
Le analisi e le linee d'azione le affida ai vescovi e ai delegati della
conferenza continentale da lui inaugurata ad Aparecida il 13 maggio. A
loro ha semplicemente indicato l'obiettivo.
Ad esempio, a proposito del "proselitismo aggressivo" dei culti
pentecostali, egli non ha proposto una contro-propaganda dello stesso tipo.
Ha detto invece, nell'omelia della messa di domenica 13 maggio:
"La Chiesa non fa proselitismo. Essa si sviluppa piuttosto per 'attrazione'.
Come Cristo 'attira tutti a sé' con la forza del suo amore, culminato
nel sacrificio della Croce, così la Chiesa compie la sua missione
nella misura in cui, associata a Cristo, compie ogni sua opera in conformità spirituale
e concreta alla carità del suo Signore".
È un messaggio che Benedetto XVI rivolge non solo al Brasile o all'America
latina, ma alla Chiesa di tutto il mondo.
"Questa, e non altra, è la finalità della
Chiesa..."
di Benedetto XVI – San Paolo del Brasile, 11 maggio 2007
Amati
fratelli nell’episcopato!
"Pur essendo Figlio di Dio, imparò tuttavia l'obbedienza dalle
cose che patì e, reso perfetto, divenne causa di salvezza eterna
per tutti coloro che gli obbediscono" (cfr Ebrei 5, 8-9).
1. Il testo che abbiamo appena ascoltato nella lettura breve dei Vespri
odierni contiene un profondo insegnamento. Anche in questo caso constatiamo
che la Parola di Dio è viva e più tagliente di una spada
a doppio taglio, penetra fino alla giuntura dell’anima, procurandole
sollievo e stimolando i suoi servitori fedeli (cfr Ebrei 4, 12). [...]
2. Il Brasile accoglie con la sua tradizionale ospitalità i partecipanti
alla V conferenza dell’episcopato latinoamericano. [...] Si tratta
di un grande evento ecclesiale che si situa nell’ambito dello sforzo
missionario che l’America Latina dovrà assumersi, proprio
a partire da qui, dal suolo brasiliano. È per questo che ho voluto
rivolgermi inizialmente a voi, vescovi del Brasile, evocando quelle parole
dense di contenuto della Lettera agli Ebrei: "Pur essendo Figlio,
imparò l’obbedienza dalle cose che patì e, reso perfetto,
divenne causa di salvezza eterna per tutti coloro che gli obbediscono".
Esuberanti nel loro significato, questi versetti parlano della compassione
di Dio per noi, espressa nella passione del suo Figlio; e parlano della
sua obbedienza, della sua libera e cosciente adesione ai disegni del
Padre, esplicitata in modo speciale nella preghiera nel monte degli Ulivi: "Non
sia fatta la mia, ma la tua volontà" (Luca 22,42).
Così, è Gesù stesso che ci insegna che la vera via
di salvezza consiste nel conformare la nostra volontà a quella di
Dio. È precisamente ciò che chiediamo nella terza invocazione
della preghiera del Padre Nostro: che sia fatta la volontà di Dio
come in cielo così in terra, poiché laddove regna la volontà di
Dio, lì è presente il Regno di Dio. Gesù ci attira
con la sua volontà, con la volontà del Figlio, ed in questo
modo ci guida verso la salvezza. Andando incontro alla volontà di
Dio, con Gesù Cristo, apriamo il mondo al Regno di Dio.
Noi vescovi siamo convocati per manifestare questa verità centrale,
poiché siamo legati direttamente a Cristo, Buon Pastore. La missione
che ci è affidata, come maestri della fede, consiste nel ricordare,
come lo stesso Apostolo delle Genti scriveva, che il nostro Salvatore "vuole
che tutti gli uomini siano salvati e arrivino alla conoscenza della verità" (1
Timoteo 2,4-6).
Questa, e non altra, è la finalità della Chiesa: la salvezza
delle anime, una ad una. Il Padre perciò ha inviato il suo Figlio,
e "come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi", è detto
in San Giovanni (Giovanni 20, 21).
Da qui, il mandato di evangelizzare: "Andate dunque e ammaestrate
tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello
Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho
comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Matteo
28,19-20). Sono parole semplici e sublimi, nelle quali sono indicati l’obbligo
di predicare la verità della fede, l’urgenza della vita sacramentale,
la promessa dell’aiuto continuo di Cristo alla sua Chiesa.
