Le Nuove Ideologie
L'ideologia del Genere alla base della distruzione della famiglia
PER APPROFONDIRE : LE NUOVE IDEOLOGIE
Le Ideologie neofemministe
L' Ideologia illuminista del Progresso
Fin
dagli inizi dell’illuminismo (XVII sec.) , la fede nel progresso ha
messo da parte l’escatologia cristiana (cioè il
compimento dell'Uomo come essere perfetto e beato nell'aldilà del
Paradiso) , finendo di fatto per sostituirla completamente con l'
ideologia secondo cui la felicità per tutti sarà sempre
più possibile in questo mondo . La percezione che questa ideologia
ha prodotto nelle società occidentali
è quella di una promessa di felicità non piú legata
all’aldilà ( quindi al rapporto con Dio, alla religione
) , ma a questo mondo e all'idea di un continuo ed inarrestabile progresso
( scientifico, tecnologico, culturale, sociale, etc) .
Nel XIX secolo, la fede nel progresso era ancora un generico ottimismo
che si aspettava dalla marcia trionfale delle scienze un progressivo
miglioramento della condizione del mondo e l’approssimarsi,
sempre piú incalzante, di una specie di paradiso; nel XX secolo,
questa stessa fede ha assunto una connotazione politica. Da una parte,
ci sono stati i sistemi di orientamento marxista che promettevano
all’uomo di raggiungere il regno desiderato tramite la politica
proposta dalla loro ideologia-un tentativo che è fallito in
maniera clamorosa- dall’altra i tentativi di costruire il futuro
attingendo, in maniera piú o meno profonda, alle fonti delle
tradizioni liberali.
Le ideologie di morte -il disprezzo della
vita umana
È triste constatare che il disprezzo della vita umana è una
costante nella storia dell’umanità, anche recente.
La storia ci insegna che i casi di sterminio, di genocidio,
d’infanticidio, di abbandono di bambini, ecc.
sono per cosí dire ricorrenti nei secoli. Lo stesso Antico
Testamento comprende racconti di massacri che ci lasciano sconcertati.
L’origine di questi comportamenti è indubbiamente da
ricercarsi nell’aggressività che cova nel cuore dell’uomo,
cui va però aggiunta anche la tendenza a trovare un «capro
espiatorio», vale a dire a scaricare sugli altri la responsabilità delle
nostre disgrazie. Con l’avvento dell’industria sono nate
nuove forme di sprezzo della vita umana. Leone XIII ha denunciato
la mancanza di rispetto dei datori di lavoro nei confronti della
vita degli operai, le condizioni di lavoro non sicure, le condizioni
di vita insalubri e, soprattutto, la violenza delle strutture della
società industriale. Questa violenza, ricorda Leone XIII,
trova spiegazione nel fascino esercitato dal guadagno, che spinge
a sfruttare al massimo i lavoratori.
Facendo eco alla enciclica Rerum novarum, numerosi testi
pontifici successivi, in modo particolare Sollicitudo rei socialis e Centesimus
annus, hanno dimostrato che queste critiche sono sempre attuali.
Nel corso del XX secolo, il disprezzo della vita umana si è tradotto
in regimi politici particolarmente efferati. Basti pensare al comunismo
sovietico! Come dimenticare che proprio questo regime, prima nell’Unione
Sovietica e poi in Cina, ha legalizzato l’aborto, presentando
il controllo della popolazione come un’esigenza della pianificazione
imperativa della produzione? E inoltre, come dimenticare che in nome
della medesima ideologia popolazioni intere, in particolare contadine,
sono state massacrate? E cosa dire del fascismo, che ha ridotto l’uomo
ad un semplice «membro» anonimo nel «corpo» dello
Stato? Come cancellare il ricordo del nazismo che, non contento di
aver diffuso la sterilizzazione e l’eutanasia e dopo aver incoraggiato
esperimenti medici crudeli, ha sterminato milioni di innocenti per
motivazioni razziali, filosofiche o religiose? Il quasi totale black-out
che ha avvolto il cinquantesimo anniversario del processo di Norimberga
(1946) mette in evidenza l’imbarazzo nel quale la commemorazione
di questo evento avrebbe gettato gli ambienti contrari alla vita.
I bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki del 1945 e le «giustificazioni» addotte
in seguito per tentare di scusarli, hanno contribuito a insinuare
nell’opinione pubblica e in quella di taluni dirigenti l’idea
che, nella guerra moderna, la distruzione in massa di popolazioni
innocenti non debba porre particolari problemi morali. Il piú forte,
per il solo fatto di disporre di mezzi di distruzione decisamente
superiori a quelli degli altri, si sente giustificato ad utilizzarli
in maniera smisurata e impudente. La guerra del Golfo (1991) ha confermato
questo indurimento di posizioni. Il fatto che si siano registrate
perdite umane relativamente basse sul fronte dei vincitori e invece
abbastanza elevate sul fronte dei vinti, sia tra i militari sia tra
i civili, è stato considerato non solo «normale»,
ma addirittura motivo di vanto. L’industria di morte non è mai
stata cosí prospera come in questi tempi. Si rivaleggia in
ingegnosità quando si tratta di preparare l’eliminazione
di massa o addirittura lo sterminio del genere umano. Questa macabra
ingegnosità riserva tuttavia delle sorprese: il costo della
rimozione delle mine antiuomo sarebbe dieci volte superiore al costo
della loro posa. La società moderna crede di aver chiuso i
conti con il comunismo, il fascismo, il nazismo, ma non ha estirpato
dalla nostra mentalità l’aspetto piú perverso
di queste ideologie: l’ossessione della morte.
