SOMMARIO RASSEGNA STAMPA

Cattolici, non usate Dio per fondare politica e legge
«Trasformare lo spirituale in ideologia è diabolico»

(31 marzo, 2007) Corriere della Sera

IL CASO

Un libro della filosofa cattolica Roberta De Monticelli su temi attuali

Non dice una parola, Gesù, e si limita a guardare il Grande Inquisitore che gli rinfaccia di non aver voluto privare gli uomini della loro libertà e responsabilità di scelta anziché affidarsi alla «solida, vecchia legge», e di aver per questo respinto le tre offerte dello «spirito dell' autodistruzione e del non essere», le tentazioni del diavolo nel deserto come mezzi per governare le coscienze. «Ma noi abbiamo emendato la Tua opera, e le abbiamo dato per fondamento il miracolo, il mistero e l' autorità... Noi non siamo con Te, siamo con lui». Il racconto di Ivan ne I fratelli Karamazov, tremendo atto d' accusa dostoevskiano alla Chiesa di Roma, offre l' immagine dell' opposizione che fonda l' ultimo libro di Roberta De Monticelli, Sullo spirito e l' ideologia (Baldini Castoldi Dalai, pagine 156, 10)

«Ecco: non è esattamente questo, tra il Risorto e l' Inquisitore, il conflitto tra spirito e ideologia?».
Solo che in questa dolente Lettera ai cristiani non ci sono accuse ma i dubbi della filosofia «pura», la fatica della conoscenza socratica, le domande agli «amici cristiani» dettate da quello che Simone Weil chiamava «disagio dell' intelligenza». La filosofa di scuola fenomenologica che per quindici anni ha insegnato a Ginevra sulla cattedra che fu di Jeanne Hersch, e oggi è docente di Filosofia della persona all' università San Raffaele, è una profonda conoscitrice del pensiero cristiano, da Agostino (a lei si deve la bellissima edizione delle Confessioni per Garzanti) a Edith Stein. Più che di polemiche, la sua lettera è fatta di «parole amare».

La speranza, scrive la De Monticelli, è che «sia possibile a una fede cristiana abitare un' istituzione terrena senza perdersi». Ma il pericolo c' è, spiega. Perché l' ideologia, intesa «come l' antitesi dello spirito, e insieme come la sua contraffazione diabolica», è una «degenerazione ottusa dell' ideale» che non ha più occhi per vedere la realtà dell' individuale, «l' adesione cieca a una qualche visione del mondo, se mi passate il paradosso», per nulla contemplativa ma «pratica», niente più che «una tendenza ad andare e portare gli altri in qualche direzione», fino all' «uso del nome di Dio per fondare la politica e la legge».

Quindi è «essenzialmente un falso rapporto con la verità, cioè con la ricerca di verità» e ha come tratto caratteristico «il suo forte rispondere a un forte bisogno di appartenenza comunitaria, e in questo senso di identità». Tra l' altro, si segnala per alcuni tic verbali, come l' uso del termine «laicista» o il fatto che «individuo» sia diventata una brutta parola, bisogna dire «persona», e pazienza se «un grandissimo filosofo cristiano diceva che l' individuo (vero) è il fine ultimo del creato», si vede che il cardinale Niccolò Cusano è fuori moda.

Ce n' è abbastanza per guardare con inquietudine ad alcuni eventi recenti. Come il caso Welby, le posizioni dei teologi disposti a sostenere che la scelta di non volere più le cure non è «di competenza esclusiva e insindacabile di chi la prende». La filosofa scrive, stupefatta: «Come, neppure il volere ora appartiene più alla persona?». E moralmente, «quale autorità "ultima" è più ultima della coscienza?». Monsignor Elio Sgreccia, scrive la De Monticelli, è arrivato a sostenere che «alcune volontà sono più autonome o moralmente superiori ad altre: quella del medico, ad esempio, lo è rispetto a quella del paziente». Possibile? «Anche se il medico, poniamo, fosse un nazista?».

