Il pensiero progressista nell’islam contemporaneo

di Christian W. Troll S.I. -La Civiltà Cattolica

Nel mondo islamico sembrano farsi strada tre tendenze principali. Sullo sfondo di un islam culturale, che pur con qualche riserva si potrebbe anche chiamare islam tradizionale, si colloca un islam “islamita”, ossia un islam della lettera. C’è poi un islam che sta cercando nuove interpretazioni: un islam secondo lo spirito della lettera.

Oggi questo islam secondo lo spirito non emerge con evidenza, [...] ma i suoi sforzi sono immensi e non di rado coincidono con gli obiettivi e il modo di pensare di una vasta popolazione.

Certo, questo islam secondo lo spirito tace ancora su molte cose e alcune le lascia volutamente nel vago, anche perché teme di essere aggredito e accusato da parte degli “islamiti“ o da parte di quei potentati antidemocratici che si servono dell’islam culturale o tradizionale per conservare inalterato lo status quo.

Ma questo islam secondo lo spirito potrebbe alla fine avere il futuro dalla sua parte, perché si mostra flessibile nei confronti della modernità, senza negare una certa continuità almeno con alcuni modi di concepire l’islam, tipici del passato. [...] C’è un numero sempre più ampio di musulmani che si sta convertendo a una religione critica, cioè a una religione che è sempre meno condizionata dall’ambiente e si fonda invece su un’adesione personale e responsabile.

All’interno dell’islam reinterpretato si riscontra anche, in misura considerevole, il fenomeno di un nuovo pensiero islamico. [...] I rappresentanti di questo pensiero progressista guardano alla modernità con occhio diverso da quello dei riformatori del passato, della fine del XIX secolo e dei primi decenni del XX. [...] Essi sono convinti, con Rachid Benzine, che “nel cuore della modernità è insita l’idea dell’individuo che agisce liberamente e conosce liberamente; i suoi esperimenti possono penetrare nei misteri della natura e i suoi sforzi possono collaborare con altri all’edificazione di un mondo nuovo e migliore”.

Detto in altre parole: i rappresentanti di questo pensiero nuovo e progressista vedono la modernità con occhio critico e attenendosi a una salda coscienza della libertà individuale. Nasr Hamid Abu Zayd ha scritto così su “Al-Ahram” nel 2002: “Abbiamo bisogno di analizzare liberamente la nostra eredità religiosa. Questa è la prima condizione per un rinnovamento religioso”. [...]

Un appello di questo genere racchiude un’esigenza di libertà in senso generico, ma anche di un ordinamento sociale che renda possibile questo pensiero libero e non lo opprima con la violenza. [...]

La critica scientifica aperta del fenomeno religioso e del discorso religioso rappresenta una novità per le società musulmane. Per questo motivo i rappresentanti del nuovo pensiero vengono continuamente bollati come apostati. Essi non sono graditi all’establishment, poiché, al di là delle questioni specificamente teologiche, si occupano costantemente anche dei problemi attuali che riguardano le relazioni tra la religione islamica e lo stato, le interferenze tra la shari’a e il diritto positivo degli stati moderni, soprattutto per quanto riguarda i diritti dell’uomo e l’emancipazione della donna, e poi anche naturalmente delle questioni sociali concrete, come, ad esempio, la concezione islamica dei rapporti tra fede e giustizia sociale, oppure se l’islam possegga un proprio sistema sociale o politico ben definito.

Si incorrerebbe tuttavia in un grossolano equivoco se si condividesse ciò che gli oppositori di questo pensiero libero continuamente gli rimproverano, e cioè di adottare acriticamente un modo di vedere occidentale e di cadere vittima, ciecamente e acriticamente, dell’Occidente e del suo sistema di valori. Per questo pensiero la modernità non significa ciò che è moderno alla maniera occidentale. La modernità si definisce invece come la luce critica che le conoscenze moderne hanno prodotto. A questo modo i protagonisti del pensiero progressista, studiando l’islam e l’interpretazione dei testi, favoriscono quelle prospettive ampie, e nello stesso tempo critiche, che sono tipiche delle scienze sociali moderne: la linguistica, la semiotica, la scienza delle religioni comparate e in particolare la sociologia. [...]

Tra i numerosi rappresentanti di questo pensiero ricordiamo, ad esempio: Mohamed Arkoun (Algeria/Francia), Leila Babès (Algeria/Francia), Rachid Benzine (Marocco/Francia), Abdul Karim Soroush (Iran), Nasr Hamid Abu Zayd (Egitto/Olanda), Abdou Filali-Ansary (Marocco), Abdelmajid Charfi (Tunisia), Farid Esack (Sudafrica/USA), Ebrahim Moosa (USA), Ashgar Ali Engineer (India), Abdullahi an-Naim (Sudan/USA), Amina Wadud (USA), Fatima Mernissi (Marocco), Khaled Abou El Fadl (USA), Nurcholish Madjid (Indonesia), Farish Noor (Malaysia), Ömer Özsoy (Turchia). [...]

In proporzione, vi sono tra di loro più persone che coltivano le scienze umanistiche di quante ve ne siano tra gli “islamiti”, tra cui prevalgono coloro che hanno una formazione scientifica e tecnica. [...]