Di fatto, le ideologie di morte
sono tornate ad essere attuali;
non solo, tendono a diventare sempre piú sofisticate.
Dopo la caduta del fascismo e del nazismo nel 1945 e nonostante
l’implosione del comunismo sovietico, lo spettro della guerra
totale incombe ancora sul mondo. Alla base delle relazioni internazionali
c’è sempre l’idea che la guerra non è solo
una questione militare; essa si combatte ovunque, con tutti i mezzi
e in tutti i campi. Per questo motivo, pur continuando a produrre
armamenti classici, la società contemporanea vede nascere
nuove «indicazioni» ideologiche «che legittimano» i comportamenti
che vanno contro la vita.
Nel suo seno si moltiplicano i mezzi per sopprimere la vita o per
impedirne il concepimento. I nuovi mezzi vengono messi a punto per
la maggior parte in laboratori, per poi essere utilizzati in ambulatori,
cliniche ed ospedali. I regimi totalitari contemporanei hanno fatto
ricorso a validi metodi di condizionamento mentale degli
individui e dei gruppi. Essi si sono frequentemente serviti
della menzogna per ottimizzare gli effetti della violenza. Queste
tecniche di lavaggio del cervello sono diventate sempre piú efficaci
grazie, in modo particolare, alla complicità di taluni psichiatri.
L’adozione di questi metodi ha spesso portato all’indebolimento
o addirittura all’inibizione, sia nei singoli che nelle società,
della capacità di giudicare in maniera personale e di decidere
liberamente. L’efficacia di questi metodi risulta evidente
anche nel ruolo che assumono i media. Questi non hanno soltanto la
facoltà di selezionare o di «giocare» con l’informazione;
essi dispongono anche dei mezzi necessari per condizionare
l’opinione pubblica inculcando nella testa di lettori ed ascoltatori
menzogne che vengono recepite senza discernimento.
È risaputo che i media, servendosi di questi metodi di condizionamento,
hanno contribuito a far accettare a un’opinione pubblica troppo facilmente
manipolabile pratiche che vanno contro la vita.
Nei mass media, e persino nelle pubblicazioni scientifiche, vengono
utilizzate tattiche per trarre in inganno l’opinione pubblica,
condizionare i governanti, manipolare gli animi.
La menzogna fa oramai parte degli “aiuti per decidere”.
All’origine di questo disprezzo per la vita troviamo
infine, e lo diciamo con rammarico, il silenzio, la rinuncia a lottare, addirittura
la connivenza di alcuni teologi e pastori. In occasione di campagne
ostili alla vita, taluni sono cosí spaventati da reagire come se ciò che è in
gioco li interessasse a mala pena. Altri si rifugiano in acrobazie casistiche
o semantiche: le loro sottili ambiguità, però, oltre ad avallare
pratiche immorali, creano confusione ed errore. Capita persino che certi gruppi
confessionali rinuncino a insegnare parti intere della morale. Per questo,
di fronte al disprezzo di cui la vita è attualmente
oggetto, i leaders spirituali hanno una forte responsabilità,
o per il loro silenzio, o per la loro complicità.
L'ideologia dell' ’interesse superiore
Étienne De Greef (1898-1961), che fu professore di psichiatria
all’università di Lovanio, scriveva:
«L’interesse superiore è sufficiente
per bloccare qualsiasi reazione di simpatia nei confronti delle vittime piú innocenti
e degne di pietà... La nozione di interesse superiore rende immediatamente
insensibili le nostre coscienze, che presentano una resistenza minima a questa
anestesia. È in nome della libertà, della giustizia e della
morale e persino dell’amore del prossimo che viene commessa la maggior
parte dei crimini. Sappiamo oggi che un popolo civilizzato può, senza
per questo temere la benché minima rimostranza seria da parte di un’altra
nazione civilizzata, terrorizzare, derubare e distruggere una minoranza etnica
purché gli riesca non tanto di nascondere il fatto quanto di impedire
che si sentano le grida o che si percepisca la disperazione delle vittime».
E aggiungeva:
«Hitler non ha fatto altro che estremizzare le teorie
della lotta per la vita, la negazione del bene e del male, il ripudio di ogni
legge morale. Perché e con quale diritto scandalizzarsi di questi concetti
che venivano insegnati nella maggior parte delle università occidentali»?
La coalizione ideologica del «genere» e il «nuovo
paradigma»
Le ragioni abitualmente invocate per «giustificare» le
pratiche che mirano al controllo della vita umana sono da ricollegare
alle due ideologie che piú hanno segnato il mondo contemporaneo,
quella socialista e quella liberale. Oggigiorno, però, queste
due ideologie sono oggetto di una duplice reinterpretazione, che
si articola attorno a due temi: il «genere» e il «nuovo
paradigma». [...].
