Fonte: www.chiesa.espressonline.it
La Turchia dà uno
schiaffo al patriarca di Costantinopoli -
La corte suprema gli nega la qualifica di "ecumenico". E con
ciò rafforza il soffocamento delle libertà del patriarcato
e delle altre minoranze religiose. I riflessi della sentenza sui rapporti
tra Roma e le Chiese d'Oriente -
di Sandro Magister
Barolomeo
I
patrirca ecumenico
ROMA,
6 luglio 2007 – Indicendo uno speciale anno giubilare dedicato
all'apostolo Paolo, Benedetto XVI ha voluto dare a questo "anno
paolino" una finalità spiccatamente ecumenica, per l'unità e
la concordia tra tutti i cristiani d'Occidente e d'Oriente, cattolici e
ortodossi.
Il papa ha fatto rimarcare questa finalità ecumenica nelle omelie
dei vespri e della messa della festa dei santi Pietro e Paolo, celebrate
alla presenza di delegati del patriarca ecumenico di Costantinopoli Bartolomeo
I, i metropoliti Emmanuel e Gennadios.
Ogni volta che il papa nomina Bartolomeo I, non manca mai di qualificarlo
come "patriarca ecumenico".
Nell'ortodossia ogni Chiesa si governa autonomamente. Ma per antica tradizione è riconosciuto
al patriarca di Costantinopoli un primato d'onore, in quanto preposto alla
Chiesa dell'antica capitale cristiana d'Oriente. È il primato indicato
appunto dalla qualifica di "ecumenico", cioè universale,
esteso all'intera "ecumene", parola greca che indica la terra
abitata dall'uomo.
Benedetto XVI si è recato in visita da Bartolomeo I a Istanbul-Costantinopoli
lo scorso 30 novembre, festa di sant'Andrea che è il patrono delle
Chiese d'Oriente. E il patriarca ha ricambiato la visita inviando suoi
delegati a Roma in occasione della festa dei santi Pietro e Paolo, patroni
della Chiesa romana.
Pochi giorni prima di quest'ultimo incontro, però,
una sentenza della corte suprema della Turchia ha inferto un duro colpo
all'autorità del
patriarca di Costantinopoli. Ha negato valore giuridico alla sua qualifica
di "ecumenico".
La sentenza, naturalmente, vale solo entro i confini della Turchia e per
la sfera giuridica. Non incide sul fondamento teologico dell'autorità del
patriarca e sul riconoscimento che gli è dato dalle altre Chiese
cristiane.
Essa ha comunque prodotto "profondo dispiacere" nel patriarcato,
espresso in un comunicato ufficiale che così prosegue: "Il
primato del patriarcato è da 17 secoli un titolo spirituale
storico e onorario dell'ortodossia. Nel mondo cristiano ortodosso il primato
stabilisce i rapporti di gerarchia ed esprime un puro stato religioso,
ha cioè una rilevanza teologica",
La corte suprema di Ankara ha emesso la sentenza il 26 giugno. Ha stabilito
che il patriarcato è semplicemente un ente turco adibito al culto
della minoranza greco-ortodossa, e quindi non può attribuirsi il
titolo di "ecumenico" per l'insieme del mondo ortodosso.
Occasione del verdetto è stato il ricorso di un sacerdote turco
ortodosso di origine bulgara, che il patriarcato aveva rimosso dalla sua
parrocchia a causa di “comportamento inadeguato alle sue funzioni”.
La corte suprema ha dato torto al sacerdote, ma ha colto l’occasione
per emettere un giudizio politico circa lo stato giuridico del patriarcato.
A sostegno della propria sentenza la corte suprema ha citato il trattato
di Losanna del 1923, che classificò il patriarcato di Costantinopoli
come minoranza religiosa e nient'altro.
Dal momento che in Turchia vige la massima che la giurisprudenza fa legge,
la sentenza del 26 giugno è stata accolta dal patriarcato con serio
allarme, visti i precedenti.
Ad esempio, nel 1974 la stessa corte suprema
ha negato alle fondazioni religiose delle minoranze ortodosse, cattoliche,
ecc. presenti in Turchia il diritto di possedere edifici e terreni, come
era loro concesso da una legge del 1933. Tale legge confermava le proprietà immobiliari
fino ad allora possedute e in più concedeva il diritto di acquisirne
di nuove. Con la sentenza del 1974 le fondazioni religiose furono, arbitrariamente,
spogliate di tutti i beni acquisiti dopo il 1933.
In Turchia la comunità ortodossa, al pari di quella cattolica, continua
a non avere personalità giuridica, i ministri di culto e i vescovi
non sono riconosciuti, i seminari sono chiusi – compresa la scuola
teologica del patriarcato sull'isola di Chalki – e il patriarca
di Costantinopoli deve essere obbligatoriamente un cittadino turco.
Questa negazione alle minoranze religiose dei più elementari diritti è in
palese contrasto con il desiderio della Turchia di essere ammessa nell'Unione
Europea.
Il giorno di Pentecoste, un mese prima della sentenza della corte
suprema, Bartolomeo I era tornato a chiedere libertà piena:
"Non vogliamo soltanto la libertà di celebrare i nostri culti
all'interno delle nostre chiese, ma il riconoscimento di tutti i diritti
civili, come sono riconosciuti ai nostri fratelli e connazionali musulmani
in Turchia. Gli stessi diritti civili che godono, giustamente, i nostri
fratelli musulmani in Europa".
L'11 giugno aveva aggiunto:
"Sentiamo la presenza e il sostegno di tutti i nostri predecessori,
i grandi Padri della Chiesa e tutti i santi della grande terra della Cappadocia.
E ci attrae per il suo amore in Cristo il martirio del patriarca Gregorio
V".
Gregorio V, patriarca di Costantinopoli sotto il dominio ottomano, fu
impiccato nel 1821 per rappresaglia contro i moti di indipendenza dei
greci.
* * *
Dopo la sentenza della corte suprema. esponenti di varie Chiese ortodosse
hanno espresso a Bartolomeo I la loro solidarietà.
Il prossimo 21 ottobre, a Napoli, in occasione di un meeting ecumenico
organizzato dalla Comunità di Sant'Egidio, Benedetto XVI incontrerà nuovamente
Bartolomeo I e altre autorità delle Chiese d'Oriente, tra cui il
numero due del patriarcato di Mosca, il metropolita Kirill di Smolensk.
E prima che la scelta cadesse su Napoli si era pensato a un incontro tra
il papa e Bartolomeo I a Ravenna, per inaugurare la prossima sessione della
commissione teologica mista cattolico-ortodossa.
Più fredda e divisa nei confronti di Bartolomeo I appare, invece,
la Chiesa ortodossa russa. All'opposto del metropolita Kirill, altri esponenti
di questa Chiesa – tra i quali il vescovo Ilarion di Vienna – hanno
espresso riserve sulle aperture di Bartolomeo I al dialogo con la Chiesa
di Roma. Giudicano tali aperture eccessive e il patriarca di Costantinopoli
non rappresentativo dell'intera ortodossia.
Al fondo di queste riserve c'è la secolare rivalità tra
la "Seconda Roma", Costantinopoli, e la "Terza Roma",
Mosca, per la guida effettiva, non onorifica, dell'ortodossia.
Le molte decine di milioni di fedeli del patriarcato di Mosca, comparate
alle poche migliaia del patriarcato di Costantinopoli in Turchia, pesano
a vantaggio della Chiesa russa, nonostante il primato d'onore "ecumenico" del
patriarca Bartolomeo I: primato neppure riconosciuto dalle leggi della
sua patria, la Turchia.
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