SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
Il ruolo sociale degli scienziati : chi deve stabilire  le decisioni politiche per il futuro? Le scienze o la filosofia?

(12 gennaio, 2008) - Corriere della Sera

«Scienziati, sporchiamoci le mani la politica ha bisogno di noi»
 di Altman Sydney-biologo molecolare- Nobel per la chimica 1989.

Gli scienziati che in diversi campi lavorano su argomenti teorici hanno come unico strumento la scrittura. È tutto molto semplice, almeno in apparenza. Quegli scienziati che fanno invece esperimenti lavorano in laboratorio. Il laboratorio potrebbe essere l' intero mondo, o lo spazio, oppure anche un modesto sgabuzzino. È sempre stato così e così continuerà ad essere. Ma se si chiede che cosa studieranno gli scienziati nel futuro - diciamo tra dieci o vent' anni -, rispondere può essere difficile, se non impossibile.

Se si ritornasse all' inizio del ventesimo secolo e si facessero le stesse domande, ci si troverebbe esattamente nella stessa situazione: neanche allora si aveva idea di quel che il futuro avrebbe riservato. Ci sono state, certo, persone che hanno avuto idee abbastanza azzeccate, anche se restavano prive della capacità tecnica di spiegare in dettaglio come le loro intuizioni, seppur basate su principi fisici, potessero poi funzionare. Erano gli scrittori di fantascienza. [...]

C' erano anche scienziati che riuscirono a vedere le potenzialità che la scienza stessa aveva in sé. Le loro idee brillanti sono alla base di buona parte della tecnologia attuale. [...]
Tutto ciò conferma che il futuro delle scoperte scientifiche non è prevedibile, anche se possiamo immaginare da dove potrebbero scaturire alcune nuove e importanti conoscenze.

Un' altra domanda cruciale riguarda il ruolo che gli scienziati avranno nel contesto sociale. Come saranno usate le informazioni da loro raccolte? Ci sarà forse qualcuno che ordinerà loro quali informazioni raccogliere? (Una prospettiva, questa, assai poco allegra). Prendiamo Albert Einstein, probabilmente lo scienziato più famoso del ventesimo secolo sia per i suoi stessi colleghi sia per la gente comune. La sua capacità di valutare con chiarezza problemi al di fuori della fisica e di parlarne con grande forza e decisione era cosa davvero notevole. Incontrava volentieri le personalità del suo tempo: c' è un' indimenticabile serie di fotografie che lo ritraggono con Charlie Chaplin quando erano entrambi all' apice della fama. Ma Einstein, insieme a un altro fisico, Leo Szilard, ha contribuito a indurre il governo degli Stati Uniti alla costruzione di bombe atomiche per giungere alla distruzione delle armate naziste durante la Seconda guerra mondiale. Alla fine la guerra fu vinta, ma le cose andarono in modo un po' diverso da come si sarebbe potuto sperare. Se dovesse infatti esserci un' altra grande guerra in cui una delle parti utilizzasse armi atomiche, l' ambiente - e il nostro futuro - sarebbero gravemente minacciati.

Resto comunque convinto che gli scienziati dovrebbero agire per incoraggiare i governi a utilizzare le loro competenze specialistiche nel prendere le decisioni che influiranno sulla nostra società. Non credo che gli scienziati si debbano limitare solo a una consulenza scientifica: dovrebbero anche indicare qual è l' uso ottimale delle loro conoscenze. Negli Stati Uniti siamo stati incoraggiati a dare ai nostri rappresentanti politici le informazioni che abbiamo, e a spiegare come possano essere utilizzate proficuamente nel prendere decisioni politiche.