Parecchi temi fondamentali delle correnti ostili alla vita sono presi
a prestito dall’ideologia socialista.
Tra questi troviamo l’idea di «umanità generica»,
mutuata da Feuerbach (1804-1872).
Solo il «genere umano» ha veramente
importanza; il singolo non è altro che una manifestazione
momentanea del genere umano, destinata alla morte. La vita degli uomini, ivi compreso l’aspetto corporeo, dovrà pertanto
essere utile all’umanità generica ed essere organizzata
in funzione delle necessità della collettività: solo
in essa, infatti, l’uomo «sopravvive» dopo la morte.
La società felice sarà caratterizzata da una pianificazione
basata sulla conoscenza scientifica dei principi che governano la
materia. Gli individui saranno gli ingranaggi, ora utili, ora nocivi,
della macchina sociale; dovranno essere trattati di conseguenza.
Questa ideologia comporta anche un sensualismo moderato solamente
dagli imperativi derivanti dalla trascendenza dell’umanità generica.
Gli uomini avranno diritto al massimo piacere individuale, purché questo
sia compatibile con le esigenze della specie.
Anche Marx (1818-1883) ha influenzato le correnti ostili alla vita
con la sua teoria della lotta di classe.
Tra i proletari e i capitalisti, i deboli
e i forti, i poveri e i ricchi, la lotta, anche violenta, è inevitabile.
Alla tradizione marxista si ricollega anche la reinterpretazione
dell’internazionalismo.
Le identità nazionali, le peculiarità regionali
devono scomparire affinché possa nascere il nuovo ordine mondiale. L’influenza
di Marx è evidente anche nella reinterpretazione del messianismo, in
virtú del quale
spetta a una minoranza cosiddetta illuminata
spiegare ai comuni mortali quello che devono pensare, volere e fare. Questa
minoranza illuminata è l’erede del dispotismo illuminato
del XVIII secolo; ed è oramai presente nelle tecnocrazie internazionali
che definiscono i programmi di cui si è parlato.
Si rifà invece a Lenin (1870-1924) l’idea di una
burocrazia che, debitamente inquadrata da tecnocrati illuminati,
crea una rete di organizzazioni internazionali a servizio della pianificazione
della vita umana.
Le correnti favorevoli al controllo della vita umana devono la loro
concezione utilitaristica dell’uomo anche all’ideologia liberale.Tuttavia,
malgrado una parentela di fondo, questa concezione dell’uomo viene presentata
in maniera diversa dall’ideologia socialista, pur arrivando a conclusioni
vicine a quelle di quest’ultima. Gli argomenti addotti per «giustificare» il
controllo della vita umana rivelano la costante influenza di taluni temi classici
dell’ideologia liberale, che, nell’attuale riformulazione, risale,
perlomeno su un punto preciso, a Platone. È infatti risaputo che il
grande filosofo raccomandava uno stretto controllo quantitativo e qualitativo
della popolazione. La Città doveva limitare i suoi abitanti e condurre
una politica eugenetica. Malthus (1766-1834) è l’erede di questa
antica tradizione, nell’ambito della quale rappresenta il piú grande
teorico della sicurezza alimentare. Secondo Malthus, tra la crescita aritmetica
delle risorse alimentari e la crescita geometrica della popolazione si crea
necessariamente uno scarto. Si profila la penuria alimentare e, con essa, lo
spettro della fame. Non bisogna quindi interferire nei meccanismi della Natura,
che opera una saggia selezione «naturale». Bisogna invece lasciar
agire gli elementi frenanti grazie ai quali coloro che, essendo meno dotati,
sono poveri, vengono eliminati. Nell’interesse loro e della collettività,
sarà inoltre necessario consigliare loro il matrimonio in tarda età e
la continenza.
Malthus contribuisce pertanto a consolidare la visione essenzialmente
utilitaristica dell’uomo, che verrà sviluppata da Bentham (1748-1832).
Il povero è il vinto della libera concorrenza: è in
piú perché non produce o non produce abbastanza e ciononostante
pretende di consumare. Il malthusianesimo si va diversificando, male
correnti che si accaniscono contro la vita umana fanno sempre del
suo nocciolo duro un punto di riferimento fondamentale. Da attribuire
all’eredità malthusiana è anche l’idea
che la povertà, come del resto la ricchezza, è un fenomeno «naturale» che
non deve creare complessi né sensi di colpa: è solamente
un fenomeno determinato dalle diverse attitudini degli individui.
Eugenetica e neomalthusianesimo
Sulla scia di Malthus, altri studiosi arriveranno a dire che la selezione
dovrà essere artificiale e che saranno i medici a doversene
occupare. Galton (1822-1911) sarà uno
dei teorici piú influenti dell’eugenetica. Tra
gli individui, esistono differenze innate considerevoli, determinate
dal patrimonio genetico di ognuno. È di conseguenza inutile
sperare che l’ambiente, e in modo particolare l’educazione,
possano migliorare le prestazioni dei meno adatti. Per questo è necessario
favorire la trasmissione della vita tra i partner piú dotati
e contenerla nel caso dei meno dotati. Programmi di eugenetica di
ispirazione galtoniana vengono attualmente realizzati in vari paesi.
