L’islam bifronte . Terra di conquista: l’occidente

di Tariq Ramadan

La famiglia, i maestri, l’ideologia del più popolare intellettuale musulmano d’Europa. Una sfida per i cristiani. Il teologo Olivier Clément svela il pericolo -di Sandro Magister (www.chiesa.espressonline.it )

ROMA – C’è un intellettuale musulmano che nell’Europa francofona è ormai una star. Attrae le folle dei giovani immigrati e parla loro con fervore carismatico. Incanta la sinistra no global e i lettori di “Le Monde Diplomatique”. Cita con pari maestria il Corano e Nietzsche, Heidegger e i detti del Profeta. Piace a padre Michel Lelong, primo islamologo della Chiesa di Francia. Vende migliaia di cassette con le sue prediche. Il suo nome è Tariq Ramadan.

Ramadan vive a Ginevra, dove è nato 42 anni fa. Ha studiato da imam al Cairo e, tornato in Svizzera, ha conseguito una laurea in letteratura francese e due dottorati, in islamologia e sul pensiero filosofico di Friedrich Nietzsche. Insegna alle università di Ginevra e Friburgo e per anni ha condotto suoi allievi in paesi del Terzo Mondo a fare pratica sul campo e a incontrare i teologi cattolici della liberazione e il Dalai Lama. Poi dal 1993 s’è dedicato con crescente intensità alla predicazione in Svizzera, Francia e Belgio con frequenti puntate negli Stati Uniti. È autore di una quindicina di libri: quello intitolato “Essere musulmano europeo”, del 1999, è stato tradotto in 14 lingue. È ascoltato come esperto al parlamento europeo. È sposato, ha quattro figli.

Negli ultimi mesi è stato accusato di antisemitismo. S’è scontrato duramente con intellettuali ebrei del peso di Bernard-Henri Levy, André Glucksmann e Bernard Kouchner. “Le Monde” e altri giornali importanti hanno pubblicato su di lui inchieste critiche. Ma per Ramadan tutto questo è la prova della giustezza delle sue posizioni e dell’innata ostilità dell’occidente all’islam.

Il fenomeno Tariq Ramadan non nasce nel vuoto. Il suo nonno materno, egiziano, è Hassan Al-Banna, fondatore nel 1929 dei Fratelli Musulmani, la più importante corrente islamista del Novecento. Suo padre, esule a Ginevra, ne é stato uno dei più attivi prosecutori. E suo fratello Hani – col quale Tariq nega d’avere legami – dirige, sempre a Ginevra, un Centro islamico che è stato accusato di contatti con la rete terrorista di Al-Qaeda.

Ma più che queste ascendenze famigliari, contano le prossimità ideologiche. Tariq Ramadan – agendo nel cuore stesso dell’occidente – intreccia l’islam politico con le critiche radicali della razionalità occidentale fatte da Nietzsche, da Heidegger, da Cioran, da Guénon, e poi dalle correnti neomarxiste e no global.

Prima di lui altri intellettuali musulmani del Novecento hanno fatto lo stesso percorso, spesso studiando in università europee. Uno di questi è l’indiano Muhammad Iqbal, un altro l’iraniano Ahmad Fardid. Un discepolo importante di quest’ultimo, Djalal Al-e Ahmad, pubblicò nel 1962 a Teheran un saggio che anche nel titolo della successiva traduzione francese, “L’occidentalite”, indicava proprio nell’occidente la malattia capitale dell’islam, sullo sfondo di una visione apocalittica e nichilista che già allora sembrava far presagire come sbocco l’iperterrorismo universalista di un Osama Bin Laden.

Ma un percorso ancor più simile a quello di Tariq Ramadan è di un altro egiziano, Hassan Hanafi. Anche lui frequenta i Fratelli Musulmani, anche lui studia i filosofi europei, anche lui viaggia tra il Cairo e Parigi, dove si ferma dieci anni alla Sorbona, anche lui visita e indaga gli Stati Uniti. Da preside della facoltà di filosofia dell’università del Cairo si scontra con gli ulema di Al-Azhar, che non ne condividono il radicalismo.

E per Hanafi il nemico assoluto dell’islam è l’occidente. Ora dominato, come nei primi sette secoli dopo Maometto, quelli del primato musulmano nel mondo, ora dominante, come nei sette secoli successivi. Ma il XXI secolo è per lui quello della svolta, è l’inizio di un terzo settennato nel quale le parti di nuovo si invertiranno: “L’occidente inizierà la sua nuova decadenza e il mondo arabo-musulmano la sua rinascita”.