Queste sono realtà fondamentali e si riferiscono all’istruzione
nella fede e nella morale cristiana, così come alla pratica dei
sacramenti. Laddove Dio e la sua volontà non sono conosciuti, dove
non esiste la fede in Gesù Cristo, e nella sua presenza nelle
celebrazioni sacramentali, manca l’essenziale anche per la soluzione
degli urgenti problemi sociali e politici. La fedeltà al primato
di Dio e della sua volontà, conosciuta e vissuta in comunione con
Gesù Cristo, è il dono essenziale che noi Vescovi e sacerdoti
dobbiamo offrire alla nostra gente (cfr Populorum Progressio, 21).
3. Il ministero episcopale ci spinge così al discernimento della
volontà salvifica, nella ricerca di una pastorale che educhi il
popolo di Dio a riconoscere ed accogliere i valori trascendenti, in fedeltà al
Signore e al Vangelo.
È vero che i tempi presenti risultano difficili per la Chiesa e
molti dei suoi figli sono tribolati. La vita sociale sta attraversando
momenti di smarrimento sconcertante. Viene attaccata impunemente la santità del
matrimonio e della famiglia, cominciando dal fare concessioni di fronte
a pressioni capaci di incidere negativamente sui processi legislativi;
si giustificano alcuni delitti contro la vita nel nome dei diritti della
libertà individuale; si attenta contro la dignità dell’essere
umano; si diffonde la ferita del divorzio e delle libere unioni.
Più ancora: quando, in seno alla Chiesa, è messo in questione
il valore dell’impegno sacerdotale come affidamento totale a Dio
attraverso il celibato apostolico e come totale disponibilità a
servire le anime, e si dà la preferenza alle questioni ideologiche
e politiche, anche partitiche, la struttura della totale consacrazione
a Dio comincia a perdere il suo significato più profondo.
Come non sentire tristezza nella nostra anima? Ma abbiate fiducia: la
Chiesa è santa
e incorruttibile (cfr Efesini 5, 27). Diceva Sant’Agostino: "La
Chiesa vacillerà, se vacilla il suo fondamento; ma potrà forse
Cristo vacillare? Visto che Cristo non vacilla, la Chiesa rimarrà intatta
fino alla fine dei tempi" (Enarrationes in Psalmos, 103, 2, 5; PL
37, 1353).
Tra i problemi che affliggono la vostra sollecitudine pastorale c’è,
senza dubbio, la questione dei cattolici che abbandonano la vita ecclesiale.
Sembra chiaro che la causa principale, tra le altre, di questo problema
possa essere attribuita alla mancanza di un’evangelizzazione in
cui Cristo e la sua Chiesa stiano al centro di ogni formulazione.
Le persone più vulnerabili al proselitismo aggressivo delle sette – che
costituisce motivo di giusta preoccupazione – e incapaci di resistere
agli assalti dell’agnosticismo, del relativismo e del laicismo sono
in genere i battezzati non sufficientemente evangelizzati, facilmente influenzabili
perché possiedono una fede fragile e, a volte, confusa, vacillante
ed ingenua, anche se conservano una religiosità innata.
Nell’enciclica "Deus caritas est", ho ricordato che "all'inizio
dell'essere cristiano non c'è una decisione etica o una grande idea,
bensì l'incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla
vita un nuovo orizzonte e con ciò la direzione decisiva" (n.
1). È necessario, pertanto, avviare l’attività apostolica
come una vera missione nell’ambito del gregge costituito dalla Chiesa
in Brasile, promovendo un’evangelizzazione metodica e capillare in
vista di un’adesione personale e comunitaria a Cristo. Si tratta
infatti di non risparmiare sforzi per andare alla ricerca dei cattolici
che si sono allontanati e di coloro che conoscono poco o niente Gesù Cristo,
attraverso una pastorale dell’accoglienza che li aiuti a sentire
la Chiesa come un luogo privilegiato dell’incontro con Dio e mediante
un itinerario catechistico permanente.
Si richiede, in una parola, una missione evangelizzatrice che interpelli
tutte le forze vive di questo gregge immenso. Il mio pensiero pertanto
va ai sacerdoti, ai religiosi, alle religiose ed ai laici che si prodigano,
molte volte con difficoltà immense, per la diffusione della verità evangelica.
Molti di loro collaborano o partecipano attivamente nelle associazioni,
nei movimenti e nelle altre nuove realtà ecclesiali che, in comunione
con i loro pastori ed in conformità con gli orientamenti diocesani,
portano la loro ricchezza spirituale, educativa e missionaria nel cuore
della Chiesa, come preziosa esperienza e proposta di vita cristiana.