Applicati con discrezione a Singapore, sono stati per cosí dire
ufficializzati nella Cina popolare, dove le coppie possono procreare
seguendo delle limitazioni, che variano a seconda della «qualità» concessa
ai genitori dalla burocrazia biocratica.
Tuttavia, l’odierna ideologia liberale deve molto anche alla
tradizione neomalthusiana. L’uomo ha il diritto e persino il
dovere di esercitare il suo controllo sulla trasmissione della vita;
a questa tesi malthusiana, però, il neomalthusianesimo associa
la tesi del diritto al piacere individuale. Quest’ultima trova
la sua origine nella morale edonistica, vale a dire la morale che
fa del piacere - in questo caso sessuale il bene supremo dell’uomo.
Nelle loro manifestazioni piú radicali,
le correnti femministe applicheranno alla donna la tesi neomalthusiana
del diritto al piacere individuale, arrivando ad affermare che tutto
ciò che può procurare questo piacere è permesso,
mentre tutto ciò che lo ostacola deve essere eliminato.
È quindi evidente che la corrente neomalthusiana contribuisce fortemente
a diffondere l’idea secondo la quale nell’unione coniugale è opportuno
separare il piú possibile il piacere dalla procreazione. Il neomalthusianesimo
induce in questo modo all’amore libero e quindi alla distruzione della
famiglia. Secondo questa corrente, infatti, il matrimonio
comporta un impegno di fedeltà che ipoteca la libertà totale
di cui ciascun partner deve poter godere in qualunque momento e in qualunque
situazione.
II connubio di socialismo e liberalismo
Oggi come oggi, le ideologie socialista e liberale e i fondamenti
filosofici sui quali si basano continuano a fornire i principali
argomenti invocati per «giustificare» il disprezzo della
vita umana. Le due ideologie in questione sono addirittura coalizzate
a questo scopo, il che spiega la violenza, senza precedenti nella
storia, con cui ci si accanisce contro la vita umana. Altri argomenti
vengono forniti da alcuni temi ricorrenti quali quello dell’internazionalismo,
della lotta di classe e cosí via. Il tema dell’internazionalismo,
per esempio, ricompare sotto la voce «nuovo ordine mondiale»,
che porta a mettere in dubbio il diritto delle nazioni di disporre
di se stesse e quindi della loro sovranità.
Questa «mondializzazione», o «globalizzazione»,
va di pari passo con una nuova concezione del mercato.
Quest’ultimo deve essere mondiale; tutto deve essergli subordinato,
la politica come la produzione. In una simile concezione di mercato,
gli individui si vedono attribuire una semplice funzione. La
lotta di classe si ritrova sotto forma di opposizione tra
forti e deboli, produttivi e non produttivi, sani e malati, ricchi
e poveri, Nord e Sud. La penuria, inizialmente presentata come riguardante
le risorse alimentari, viene ora generalizzata a tutte le risorse
e all’ambiente in generale. È chiaro
che una simile lettura della situazione conduce inevitabilmente a
una ridefinizione, a vantaggio di pochi privilegiati, del diritto
allo spazio vitale.
Il messianismo professato da una minoranza «illuminata» viene
rivendicato da una nuova casta di funzionari internazionali, i quali,
a proposito di problemi di vitale importanza, assicurano di possedere
un sapere inaccessibile ai piú.
L’idea neomalthusiana del diritto degli individui al piacere
viene ampliata, diffusa ed esportata nei paesi poveri, dove serve
innanzitutto a nascondere le motivazioni inconfessabili che spingono
i ricchi a voler controllare la vita dei poveri. Il
tema dell’umanità generica, che aveva
già dimostrato la sua efficacia nei sistemi razzisti e segregazionisti,
ricompare nell’ambito delle nuove etiche riguardanti la specie
umana che celano una connotazione razzistaLe tecniche biomediche
attualmente disponibili permettono, a loro volta, la programmazione
di un’eugenetica scientifica. Bisogna evitare
che il «sangue impuro» contamini il «sangue nobile» di
cui necessita la società umana. Gli individui «inferiori» devono
essere esclusi dalla trasmissione della vita e né gli scienziati,
né i poteri pubblici devono - viene assicurato - sottrarsi
alla responsabilità che spetta loro in questo campo. Particolarmente
preoccupante è l’uso perverso che può essere
fatto della biologia piú all’avanguardia, che esplora
il genoma umano. Abusando delle sue risorse, l’eugenetica potrà diffondersi
e, con essa, anche nuovi criteri di segregazione, presentati all’occorrenza
sotto il nome di «qualità della vita».
Il ripristino della lotta di classe
Per Engels, l’oppressione
della donna è la massima espressione della lotta di classe nella
sua forma originaria.
ll’epoca del comunismo tribale era predominante
un sistema matriarcale secondo il quale i figli appartenevano al
clan della madre ed ereditavano da quest’ultima. Gli uomini,
responsabili dell’aumento della produttività, accumularono
beni di valore sempre crescente e fecero dei loro figli i loro eredi:
nacque cosí il sistema patriarcale. Le madri furono private
dei loro diritti sui figli: è la prima forma di alienazione.
