SOMMARIO RASSEGNA STAMPA

Un saggio di Michael Burleigh sui totalitarismi del ' 900 denuncia : Religioni, madri di tutte le violenze .
Uno storico cattolico mette sotto accusa le ideologie che sfruttano il bisogno di fede

(22 settembre, 2007) Corriere della Sera

Se Michael Burleigh fosse regista, comincerebbe con una sequenza mozzafiato: un gruppo di dirottatori sul volo 11 dell' American Airlines borbottano preghiere in arabo per tenere a bada il panico dell' ultimo istante, prima di andare a schiantarsi contro la Torre Nord del World Trade Center a New York. Ma dal momento che è, invece, un famoso storico inglese, colloca la scena nel capitolo conclusivo della sua opera - In nome di Dio - per spiegare ai lettori come «l' incantesimo religioso possa funzionare da stimolante e sedativo al tempo stesso». Perché è la religione, considerata nelle sue implicazioni politiche e sociali, la protagonista della storia che ha deciso di raccontare.

Dai massacri nelle trincee della Grande guerra a quelli programmati con fredda determinazione durante i decenni successivi dal comunismo e dal nazismo, fino alle bombe irlandesi e agli attentati suicidi di oggi, la tesi principale del libro di Burleigh suona così: attenti, la religione è tornata protagonista assoluta della vita politica, mentre i cantori della secolarizzazione, del disincanto e del laicismo sono stati smentiti. Insomma, le cose stanno andando assai diversamente rispetto alle previsioni. Da questa prima constatazione ne discende un' altra: le formule religiose, i sentimenti e le speranze legate a una qualsiasi fede, proprio come i mantra islamici recitati compulsivamente dagli attentatori di New York prima di dare e darsi la morte, portano con sé una carica distruttiva pressoché incontrollabile.

I profeti moderni contano precisamente sulla disposizione umana ad afferrare un' àncora di salvezza, quale che sia, pur di sottrarsi alle frustrazioni e a tutto ciò che è insensato nella vita quotidiana. E quando Hitler diceva che la «fede esiste dappertutto in uno stato di dormiveglia, mentre il trucco sta nel risvegliarla con un credo politico entusiasmante, così come si fa quando si getta un fiammifero sulla paglia secca» - ebbene, sapeva quel che diceva. Ma non bisogna credere che Michael Burleigh appartenga alla categoria degli Hitchens o dei Dawkins, convinti di poter «demistificare» le religioni oscurantiste in nome di una ragione piena di buone intenzioni. Al contrario, pur vantando un curriculum accademico prestigioso, che include la London School of Economics, egli si colloca piuttosto sul versante conservatore, se non addirittura teocon, il che gli ha provocato l' ostilità dei critici liberal americani: non gli perdonano la sua difesa a oltranza dell' operato di Pio XII.

Papa Pacelli, sostiene Burleigh, fu accusato ingiustamente dal «drammaturgo di sinistra» Rolf Hochhuth di essersi mostrato condiscendente verso i nazisti: un vero e proprio «cattivo maestro tedesco», quest' ultimo, che contribuì a creare una «leggenda nera» (in realtà «ispirata» dalla propaganda sovietica). Il fatto è che Burleigh non considera politicamente pericolose le religioni in sé, ma soltanto le loro versioni secolarizzate, tradotte in ideologie.

È intorno a questo che si articola In nome di Dio: un' opera di scavo per portare alla luce le radici avvelenate delle «religioni secolari». La parte del leone, ad esempio, la fanno le atrocità consumate in Russia, Spagna e Messico - il «terribile triangolo» antireligioso - da parte di coloro che tentavano di creare le condizioni per la nascita di un «uomo nuovo» e la realizzazione di un paradiso in terra. Queste immense fucine ideologiche - rileva Burleigh - utilizzavano una terminologia religiosa, pur tradendo il vero senso della fede; i profeti della «nuova umanità» discendevano dai giacobini francesi, ma erano anche debitori del culto per gli «arditi», esaltati dal fascismo, o di quello socialista rivoluzionario di un Barbusse, o delle adunate rituali organizzate da Goebbels, o delle pasque e dei natali «rossi» inventati al tempo dell' Urss (quando si rivolgevano preghiere a Lenin «come a un dio mortale»).

Per non parlare della fede messianica riposta in Mussolini o in Kemal Ataturk. Burleigh è particolarmente originale là dove ricostruisce le biografie dimenticate di eccentrici predicatori protonazisti, come un tale Ludwig Christian Haeusser, che per un certo periodo eccitò i suoi seguaci predicando libertà di costumi, nudismo ed eliminazione dei «ceti parassiti», anticipatore in scala ridotta del futuro culto del corpo nazista, accompagnato dalla liquidazione dell' avversario. Simili figure di esaltati, benché folcloristiche, sembrano materializzarsi con successo a ogni passaggio epocale, e infatti ecco qualche decennio più tardi nuovi profeti trasandati e dai capelli lunghi darsi alla predicazione ecologista, e più tardi maoista, lungo le strade sessantottine d' America e d' Europa. Qui Burleigh, sfidando ogni regola politicamente corretta, accosta gli antichi occultisti, i loro successori hippy, poi i seguaci della New Age e infine i moderni apostoli dell' «ecosfera» minacciata dall' inquinamento in un' unica, ambigua compagnia, basata su una religione apparentemente laica, ma in realtà dedita al culto della Natura, una specie di divinità pagana.

Ed ecco un altro tema polemico costante in Burleigh: quello dei «cattivi maestri». Cattivo John Lennon, il Beatle, che giudicava la musica pop «più grande di Gesù» e «credeva di migliorare il karma collettivo del mondo mediante una intensa attività sessuale». Cattivo il vescovo inglese John Robinson, che «applicò la teologia radicale tedesca e statunitense» alla liturgia delle chiese, «infarcendola di risate e battimani». Cattivi, nella loro «infantile visione antiamericana del mondo», i vari guru radicali Noam Chomsky e Harold Pinter. Esecrabile il «regime socialista» di Zapatero, oltre che in blocco il sinistrismo degli «intellettuali di New York». E cattivissimo su tutti il ben noto «apologeta della violenza» Tariq Ramadan.

Incurante dei molti, troppi nemici che si fa, Michael Burleigh procede dunque come un carro armato nella sua difesa della fede tradizionale, rappresentata soprattutto dalla Chiesa cattolica (mentre i critici gli rimproverano di non aver dato spazio sufficiente alle compromissioni del Vaticano con le violenze di molti regimi da essa appoggiati in passato). Sullo sfondo, in consonanza con certe posizioni di Oriana Fallaci, agita lo spettro di una «Eurabia» disposta a cedere porzioni crescenti di sovranità a leader religiosi fintamente «moderati», in realtà «integralisti mascherati».

La ricetta di Burleigh, il recupero di una religione civile democratica - ma improntata ai principi del cristianesimo e valida per tutti - è di quelle che disturberanno molti, ma faranno esultare altrettanti.
Il libro di Michael Burleigh : «In nome di Dio», editore Rizzoli, pagine 552.

Lo storico inglese Michael Burleigh , studioso del totalitarismo, ha insegnato in diverse università britanniche e americane, tra cui Oxford, Harvard e la London School of Economics.
In italiano, prima di «In nome di Dio», sono stati tradotti, sempre da Rizzoli, i suoi saggi «Lo Stato razziale. Germania 1933-1945» (1992) e «Il Terzo Reich» (2003)


Fertilio Dario

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