In questo sforzo evangelizzatore, la comunità ecclesiale si distingue
per le iniziative pastorali, inviando soprattutto nelle case delle periferie
urbane e dell’interno i suoi missionari, laici o religiosi, cercando
di dialogare con tutti in spirito di comprensione e di delicata carità.
Tuttavia, se le persone incontrate vivono in una situazione di povertà,
bisogna aiutarle come facevano le prime comunità cristiane, praticando
la solidarietà perché si sentano veramente amate.
La gente povera delle periferie urbane o della campagna ha bisogno di
sentire la vicinanza della Chiesa, sia nell’aiuto per le necessità più urgenti,
sia nella difesa dei suoi diritti e nella promozione comune di una società fondata
sulla giustizia e sulla pace. I poveri sono i destinatari privilegiati
del Vangelo, ed il vescovo, formato ad immagine del Buon Pastore, deve
essere particolarmente attento a offrire il balsamo divino della fede,
senza trascurare il "pane materiale". Come ho potuto mettere
in risalto nell’enciclica "Deus caritas est", "la
Chiesa non può trascurare il servizio della carità, così come
non può tralasciare i sacramenti e la Parola" (n. 22).
La vita sacramentale, specialmente attraverso la Confessione e l’Eucaristia,
assume qui un’importanza di prima grandezza.
A voi pastori spetta il compito principale di assicurare la partecipazione
dei fedeli alla vita eucaristica e al sacramento della Riconciliazione;
dovete vigilare perché l’accusa e l’assoluzione dei
peccati siano ordinariamente individuali, così come il peccato costituisce
un fatto profondamente personale (cfr Esort. ap. postsinodale Reconciliatio
et Paenitentia, 31, III). Soltanto l’impossibilità fisica
o morale esime il fedele da questa forma di confessione, potendo lui in
questo caso ottenere la riconciliazione con altri mezzi (cfr can. 960;
cfr Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 311). È opportuno,
perciò, inculcare nei sacerdoti la pratica della disponibilità generosa
ad accogliere i fedeli che ricorrono al sacramento della misericordia
di Dio (cfr Lett. ap. Misericordia Dei, n. 2).
4. Ripartire da Cristo in tutti gli ambiti della missione, riscoprire
in Gesù l’amore e la salvezza che il Padre ci dà, mediante
lo Spirito Santo: tale è la sostanza, la radice della missione
episcopale che fa del vescovo il primo responsabile della catechesi diocesana.
Spetta a lui, infatti, la direzione superiore della catechesi, circondandosi
di collaboratori competenti e degni di fiducia. È ovvio, pertanto,
che i suoi catechisti non sono semplici comunicatori di esperienze di fede,
ma devono essere autentici araldi, sotto la guida del loro pastore, delle
verità rivelate. La fede è un cammino condotto dallo Spirito
Santo che si compendia in due parole: conversione e sequela. Queste due
parole-chiave della tradizione cristiana indicano chiaramente che la fede
in Cristo implica una prassi di vita fondata sul duplice comandamento dell’amore
di Dio e del prossimo, ed esprimono anche la dimensione sociale della
vita.
La verità suppone una conoscenza chiara del messaggio di Gesù trasmessa
grazie ad un linguaggio inculturato comprensibile, ma necessariamente
fedele alla proposta del Vangelo.
Nei tempi attuali è urgente una conoscenza adeguata della fede,
com’è ben riepilogata nel Catechismo della Chiesa Cattolica,
con il suo Compendio. Fa parte della catechesi essenziale anche l’educazione
alle virtù personali e sociali del cristiano, così come
l’educazione alla responsabilità sociale. Precisamente perché fede,
vita e celebrazione della sacra liturgia come fonte di fede e di vita sono
inseparabili, è necessaria una più corretta applicazione
dei principi indicati dal Concilio Vaticano II, riguardanti la Liturgia
della Chiesa, incluse le disposizioni contenute nel Direttorio per i Vescovi
(cfr nn. 145-151), con il proposito di restituire alla Liturgia il suo
carattere sacro. È con questa finalità che il mio Venerabile
Predecessore sulla Cattedra di Pietro, Giovanni Paolo II, ha voluto rinnovare "un
caldo appello perché, nella Celebrazione eucaristica, le norme liturgiche
siano osservate con grande fedeltà… La liturgia non è mai
proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della
comunità nella quale si celebrano i santi misteri" (Lett.
enc. Ecclesia de Eucharistia, 52).