La nuova condizione della donna, derivata da questa situazione, rappresenta
il prototipo dell’opposizione di classe. «La
prima opposizione di classe che si manifesta nella storia coincide
con lo sviluppo dell’antagonismo tra l’uomo e la donna
nell’ambito del legame coniugale», scrive Engels. La
donna è la «prima serva dell’uomo», assicura
la tradizione, il che si traduce in maternità ripetute, lavori
domestici, emarginazione sociale. Il padre di famiglia vuole dare
in eredità ai figli la sua proprietà privata.
Secondo Marx ed Engels, il comunismo porterà a un superamento
di questa situazione: l’uomo e la donna saranno uguali nel
senso che entrambi avranno lo stesso status di lavoratori all’interno
della società di cui saranno una funzione. Piú precisamente,
la donna, liberata da tutte le «schiavitú» familiari,
materne e domestiche potrà contribuire alla produzione industriale.
Se sarà necessario, gli impegni domestici e familiari che
la donna portava a termine nella sfera privata della famiglia saranno
innalzati al rango di «produzione» nella e per la società.
I figli, legittimi o naturali, beneficeranno dell’educazione
data dalla società.
Ne deriva, per la donna, un duplice «beneficio»: da
un lato potrà fornire il suo contributo all’industria
in qualità di lavoratrice, dall’altro potrà cambiare
partner sessuali a suo piacimento, in quanto la società sarà pronta
a farsi carico dell’eventuale prole nata da queste varie relazioni.I
n sintesi, la prima divisione del lavoro è quella che si
origina tra l’uomo e la donna a causa dei figli. L’antagonismo
tra i due è il primo antagonismo che appare nella storia;
esso si manifesta nel matrimonio monogamico e nell’oppressione
esercitata dall’uomo sulla donna. Il comunismo risolverà questa
situazione permettendo alla donna di essere operaia, facendo
scomparire il matrimonio monogamico, distruggendo la famiglia tradizionale,
introducendo l’amore totalmente libero, enfatizzando l’uguaglianza
tra l’uomo e la donna a tal punto da considerarli intercambiabili.
A partire dalla rivoluzione d’ottobre del 1917, in Unione Sovietica
verranno adottati numerosi provvedimenti in questo senso: essi figureranno
nel codice del 1926. L’ideologia del genere, pur sottolineando
il riferimento al liberalismo, conduce in realtà a questo
progetto.
La famiglia deve scomparire,
dal momento che essa non è luogo di complementarità bensí di
opposizione. Con lei scompariranno le relazioni di parentela, di
maternità, di paternità. L’uomo sarà ridotto
alla condizione di individuo, momento effimero sia dello Stato
che del mercato.
L’influenza dello strutturalismo
Una corrente femminista molto attiva, che sviluppa l’ideologia
del gender, riprende queste tematiche presenti in Marx ed Engels.
Essa distingue tra le differenze
sessuali biologiche (sesso) da una parte e i ruoli attribuiti dalla
società all’uomo e alla donna (genere, gender) dall’altra.
Secondo questa corrente, le differenze tra i «generi» umani
non sono naturali, bensí compaiono nel corso della storia
e vengono create dalla società: sono quindi culturali.
In questo modo di pensare si avverte chiaramente l’influenza
dello strutturalismo francese.
Secondo gli ideologi del
gender non è piú possibile parlare di una
natura umana.
D’ora innanzi l’uomo è oggetto
di scienza; è una struttura, un insieme di «elementi
tali che la modifica d’uno qualunque di loro comporta la modifica
di tutti gli altri». In quanto struttura, l’uomo
evolve e questa evoluzione permette d’altronde di risalire
alle radici profonde dell’uomo stesso: alle forme di vita animale
e vegetale e, in ultima analisi, alla materia. Da qui il
rinnovato interesse degli ideologi del genere per l’evoluzionismo
di Darwin e per l’etologia, che si propone di spiegare
i comportamenti umani alla luce di quelli animali.
Ora, le società umane, in costante evoluzione, si danno delle
regole di funzionamento, dei codici di comunicazione, delle regole
di condotta che vanno generalmente sotto il nome di cultura.
La cultura, con le regole che comporta, è quindi in costante
evoluzione. [ L'ideologia materialista
e riduzionista ,il riduzionismo scientifico-tecnologico, tipico della
cultura moderna, nata e cresciuta nel mondo occidentale a matrice
cristiana, arriva a considerare tutti gli esseri viventi, compreso
l'uomo, come meccanismi risultanti dalla combinazione " materia
+ energia + informazione". Non ci sono e non ci possono essere
valori universali ed eterni , tutto è relativo in quanto fondato
su processi della materia in continua evoluzione.n.d.r.]
L’uomo stesso è inserito
in una struttura globale, economica e sociale, che spetta a lui rivoluzionare.
Deve modificare le regole di comportamento ereditate da strutture
anteriori, necessariamente arcaiche.
Come vedremo, queste tesi strutturaliste aumenteranno
l’influenza di Marx ed Engels sulle ideologie del genere.
