Crescono le persone che credono al sacro ma lo adattano ai propri problemi

Indagine dell'Eurisko per Repubblica: nel Paese l'87 per cento si dice cattolico e stima il Papa.
Articolo di ILVO DIAMANTI


HA recriminato con forza, la Chiesa italiana, sull'amnesia, o meglio, la reticenza della Convenzione nel delineare la prima bozza di Costituzione, circa l'importanza delle tradizioni cristiane per l'identità europea. E i soggetti politici di governo, soprattutto (ma non solo), hanno dato risonanza a questa rivendicazione. D'altra parte, due italiani su tre sembrano essere d'accordo con l'idea di restituire evidenza alle "radici cristiane" nella futura costituzione. Il problema è che oltre metà di essi, il 38% della popolazione in complesso, pensa però che il riferimento alla tradizione cristiana, per quanto legittimo, vada espresso "nel rispetto delle altre religioni". Di fatto, affermando una concezione "relativa" del ruolo e del significato religioso, come fondamento della storia e dell'identità europea.

Si tratta di un orientamento ambivalente e un po' paradossale, che risulta diffuso, nella percezione del fenomeno religioso espressa dagli italiani. Almeno secondo le indicazioni del sondaggio condotto da Eurisko per "La Repubblica". Gli italiani, cioè, attribuiscono alla religione uno spazio crescente, nella loro vita, nella definizione del mondo. Ma, al tempo stesso, la piegano alle loro domande, ai loro problemi. Interessi. Credono, gli italiani, in un Dio relativo.

La religione, negli anni Novanta, ha guadagnato centralità sociale. Oggi è ritenuta "fondamentale" dal 23% della popolazione (intervistata da Eurisko), mentre il 38% di essi la considera importante. Poco meno di dieci anni fa, nel 1994, una ricerca dell'Università Cattolica di Milano (curata da Cesareo, Cipriani, Garelli, Lanzetti e Rovati), presentava al proposito valori molto più bassi: la quota di italiani che definiva fondamentale la religione, nella vita, era del 15%, mentre il 31% la riteneva "importante".

Nell'insieme, la percentuale di coloro che assegnano un grande valore alla religione, in Italia, fra il 1994 al 2003 sale dal 46% al 62%. Al tempo stesso, cresce dal 41 al 51% il peso di coloro che pregano almeno una volta al giorno. Inoltre, il 57% degli italiani seguono trasmissioni di carattere religioso in tivù, mentre il 26% si soffermano su reti radiofoniche confessionali. Dove la "preghiera" coinvolge un'ampia comunità mediatica. D'altronde, in Italia, quasi tutti continuano a dirsi cattolici e la frequenza alla messa, che dagli anni 50 era calata costantemente, nella seconda metà degli anni Novanta sembra essersi stabilizzata, attestandosi attorno al 30%. Peraltro, altre ricerche sottolineano il livello elevato di stima espresso in Italia nei confronti della Chiesa e, soprattutto, il consenso largo e trasversale che accompagna il Papa, Karol Woityla. Mentre le parrocchie, negli ultimi anni, appaiono i luoghi in cui si assiste alla maggior crescita dell'impegno associativo (lo segnala l'indagine dell'Iref per il Cnel, che verrà presentata nei prossimi giorni).

Tuttavia, l'impressione è che la "spinta propulsiva" che conosce la domanda di religione nella società italiana non abbia cambiato l'orientamento flessibile, adattivo, attraverso il quale i cattolici la traducono e interpretano, ormai da tempo. La religione conta, sempre più, nella vita delle persone, nel loro orizzonte di valore, ma ciò avviene seguendo diversi modelli, diversi percorsi. Così, larga parte degli italiani (8 su 10), quando pregano, mirano ad ottenere soluzione a problemi concreti, talora gravi, che riguardano loro stessi e i loro cari. Peraltro, la stessa percentuale di intervistati afferma di averne ricavato benefici concreti. La preghiera, quindi, è una pratica diffusa, che spesso assume un significato "propiziatorio". Inoltre, la credenza nelle verità di fede è discontinua, in alcuni limitata, in rapporto al peso dei cattolici. Ad esempio, credono nell'inferno la metà degli italiani, nel paradiso i due terzi, nell'infallibilità del Papa il 42%, nella resurrezione dei corpi solo il 31%. Vi sono quote ridotte, ma comunque significative, di persone, di cattolici, che credono, almeno un po', nell'astrologia, nella comunicazione con i defunti, nel malocchio. Miscelando religione, esoterismo e magia, secondo differenti soluzioni sincretiche.

Non possiamo non dirci cattolici, quindi, ma ciascuno tende a interpretare l'appartenenza religiosa a modo proprio. Non sentendosi vincolato alle verità rivelate, né tanto meno alle indicazioni delle gerarchie, né agli insegnamenti della Chiesa. Tanto che quasi sette italiani su dieci, definiscono utile l'insegnamento etico della Chiesa, ma poi preferiscono agire "secondo coscienza". Mentre la politica è concepita in modo pressoché autonomo rispetto all'appartenenza cattolica.
È come se le relazioni, fra la Chiesa e la società, fra le persone e la religione, si fossero pluralizzate, articolate, a tal punto da rendere difficile tracciare dei confini precisi.

Da un lato, sempre più, le persone si accostano alla religione, alla Chiesa, oltre che per motivi di valore, per il "valore d'uso" che vi colgono. Perché la religione, la Chiesa, costituiscono dei riferimenti in un mondo privo di riferimenti. Offrono senso a persone alla ricerca di senso. Forniscono servizi, associazione e comunità a individui altrimenti sempre più soli. Ma, al tempo stesso, le persone si accostano e si distanziano dalla religione seguendo perlopiù traiettorie specifiche, zigzaganti.

Da ciò la forza e la debolezza della religione e soprattutto della Chiesa cattolica, nel nostro tempo. Perché è pressoché unica a parlare, a offrire significati, carisma; a scavare nel fondo "irrazionale" delle nostre paure e delle nostre coscienze. Unica a offrire identità, aggregazione ai più giovani; pietà ai sofferenti; sicurezza e cittadinanza agli anziani; sostegno ai marginali e ai migranti. Una Chiesa molteplice, flessibile, dai molti volti, con una storia lunga, un'organizzazione solida. E, per questo, a disposizione di tutti. Una Chiesa "personalizzata".

Interpretata, coniugata, usata, secondo l'esigenza e l'interesse dei singoli. Una Chiesa sospesa, stirata: fra chi la accosta per motivi particolari e chi per soddisfare la domanda d'assoluto. Non possiamo non dirci cattolici, quindi. Figli di un Dio relativo.

(22 giugno 2003)