Secolarizzazione qualitativa e pratica religiosa
in Italia
Stando all’autorevole ricerca de «Il Mulino», il
nostro è il Paese dei «secondo me» anche in Chiesa
di Andrea Menegotto (il Domenicale, anno 3, numero
14, 3 aprile 2004)
Anticipata parzialmente dal Corriere della Sera nell’ottobre
2003 e commentata ad opera di alcuni autori dei contributi che compongono
il volume riportante i dati e i commenti agli stessi sul n. 5/2003
della rivista il Mulino, un’indagine sociologica, condotta all’interno
di un più ampio progetto internazionale di ricerca sul pluralismo
morale e religioso, analizza gli atteggiamenti e le credenze degli
italiani in una società multietnica, sul fronte della pratica
e dell’appartenenza religiosa.
Dall’indagine emerge che solo il 27% degli intervistati sottoscrive
l’unicità delle religione cattolica, mentre il 60% del
campione dichiara di essere convinto che nel futuro si creerà
una sorta di «mix pluri-confessionale».
La pratica alla Messa domenicale - qualora si leggano accuratamente
le tabelle, cosa che alcuni interpreti dell’indagine non hanno
fatto - è del 32,86%, sostanzialmente in linea con altre inchieste
e conferma una non trascurabile ripresa rispetto agli anni 1980. Un
dato interessante è invece legato all’alta propensione
dimostrata dagli italiani nel considerare il cattolicesimo come l’ultima
sede di identità unitaria del nostro Paese. In quest’ottica
allora comprendiamo perché ben l’84% degli italiani (incrociando
i dati, anche i non credenti, e la raccolta dei dati è stata
condotta negli anni 1999-2000, ben prima del caso di Ofena) si dichiarino
favorevoli a mantenere il crocifisso nelle scuole, con buona pace
di chi vorrebbe il contrario o impedisce al vescovo di visitare gli
istituti scolastici, come è accaduto recentemente ad Agliè.
A fronte di queste cifre ha ancora ragione Benedetto Croce (1866-1952)
che il 20 novembre 1942 pubblicò sulla sua famosa rivista La
critica il saggio Perché non possiamo non dirci «cristiani»?
Dal punto di vista culturale - lo stesso di Croce - certamente sì,
ma possiamo rilevare in accordo con i teorici dell’economia
religiosa (cfr. Rodney Stark - Massimo Introvigne, Dio è tornato.
La rivincita di Dio in Occidente, Piemme, Casale Monferrato [Alessandria]
2003) - e i dati in tal senso ci confortano - che se la secolarizzazione
di tipo quantitativo è inesistente, nel nostro tempo è
invece viva e vegeta la secolarizzazione qualitativa: il cattolicesimo,
pur praticato, non ispira in maniera sostanziale le scelte sociali,
morali, politiche e culturali degli italiani.
I risultati dell’indagine infatti portano, in linea generale,
alla constatazione del fatto che, nonostante dalla ricerca emerga
una maggioranza di adesioni al cattolicesimo, la fede nella Chiesa
cattolica diviene sempre più incerta ed individuale e caratterizzata
da un crescente pluralismo interno. In ultima analisi, mentre persiste
una forte domanda religiosa, come peraltro ampiamente dimostrato ancora
in base ai moderni e pertinenti postulati della teoria sociologica
dell’economia religiosa, si rafforza pure la propensione dell’individuo
a costituirsi come ultimo criterio di validità di ciò
in cui crede; è questo atteggiamento che alimenta il diffuso
relativismo che, in termini popolari assume la formula del «credo,
a modo mio».