Benvenuti nella civiltà di Eurabia

di Massimo Introvigne (il Giornale, 5 agosto 2006) *

* Il CESNUR (Centro Studi sulle Nuove Religioni), fondato in Italia nel 1988 da un gruppo di accademici e studiosi di scienze religiose europei e americani interessati allo studio delle minoranze religiose e spirituali di qualunque genere e tipo e alla costruzione di "mappe" delle appartenenze religiose in tutti i paesi del mondo, è attualmente presieduto dal professor Luigi Berzano, ordinario di Sociologia generale presso l’Università di Torino, e diretto dal professor Massimo Introvigne, autore di una trentina di volumi in tema di minoranze religiose e noto specialista del settore. Il Comitato Scientifico che dà impulso alle sue iniziative comprende, con altri, la professoressa Eileen Barker, ordinario di Sociologia presso la London School of Economics, il dottor J. Gordon Melton, presidente dell’Institute for the Study of American Religion di Santa Barbara (California), il professor Jean-François Mayer, docente di Storia delle religioni presso l’Università di Friburgo (Svizzera), il professor Reender Kranenborg, docente di Religioni comparate presso l’Università Libera di Amsterdam.

Nel momento in cui risuonano all’orizzonte sordi rumori di guerra mondiale e il primo ministro iraniano Ahmadinejad inneggia ancora una volta allo sterminio di Israele e insulta l’Occidente, il governo italiano vota un provvedimento che ci trasformerà in pochi anni in un Paese molto simile alla Francia, con almeno un milione di cittadini, forse molti di più, provenienti da famiglie immigrate e di religione musulmana. Non si tratta di una misura isolata: s’inserisce in un disegno coerente che prevede una grande sanatoria per i clandestini, un corposo aumento delle quote di coloro che potranno entrare legalmente in Italia, e perfino aiuti economici e buoni bebé per gli immigrati. Non è affatto una strategia «europea» ma «francese»: in Germania, per esempio, è ben più difficile per i «lavoratori ospiti» diventare cittadini, e il «buono bebé» era stato inventato – tra l’altro, da socialisti – per indurre le mamme tedesche a fare più figli in modo che ci fosse bisogno di meno immigrati, cui nessuno pensava di estendere gli aiuti per i nascituri.

Certo, alcune norme sulla cittadinanza avevano bisogno di aggiustamenti. Si poteva pensare a corsie privilegiate per categorie di immigrati che rispondessero a determinati requisiti quanto all’inserimento del mondo del lavoro, alla fedina penale immacolata e alla conoscenza della lingua e dei rudimenti del diritto italiano. Queste facilitazioni avrebbero dovuto essere compensate da una politica dell’immigrazione rigorosa con i clandestini e attenta a che il numero di immigrati non superasse le soglie che altrove, in Inghilterra e in Francia, hanno facilitato infiltrazioni criminali e terroriste fino a episodi di vera e propria guerriglia urbana. Ma quello che ci propone il governo Prodi è tutt’altro: non è esagerato dire che è un modo organizzato di far finire una civiltà sostituendola con qualche cosa di diverso.

Non c’è nessuna garanzia che le civiltà durino per sempre. La civiltà dell’antica Roma non fu sconfitta militarmente, ma dal declino demografico e dalla concessione indiscriminata della cittadinanza a «barbari» che tutto ignoravano delle tradizioni romane. Non c’è bisogno di citare quei fondamentalisti islamici per cui «ride bene chi ride ultimo», e l’invasione musulmana fermata per via militare a Poitiers, a Lepanto e a Vienna riuscirà nel XXI secolo per via di immigrazione, per rendersi conto che la civiltà europea rischia di fare la fine di quella romana. Nel giro di un paio di decenni, per esempio, la maggioranza degli studenti medi in Olanda sarà costituita da musulmani. Vent’anni dopo, si tratterà della maggioranza degli adulti in età lavorativa. Con leggi sulla cittadinanza all’italiana, sarebbero anche la maggioranza degli elettori.

