Fondamentalismi e relativismo.

L’esistenza di uno stato di guerra tra terrorismo islamico e Occidente è un dato ormai innegabile,
ammesso anche da coloro che non vogliono sentire parlare di “anticristianesimo” e di “scontro di civiltà”.

Per questi ultimi, la guerra in corso è un conflitto tra le società progressiste occidentali e un fondamentalismo antimoderno che indebitamente si richiama all’Islam.

Non esiste guerra di civiltà tra Occidente e Islam”, ha scritto ad esempio Gianni Riotta sul “Corriere della Sera” del 9 luglio, “ma la campagna contro il terrorismo, dichiarata l’11 settembre 2001, oppone le forze della tolleranza di diverse fedi o etnie alla spietata crociata fondamentalista”.

La risposta al terrorismo deve essere quella di potenziare i servizi di intelligence o di bloccare le reti dei finanziamenti, evitando accuratamente di fare riferimento a un “sistema di valori” occidentali diverso dall’idea-forza della “tolleranza”.

 Secondo questa chiave di lettura, il mondo è suddiviso in due: il campo dei “cattivi” sarebbe quello del “fondamentalismo”, termine che viene applicato a chiunque abbia convinzioni ferme e pretenda di richiamarsi ad una verità. Il campo dei “buoni” sarebbe invece  quello dello “spirito di tolleranza”, ovvero del relativismo, che anima tutti coloro che negano l’esistenza di verità e di principi. Il postulato è che il fondamentalismo islamico costituisca la negazione non della cultura occidentale e cristiana, ma, innanzitutto, della modernità.

Uno studioso contemporaneo, John Gray, professore nella London School of Economics, ha mostrato quanto questo cliché sia fallace. “Come il comunismo e il nazismo, l’islam radicale è moderno. Sebbene pretenda di essere antioccidentale, è formato tanto dall’ideologia occidentale, quanto dalle tradizioni islamiche. (…) Quel peculiare ibrido di teocrazia e anarchia che è Al Qaeda è un effetto collaterale del pensiero radicale occidentale” (Al Qaeda. Il significato della modernità. Fazi, Roma 2004, pp. 7, 115).

Comunismo sovietico, nazionalsocialismo e fondamentalismo islamico sono progetti diversi, ma nel fondo analoghi, di realizzare la Modernità, ovvero la costruzione di un ”uomo nuovo” e di un “ordine nuovo” sulle rovine del mondo “pre-moderno”.  Sotto questo aspetto, il terrorismo islamico è innanzitutto anticristiano, come lo furono i totalitarismi del secolo ventesimo.

L’ideologia e i metodi del terrorismo si affacciano del resto nella storia con la Rivoluzione francese, soprattutto a partire dal 5 settembre 1793, quando il "Terrore" fu messo dalla Convenzione all’ordine del giorno e divenne una parte essenziale del sistema rivoluzionario. Il comunismo, che volle portare a compimento il processo di secolarizzazione inaugurato dalla Rivoluzione francese, attuò la massificazione del terrore su scala planetaria; l’islamismo radicale tenta a sua volta di combinare il Corano con la prassi rivoluzionaria marxista e con la tecnologia dell’epoca della globalizzazione.

Il fanatismo è la caratteristica comune di queste “ideologie del male” e l’equilibrio cristiano è l’unico vero antidoto che ad esso si possa contrapporre. Il fanatismo è infatti l’esaltazione dell’animo umano, dominato da qualche opinione o falsa o esagerata. Applicato alla religione il fanatismo è la deformazione dell’autentico sentimento religioso che ogni uomo porta in sé come un’esigenza insopprimibile dell’animo.

Se questo sentimento fosse espresso in maniera equilibrata e se i mezzi per diffonderlo fossero legittimi, non si potrebbe parlare di fanatismo, ma eventualmente di entusiasmo, talvolta di eroismo o di santità. La vita spirituale, che ha la sua espressione più alta nella santità, si fonda proprio su quella  pace interiore che nasce dall’ordine delle potenze dell’anima. La pace interiore, scrive san Tommaso, riprendendo sant’Agostino, è “la serenità della mente, la tranquillità dell’anima, la semplicità del cuore, il vincolo dell’amore, il consorzio della carità”.

Il fanatismo è, al contrario, il sentimento di squilibrio, che nasce da chi si allontana dalla verità e dal bene per seguire con tutte le sue forze un errore, che può essere una religione falsa o l’idea, altrettanto falsa, che tutte le religioni siano vere.  Quando, in questa ottica, la tolleranza viene intesa non come un atteggiamento pratico e prudenziale, che presuppone sempre e comunque la verità, ma come un dogma ideologico, che nega l’esistenza di una verità conoscibile e che giunge a coincidere di fatto con un assoluto relativismo, essa diviene fanatismo ideologico, espresso dalla formula che tutto deve essere tollerato, tranne ciò che si oppone al principio della tolleranza assoluta.

Tutte le opinioni e i culti si possono tollerare, tranne l’ “intolleranza” cattolica, colpevole di affermare la verità esclusiva della Fede,  afferma ad esempio Rousseau, nel Contratto sociale, testo di base del giacobinismo rivoluzionario. Da qui la persecuzione ideologica  e cruenta contro i cattolici, ingaggiata negli ultimi due secoli dagli eredi dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese.

Se la tolleranza è il bene supremo, nessuna guerra e nessuno “scontro di civiltà” potrà essere ammesso, se non quello contro i “fanatici” e i “fondamentalisti” di ogni credo.

Oggi la guerra è dichiarata contro il fondamentalismo islamico, ma se, in nome del relativismo, si rinuncia all’identità forte dell’Occidente, che è innanzitutto la sua identità cristiana, la sconfitta in questa guerra è inevitabile.

Senza il ritorno alle verità e all’equilibrio della fede cristiana, non c’è futuro per la nostra civiltà.  

(Roberto de Mattei)
Settembre 2005 - www.radicicristiane.it