L'ideologia del Women's Empowerment
La
peculiarità di questa nuova antropologia,
che dovrebbe costituire la base del Nuovo ordine mondiale,
diventa palese soprattutto nell’immagine della donna, nell’ideologia
del «Women’s empowerment», nata dalla
conferenza (ONU) di Pechino.
Scopo di questa ideologia è l’autorealizzazione
della donna: principali ostacoli che si frappongono tra lei e la
sua autorealizzazione sono però la famiglia e la maternità.Per
questo, per liberarla da famiglia e maternitàla
donna deve essere liberata, in modo particolare, da ciò che
la caratterizza, vale a dire dalla sua specificità femminile.
Quest’ultima , la specificità -il " genere
femminile " - viene chiamato ad annullarsi di fronte ad una «gender
equity and equality», di fronte cioè ad una " uguaglianza
ed equità di genere per uomo e donna " :ad un essere
umano indistinto ed uniforme, nella vita del quale
la sessualità non ha altro senso se non quello di una droga
voluttuosa, di cui si può far uso senza alcun criterio.
Nella paura della maternità che si è impadronita
di una gran parte dei nostri contemporanei entra sicuramente in gioco
anche qualcosa di ancor piú profondo: l’altro è sempre,
in fin dei conti, un antagonista che ci priva di una parte di vita,
una minaccia per il nostro io e per il nostro libero
sviluppo. Al giorno d’oggi, non esiste piú una «filosofia
dell’amore» bensí solamente una filosofia
dell’egoismo.
Nel momento in cui all'uomo ed alla donna viene sconsigliato di amare,
gli viene sconsigliato, in ultima analisi, di essere uomo o donna
: amare , cioè arricchirsi semplicemente
nel dono di se stesso, ritrovarsi proprio a partire dall’altro
e attraverso l’essere-per-l’altro, tutto ciò viene
rifiutato come un’illusione idealista.
L’ideologia del «genere» (gender
ideology) e l’ideologia del «nuovo paradigma».
L’influenza congiunta della tradizione socialista e di quella
liberale è particolarmente evidente nelle due principali ideologie
contrarie alla vita in voga al giorno d’oggi: l’ideologia
del «genere» (in inglese gender) e l’ideologia
del «nuovo paradigma».
Pur dovendo molto al liberalismo neomalthusiano, l’ideologia
del «genere» è fortemente influenzata da Marx
ed Engels. Oggigiorno essa permea la gran
parte delle organizzazioni internazionali che si occupano del controllo
della vita.
Per quanto riguarda l’ideologia del «nuovo paradigma»,
anch’essa è influenzata dalla tradizione socialista. Essa
rimane tuttavia piú vicina alla tradizione liberale piú pura
quando presenta la salute come un prodotto a servizio del mercato
Disfare e rifare la società
Stando a queste ideologie, infatti, è necessario
eliminare le differenze tra uomini e donne e spetta alla classe
oppressa, vale a dire quella delle donne, fare questa rivoluzione. Secondo
l’ideologia marxista, sono i proletari ad avere un ruolo
capitale nella rivoluzione. Secondo l’ideologia del genere, questo
ruolo spetta invece alle donne. Nella nuova dialettica d’ispirazione
marxista, le donne sostituiranno i proletari: si riapproprieranno
del loro corpo; controlleranno la loro fecondità e, per
far ciò, utilizzeranno le nuove tecniche biomediche. Lo
scopo finale cui si tende non è semplicemente l’eliminazione
dei privilegi dell’uomo: è l’abolizione totale
di ogni distinzione tra le classi. È chiaro, però,
che questo scopo si potrà considerare raggiunto solo quando
verrà abolita qualsiasi differenza tra uomini e donne. Termini
come «matrimonio», «famiglia», «madre» devo
no di conseguenza essere eliminati, poiché non corrispondono
a nessuna delle realtà ammesse da questa ideologia; anzi,
richiamano alla mente situazioni storiche superate che l’ideologia
deve denunciare e distruggere.
L’ideologia del genere unisce quindi temi dell’ideologia
socialista nella formulazione data da Marx e temi dell’ideologia
liberale nella formulazione neomalthusiana. Prende l’avvio
da una rilettura della lotta di classe, rilettura che porta a conseguenze
disastrose. La prima di queste conseguenze richiama certe correnti
gnostiche: dal momento che le differenze
esistenti tra uomo e donna devono essere abolite, la mascolinità o
la femminilità, che sono proprie di ciascun essere umano,
non hanno piú nulla da esprimere riguardo alla persona. Per
l’individuo, il corpo non è altro che uno strumento
per provare piaceri di varia natura: eterosessualità, omosessualità,
per non parlare del piacere solitario, e poi ancora contraccezione,
aborto, ecc.; è cosí che l’ideologia del
genere si riallaccia all’ideologia neomalthusiana di Margaret
Sanger (1883-1966).
Questa ideologia porta anche al disfacimento della famiglia.
Secondo questo modo di pensare, infatti, né l’eterosessualità né la
procreazione ad essa legata possono pretendere di essere «naturali»:
sono dei prodotti culturali «biologizzati». È la
società che ha inventato i ruoli maschile e femminile e ciò che
ne consegue: la famiglia. Per questo, bisogna instaurare una cultura
che neghi una qualsiasi importanza alle differenze tra uomo e donna.