Riscoprire e apprezzare l’ubbidienza alle norme liturgiche da parte
dei Vescovi, come "moderatori della vita liturgica della Chiesa",
significa rendere testimonianza della Chiesa stessa, una ed universale,
che presiede nella carità.
5. Bisogna fare un salto di qualità nella vita cristiana del popolo,
perché possa testimoniare la sua fede in maniera limpida e chiara.
Questa fede, celebrata e partecipata nella liturgia e nella carità,
nutre e rinvigorisce la comunità dei discepoli del Signore, mentre
li edifica come Chiesa missionaria e profetica. L’episcopato brasiliano
possiede una struttura di grande portata, i cui statuti sono stati recentemente
rivisti per la loro migliore attuazione ed una più esclusiva dedizione
al bene della Chiesa. Il papa è venuto in Brasile per chiedere
che, al seguito della Parola di Dio, tutti i venerabili fratelli nell’episcopato
sappiano essere portatori di eterna salvezza per tutti coloro che obbediscono
a Cristo (cfr Ebrei 5,10).
Noi pastori, sulla scia dell’impegno assunto come successori degli
Apostoli, dobbiamo essere fedeli servitori della Parola, senza visioni
riduttive né confusioni nella missione che ci è affidata.
Non basta osservare la realtà a partire dalla fede personale; è necessario
lavorare con il Vangelo alla mano ed ancorati all’autentica eredità della
Tradizione Apostolica, senza interpretazioni motivate da ideologie razionalistiche.
Così, "nelle Chiese particolari spetta al vescovo conservare
ed interpretare la Parola di Dio e giudicare con autorità ciò che
risulta essere o non essere in conformità con essa" (Congregazione
per la Dottrina della Fede, Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo,
n. 19). Egli, come Maestro di fede e di dottrina, potrà contare
sulla collaborazione del teologo che, "nella sua dedizione al servizio
della verità, dovrà, per rimanere fedele alla sua funzione,
tenere conto della missione propria del Magistero e con esso collaborare" (ibid.,
n. 20). Il dovere di conservare il deposito della fede e di mantenere la
sua unità richiede una stretta vigilanza, in modo tale che esso
sia "conservato e trasmesso fedelmente, e che le posizioni particolari
siano unificate nell’integrità del Vangelo di Cristo" (Direttorio
per il Ministero Pastorale dei Vescovi, n. 126).
Ecco quindi l’enorme responsabilità che assumete come formatori
del popolo, specialmente dei vostri sacerdoti e religiosi. Sono loro i
vostri fedeli collaboratori. Conosco l’impegno con il quale cercate
di formare le nuove vocazioni sacerdotali e religiose. La formazione teologica
e nelle discipline ecclesiastiche richiede un aggiornamento costante, ma
sempre in accordo con l’autentico magistero della Chiesa.
Faccio appello al vostro zelo sacerdotale ed al senso di discernimento
delle vocazioni, anche per sapere completare la dimensione spirituale,
psico-affettiva, intellettuale e pastorale nei giovani maturi e disponibili
al servizio della Chiesa. Un buono ed assiduo accompagnamento spirituale è indispensabile
per favorire la maturazione umana, ed evita il rischio di deviazioni nel
campo della sessualità. Tenete sempre presente che il celibato sacerdotale
costituisce un dono "che la Chiesa ha ricevuto e vuole conservare,
convinta che esso è un bene per lei e per il mondo" (Direttorio
per il Ministero e la Vita dei Presbiteri, n. 57).
Vorrei raccomandare alla vostra sollecitudine anche le comunità religiose
che si inseriscono nella vita della vostra diocesi. Esse offrono un contributo
prezioso, poiché "vi sono diversità di carismi, ma uno
solo è lo Spirito" (1 Corinti 12,4). La Chiesa non può non
manifestare gioia ed apprezzamento per tutto quello che i religiosi vanno
realizzando attraverso le università, le scuole, gli ospedali
ed altre opere ed istituzioni.
6. Conosco la dinamica delle vostre assemblee e lo sforzo per definire
i diversi piani pastorali in modo che diano la priorità alla formazione
del clero e degli operatori della pastorale. Alcuni di voi hanno incoraggiato
movimenti di evangelizzazione per facilitare il raggruppamento dei fedeli
in una certa linea d’azione. Il successore di Pietro conta su di
voi, perché la vostra preparazione poggi sempre sulla spiritualità di
comunione e di fedeltà alla sede di Pietro, affinché sia
sicuro che l’azione dello Spirito non sia vana. Infatti, l’integrità della
fede, insieme alla disciplina ecclesiale, è e sempre sarà un
tema che richiederà attenzione e impegno da parte di tutti voi,
soprattutto quando si tratta di trarre le conseguenze dal fatto che esiste "una
sola fede ed un solo battesimo".