Diciamo che lo «stallo» che negli ultimi 62 anni ha impedito un conflitto nucleare continua. Ma come possiamo affrontare i crescenti problemi ambientali che negli Stati Uniti sono stati messi in evidenza per la prima volta negli anni 50 dalla biologa e scrittrice Rachel Carson? Inevitabilmente i combustibili fossili si esauriranno. Ci vorranno 100 anni, forse più. O forse di meno, dato che i Paesi che hanno il controllo della maggior parte del nostro combustibile fossile contano su di esso per il loro sviluppo. Dobbiamo trovare un modo per rendere pulite le emissioni di questi combustibili, cosa che al momento è estremamente costosa, e cercare di non dover contare su di essi per il trasporto e il riscaldamento. Possiamo usare l' energia idroelettrica, quella geotermica e il vento per il riscaldamento e altri usi, ma non per i trasporti. Anche l' energia nucleare per usi pacifici sarebbe accettabile se riuscissimo a trovare come smaltire le scorie. Hanno notevole importanza anche le modificazioni genetiche di batteri, utili a pulire gli scarichi industriali, o quelle effettuate sugli alimenti che possono dar da mangiare alle masse di persone affamate nel mondo. In Europa il cibo modificato geneticamente può far risparmiare agli agricoltori il costo della disinfestazione dagli insetti dannosi e garantire che alcuni prodotti commestibili (non le imitazioni a buon mercato che mantengono il colore ma non il sapore) rimangano freschi più a lungo, senza una costante refrigerazione e senza sprechi dovuti a un rapido deterioramento. Il beneficio arrecato a tante persone è un argomento - sia di carattere biologico sia economico - a favore dell' uso dell' ingegneria genetica.

E infine, come immaginare il futuro? Forse pieno di veicoli a energia elettrica e una popolazione di robot intelligenti al nostro servizio? Queste suonano come idee ridicole. La cosa importante, la vera certezza è che - se non distruggeremo prima il pianeta - la meravigliosa imprevedibilità della scienza ci fornirà nuove prospettive su come sfruttare l' idrogeno e in generale su come usare elementi in modi che in precedenza non erano stati presi in considerazione. (Traduzione di Maria Sepa)

«Falso: i limiti li deve stabilire la filosofia»

di Severino Emanuele -filosofo -(12 gennaio, 2008) - Corriere della Sera

Nato il 26 gennaio 1929 a Brescia, Emanuele Severino si laurea a Pavia nel 1950 con Gustavo Bontadini, con una tesi su "Heidegger e la metafisica". Ottiene la libera docenza in filosofia teoretica nel 1951. Dopo un periodo di insegnamento come incaricato all'Università Cattolica di Milano, nel 1962 diventa ordinario di Filosofia morale presso la stessa Università. Dal 1970 è ordinario di Filosofia teoretica presso l'Università di Venezia dove è stato direttore del Dipartimento di filosofia e teoria delle scienze fino al 1989.

Il professor Altman auspica che gli scienziati non siano solo consulenti del potere politico, ma lo guidino e siano essi stessi i veri politici che indicano e promuovono la corretta applicazione delle scoperte scientifiche, evitando quanto è dannoso per l' uomo. È, questa, un' anziana filosofia, in cui si presuppone che l' uomo, ciò che per lui è dannoso o benefico e il potere politico coincidano con quanto le diverse scienze conoscono di questi oggetti.

Per stabilire quanto stia in piedi questa filosofia, occorre una buona filosofia, non la scienza.

Il discorso del professor Altman ha oggi molto credito; che però è destinato a ridursi quando ci si renderà conto che per spostare in avanti i limiti che la scienza deve rispettare bisogna sapere che cosa sia il limite e, nella fattispecie, il limite dell' agire umano. Ad esempio non può essere l' ingegneria genetica a stabilire il limite delle trasformazioni a cui sottoporre l' uomo.
La scienza non propone verità assolute, ma ipotesi che, finora più di altre, consentono di trasformare il mondo secondo certi progetti.

A stabilire i limiti della scienza non può essere nemmeno la fede religiosa che, appunto, è una fede e quindi può essere presa o lasciata.

Da millenni stabilire quali siano i veri limiti dell' agire umano - e pertanto dell' agire scientifico-tecnologico - è stato compito della filosofia.
Qui il discorso si fa estremamentie complesso. Anche perché, nella nostra civiltà, la politica, che il professor Altman vorrebbe guidata dalla scienza, è figlia legittima della filosofia e ne ha seguito le sorti - nonostante l' intento dei politologi di studiare la politica con i metodi delle scienze sperimentali, magari covando in cuor loro ambizioni simili a quelle del professor Altman.

           SOMMARIO RASSEGNA STAMPA