Come essere forze
di pace nel mondo
di Benedetto XVI
Il papa si è recato a Rhemes Saint-Georges,
in una piccola parrocchia di montagna, e alle persone che gremivano
la chiesetta ha dettato una meditazione sul brano di san Paolo
letto nelle messe di quella domenica.
Il brano era tratto dalla Lettera agli Efesini, 2, 13-18:
“Ora in Cristo Gesù voi che un tempo eravate i lontani
siete diventati i vicini grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la
nostra pace, colui che ha fatto dei due un popolo solo, abbattendo
il muro di separazione che era frammezzo, cioè l'inimicizia,
annullando, per mezzo della sua carne, la legge fatta di prescrizioni
e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo,
facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo
corpo, per mezzo della croce, distruggendo in se stesso l'inimicizia.
Egli è venuto perciò ad annunziare pace a voi che eravate
lontani e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui possiamo
presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito”.
E così Benedetto XVI l’ha commentato:
Solo una breve parola di meditazione sulla lettura che abbiamo ascoltato.
Ci colpisce nel sottofondo della situazione drammatica del Vicino
Oriente la bellezza della visione illustrata dall’apostolo
Paolo: Cristo è la nostra pace. Ha riconciliato gli uni e
gli altri, ebrei e pagani, unendoli nel suo corpo. Ha superato l’inimicizia
nel suo corpo, sulla croce. Con la sua morte ha superato l’inimicizia
e ci ha uniti tutti nella sua pace.
Ci colpisce, però, ancor più della bellezza di questa
visione, il contrasto con la realtà che viviamo e vediamo.
E non possiamo far altro, in un primo momento, che dire al Signore: “Ma
Signore, che cosa ci dice il tuo apostolo: ‘Sono riconciliati’?”.
Noi vediamo, in realtà, che non sono riconciliati... C’è ancora
guerra tra cristiani, musulmani, ebrei; e ci sono altri che fomentano
la guerra e tutto è ancora pieno di inimicizia, di violenza.
Dove sta l’efficacia del tuo sacrificio? Dove è nella
storia questa pace della quale ci parla il tuo apostolo?
Non possiamo noi uomini risolvere il mistero della storia, il mistero
della libertà umana di dire "no" alla pace di Dio.
Non possiamo risolvere tutto il mistero della relazione Dio-uomo,
del suo agire e del nostro rispondere. Dobbiamo accettare il mistero.
Ci sono tuttavia elementi di risposta che il Signore ci dà.
Un primo elemento – questa riconciliazione del Signore, questo
suo sacrificio – non è rimasto senza efficacia. C’è la
grande realtà della comunione della Chiesa universale, di
tutti i popoli, la rete della comunione eucaristica, che trascende
le frontiere di culture, di civiltà, di popoli, di tempi.
C’è questa comunione, ci sono queste “isole di
pace” nel Corpo di Cristo. Ci sono. E sono forze di pace nel
mondo. Se guardiamo alla storia, possiamo vedere i grandi santi della
carità che hanno creato “oasi” di questa pace
di Dio nel mondo, che hanno sempre di nuovo acceso la sua luce, ed
erano sempre di nuovo anche capaci di riconciliare e di creare la
pace. Ci sono i martiri che hanno sofferto con Cristo, hanno dato
questa testimonianza della pace, dell’amore che mette un limite
alla violenza.
E vedendo che la realtà della pace c’è – anche
se l’altra realtà è rimasta – possiamo
andare più in profondità nel messaggio di questa
Lettera di san Paolo agli Efesini. Il Signore ha vinto sulla croce.
Non ha vinto con un nuovo impero, con una forza più potente
delle altre e capaci di distruggerle; ha vinto non in modo umano,
come noi immaginiamo, con un impero più forte dell’altro.
Ha vinto con un amore capace di giungere fino alla morte. Questo è il
nuovo modo di vincere di Dio: alla violenza non oppone una violenza
più forte. Alla violenza oppone proprio il contrario: l’amore
sino alla fine, la sua croce. Questo è il modo umile di vincere
di Dio: con il suo amore – e solo così è possibile – mette
un limite alla violenza. Questo è un modo di vincere che ci
appare molto lento, ma è il vero modo di vincere il male,
di vincere la violenza e dobbiamo affidarci a questo modo divino
di vincere.
Affidarci vuol dire entrare attivamente in questo amore divino, partecipare
a questo lavoro di pacificazione, per essere in linea con quanto
il Signore dice: “Beati i pacificatori, gli operatori di pace,
perché sono loro i figli di Dio”. Dobbiamo portare,
per quanto possiamo, il nostro amore a tutti i sofferenti, sapendo
che il giudice del giudizio ultimo si identifica con i sofferenti.
Quindi, quanto facciamo ai sofferenti lo facciamo al giudice ultimo
della nostra vita. Questo è importante: che in questo momento
possiamo portare questa sua vittoria al mondo, partecipando attivamente
alla sua carità.
Oggi in un mondo multiculturale e multireligioso, molti sono tentati
di dire: “Meglio per la pace nel mondo tra le religioni, le
culture, non parlare troppo delle specificità del cristianesimo,
cioè di Gesù, della Chiesa, dei sacramenti. Accontentiamoci
delle cose che possono essere più o meno comuni…”.
Ma non è vero. Proprio in questo momento – nel momento
di un grande abuso del nome di Dio – abbiamo bisogno del Dio
che vince sulla croce, che vince non con la violenza, ma con il suo
amore. Proprio in questo momento abbiamo bisogno del volto di Cristo,
per conoscere il vero volto di Dio e per portare così riconciliazione
e luce a questo mondo. Perciò insieme con l’amore, con
il messaggio dell’amore, con tutto quanto possiamo fare per
i sofferenti in questo mondo, dobbiamo portare anche la testimonianza
di questo Dio, della vittoria di Dio proprio mediante la non violenza
della sua croce.
Ritorniamo così al punto di partenza. Quanto possiamo fare è rendere
la testimonianza dell’amore, la testimonianza della fede; è soprattutto
elevare un grido a Dio: possiamo pregare! Siamo sicuri che il Padre
nostro ascolta il grido dei suoi figli. Nella messa, preparandoci
alla santa comunione, a ricevere il Corpo di Cristo che ci unisce,
preghiamo con la Chiesa: “Liberaci, o Signore, da tutti i mali,
concedi la pace ai nostri giorni”. Questa sia la nostra preghiera
in questo momento: “Liberaci da tutti i mali e donaci la pace”.
Non domani o dopodomani: donaci, Signore, la pace oggi! Amen.