Un Laocoonte per la Chiesa del XXI secolo :
l’emblema della civiltà classica ricapitolata nel cristianesimo.

di Sandro Magister- www.chiesa.espressonline.it

Riscoperte. Un Laocoonte per la Chiesa del XXI secolo
Grande mostra a Roma sulla più celebre statua dell’antichità. Papa Giulio II la volle in Vaticano. Per ragioni identiche a quelle sostenute da Benedetto XVI a Ratisbona


ROMA, 8 dicembre 2006 – Cinquecento anni fa papa Giulio II benedisse la prima pietra della nuova erigenda basilica di San Pietro e collocò in Vaticano una scultura del I secolo avanti Cristo spuntata fuori proprio quell’anno, il 1506, dal terreno di una vigna di Roma: il Laocoonte, forse la più celebrata statua dell’antichità.

Le due decisioni erano tra loro legate. Con il Laocoonte e con la nuova, grandiosa basilica papale – progettata “come un Pantheon sopra le Terme di Caracalla”, secondo un detto attribuito al Bramante – Giulio II voleva far rinascere la Chiesa sulle fondamenta della civiltà greca e romana. La Santa Sede celebra questo doppio evento con due mostre inaugurate nelle scorse settimane: una dedicata alla basilica di San Pietro e un’altra al Laocoonte.
E ciò che colpisce è la straordinaria attualità di entrambe le mostre. Perché, mezzo millennio dopo, Benedetto XVI sta ridando vita proprio alla visione che fu di Giulio II e dei grandi artisti che egli mise all’opera, da Raffaello a Michelangelo.

Questo, infatti, è ciò che Benedetto XVI ha detto nella memorabile lezione di Ratisbona, “magna carta” del suo pontificato: il vicendevole avvicinamento tra la fede biblica e il pensiero greco é “un dato che ci obbliga anche oggi”; il patrimonio greco “è una parte integrante della fede cristiana”.
Il Laocoonte è l’emblema della civiltà classica ricapitolata nel cristianesimo.

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Il Laocoonte fu scoperto scavando in una vigna di Roma, in una fredda mattina del febbraio 1506.

Immediatamente papa Giulio II mandò sul posto il suo architetto Giuliano da Sangallo e Michelangelo. Ed essi non ebbero dubbi: quello era il famoso gruppo scultoreo che Plinio il Vecchio aveva visto e descritto nel palazzo di Tito, l’imperatore romano che distrusse Gerusalemme nel 70 dopo Cristo.

Un mese dopo il Laocoonte era in Vaticano per volontà del papa: primo di una collezione di capolavori che sarebbe poi divenuta museo pontificio. Datato tra il 40 e il 20 avanti Cristo, ha per autori tre scultori dell’isola di Rodi: Athanodoro, Agesandro e Polidoro.

Laocoonte era il sacerdote di Troia che aveva intuito l’inganno del cavallo di legno con cui i greci stavano per impadronirsi della città. Ma prima che egli potesse avvertire i suoi concittadini, due serpenti mandati dagli dei nemici uccisero lui e i suoi due figli.

Dal suo sacrificio derivarono quindi la caduta di Troia e la fuga di Enea verso le coste italiane, dove i suoi discendenti fondarono Roma: l’epopea celebrata da Virgilio nell’Eneide.

Come fondatore della nuova Roma cristiana, papa Giulio II giudicò quindi “provvidenziale” la scoperta del Laocoonte. Collocò la statua nel cortile del Belvedere, sul livello più alto del colle Vaticano, nel nuovo complesso architettonico disegnato dal Bramante sul modello del tempio della Fortuna Primigenia a Palestrina. E presto affiancò al Laocoonte altri capolavori antichi già in suo possesso, tra i quali l’Apollo del Belvedere.

Sugli artisti che Giulio II chiamò a lavorare in Vaticano – e anche su molti artisti dei secoli successivi – quelle statue ebbero un impatto straordinario.

Il profeta Giona che domina la volta della Cappella Sistina affrescata da Michelangelo ha nel Laocoonte il suo modello.

Anche il Cristo del Giudizio Universale dipinto dallo stesso Michelangelo ha il corpo del Laocoonte e il volto dell’Apollo del Belvedere.

Ma non si tratta di similitudini solo di forma. L’arte classica che prorompe nell’arte rinascimentale riflette una visione di Chiesa che rappacifica il popolo di Dio e i pagani, che affianca i profeti dell’Antico Testamento alle sibille, che mostra i grandi pensatori antichi in cammino verso la Città di Dio. La “Scuola di Atene” affrescata da Raffaello nelle Stanze Vaticane non solo raccoglie i filosofi sotto le volte dell’erigenda nuova basilica di San Pietro, ma li colloca di fronte alla “Disputa del Santissimo Sacramento”, anzi, sembra farli muovere verso l’altare con l’ostia consacrata e la Trinità e la Chiesa terrena e celeste.

Il pagano Laocoonte è parte essenziale di questa visione di Chiesa.
Che è la stessa di Benedetto XVI.