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La storia europea insegna...

CHE COSA FECE LA CHIESA DI FRONTE ALLE INVASIONI DEI BARBARI?

Centro Culturale s. Protaso-Milano
Appunti di Storia della Chiesa
5 incontri introdotti dal
PROF. DOTT. DON LUIGI NEGRI
dell'Università Cattolica di Milano
Ottobre 1998.

Le invasioni barbariche furono distruzione e disgregazione.
Bisogna capire quello che è accaduto prima. La situazione di partenza sembrava l'assoluta controindicazione a qualsiasi costruzione. Il Medioevo deve reagire a una situazione catastrofica determinata dalle invasioni barbariche. Queste, se volete un paragone, sono pari a Hiroshima: una deflagrazione cosmica. Finisce un mondo, non solo fisicamente, con l'arrivo dei popoli barbari, privi di leggi e del più elementare senso della ragione. Sono torme sterminate di genti che provengono direttamente dalla preistoria. Sono gli Unni, che vengono dalle steppe euro-asiatiche, di derivazione mongolica, la più lontana che esista dalla fisionomia etnica-culturale europea, spinti da fame di terre. Costoro devono superare il "vallo" di Adriano, oltre il quale erano sempre stati contenuti con forme diverse di privilegi, di beneficenza (l'Impero faceva anche una certa beneficenza). Scavalcano, entrano per stanziarsi nelle terre dei latini, dei popoli unificati nell'Impero. "Mors tua, vita mea". Per essi è un problema di vita o di morte. Scacciati dalle loro terre devono trovare, usando ogni mezzo, dove attendarsi. Il mondo greco - romano non ha la forza di resistere. Crolla in quanto già caratterizzato da una grave crisi interna di carattere culturale e morale. È quindi incapace di conservare, la concezione della "polis" come un fatto assoluto. Certamente avrebbe forse resistito secoli e secoli, se non fosse sopraggiunta questa situazione.

Nel 410, all'annunzio che Roma, città capo dell'Impero, viene per la prima volta saccheggiata, S. Girolamo, uno dei più grandi intellettuali cristiani del V secolo, in una lettera scrive: "È caduto il principio di unificazione del mondo. Noi siamo distrutti". Dunque, la partenza è la disgregazione totale fisica, culturale, morale. Manca qualsiasi possibilità di intesa: non si conoscono le lingue, non v'è alcuna intesa sui criteri fondamentali di comportamento, c'è violenza nei rapporti sociali. Si vuole eliminare la razza latina per potersi immediatamente sostituire ad essa, stanziandosi sui suoi territori. Le città sono messe a ferro e fuoco e distrutte. Non c'è nessuna apertura, nessuna benevolenza, neppure nei confronti delle donne, dei bambini: e questo da una parte e dall'altra. Si dissolve ogni principio di conoscenza e di aggregazione.

b) L'azione costruttrice della Chiesa: il Monastero Benedettino
Con una intensa vita ecclesiale: il Monastero benedettino, il "Benedettinismo". E può costruire perché vive su un fondamento e per un'energia che non dipende né dalla cultura greca, né da quella latina, non dal mondo antico e tanto meno dal mondo nuovo, fondato su una barbarie clamorosamente espressa. La Chiesa fa riferimento a qualche cosa che può essere utilizzabile da tutti e due i mondi, l'antico e il moderno. Si può essere cristiani e barbari; si può essere cristiani e latini; si può essere cristiani portando nel riconoscimento della fede e nell'aggregazione ecclesiale la propria tradizione e si può essere cristiani e portare in quella stessa realtà sociale tutta la povertà e anche l'energia del sangue nuovo. Perché i barbari sono il futuro dell'Europa.

L'Europa non l'hanno costruita i greco-latini. L'hanno costruita i cristiani, recuperando una tradizione latina, ma formulandola in modo assolutamente nuovo.

Il cristianesimo fu dunque l'esperienza di una socialità che attraversava la disgregazione, mettendo in gioco un fattore sociale nuovo, diverso. Non ha messo in gioco un'ideologia; non ha tentato di creare un'ideologia comune fra i barbari e i greci; non ha messo in opera, per dirla con i termini moderni, un confronto fra posizioni culturali.

Ha creato una vita sociale in cui i barbari e i latini potevano stare insieme: gli stessi barbari e gli stessi latini che si ammazzavano lungo le strade partecipavano alla stessa vita del "Monastero".

"Il goto ascolta la Parola di Dio insieme al latino: lo serve o ne è servito e non c'è nessuna opposizione".
Da ciò si può capire che

il fattore costruttivo è una socialità nuova, nella quale la persona è profondamente valorizzata nelle sue capacità di conoscenza, di sensibilità, di affezione, di costruttività.

Il cristiano accetta la sfida che la realtà gli lancia. E la sfida è tremenda: vediamo se sapete costruire la società! Mentre S. Girolamo, e con lui tanti esponenti della grande cultura cattolica, gridava la sua indignazione e il suo furore contro i barbari, i benedettini fecero un'altra scelta: viviamo la fede nel mondo, perché il cristianesimo è affermare la fede come principio di conoscenza e di azione, a partire da una realtà sociale in cui la fede è un'esperienza di vita. Ecco perché il Monastero fu sentito dalla Chiesa come un'immagine particolarmente significativa di sé; un segno, un esempio di rapporti.

Al Monastero, ai Benedettini, i Vescovi e soprattutto il Vescovo di Roma assegnarono la funzione di essere la punta avanzata della Chiesa, perché nell'esperienza del monachesimo benedettino la fede diventa principio di vita attiva, di conoscenza e di azione. "Ora et labora". Il riconoscimento della presenza di Cristo nella Comunità come fattore di unità è anche il principio che fa affrontare l'esistenza nella sua materialità.