Come sapete, tra i diversi documenti che si occupano dell’unità dei
cristiani si trova il Direttorio per l’Ecumenismo, pubblicato dal
pontificio consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani.
L’ecumenismo, ossia la ricerca dell’unità dei cristiani
diventa in questo nostro tempo, nel quale si verifica l’incontro
delle culture e la sfida del secolarismo, un compito sempre più urgente
della Chiesa cattolica.
In conseguenza, però, della moltiplicazione di sempre nuove denominazioni
cristiane e, soprattutto di fronte a certe forme di proselitismo, frequentemente
aggressivo, l’impegno ecumenico diventa un lavoro complesso. In tale
contesto, è indispensabile una buona formazione storica e dottrinale,
che abiliti al necessario discernimento ed aiuti a capire l’identità specifica
di ognuna delle comunità, gli elementi che dividono e quelli che
aiutano nel cammino verso la costruzione dell’unità.
Il grande campo comune di collaborazione dovrebbe essere la difesa dei
valori morali fondamentali, trasmessi dalla tradizione biblica, contro
la loro distruzione in una cultura relativistica e consumistica; e ancora,
la fede in Dio Creatore ed in Gesù Cristo, suo Figlio incarnato.
Inoltre, vale sempre il principio dell’amore fraterno e della ricerca
di comprensione e di avvicinamenti reciproci; ma anche la difesa della
fede del nostro popolo, confermandolo nella gioiosa certezza che l’"unica
Christi Ecclesia… subsistit in Ecclesia catholica, a successore
Petri et Episcopis in eius communione gubernata" ("l’unica
Chiesa di Cristo… sussiste nella Chiesa cattolica, governata dal
successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con lui" – Lumen
Gentium, 8).
In tale senso si procederà verso un dialogo ecumenico franco, per
il tramite del consiglio nazionale delle Chiese cristiane, impegnandosi
al pieno rispetto delle altre confessioni religiose, desiderose di rimanere
in contatto con la Chiesa cattolica che è in Brasile.
7. Non costituisce affatto una novità la constatazione che il
vostro paese convive con un disavanzo storico di sviluppo sociale, le
cui tracce estreme sono il vasto contingente di brasiliani che vivono
in situazione di indigenza ed una disuguaglianza nella distribuzione
del reddito, che arriva a livelli molto elevati.
A voi, venerabili fratelli, come gerarchia del popolo di Dio, spetta
promuovere la ricerca di soluzioni nuove e colme di spirito cristiano.
Una visione dell’economia e dei problemi sociali, dalla prospettiva della dottrina
sociale della Chiesa, porta a considerare le cose sempre dal punto di vista
della dignità dell’uomo, che trascende il semplice gioco dei
fattori economici. Bisogna, quindi, lavorare instancabilmente a favore
della formazione dei politici, come anche di tutti i brasiliani che hanno
un determinato potere di decisione, grande o piccolo che sia, ed in genere
di tutti i membri della società, in modo tale che assumano pienamente
le proprie responsabilità e sappiano dare un volto umano e solidale
all’economia.
È necessario formare nelle classi politiche ed imprenditoriali un
genuino spirito di veracità e di onestà. Coloro che assumono
un ruolo di leadership nella società devono cercare di prevedere
le conseguenze sociali, dirette ed indirette, a breve e lungo termine,
delle proprie decisioni, agendo secondo criteri di massimizzazione del
bene comune, invece di cercare profitti personali.
8. A Dio piacendo, carissimi fratelli, troveremo altre opportunità per
approfondire le questioni che interpellano la nostra congiunta sollecitudine
pastorale. Questa volta ho voluto, certamente non in maniera esaustiva,
esporre i temi più rilevanti che si impongono alla mia considerazione
di pastore della Chiesa universale.
Vi partecipo il mio affettuoso incoraggiamento, che è al tempo stesso
una fraterna e sentita supplica: perché proseguiate e lavoriate
sempre, come già andate facendo, nella concordia, avendo per vostro
fondamento una comunione che nell’Eucaristia trova il suo momento
culminante e la sua sorgente inesauribile.
Vi affido tutti a Maria Santissima, Madre di Cristo e Madre della Chiesa,
mentre di cuore imparto a ciascuno di voi ed alle vostre rispettive comunità la
benedizione apostolica.
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