Naturalmente, c’è chi sostiene che questa «Eurabia» (l’espressione è stata resa popolare da Oriana Fallaci, ma l’ha coniata lo storico britannico Niall Ferguson) sarà bellissima, e che comunque esiste già in Francia, dove la spina dorsale della nazionale di calcio che abbiamo battuto a Berlino aveva nomi come Zidane e Malouda anziché Cannavaro o Grosso. Ma nel 2005 la rivolta delle periferie parigine ha mandato in frantumi ogni bel sogno di utopia multireligiosa concorde e felice. Il parto dell’Eurabia non sarà indolore. Un’Italia con un numero di cittadini e di elettori a forte componente musulmana costituirebbe, molto semplicemente, una civiltà diversa rispetto a quella che oggi conosciamo. Occorre che gli italiani, fin da ora, se ne rendano conto.

Che cosa è l'Eurabia
©corsodireligione.it

Il termine “Eurabia” venne introdotto a metà degli anni 70 come titolo di un giornale redatto dal Presidente della Associazione per la solidarietà franco-araba , Lucien Bitterlein, e pubblicato in collaborazione tra : Groupe d’Etudes sur le Moyen-Orient (Geneva), France-Pays Arabes (Paris), e Middle East International (London). Secondo Oriana Fallaci,  la pubblicazione di Eurabia  era sponsorizzata  dal Comitato Europeo di Coordinamento delle Assiciazioni per l'amicizia con il Mondo Arabo ( European Coordinating Committee of the Associations for Friendship with the Arab World), una organizzazione della Comunità Economica Europea ( European Economic Community) , poi diventata Unione Europea ( European Union ).

Bat Ye'or (alias Giselle Littman ,scrittrice ebrea inglese nata in Egitto e specialista sul Medio Oriente)   interpreta la creazione di questa sponsorizzazione europea dell'Eurabia come un tentativo Franco-europeo di aumentare il potere dell'Europa verso gli Stati Uniti allineando gli interessi Europei con quelli del mondo Arabo, con la conseguenza di mantenere un atteggiamento più distaccato verso Israele. L'Eurabia, scrive la Littman, è "un meccanismo che ha fatto dell'Europa un nuovo continete della dimmitudine  [ neologismo derivato dal francese e nativamente dall'arabo dhimmi che indica lo stato dei non musulmani nei paesi musulmani, uno stato di protezione-sottomissione n. d.r.) messo in movimento 30 anni fa da una iniziativa politica francese. Questa politica è stata portata avanti fuori dalle relazioni ufficiali con il nome di Dialogo inter-Arabo-europeo ( Euro-Arab Dialogue)... L'obiettivo era quello di creare una identità mediterranea pan arabo-europea che permettesse la libera circolazione di persone e merci e determinasse in modo pesante la politica verso l'immigrazione della Comunità Europea . Negli ultimi 30 anni questa politica è stata incrementata soprattutto negli ordinamenti delle scuole e delle Università di tutta Europa. Ciò che va sottolineato è che sono gli Arabi a stabilire le condizioni per le quali partecipano a questa associazione e cioè in particolare : una politica europea indipendente ed opposta a quella degli Stati Uniti , il riconoscimento del popolo Palestinese e la creazione del relativo Stato Palestinese , il sostegno europeo (soprattutto economico) alla Organizzaione per la liberazione della Palestina ( OLP), l'arabizzazione di Gerusalemme. »
Secondo questa analisi ( cf . National Review)  l'Europa verrebbe strumentalizzata dalla Lega Araba per una politica a lungo termine di diffusione in Europa dell'antiamericanismo da un lato e dell' arabismo dall'altro dentro un  orizzonte più ampio di una identità europea pan arabo-eurepea, quella Eurabica appunto.
L'Italia partecipa a questa politica a vari livelli:

SICILIA EURABIA UN'ARMA PER LA PACE
Convegno della Prima Circoscrizione del The International Association of Lions Clubs Distretto 108 YB - Sicilia
Palermo 30 Aprile 2004 - Sala Gialla di Palazzo dei Normanni

di Salvatore Grasso*

* Ing. Salvatore Grasso - Presidente dell'AISI-SICILIA L'AISI-SICILIA è la Sezione italiana della SID, "Society for Internazionale Development". È un'organizzazione non governativa, indipendente dai partiti politici e senza scopo di lucro. I suoi membri sono formati da associazioni, società e persone interessate alla crescita ed allo sviluppo, dei paesi del Terzo Mondo, ed ai rapporti corretti Nord-sud tra i paesi industrializzati ed i paesi in via di sviluppo.La SID è un associazione promossa dalle Nazioni Unite, fondata a Washington nel 1957 per studiare, e per contribuire a risolvere al livello internazionale, i problemi relativi allo sviluppo sociale, culturale, agricolo, industriale ed economico. La sede centrale e la segreteria della SID sono state trasferite a Roma nel 1977, sotto gli auspici del governo italiano.