"Così s. Benedetto fece diventare l'eroico quotidiano, perché il quotidiano potesse diventare eroico".
Il quotidiano, tanto per dire le cose nella loro chiarezza, nel V e VI secolo voleva dire che il 75% delle terre coltivate in Europa non erano più coltivate; erano infestate di paludi, perché da decenni campo di scorrerie di eserciti, non certo eserciti regolari. Si era smarrito il concetto della necessità della coltivazione e quindi i suoi strumenti fondamentali: il ritmo della semina e dei raccolti. I Benedettini, cominciando a vivere la loro esperienza di fede nel mondo, incominciarono a riscoprire l'agricoltura.

Non sarebbe pensabile la Francia, l'Italia, la Germania, il Belgio, buona parte del Nord d'Europa, senza questa azione di rieducazione al lavoro come rapporto significativo con la realtà materiale.

Leopold Génicot scrive nel suo.15 "Profilo della civiltà Medioevale": "I cristiani non ebbero neanche un minimo di nostalgia del passato, non si voltarono indietro per nostalgia del passato, ma forti della loro fede, della loro speranza, della loro carità, andarono coraggiosamente verso il futuro".

CARATTERISTICA FONDAMENTALE DEL MEDIO EVO: UNITÀ NELLA PLURALITÀ

Il protagonista è realmente la persona, una persona nel popolo.. La fede vissuta affronta le circostanze della vita, che allora erano quelle della gente da integrare.

L'integrazione implica un sacrifico eroico, da una parte come dall'altra; vuol dire credere che l'unità è più forte delle differenze e delle violenze. La "communio cristiana" realmente vissuta diventa il fattore di aggregazione, sia pure nella dolorosa lacerazione.

Perché non erano santi: tanta gente è stata ammazzata da una parte e dall'altra e la violenza era all'ordine del giorno. San Leone Magno ha dovuto accorrere a fermare gli Unni, certamente con la sua autorità morale, ma anche con tanto oro e argento, preso dalle Basiliche di Roma (fin dai primi tempi, la Chiesa non ha mai fatto questioni di soldi, specie quando si trattava di salvare la vita e la dignità degli uomini e dei popoli. Non ha mai accettato che fossero gli altri a rubarglieli, come se fosse un loro diritto).

All'interno della "Communio Cristiana" l'uomo medioevale vive i suoi interessi fondamentali: la conoscenza di sé e della realtà che lo circonda; e la costruzione, in tutti i suoi aspetti (sociali, economici, politici), esprimendo le sue capacità e rispondendo ai suoi bisogni fondamentali (ad es. : la scuola, la bottega dell'artigiano, ecc.)

Mai come nei secoli VII, VIII e IX, il nuovo soggetto umano che è la vita della Chiesa si rivela paziente educatrice di interi popoli. L'opera di costruzione parte da zero e si svolge quindi gradualmente, pezzo per pezzo, giorno dopo giorno. I limiti dell'età medioevale - che di solito vengono attribuiti alla stessa fede - altro non sono che i segni della fatica con cui la Chiesa sa educare gente che fa passare dalla preistoria alla storia, fino ad innamorarsi della convivenza pacifica e della costruzione positiva. In questi secoli il Cristianesimo non ha soltanto animato un mondo preesistente, ma si può ben dire che ha forgiato una nuova civiltà, che brillerà nel secolo XII, per declinare nel XIV.

Il processo di umanizzazione, operato dal nuovo soggetto umano che è il cristiano, è riconosciuto con orgoglio dai cristiani del secolo XII e XIII: "Siamo partiti dall'istruzione ed ecco una città". Con la propria arte (romanico, gotico), la medicina, l'artigianato, una vita sociale nella quale l'ultimo servo della gleba può dare del "tu" all'imperatore.

Nelle scuole che nascono nel sec. VI, VII e VIII - prima attorno ai conventi, ai monasteri, alle cattedrali, - è germinalmente presente la fioritura culturale che trova il suo culmine e fonte nelle università. In esse vive la fede come orizzonte unitario per comprendere e interpretare veramente la realtà tutta. Di solito, lo schema dell'ideologia si impone e coarta la realtà, mortificando la ricerca, la valorizzazione del diverso, il rispetto del particolare. Le grandi università sono nate in ambiente cristiano e noi oggi riscopriamo - male e a secoli di distanza - la chiarezza metodologica, l'articolazione del sapere, il dialogo fecondo tra docente e discente, che vigevano nella "universitas studiorum" medioevale. L'università di Camerino, ad esempio, che ha inaugurato il 722° anno accademico, ha avuto inizio per una intesa tra insegnanti e studenti, poi avvallata. Quella di Bologna - la più antica in Italia - è fatta sorgere da studenti che non potevano più pagarsi il soggiorno a Parigi: il Comune li aiuta con le Borse di studio e dando lo stipendio ai professori.

Senza l'Ospedale, anche l'Università non avrebbe il suo significato più giusto. All'inizio del sec. XIII, la comunità medioevale è segnata dalla tremenda malattia della lebbra, malattia della povertà, la povertà endemica per carenza di alimentazione e di condizioni minime di sopravvivenza. La mentalità comune è ancora dominata dal pregiudizio pagano ed ebraico, secondo la quale la malattia è una maledizione .A fronte di tanto flagello, la Chiesa dice: "Questa è gente come tutti noi" e fonda l'ospedale, il luogo dove l'ospitalità, che Dio offre all'umanità con la Comunità cristiana, diviene l'ospitalità che la Chiesa offre agli esseri umani più bisognosi.