India-10 milioni di feti femminili abortiti in 20 anni.
Cina-Rischio aborto per 40-60 milioni di bambine entro 10 anni

Lo rivela la  rivista scientifica Lancet:  aborto selettivo, tra le cause maggiori. Cattolici nel paese propongono alla Chiesa di istituire una clinica, dove le donne possano riparare al grave errore di “giocare con la vita umana”.-di Nirmala Carvalho (www.asianews.it-9 Gennaio 2006)

Una sorta di clinica “al contrario” dove le donne indiane, che hanno subito sterilizzazioni o altri interventi legati ad una innaturale pianificazione familiare possano “tornare indietro” e riparare “all’errore di giocare con la vita”. È la proposta che John Dayal, segretario dell’All India Catholic Council (Aicc), rivolge alla Chiesa indiana dopo la pubblicazione oggi di un’allarmante studio scientifico, che rivela la mancata nascita in India di 10 milioni di femmine negli ultimi 20 anni.

Secondo la ricerca pubblicata dalla rivista medica britannica Lancet, gli aborti selettivi e la preferenza culturale per il figlio maschio potrebbero essere la causa del grave fenomeno. Un team di scienziati, che ha analizzato i dati sulla fertilità, sulla base di un’indagine nazionale su 6 milioni di persone in India, ha scoperto che nel 1997 sono nate circa mezzo milione di femmine in meno rispetto alle previsioni. Proiettata su un periodo di 20 anni, tale cifra raggiunge i 10 milioni.

Secondo gli esperti, il ricorso ad aborti selettivi di feti femminili è la spiegazione plausibile al fenomeno. “Noi riteniamo, con le dovute cautele - ha detto il dottor Prabhat Jha, dell’Università canadese di Toronto, che ha guidato il gruppo di ricercatori - che le pratiche per determinare il sesso del feto prima della nascita e l’aborto selettivo spieghino la mancata nascita di mezzo milione di bambine ogni anno”. “Se queste pratiche - ha aggiunto - sono diventate comuni negli ultimi 20 anni, da quando si è diffuso il ricorso all'ecografia prenatale, allora la cifra di 10 milioni di bambine mancanti non sarebbe irragionevole”.

Jha e il suo team hanno rilevato che il sesso del primo figlio diventa fattore determinante nella decisione di una coppia se abortire o meno un feto femmina. Se il primo figlio è una bambina, il rapporto di nascita maschio/femmina nei secondi figli è di 1000:795. Quando i primi due figli sono femmine il rapporto scende a 1000:719. Se i primi figli sono maschi il rapporto nelle nascite successive è all’incirca lo stesso. Secondo il naturale rapporto maschio/femmina di altri paesi, in India nel 1997 dovevano essere nate circa 13,7 milioni di bambine, mentre la cifra reale è di 13,1 milioni.

Nella cultura indiana, un maschio è preferito perché trasmette il nome, diventa fonte di guadagno e può occuparsi dei genitori quando invecchiano, mentre la femmina è destinata a lasciare la famiglia e inoltre costa, per la dote che deve ricevere al momento delle nozze. Dayal mette in guardia sulle “tragiche ramificazioni sociali” del problema della dote, che “sta diventando molto grave anche nella comunità cristiana di stati meridionali quali il Kerala”. “La chiesa deve intervenire - dichiara l’attivista cattolico – e si dovrebbe fondare una clinica al contrario, che dia la possibilità alle donne sottopostesi ad innaturali metodi di pianificazione familiare, di poter tornare indietro”.

In India dal 1994 è illegale determinare il sesso del feto e abortire sulle base del sesso del feto. Gli stessi medici indiani, però, avvertono che nel paese ci sono prove di un dilagante ricorso all’aborto di feti femmine. La dottoressa Shanta Durge, fondatrice del movimento Save the Girl Child denuncia che ogni giorno in India si praticano migliaia di aborti selettivi. “Per fermare il fenomeno sono necessari interventi mirati ad ogni livello” ha detto ieri al margine di una Conferenza nazionale di ginecologia e ostetricia a Kochi, Kerala.

Donne indiane, vittime da sempre.
Una cultura che relega la donna in una condizione di totale inferiorità all’origine dei 10 milioni di bambine non nate. La nascita di una figlia problema economico ed anche di reputazione sociale.