1. Eurabia

Di recente si assiste ad una diffusione massiccia di idee che sembrano volerci inculcare l'ipotesi di un'invasione islamica, idee che vengono diffuse attraverso libri, articoli di stampa, trasmissioni televisive, convegni e manifestazioni varie. Occorre fare molta attenzione agli effetti di questa campagna mediatica attraverso la quale, su tale argomento, spesso vengono diffuse ed amplificate idee che certamente non sembrano partecipare al processo di pace per l'area mediterranea.

Ancor più grave mi sembra mostrare la diffusione della religione islamica come il male del secolo, associando poi tale diffusione alla visione di un mondo arabo che ha come prevalente obiettivo quello di eliminare tutto ciò che nel mondo intero non rappresenta un legame con l'Islam. Una tale visione catastrofica diventa ancora più incisiva sull'opinione pubblica se è presentata da una buona penna giornalistica quale quella della Fallaci. Una grande giornalista con la quale non condivido l'impostazione generale e il modo con cui, nel suo ultimo libro "La forza della ragione", cerca di indottrinare il lettore verso la visione di un mondo arabo diversa da quella che realmente è, o che comunque a me appare.

Tali critiche, che si associano ad altre voci nel coro dell'antiislamismo, vengono in genere mosse narrando, attraverso una sorta di "censura soft" che viene diffusa con il tacito assenso di alcune forze politiche, fatti non sempre a tutti noti. Nel caso del recente libro della Fallaci mi sembra di notare un vero e proprio messaggio subliminale che viene diffuso attraverso analisi del passato e critiche alle antiche atrocità perpetrate sotto insegne religiose ora del cristianesimo, ora dell'Islam. Analisi e critiche che portano il lettore, quasi inconsciamente, ad uno stato di tensione e di avversione contro tutte le religioni, facendogli scaturire con gradualità un senso di odio verso l'islam, verso gli islamici e verso il mondo arabo in genere.

Un odio che si sviluppa, in noi europei, in parte attraverso un senso di difesa del cristianesimo e in parte attraverso una forma di orgoglio e di inconscia presunzione che potrebbe farci assurgere a detentori e custodi di "norme etiche e sociali di livello superiore". In tal senso, il termine "Eurabia" assumerebbe un aspetto sinistro, come di una catastrofe imminente incombente sull'intera Europa, una spada di Damocle pronta a far saltare le nostre teste. Cosa ancor più grave è che tali analisi e le personali valutazioni di alcuni studiosi, scrittori e giornalisti vengono fatte in un periodo così difficile per la sicurezza mondiale. Una sicurezza costantemente minata da terroristi islamici che, di certo, nulla hanno in comune con i principi dell'Islam, né con la pace, né con la civiltà del mondo arabo, le cui tracce sono ancora oggi presenti in molte regioni europee. Terroristi che trovano la copertura in madri che, accondiscendenti al "suicidio-assassinio", definito "martirio", perpetrato dai loro figli, fanno sorgere qualche legittimo dubbio sulla passiva accettazione di tale insano gesto ed in particolare se ciò possa essere giustificato da convinzioni religiose o da utilità economiche. Infatti a volte è stato scoperto come il "martirio" sia stato poi utile alla risoluzione di problemi familiari di ben altro tipo. In ogni caso si tratta di madri che non hanno certamente rispetto per la vita terrena dei loro figli, andando contro quanto di più naturale esista nella razza umana: l'amore materno. Sono le madri che dovrebbero dare la vita per i loro figli e non stimolarne la morte, nè mi sembra di avere avuta notizia di madri che si sono rese martiri al posto dei loro figli. E se è vero che dietro il suicidio c'è un compenso economico per la famiglia, tale azione non ci fa tornare alla mente quelli che vendevano e che ancora vendono vite umane pur sapendo che dietro tale vendita si cela una vita di sofferenza, se non di morte atroce, per gli uomini, per le donne e per i bambini oggetto della vendita? Quante volte abbiamo assistito in televisione a ferventi congratulazioni e a veri e propri onori che venivano tributati alle "povere madri" che si erano private dei loro figli, quasi a farle assurgere ad un grado sociale più elevato, con un consequenziale maggiore rispetto da parte dei parenti e dei vicini di casa.