Anche per Tariq Ramadan l’occidente è al tramonto. E nel vuoto spirituale lasciato da ebraismo e cristianesimo l’islam può entrare e vincere, non più subendo la modernità ma islamizzandola. Ramadan piace al pubblico occidentale perché la sua visione accoglie elementi di democrazia, di cittadinanza paritaria, di libera espressione. Egli polemizza sia con i musulmani secolarizzati sia con quelli che si separano in comunità chiuse. Annuncia la nascita di un islam pienamente europeo. E si avventura in questa lunga traversata armato della dottrina della taqiyya, ossia dell’arte della dissimulazione, tipica della pratica islamica in terra nemica.

In Italia, l’analisi più acuta di questa anima antioccidentale del pensiero musulmano è nel libro “L’islam globale” di Khaled Fouad Allam, algerino, professore di islamologia alle università di Trieste e di Urbino.

In campo cristiano, una voce critica che si è levata contro Tariq Ramadan è quella di Olivier Clément, teologo e intellettuale di fede ortodossa, che vive a Parigi. Quello che segue è parte di un articolo che Clément ha pubblicato sul numero di dicembre 2003 di “Vita e Pensiero”, la rivista dell’Università Cattolica di Milano:


Attenti all’islam modello Ramadan-di Olivier Clément

La questione delle liceali velate in Francia e la polemica del crocifisso in un'aula scolastica italiana sono, malgrado le apparenze, strettamente collegate e pongono il problema del comportamento dei musulmani in questi due paesi. [...]

Occorre sottolineare subito che i due casi, il francese e l’italiano, sono provocazioni lanciate da intellettuali o pseudo-intellettuali convertitisi di recente all'islam. [...] Sono dunque delle eccezioni, ma provocate appositamente e senza dubbio rivelatrici.

In Francia, le due sorelle rifiutate dal loro liceo non solo a causa del velo ma più in generale per lo stile dei loro vestiti e per il loro comportamento sono figlie di un avvocato agnostico di origine ebraica, di nome Lévy. È stato lui ad incoraggiarle, per dimostrare l'intolleranza della nostra società.

In Italia, il padre dei due bambini che si è dichiarato scandalizzato dal crocifisso appeso sui muri della loro scuola si chiama Adel Smith e si è convertito all'islam nel 1982. [...]

Mi sembra che queste provocazioni isolate siano chiare testimonianze di un nuovo corso all'interno delle motivazioni ideologiche delle comunità musulmane. Certo, sono sempre esistite e resistono tuttora, in Francia, correnti fondamentaliste di odio e rifiuto totale della cultura occidentale. Ma queste istanze d'altri tempi non sono mai state capaci di annientare e nemmeno di utilizzare le strutture giuridiche e mentali della nostra società.

La nuova ideologia è ora ben definita. Il suo portavoce, perlomeno in Francia e in tutta l'Europa occidentale, si chiama Tariq Ramadan. Ramadan non si nasconde né tesse complotti. Pur affermando la sua fede musulmana, si presenta come un grande intellettuale occidentale. Giovane, bello, parla con maestria e chiarezza la lingua dell'intellighenzia dell'Europa occidentale, è docente di filosofia, di letteratura francese e d’islamologia presso l’università di Ginevra. Allo stesso tempo impegnato in contesti associativi musulmani, come quello dei “Giovani musulman,i di francia”, si è assicurato un ruolo di esperto nell’ambito delle commissioni che ruotano attorno al parlamento europeo. La sua presenza mediatica non cessa di crescere. È autore di una quindicina di opere tra cui “Les musulmans dans la laïcité”, “Aux sources du renouveau musulman”, “Les musulmans d’occident et l’avenir de l’islam”. È regolarmente invitato a partecipare a trasmissioni televisive o radiofoniche. Fa circolare tra i giovani musulmani brevi testi redatti in francese o in arabo.

Propone un islam “riformista” e “totalizzante”. Il suo scopo sembra essere quello di far emergere un corpo di valori a partire dalla sorgente islamica, un corpus dalla vocazione universale che prenderà il posto dei valori della civiltà occidentale. Ciò che conta per lui è arrivare ad affermare l'identità musulmana e a presentarla come la fonte della vera universalità.