Con l’eliminazione di queste differenze scompariranno il matrimonio,
la maternità e la famiglia biologica stabile.
Questa cultura ammetterà tutti i tipi di pratica sessuale
e, allo stesso tempo, respingerà qualsiasi forma di repressione
sessuale.
Questa ideologia incide anche sulla società, esigendo dai
poteri pubblici la ristrutturazione della società stessa
secondo l’ideologia del genere. Bisogna
eliminare il genere, perché appartenere a un genere significa
aggrapparsi a un momento sorpassato della storia, quello delle
disuguaglianze e dell’oppressione. Successivamente, bisogna
ricostruire la società secondo l’ideologia del genere,
abolendo i ruoli che la vecchia società attribuiva rispettivamente
all’uomo e alla donna.
È chiaro che ci troviamo in presenza di un progetto che si propone di
sovvertire dei modelli culturali. Non si tratta semplicemente di aggiungere
nuovi «diritti» e, in modo particolare, «nuovi diritti della
donna». Si tratta di qualcosa di molto piú profondo: far sí che
venga accettata una reinterpretazione radicalmente diversa dei diritti già esistenti.
Il genere all’ONU
L’ideologia del genere, sviluppatasi nell’ambito di circoli
femministi radicali e divulgata tramite una miriade di organizzazioni
non governative, è stata accolta con compiacimento nelle assemblee
internazionali, in modo particolare al Cairo (1994) e a Pechino (1995).
L’ONU stessa, e molte delle sue agenzie, si è screditata
accogliendola in maniera acritica e dandole il suo appoggio. Dopo
l’ONU, anche l’Unione europea l’ha fatta propria.
L’influenza che l’ideologia del genere esercita a livello
di queste istituzioni risulta chiara se si pensa al concetto di famiglia.
Questo è stato svuotato del suo significato tradizionale,
tanto da venire utilizzato indifferentemente per indicare unioni
eterosessuali, omosessuali, situazioni monoparentali, ecc.
Forti sono le pressioni esercitate affinché le nuove accezioni
del termine vengano incluse nel diritto. A piú di cinquant’anni
dalla Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948-1998)
si cerca ancora, con vari mezzi, di adulterarne il contenuto, se
non addirittura di proporne una nuova redazione. È chiaro
che nell’ambito della discussione
su ciò che è innato e ciò che è acquisito,
su ciò che viene dalla natura e ciò che viene dalla
cultura, l’ideologia del genere nega qualsiasi possibilità di
esistenza all’innato e al naturale. Tra il maschile
e il femminile non c’è soluzione di continuità e,
tra i due, il punto mediano o equidistante è rappresentato
dall’ermafroditismo. L’idea stessa di differenze
naturali fa orrore, per cui queste differenze devono essere abolite. Ne
risulta che non c’è nulla di piú antifemminista
delle femministe radicali che vogliono eliminare la specificità femminile
e ridurre ogni comportamento a dei ruoli i cui attori sarebbero intercambiabili
allo stesso modo degli ingranaggi che - seguendo la metafora leninista
- permettono il funzionamento di una macchina.
Gli ideologi del genere negano le evidenze piú lampanti, quali
l’attrazione reciproca tra l’uomo e la donna o il fatto
che la maternità umana, lungi dall’essere riducibile
a una funzione biologica, rientra nella vocazione della donna e contribuisce
a costruire la sua identità. C’è comunque da
rilevare che la stragrande maggioranza degli uomini e delle donne
non si sentono complessati per il fatto di essere diversi. pur non
ignorando il peso della storia.
Per di piú, è inaccettabile
che l’ONU e le sue agenzie, divenute complici attive di una
dittatura ideologica, si siano arrogate la competenza filosofica
e morale, nonché l’autorità politica, di parteggiare
per una minoranza di femministe radicali di dubbia rappresentatività contro
la maggioranza delle persone di buon senso.
[ Secondo questa ideologia non ci sono due generi
dell'essere umano, quello maschile e quello femminile : solo esiste
l'uomo, il genere è qualcosa che egli può scegliere.
Per cui un maschio può decidere , per varie ragioni, di
appartenere al genere maschile piuttosto che a quello femminile,
di passare dall'uno all'altro o di scegliere un genere nuovo .
Così la famiglia tradizionale può essere sostituita
da " unioni di fatto" che sono le possibili combinazioni
dei " generi " liberamente scelti dagli esseri umani.
Un maschio che sceglie i ruoli del genere femminile e che si unisce
di fatto ad un maschio che sceglie il ruolo del genere femminile
e così tutte le altre possibili combinazioni. A piacimento.
Gli Stati dovrebbe garantire e tutelare come diritti queste possibilità,
senza priviligiarne nessuna e lasciando agli individui la possibilità di
scelta secondo il loro desideri. Questo oggi
viene chiesto da questi movimenti e spesso ottenuto . n.d.r.]
L'ideologia del Nuovo Ordine
Mondiale
I tentativi nell'ambito liberale stanno assumendo
una configurazione sempre piú definita, che va sotto il nome
di "Nuovo ordine mondiale". Trovano espressione
sempre piú evidente nell’ONU e nelle sue conferenze
internazionali, in particolare quelle del Cairo e di Pechino, che,
nelle loro proposte di vie per arrivare a condizioni di vita diverse,
lasciano trasparire una vera e propria filosofia dell’uomo
nuovo e del mondo nuovo.