Ritornando al termine "Eurabia", quindi, si corre il rischio che lo stesso venga visto sotto una luce sinistra, invece di interpretarlo come una evoluzione sociale di popoli di buona volontà che, interscambiandosi conoscenze e aiutandosi reciprocamente nei processi di sviluppo, tendono a ridurre la differenza sociale ed economica che ancora li divide. Popoli così vicini geograficamente, ma ancora così lontani per tradizioni, usi costumi, lingua e religione. Popoli che comunque sono destinati ad organizzare e ad armonizzare assieme lo sviluppo dei propri territori. Se il nostro Papa Giovanni Paolo II si è spesso prodigato perché si desse decorosa accoglienza agli immigrati certamente lo ha fatto e lo continua a fare nella consapevolezza che siamo tutti figli dello stesso Dio. Ed è questo il principio che deve ispirare le nostre azioni. Infatti, le differenze di credo religioso tra i vari popoli sono sostanzialmente determinate dal luogo di nascita, da problemi culturali, da tradizioni familiari, dall'indottrinamento che sin da bambini viene fatto loro, ecc. Una religione fondata su principi di pace non potrà mai inculcare negli uomini l'odio verso i suoi simili, mentre ha il diritto-dovere di difendersi da eventuali attacchi che mirano alla cancellazione della propria identità. La forza della ragione, così abilmente espressa dalla Fallaci nel suo recente libro, non mi sembra una reazione emotiva e trovo ancora difficile dare giustificazione a tanto rancore e tanto odio viscerale verso tutte le religioni ed in particolare verso l'islam e verso tutto il mondo arabo. Non credo che l'istigazione all'odio possa partorire la pace, né contribuire a risolvere i problemi legati al terrorismo islamico che appaiono di ben altra natura.

2. Immigrazione

L'istigazione ad agire contro il mondo musulmano spinge poi facilmente ad assumere posizioni negative verso l'immigrazione. Ma più che schierarci contro l'immigrazione dovremmo stimolare un maggiore controllo della stessa. Condannare l'immigrazione significa condannare anche i nostri avi che attraverso l'immigrazione hanno partecipato a fare sviluppare economie e civiltà di interi paesi, alla organizzazione sociale degli Stati Uniti di America, alla crescita industriale del nord Italia. Certamente ciò non significa approvare che gli immigrati possano entrare e convivere nel nostro Paese in modo incontrollato. Un Paese civile deve avere la conoscenza generale del proprio territorio e, prioritariamente, la conoscenza delle persone che vi risiedono, vi abitano temporaneamente o semplicemente vi transitano. Tale conoscenza è essenziale soprattutto per i problemi di sicurezza generale. Pertanto, è impensabile che si possano ospitare persone di cui non si conosce l'identità e spesso l'esistenza stessa. Non è pertanto ammissibile che una donna in Europa possa avere un carta di identità con una foto che la rappresenta avvolta nel proprio velo. Non si capisce, infatti, come possa essere riconosciuta tale persona e quindi quale validità possa avere tale documento. Come si può garantire la sicurezza pubblica in un Paese dove possono entrare ufficialmente persone irriconoscibili? Pertanto, un forte controllo deve essere esteso anche a coloro che accolgono stranieri senza alcun permesso di soggiorno. Spesso tale accoglienza è legata al maggior profitto che si può trarre dal lavoro fornito da povera gente disperata che, pur di garantirsi la sopravvivenza, accetta di svolgere qualsiasi attività, anche rischiosa per la propria incolumità, senza alcuna copertura assicurativa e assistenziale. Tanta di questa gente, ufficialmente non denunciata, appare e scompare, a volte definitivamente, senza lasciare alcuna traccia e se qualche traccia viene ritrovata non di rado conduce alla scoperta di un corpo abbandonato e senza vita. Molte donne e bambini sono ancor oggi oggetto di lucrosi e turpi commerci e di violenze fisiche e psichiche, senza alcuna possibilità di scelta alternativa per la loro vita ingrata.