Partendo dalla constatazione che il fulcro dei movimenti storici è costituito ai giorni nostri dall'insieme Europa-America del Nord, con i paesi musulmani relegati alla periferia, Ramadan nota come oggi però siano numerosi i musulmani, soprattutto gli intellettuali, che sono entrati a far parte di questo centro. Li invita dunque a rimodellarlo e, a poco a poco, a islamizzarlo: “Il riferimento all'ebraismo e al cristianesimo si sta diluendo, se non sta addirittura del tutto scomparendo” (“Les musulmans d’occident e l’avenir de l’islam”, Actes Sud-Sinbad, 2003). “Solo l'islam può compiere la sintesi tra cristianesimo e umanesimo, e colmare il vuoto spirituale che colpirà l'occidente” (“Islam, le face à face des civilisations”, Tawhid, 2001).

Ancora: “Il Corano conferma, completa e rettifica i messaggi che l’hanno preceduto” (“Les messages musulmans d’occident”). Alcune personalità cristiane la cui opera benefica non può essere misconosciuta – Madre Teresa, suor Emanuelle, l'Abbé Pierre, dom Helder Camara – sono eccezioni che mostrano solamente che tutti gli uomini perbene sono implicitamente musulmani, poiché il vero umanesimo ha fondamento nella rivelazione coranica. Così, sia direttamente sia attraverso la mediazione di questo umanesimo, la “Città musulmana” potrà instaurarsi sulla terra. “Oggi i musulmani che vivono in occidente devono unirsi alla rivolta degli ‘altromondisti’ dal momento in cui, per l’islam, il sistema capitalista neoliberale è un universo di guerra [...]. La rivelazione coranica è esplicita: chi si occupa di speculazione o cura gli interessi finanziari entra in guerra contro il trascendente” (“Pouvoirs”, 2003, n. 164).

Tariq Ramadan poi insiste – giustamente – sulla ricchezza intellettuale forse troppo a lungo ignorata dei grandi pensatori musulmani come Al-Kindi, Al-Farabi, Avicenna, Averroè, ma si dimentica di situarli in rapporto al pensiero greco, ebreaico e cristiano, e ce li presenta come la vera origine dell’umanesimo.

Jacques Jomier ha riassunto in modo efficace lo scopo che anima Tariq Ramadan: “Il suo problema non è modernizzare l'islam, ma islamizzare la modernità” (“Esprit et Vie”, 17 febbraio 2000). Non ci si deve dimenticare che Ramadan è nipote di Hassan Al-Banna, il fondatore in Egitto del movimento islamista dei Fratelli Musulmani, un uomo che egli considera un eminente rappresentante dell’islam “riformista”, capace di suscitare all’interno della modernità una cultura alternativa endogena” (“Peut-on vivre avec l’islam?”, Favre, 1990).

A suo avviso occorre evitare ogni forma di contrasto: intorno al 1995 Ramadan esaltava l'esperienza del Sudan di Hassan Al-Turabi. Oggi non è più così, (ma suo fratello Hani, che finanzia la casa editrice Tawhid, non ha queste riserve, che riguardano in particolare i processi e le sentenze contro le donne adultere in Nigeria). Tariq Ramadan preferisce appellarsi alla libertà di coscienza guidata dal giudizio che dona la rivelazione coranica. “Alcuni studiosi musulmani, con argomentazioni prese dal Corano e dalla Sunna, hanno proibito la musica e perfino il disegno e la fotografia (e dunque la televisione e il cinema). È un’opinione tra le tante, e come tale deve essere rispettata [...]. Ma altri, tra cui noi, dovrebbero determinare un approccio selettivo in questo campo, così come in altri” (“Les musulmans d’occident e l’avenir de l’islam”). Lo stesso si può dire riguardo alla questione del velo: bisogna lasciare alla donna la libera scelta, ma mostrandole il vero significato di essa.

Che fare di fronte a questa nuova situazione? [...] In Francia, dove la comunità musulmana è molto numerosa e dove le polemiche imperversano a destra come a sinistra, il parlamento è vicino a votare una legge che impedirà l'affissione di segni religiosi nelle aule scolastiche. Questa prospettiva inquieta i cattolici, secondo i quali una legge di questo tipo apparirebbe ai musulmani come una forma di stigmatizzazione e rifiuto da parte della comunità nazionale. [...] Ma pare che gli islamici più intelligenti stiano segretamente aspettando proprio una legge che favorisca questa esclusione, che sarebbe la prova palese dell'innata islamofobia della società francese. [...] Il pensiero di Tariq Ramadan regala alle provocazioni attuali una portata inattesa. Da parte nostra, siamo chiamati a un cristianesimo più profondo e più lucido, capace al tempo stesso di accogliere e di illuminare ogni cosa.