Meno male che c' è il cardinale Martini, «bisogna dunque essere in pensione per parlare da cristiani?». La speranza talvolta vacilla, ad esempio dopo le reazioni alla lezione di Ratisbona di Benedetto XVI: la «nostra» fede «che non è contro la ragione» e l' Islam (l' autrice ricorda quei «bizzarri rappresentanti dell' ideologia allo stato puro che si definiscono "atei devoti"», e il Foglio di Giuliano Ferrara che titolò: «Il nostro Dio è diverso da Allah») e insieme la contrapposizione fra cristianesimo e la modernità.

C' è una struttura di pensiero comune alle due letture: «L' opposizione identitaria tra noialtri e loro». Qui sta l' insidia dell' ideologia, il «groviglio dell' identità cattolica» che la De Monticelli nel libro s' impegna a dipanare, filo per filo. Impossibile ripercorrere la ricchezza e delle argomentazioni. Ma basterebbe la riflessione sulla «critica della ragione moderna dal suo interno» proposta dal Papa: della ragione «di chi» si parla? «Heidegger, e il suo tormentone della Metafisica occidentale che con l' oblio dell' essere si cresce dentro il Nulla, se lo costruì attingendo a piene mani da quello Hegel per cui le persone individuali non sono che polvere sugli stivali della storia», e «che l' ultima parola della filosofia "senza Dio" siano relativismo e nichilismo è la tesi di Nietzsche».

Tutto molto interessante, ma la filosofa si chiede: «Chi ce lo fa fare, a noi, di credergli?». E perché mai, al di fuori della ragione che «sta salda nella fede», ci dovrebbe esser una sola ragione «moderna», atea e nichilista? C' è qui un altro filo del groviglio, la «sindrome di accerchiamento». E si associa all' «uso del nome di Dio per fondare la politica e la legge», alla benevolenza con cui «anche nelle alte gerarchie» si guarda alla tentazione della «religione civile». In fondo, scrive, la chiave del groviglio sta nell' indicazione «vera, coraggiosa, interessante» di Benedetto XVI, e cioè che non si dovrebbe mai dire fede «contro» ragione.

Ma se la fede non è «contro», è però «oltre» la ragione: si tratta di riconoscere «i diritti della trascendenza», salvaguardare la «trascendenza assoluta del divino» che il neoplatonismo greco ha lasciato in eredità come «molla antidolatrica». Così ideologici sono i tentativi contrapporre «verità scientifiche» a «verità di fede», tanto che l' autrice si dichiara «ferita» da ciò che disse il vescovo Rino Fisichella: «Se la scienza e la fede dovessero enunciare verità incompatibili, la scienza dovrebbe fare marcia indietro». Ma che senso ha interpretare l' incipit di Giovanni («In principio, arché, era il Lógos») come alternativo a Darwin? Qui sta il disagio intellettuale: è «rivoltante» pensare che la ricerca di verità possa trovare in Dio un ostacolo.

Le ultime, vertiginose pagine ripercorrono i tentativi di «ridare anche all' esperienza religiosa l' orizzonte di una ricerca di verità». Nella «Leggenda» di Dostoevskij, prima di incontrare l' Inquisitore, Gesù ripete solo due parole: Thalita Khumi, di nuovo la fanciulla morta torna in vita. È «il risveglio della coscienza a se stessa».

Nelle ultime pagine di Sullo spirito e l' ideologia, la filosofa gli si rivolge con il «tu» latino, quello di Agostino e Anselmo d' Aosta. «Tutti i pensieri che con parole umane mai volessero limitare il resto del pensabile - dovrebbero venire travolti, questo permesso dovremmo dare al nostro pensiero - e in verità glielo abbiamo dato da un pezzo. E credo che Tu ne sorrida, approvando».

Vecchi Gian Guido

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