Una filosofia di questo tipo non ha piú la carica utopica
che caratterizzava il sogno marxista; essa è al contrario
molto realistica,
in quanto fissa i limiti del benessere,
ricercato a partire dai limiti dei mezzi disponibili per raggiungerlo e
raccomanda, per esempio, senza per questo cercare di giustificarsi,
di non preoccuparsi della cura di coloro che non sono piú produttivi
o che non possono piú sperare in una determinata qualità della
vita.
Questa filosofia, inoltre,
non si aspetta piú che gli uomini, abituatisi
oramai alla ricchezza e al benessere, siano pronti a fare i sacrifici necessari
per raggiungere un benessere generale, bensí propone delle strategie
per ridurre il numero dei commensali alla tavola dell’umanità,
affinché non venga intaccata la pretesa felicità che taluni hanno
raggiunto.
C’è qualcuno che
sta progettando un sistema rigido e inattaccabile per governare
lo sviluppo del mondo. ( vedi Etica
e globalizzazione)
Organismi internazionali dall’indiscutibile
autorità (Organizzazione Mondiale della Sanità, Banca
Mondiale, Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione, UNICEF e
altri) hanno messo a punto un nuovo paradigma
che misura il valore delle persone in anni di aspettativa di vita,
invalidità, morbilità al fine di valutare le priorità e
mettere in atto, oppure no, i piani di aiuto in tutto il mondo.
Applicando
questi "nuovi criteri" si scopre che tutto diventa uno
questione di costo-rischio-beneficio. Perciò, chi è povero
e malato riceverà meno aiuti; chi è ricco e sano
avrà una maggiore aspettativa di vita e riceverà maggiori
cure.
La protesta dei cristiani per un diverso ordine globale ( Another World Is Possible)
Per questo motivo, a questo punto dello
sviluppo della nuova immagine di un mondo nuovo, il cristiano -
non solo lui, ma comunque lui prima di altri - ha il dovere di
protestare e di denunciare coraggiosamente la “grande trappola” per
i poveri del mondo e la nuova schiavitú al servizio degli
imperativi della mondializzazione e della globalizzazione . La
concezione dei diritti dell’uomo che caratterizza l’epoca
moderna, e che è cosí importante e cosí positiva
sotto numerosi aspetti, risente sin dalla sua nascita del fatto
di essere fondata unicamente sull’uomo e di conseguenza sulla
sua capacità e volontà di far sí che questi
diritti vengano universalmente riconosciuti. All’inizio,
il riflesso della luminosa immagine cristiana dell’uomo ha
protetto l’universalità dei diritti; ora, man mano
che questa immagine viene meno, nascono nuovi interrogativi.
Come possono essere rispettati e promossi i
diritti dei piú poveri quando il nostro concetto di uomo si
fonda cosí spesso, come dice l’autore, «sulla
gelosia, l’angoscia, la paura e persino l’odio»?
Come può un’ideologia lugubre,
che raccomanda la sterilizzazione, l’aborto, la contraccezione
sistematica e persino l’eutanasia come prezzo di un pansessualismo
sfrenato, restituire agli uomini la gioia di vivere e la gioia di
amare ?
È a questo punto che deve emergere
chiaramente ciò che di positivo il cristiano può offrire
nella lotta per la storia futura.
Non è infatti sufficiente che egli opponga l’escatologia
all’ideologia che è alla base delle costruzioni «postmoderne» dell’avvenire. È ovvio
che deve fare anche questo, e deve farlo in maniera risoluta: a questo
riguardo, infatti, la voce dei cristiani si è fatta negli
ultimi decenni sicuramente troppo debole e troppo timida. L’uomo,
nella sua vita terrena, è «una canna al vento» che
rimane priva di significato se distoglie lo sguardo dalla vita eterna.
Lo stesso vale per la storia nel complesso. In questo senso, il richiamo
alla vita eterna, se fatto in maniera corretta, non si presenta mai
come una fuga.
Esso dà semplicemente all’esistenza terrena la sua responsabilità,
la sua grandezza e la sua dignità.
Tuttavia, queste ripercussioni sul «significato della vita
terrena» devono essere articolate. È chiaro che la storia
non deve mai essere semplicemente ridotta al silenzio: non è possibile,
non è permesso ridurre al silenzio la libertà, è l’illusione
delle utopie. Non si possono imporre al domani modelli di oggi, che
domani saranno i modelli di ieri.
È tuttavia necessario gettare le basi
di un cammino verso il futuro, di un superamento comune delle nuove
sfide lanciate dalla storia, sulla base di un contenuto concreto,
politicamente realistico e realizzabile, all’idea, cosí spesso
espressa dal Papa, di una «civiltà dell’amore».
Da una presentazione del Cardinale Joseph Ratzinger al
volume di Michel Schooyans: "Nuovo disordine mondiale",
(Collana Problemi e dibattiti 48), Ed. San Paolo, Cinisello
Balsamo 2000.
http://www.internetsv.info/Global4.htm