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Nota 1. Su Hassan Al-Turabi


Olivier Clément cita, tra i pensatori musulmani apprezzati negli anni Novanta da Tariq Ramadan, il sudanese Hassan Al-Turabi.

Anche Al-Turabi è stato in gioventù vicino ai Fratelli Musulmani. Ha studiato filosofia in Europa, alla Sorbona di Parigi. Sa parlare un linguaggio molto famigliare alla cultura europea. Vede nell’occidente una società post-cristiana, e nell’islam un inveramento del cristianesimo. Si dice fautore del dialogo tra le religioni.

Ma Al-Turabi per tutti gli anni Novanta è stato molto più che un intellettuale. In Sudan è stato l’eminenza grigia dei militari al potere. Ha tentato di creare un nuovo stato islamico che fosse modello per l’intero mondo musulmano. Ha ospitato Osama Bin Laden ed è stato mentore dello stratega di Al-Qaeda, l’egiziano Ayman Al-Zawahiri. Fino al 2000 e alla sua caduta in disgrazia presso il regime militare è stato l’ideologo islamista più presente sulla tv Al-Jazeera.

Nel 1994 ottenne d’essere ricevuto in udienza privata da un ignaro Giovanni Paolo II, in Vaticano.


Nota 2. Su Giacomo Biffi


Il proposito di una islamizzazione dell’Europa attribuito da Olivier Clément a Tariq Ramadan ha molto in comune con l’allarme lanciato dal cardinale Giacomo Biffi, arcivescovo di Bologna, in conclusione di una sua celebre – e contestata – conferenza del 30 settembre 2000. Eccone i tre paragrafi finali:

“In un'intervista di una decina d'anni fa, mi è stato chiesto con molto candore e con invidiabile ottimismo: ‘Ritiene anche lei che l'Europa o sarà cristiana o non sarà?’. Mi pare che la mia risposta di allora possa ben servire alla conclusione del mio intervento di oggi.

“Io penso – dicevo – che l'Europa o ridiventerà cristiana o diventerà musulmana. Ciò che mi pare senza avvenire è la ‘cultura del niente’, della libertà senza limiti e senza contenuti, dello scetticismo vantato come conquista intellettuale, che sembra essere l'atteggiamento largamente dominante nei popoli europei, più o meno tutti ricchi di mezzi e poveri di verità. Questa ‘cultura del niente’ (sorretta dall'edonismo e dalla insaziabilità libertaria) non sarà in grado di reggere all'assalto ideologico dell'islam, che non mancherà. Solo la riscoperta dell'avvenimento cristiano come unica salvezza per l'uomo – e quindi solo una decisa risurrezione dell'antica anima dell'Europa – potrà offrire un esito diverso a questo inevitabile confronto.

“Purtroppo né i laici né i cattolici pare si siano finora resi conto del dramma che si sta profilando. I laici, osteggiando in tutti i modi la Chiesa, non si accorgono di combattere l'ispiratrice più forte e la difesa più valida della civiltà occidentale e dei suoi valori di razionalità e di libertà: potrebbero accorgersene troppo tardi. I cattolici, lasciando sbiadire in se stessi la consapevolezza della verità posseduta e sostituendo all'ansia apostolica il puro e semplice dialogo a ogni costo, inconsciamente preparano (umanamente parlando) la propria estinzione. La speranza è che la gravità della situazione possa a un certo momento portare a un efficace risveglio sia della ragione sia dell'antica fede”.

La rivista dell’Università Cattolica di Milano da cui è tratto l’intervento di Olivier Clément:"Vita e Pensiero"

Il sito web di Tariq Ramadan: tariq-ramadan.net

In Italia, un’intervista di Nina zu Fürstenberg con Tariq Ramadan è uscita sul n. 78, luglio-agosto 2003, della rivista “Reset” diretta da Giancarlo Bosetti: “Reset”

Un libro indispensabile per capire l’antitesi tra islam e occidente secondo i maggiori intellettuali musulmani del Novecento:Khaled Fouad Allam, “L’islam globale”, Rizzoli, Milano, 2002, pp. 210, euro 16,00.
Una corrente internazionale musulmana che sostiene un rapporto positivo con l’occidente: L’altro islam. La rivoluzione pacifica degli sciiti ismailiti (3.11.2003)