In pratica tutti i pensatori progressisti cercano di definire quale sia il posto che spetta alla religione in un mondo che, nonostante ogni apparenza in contrario, si va sempre più secolarizzando. Infatti la secolarizzazione ha investito il mondo islamico più o meno all’improvviso, per così dire dall’oggi al domani, senza che esso vi fosse preparato da un processo interno di maturazione. Questo processo pone direttamente i pensatori musulmani di fronte al problema del come si possano conciliare tra loro la religione, ossia una realtà ritenuta immutabile, e il cambiamento. [...]

I pensatori progressisti ritengono che soltanto una lettura dei testi fondamentali dell’islam fresca e libera da pregiudizi possa essere in grado di conciliare tra loro i valori essenziali dell’islam e le esigenze del mondo moderno, in tutte le loro varianti. Soltanto una reintepretazione così intesa può far assumere alla giurisprudenza un atteggiamento aperto, solamente essa può far sì che il pensiero politico dell’islam aderisca alla democrazia con coerenza spirituale e intellettuale e con convinzione, e che si realizzi una vera parità dei sessi, e tutto questo con una coscienza pulita nei confronti dell’islàm e della sunna, in un dialogo aperto con il pensiero critico del mondo moderno. [...]

I pensatori progressisti affrontano oggi espressamente le questioni che le prospettive contemporanee e la mentalità scientifica possono sollevare nei riguardi del Corano. [...]

Essi trovano una risposta a queste sollecitazioni ricorrendo al metodo storico-critico, che [...] cerca di collocare il testo nell’ambiente delle sue origini. Esso considera il Corano come parte della storia. Il Corano sarebbe quindi parola di Dio, la quale però è carica di storicità, la storicità – come dice Rachid Benzine – della sua “incarnazione” nella testualità, ossia nella natura e nella struttura di un testo. [...]

Secondo questo nuovo modo di vedere, il Corano parla dunque certamente di verità eterne, ma le trasmette nelle forme di una cultura particolare, che non è universalizzabile, la cultura degli arabi dello Higiaz del settimo e ottavo secolo. [...]

Per una lettura e una comprensione adeguata del Corano si adottano oggi anche le leggi della linguistica e della scienza letteraria. Ad esse si dedicano molti tra i nuovi pensatori, e soprattutto l’egiziano Nasr Hamid Abu Zayd, studioso di letteratura nato nel 1943, che attualmente insegna a Leida, in Olanda. [...]

Risulta evidente che non ci si può accostare al Corano – come a qualunque altro testo simile – se non attraverso gli occhiali di una cultura particolare, la cultura a cui appartiene il lettore/ascoltatore. [...] Ogni lettura è sempre una ri-lettura, [...] il Corano non può essere ridotto a una sola prospettiva di lettura. Non c’è nessuna lettura che possa essere l’unica vera, per tutti i tempi.

Per il pensiero progressista musulmano la ricerca scientifica e l’analisi letteraria non si contrappongono a un accostamento credente e religioso al Corano. Al contrario [...] esse intendono e possono contribuire a far cogliere quale sia il senso più profondo, e quindi anche l’autentico significato religioso che quel testo può avere per il giorno d’oggi. [...]

Forse si apre così la via per un altro stile di fede, più convinto e aperto di fronte alle questioni e ai problemi che possono sorgere, orgoglioso degli ampi orizzonti a cui si estende la missione del Corano, ma consapevole anche che questa vastità permette al credente soltanto di crescere in umiltà e in apertura all’altro. [...]

Comunque sia, due domande – espresse o inespresse – assillano costantemente il pensiero progressista nell’islam contemporaneo. La prima suona così: “Come parla Dio?”, e la seconda: “Chi parla in nome di Dio?”. [...]

Infatti, nel momento stesso in cui il fondamento del Corano, ancora relativamente univoco nella sua interpretazione letterale oppure nell’interpretazione che gli è stata attribuita nei primi due secoli, non è più ritenuto sacralmente intoccabile e vincolante, e inizia a essere abbandonato a favore di una interpretazione personale dello spirito della lettera, comunque essa si configuri o si giustifichi, si pone inevitabilmente il problema della legittimazione di questa nuova esegesi, e anzi continuamente nuova. E così pure non si può fare a meno di sollevare il problema della misura e dei criteri da adottare per una vera comprensione del Corano e quindi anche della rivelazione di Dio nel nostro tempo.

Inoltre l’islam, inteso come fenomeno sociale e politico, pone il problema, antico e sempre nuovo, del consenso (igma’): esiste una dottrina della società islamica (umma) che sia teologicamente fondata, per così dire una “ummalogia”? Qual è il suo ruolo e in che modo concreto è chiamata a esercitarlo, quando si tratta di esplicitare quale sia ai nostri giorni la volontà rivelata di Dio in materia di fede e di etica, e di difenderla con autorità, se necessario? E infine: non è forse vero che coloro che difendono le idee classiche sull’autorità del profeta o della parola di Dio comunicata da lui, e coloro che la pongono seriamente in dubbio, in ultima analisi combattono per il diritto di rivendicare a sé l’autorità del profeta o dei testi rivelati trasmessi dal profeta?