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 " Valori Cristiani " : espressione da abolire?
Il filosofo della Sorbona R.Brague: la religione non è pedagogia !

Etica - Una nuova edizione del «Padrone del mondo» di Robert Hugh Benson riaccende la discussione

Ma i valori cristiani non sono la fede

A partire dallo shock terroristico dell' 11 settembre, e ancor più nel dibattito politico italiano e internazionale (vedi Spagna di Zapatero) sulla bioetica e sui temi «eticamente sensibili», si sente sempre più spesso richiedere il rispetto dei cosiddetti «valori». Simmetricamente, da parte degli uomini della Chiesa, è sempre più frequente la rivendicazione del rispetto dei «valori cristiani».

Sembra incredibile, ma a mettere in guardia contro il riferimento ai «valori» sono due cattolici illustri.
«Parlare di "valori" è un fenomeno recente e bisognerebbe studiare da vicino il modo in cui ha invaso i media cattolici fino a far credere alle persone che questi "valori cristiani" esistono effettivamente, che bisognerebbe tutelare, ad esempio i "valori della famiglia, dell' economia di mercato, della giustizia sociale...".
Io invito i cattolici a diffidare di questo uso» afferma Rémi Brague, professore di filosofia alla Sorbona, autore di libri essenziali sul mondo antico, successore nella cattedra di Romano Guardini (maestro e teologo di riferimento di Papa Benedetto XVI) all' Università di Monaco di Baviera.
E sulla stessa linea è don Carlo Nanni che insegna filosofia dell' educazione alla Pontificia Università Salesiana di cui è stato rettore il suo buon amico, poi segretario di Stato vaticano, Tarcisio Bertone. Tesi che vanno nella stessa direzione di quanto sostenuto nel romanzo Il padrone del mondo di Robert Hugh Benson (Jaca Book, pagine 344, 15), di cui viene riproposta in questi giorni una nuova edizione italiana, in occasione nel centenario della prima pubblicazione del libro, scritto nel 1907, dal quarto figlio dell' arcivescovo di Canterbury, che si era convertito da poco al cattolicesimo.

In pratica, un «grido di avvertimento e un richiamo di mobilitazione» contro la trasformazione del cattolicesimo - scrive Benson - «in una religione senza dio, dove non c' è più il sacerdote, ma il deputato, non c' è più il profeta, ma il pedagogo».
La riduzione del cristianesimo a «religione civile» costruita sui valori di un umanitarismo falso, che, alla prova dei fatti, si dimostra anche estremamente violento; che predica «l' abolizione della guerra, della pena di morte, il progresso, l' amore universale, la buona morte (che in realtà è l' eutanasia), e l' uso di una lingua per tutti (l' esperanto)», ma dove non c' è più posto - programmaticamente - né per Gesù Cristo, né per la sua Chiesa (nella finzione del racconto la stessa città di Roma viene rasa al suolo), ma, in definitiva, per l' uomo stesso.

Commenta Nanni: «Lancio una provocazione intellettuale: quasi quasi non bisognerebbe più usare la parola "valori", perché è la parola stessa che genera equivoci, che crea una trappola del linguaggio in cui rischiamo di inciampare». La visione «apocalittica», nel senso etimologico del termine (apokalupto in greco vuol dire togliere il velo) contenuta nel racconto di Benson ha connotati profetici, visto che potrebbe sembrare scritta oggi.
Descrive infatti - sono le sue stesse parole - «una devozione atea» accompagnata da canti «che anche un cristiano poco accorto avrebbe potuto cantarli senza alcun scrupolo». D' altra parte, nel racconto, Giuliano Felsemburgh, il leader politico mondiale incarnazione dell' Anticristo, che straordinariamente ha le stesse fattezze fisiche di quello che sarà l' ultimo Papa della storia, è un uomo di elevati valori morali.
«Non si poteva rimproverare a questo uomo - scrive il romanziere inglese - alcuno dei difetti propri di tutti i politici, sembrava anzi che la sua originalità consistesse nell' essere, fin da ora, l' uomo delle mani pulite, privo di macchie o di colpe passate. Questa sua moralità, sembrava essere allora più importante del suo fascino». «Ho letto il romanzo di Benson già molto tempo fa, ma ne conservo un ricordo molto vivo», sostiene Brague. «Il suo Anticristo rassomiglia molto a quello di Soloviev.

Si dice sempre: bisogna difendere i "valori". Per un valore si può morire, addirittura di deve morire! I valori ci chiedono di sacrificare loro qualcosa. Sono delle divinità, degli idoli», degli anticristo, appunto, che non riescono a dare significato alla vita. Tanto che nel romanzo si suicida "in modo assistito", in una clinica per l' eutanasia, la più fervente seguace dell' umanitarismo, Mabel Brand. Nella lettera d' addio al marito scrive: «Se avessimo avuto un figlio, potevo rassegnarmi a vivere ancora, per amore suo, ma per l' umanità, non posso!».

«I valori infatti - continua Nanni - sono solo una parte della realtà, implicano qualcosa da fare, sono qualcosa di esterno all' uomo, implicano un dovere più che l' essere. In questo ci aiutano la lingua e i filosofi tedeschi: Gabe è la realtà, il dato, il dono; Aufgabe è l' appello, il compito. L' uomo vive per un dono, non per un dovere. Per sfuggire alla trappola linguistica dei "valori" allora sarebbe meglio parlare di "beni" (la verità, la bellezza), quelli che Aristotele chiamava i trascendentali dell' essere. Etica, estetica e conoscenza costituiscono nel loro insieme il mondo vitale».

«I valori - aggiunge Brague - sono distinti, ma non concreti, sono come diceva Gilbert K. Chesterton, "l' impazzimento delle virtù cristiane", volteggiano al di sopra del volgarmente materiale, e perciò, paradossalmente, possono agevolmente celare interessi sordidi».
Sono i valori a servire a Felsemburgh per assoggettare a sé tutte le nazioni.
Continua Brague: «Al valore dobbiamo tendere con uno sforzo incessante, il bene è già presente, fa essere. Il valore ci è ordinato, proviene dal super Io individuale o sociale, dobbiamo sottometterci, il bene ci è dato, è quello di cui abbiamo bisogno, basta fruirne». Per il filosofo francese è questa, infine, la radice stessa del relativismo culturale: «Parliamo di "nostri" valori, i "valori cristiani", su questa base supponiamo ci siano "valori buddisti", "islamici"... mentre nel Cristianesimo non c' è niente che sia buono esclusivamente per i cristiani».

Calabro' Maria Antonietta

Pagina 45- (5 aprile 2008) - Corriere della Sera

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