Certo non è questa l'immigrazione che dobbiamo augurarci di accogliere. Vorremmo un ingresso di gente che, con il consenso del Governo del Paese di appartenenza, possa espletare la propria attività lavorativa in modo decoroso e in armonia con noi. D'altra parte non è pensabile che il Paese ospitante debba adattare i propri usi e costumi a quelli dell'ospite. È l'ospite che avendo chiesto di partecipare alla vita di quel Paese deve sapersi adattare, quindi, la richiesta di accoglienza dovrebbe presupporre anche la conoscenza del modo di vivere del popolo ospitante. Non è pensabile che un lavoratore venga escluso dal lavorare il sabato, se il lavoro deve essere espletato di sabato, sol perchè tale giorno rientra nel giorno sacro e non lavorativo per la sua religione. Così come ci sono posti che non consentono una assenza programmata per la preghiera durante le ore della giornata, ma la continua presenza del lavoratore sul posto di lavoro. Sono altri gli adattamenti che potranno essere legittimamente richiesti e che è giusto che vengano concessi, ma senza che ciò debba causare disagi o danni al popolo ospitante. Tali richieste, se perpetrate da parte di immigrati, potrebbero sembrare azioni provocatorie e istigatrici di tensioni sociali, legate a falsi aspetti religiosi, utili soprattutto per una maggiore visibilità di chi le provoca o forse anche per motivi ancora più gravi. Un immigrato deve essere ospitato solo dopo l'assenso da parte del Paese di provenienza e di quello ospitante, quindi dopo che sia stata riconosciuta l'utilità e la compatibilità sociale della sua presenza che spesso diventa permanente. In tal caso l'immigrato deve potere assumere gli stessi diritti-doveri degli abitanti del Paese ospitante. Il mancato riconoscimento ufficiale di tale immigrazione agevola la nascita del commercio di essere umani per l'espletamento di attività lavorative o per fatti ancora più gravi, riportando così i nostri Paesi indietro di tanti secoli, ai periodi in cui la vita umana era semplice merce di scambio o di vendita.

3. I ricordi delle antiche lotte religiose.

Mi sembra veramente riduttivo e certamente anacronistico ricordare sempre ed in ogni occasione le atrocità che, sotto le insegne delle diverse religioni, sono state perpetrate nei secoli scorsi. Sono racconti storici triti e ritriti di azioni lontane nel tempo. Credo che non dia più alcun apporto pratico ricordare ancora, quale monito, le invasioni e gli eccidi perpetrati da islamici o da cristiani, dalle invasioni arabe o dalle crociate o i periodi scuri delle streghe sui roghi. Dobbiamo avere la forza di pensare ad un futuro migliore. Chi è senza peccato scagli la prima pietra, disse Gesù di Nazaret in occasione della lapidazione di una prostituta (una adultera n.d.r.). Certamente il riferimento non era alla sola lapidazione, che rappresenta una morte violenta così come la rappresentano altre pene capitali che venivano e che vengono ancora praticate in varie parti del mondo, ma alle azioni in genere.

4. Islam e terrorismo islamico.

Ho diversi amici islamici tunisini con i quali sono legato da sincera stima ed affetto. Ho trovato la Tunisia un Paese che, pur mantenendo viva la propria cultura islamica, fa respirare un senso di innovazione e di grandiosità. Esiste una organizzazione turistica di notevole dimensione, che comprende, tra l'altro, l'organizzazione di una nuova città (Hammamet Jasmine) pronta ad accogliere turisti di tutto il mondo che possono trovare servizi moderni ed efficienti. Un cattolico ha la possibilità di frequentare delle Chiese con la massima tranquillità e sicurezza. Ho partecipato alla celebrazione di una Messa a Tunisi con la Cattedrale colma di europei e di persone di vari Paesi africani. Pur nel rispetto della loro cultura e degli insegnamenti religiosi del Corano, in Tunisia il mondo del lavoro è affollato da donne che non si nascondono dietro alcun velo, che partecipano alla vita culturale, del lavoro e del tempo libero del loro Paese. In un convegno organizzato dall'Università El Manar di Tunisi, al quale ho partecipato su invito del Rettore Prof. Aluan, ho avuto modo di ascoltare brillanti relazioni, molte delle quali svolte da donne tunisine. Grazie al Presidente Ben Alì, la Tunisia in poco più di un decennio si è inserita nei circuiti mondiali del turismo, dell'artigianato, dell'agricoltura, con un forte abbattimento della disoccupazione e guadagnandosi un alto indice di gradimento presso la Comunità Economica Europea. Le aziende che si affacciano verso il mondo tunisino toccano con mano il senso della "sicurezza", anche fisica, e della stabilità per i loro programmi di investimento. Ho avuto modo di conoscere programmi la cui attuazione è avvenuta in tempi per noi impensabili. Per noi che siamo immersi in una antica e vasta cultura giuridica al creare è spesso contrapposto il disfare. La programmazione di un qualunque governo, sia di sinistra, di centro che di destra, deve subito misurarsi con una opposizione che esprime sempre una grande capacità a denigrare e tentare di distruggere più che a costruire. Insomma la nostra grande capacità produttiva viene spesso mortificata da lungaggini burocratiche e da ostruzionismi politici che portano a rendere inattuabile le nostre grandi idee programmatorie e, quando finalmente si raggiunge la soglia dell'attuazione di tali idee, qualche volta resta la loro inattuabilità per l'anacronisticità dell'opera che a suo tempo era stata programmata.So bene che dire ciò non fa onore al nostro Paese, ma è la realtà. Negli ultimi anni stiamo assistendo però ad una sorta di risveglio: alcune leggi cercano di velocizzare programmi di sviluppo per renderli competitivi in area europea e mediterranea, altre leggi cercano di rendere applicabili il groviglio di norme che spesso rallentano fortemente l'attuazione dei programmi, ma se non c'è un ulteriore impulso si corre il rischio che restino solo le buone intenzioni.