Mumbai (AsiaNews) – I dati sui 10 milioni di bambine mai nate in India, resi noti ieri dalla rivista medica Lancet, hanno riportato l’attenzione sulla condizione femminile in questo Paese, dove l’aborto selettivo è solo la punta di un iceberg fatto di matrimoni forzati, sfruttamento sessuale, umiliazioni e suicidi legati all’alto costo della dote matrimoniale. Le donne indiane, al di là della classe sociale, dello stato economico e della religione rimangono soggetti vulnerabili in una società che ancora distingue gli essere umani tra toccabili e intoccabili. Di fronte a disuguaglianze che hanno radici culturali e storiche neppure la Chiesa cattolica riesce a trovare un efficace modo per contrastarle.

Alcune tribù nomadi costringevano in passato le donne alla schiavitù sessuale e a volte alla poliandria. Come in alcune zone del Punjab, dove una ragazza doveva sposare tutti gli uomini di una famiglia al fine di evitare la frammentazione delle proprietà terriere di questa.

L’aborto selettivo e l’uso dell’amniocentesi per conoscere il sesso del feto possono considerarsi una versione “più civilizzata” degli infanticidi di bambine che si praticavano con regolarità prima degli ultimi 20 anni dal nord al sud del paese. Le modalità con cui avvenivano questi omicidi erano più o meno le stesse: soffocamento, assunzione forzata di grandi dosi di oppio, strozzamento tramite l’immissione di molto riso nella bocca. Quest’ultimo più diffuso nel sud.

In India dal 1994 è illegale determinare il sesso del feto e abortire sulle base di questo. L’amniocentesi è però molto richiesta per questo scopo da donne di ogni classe sociale e numerose cliniche e ospedali la praticano in segreto. Purtroppo su uno che viene preso 10, o forse più, riescono a scampare ai controlli. Lo squilibrio nel rapporto maschio/femmina in Stati come l’Haryana e il Punjab, nel nord, è solo un indice del problema. In queste zone una figlia è un peso a causa del suo sesso e per questo grava anche sulla reputazione della famiglia.

Nel sud del Paese, invece, una donna è soprattutto un problema economico a causa dell’alto costo della dote matrimoniale, che ammonta a milioni di rupie. In Kerala il problema tocca anche la comunità cristiana, dove molte ragazze si suicidano perché i genitori non possono permettersi la loro dote. Il Kerala detiene infatti il primato dei suicidi tra adolescenti e adulte. Altre giovani invece scelgono di sposarsi in un altro Stato, lontano dalla loro comunità e religione solo per evitare la dote. Le Chiese cristiane, al di là della denominazione, non sono state finora in grado di arginare il fenomeno e spesso le donne le ritengono sostenitrici dei diritti degli uomini. Per questo da più parti si chiede alla Chiesa di prendere in modo più deciso la difesa delle donne indiane non solo opponendosi all’aborto, ma anche lanciando una campagna contro il sistema delle doti matrimoniali e la limitazione solo agli uomini dei diritti di proprietà sulle terre.

Tra le donne in India cresce la rabbia e la voglia di protesta. Ma queste rimangono spesso represse per la mancanza di preparazione culturale ad opporsi

Cina-Rischio aborto per 40-60 milioni di bambine entro 10 anni

27 Marzo 2004-Pechino (AsiaNews/AP)

Emergenza bambine in Cina nei prossimi 10 anni. L’Onu ha denunciato che nel paese c’è il rischio di aborti o infanticidi per 40-60 milioni di bambine, se non viene sradicata la tradizionale preferenza per i maschi.

Secondo Khalid Malik, coordinatore dell’Onu a Pechino, queste pratiche barbare alimentano alcune piaghe sociali, quali la prostituzione e il traffico di esseri umani. In base alle stime del governo, in Cina ci sono 116 maschi ogni 100 femmine, ma altri dati registrano 122 maschi contro 100 femmine. Nella maggior parte dei paesi, ci sono più femmine che maschi, in base al normale andamento demografico e alla maggiore resistenza delle femmine alla nascita. A causa di aborti selettivi e di infanticidi, la Cina, insieme all’India, è tra i paesi che presentano una tendenza contraria.

La politica del figlio unico, avviata dalla Cina per contenere la crescita della popolazione, contribuisce a radicare ulteriormente queste pratiche. Soprattutto nelle campagne, dove c’è maggiore necessità del figlio maschio per il lavoro nei campi, molte coppie abbandonano le bambine appena nate o non le registrano, impedendo loro di andare a scuola e costringendole a una vita di stenti, allo sfruttamento  e alla prostituzione. 

La penuria di bambine sta causando forti disagi sociali: sempre più uomini non riescono a trovare moglie e si rivolgono ai trafficanti di donne. Nelle famiglie molti figli unici si trovano ad accudire 2 o più persone anziane. (MR)