Mi sembra opportuno sottolineare che non è possibile accettare inviti che stimolano ad identificare il terrorismo con interi paesi, non è possibile identificare i gruppi con i popoli: i terroristi rappresentano dei gruppi e non dei popoli. Le azioni di gruppi non possono ricadere su intere popolazioni che spesso subiscono il potere di tali gruppi sotto regimi autoritari e violenti. Allo stesso modo le azioni terroristiche non possono trovare giustificazioni religiose. Non è pensabile che possa farsi rivivere il fondamentalismo religioso di una volta.

5. Il percorso della Pace.

Come si può sperare in una pace mediterranea duratura se non si passa attraverso una maggiore reciproca conoscenza tra i popoli di questo territorio? Ritengo sia indispensabile che si passi dallo stato di timore a quello di pacifica convivenza, pur mantenendo, ogni singola persona, il proprio credo religioso. E quale migliore momento di conoscenza può attuarsi se non quello che ci vede associati in attività lavorative. Oggi si assiste già ad un continuo intrecciarsi di joint-venture tra aziende e persone dei diversi Paesi del Mediterraneo, che creano aziende produttive e aprono sedi comuni nei paesi transfrontalieri e nei paesi europei. Non è questo un importante passo verso la migliore conoscenza e quindi la comprensione e quindi la pace? ....

6. Scambio di servizi socio-sanitari tra i popoli del mediterraneo.

La reciproca conoscenza e comprensione tra i popoli mediterranei passa anche attraverso la possibilità e la capacità di attuare assieme l'interscambio di servizi socio-assistenziali. Anche questo progetto, che fa parte di un progetto avviato dalla nostra associazione in un incontro internazionale che ha registrato la presenza di rappresentanti del governo siciliano, del parlamento di Tunisi e di quello di Malta, sta proseguendo l'iter burocratico e politico per il suo definitivo avvio da parte del governo siciliano. .....

7. Conclusioni

La ricerca della pace deve necessariamente passare attraverso la ricerca di un equilibrio socio-economico tra i popoli ed in particolare tra quelli con territori confinanti o comunque vicini. Non è pensabile che popoli limitrofi con differenti condizioni economiche e sociali possano ottenere una pace duratura. La differenza di condizione economica porrà sempre le basi per una pace instabile, stimolando la nascita di focolai di reazioni sociali e innescando le mine vaganti del terrorismo che troveranno poi mille giustificazioni di fronte al mondo intero e soprattutto di fronte al mondo musulmano. Ulteriori insensati sacrifici di giovani saranno giustificati dalle loro famiglie, spesso povere, che troveranno in quel gesto quasi un aiuto di Dio per una loro momentanea migliore vita sociale. Saranno certamente i Paesi mediterranei moderati ad avere i primi benefici dal libero scambio commerciale che avverrà a partire dal 2010. Il processo di pace passa anche attraverso Paesi, come la Tunisia, che hanno creato le condizioni per una corretta integrazione europea. ...