SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
Caso Eluana : eutanasia? 
«Dobbiamo accettare la vita umana come un profondo mistero che si sottrae al filosofo, al magistrato, allo scienziato, al legislatore e anche al sacerdote.
fonte : www.ilsussidiario.net

Le parole di Mons. Fisichella – «Tristezza», «amarezza» e «profondo stupore» esprime dunque Mons. Fisichella di fronte a questa sentenza: un episodio che rischia di compromette la ricerca di «soluzioni condivise» e di alimentare «tensioni sociali».

«Profonda amarezza – spiega il prelato – per come si risolverà purtroppo una vicenda di dolore, perché Eluana è ancora una ragazza in vita, il coma è una forma di vita e nessuno può permettersi di porre fine a una vita personale. Profondo stupore – prosegue ancora Fisichella – per come sia possibile che il giudice si sostituisca in una decisione come questa alla persona coinvolta, al legislatore perché non mi risulta che in Italia ancora ci sia una legislazione in proposito, e anche soprattutto ai medici che hanno competenza specifica del caso».
Senza fondamento anche l’argomentazione in base alla quale Eluana avrebbe espresso, prima dell’incidente che l’ha ridotta allo stato vegetativo, la volontà di non essere mai mantenuta in vita dalle macchine: «si tratta di un argomento strumentale, perché nessuno può presentare  testimonianze in proposito e, qualora ciò fosse stato detto, questo non giustifica la decisione di togliere il nutrimento: tante volte in un momento di crisi ci si lascia andare a frasi di sconforto, ma non per questo un giudice può autorizzare una azione di morte: sulla intenzionalità delle persone dobbiamo essere sempre cauti, perché le intenzioni si modificano nel corso del tempo e della vita, a seconda delle esperienze che vengono vissute, c'é sempre la possibilità di un ripensamento, di una ritrattazione».

«Dobbiamo accettare – continua Fisichella – la vita umana come un profondo mistero che si sottrae al filosofo, al magistrato, allo scienziato, al legislatore e anche al sacerdote: ognuno di noi é chiamato a rispettare il mistero di oggi vita e non cadere nella tentazione purtroppo oggi molto diffusa di leggere la vita soltanto in maniera utilitaristica», perché «nessuno può stabilire quando una vita è degna di essere vissuta».

Non si può dare la morte sulla base di una presunzione
fonte : www.ilsussidiario.net

Intervista a don Roberto Colombo10/07/2008

Don Colombo, riflettiamo sulle motivazioni che hanno portato i giudici di Milano ad autorizzare la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione ad Eluana Englaro, la ragazza che vive in stato vegetativo dal 1992. Si parla, nella sentenza, della «straordinaria tensione del suo carattere verso la libertà» e si fa cenno alla sua «visione della vita», che risulterebbe «inconciliabile» con l’attuale condizione. Cosa ne pensa? 

Innanzitutto ciascuno può parlare solo per sé a proposito della propria concezione della vita, e dello scopo per cui si alza alla mattina o va a dormire alla sera. Tutto quello che sappiamo è quello che Eluana ha affermato in alcune circostanze, come nel caso di un incidente di un suo amico, rimasto poi in coma. Ma la situazione è assai diversa: quel ragazzo era, appunto, in coma, mentre lei è in uno stato vegetativo persistente dal quale potrebbe risvegliarsi, come in alcuni casi, sebbene rari, è accaduto.
Secondo aspetto che occorre considerare è che non si può partire da una presunzione e, sulla base di questa, impostare un’azione. Ogni azione, come quella che si vorrebbe praticare su Eluana, cioè di toglierle l’alimentazione e l’idratazione, può provenire solo da un’analisi ragionevole della sua situazione clinica, di ciò che le consente di restare in vita, di qual è il suo ruolo ancora dentro a quel corpo che le appartiene e che lei stessa è. 

Naturalmente questa sentenza avrà delle conseguenze su quello che è il dibattito politico intorno ai temi dell’eutanasia e del testamento biologico. Cosa accadrà secondo lei? 

Da una parte è la prima volta, almeno nel nostro Paese, che una sentenza giudiziaria entra nel merito di un atto medico, che invece era stato sinora lasciato alla scienza e alla coscienza del medico stesso, e all’alleanza terapeutica, al rapporto personale tra medico, paziente e familiari. Si tratta di un’appropriazione da parte della magistratura di un diritto che non le è proprio: il diritto sanitario si limitava infatti a regolare i contratti tra le parti, non a stabilire ciò che fosse dovuto o non dovuto dal punto di vista delle cure. Dall’altra parte mi pare che questo episodio possa prestarsi a pericolosissime strumentalizzazioni, in vista di un dibattito che potrebbe aprirsi a breve in Parlamento su leggi che riguardano la sospensione dei trattamenti e delle cure dei pazienti. Ci auguriamo che questo non accada, anche se occorrerà essere molto vigilanti. 

Dalle sue parole emerge l’idea di una sorta di “invasione di campo” della magistratura sul terreno proprio dei medici: nella sentenza si danno addirittura indicazioni tecniche su come operare la sospensione dell’alimentazione, sui farmaci da somministrare. Che significato e che importanza ha tutto questo? 

È proprio questo che desta maggiore stupore, il fatto cioè che il “non-medico” – cioè l’autorità giudiziaria – entri nel merito di come alcuni atti medici andrebbero eseguiti o non eseguiti. La ragione è probabilmente la seguente: si vuole tranquillizzare l’opinione pubblica, e in qualche modo anestetizzare le coscienze individuali e collettive presenti nella società circa gli effetti della sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione. Questi atti, come si sa, sono portatori di un deperimento molto rapido e molto doloroso, fino alla morte. Si sono volute stabilire delle condizioni che in qualche modo rassicurassero sul fatto che questa sentenza di morte sarebbe stata, a dir loro, quanto più dolce possibile e meno sofferta. In realtà tutto ciò non cambia la realtà delle cose: non è la modalità con cui si esegue una sospensione dei trattamenti che dice se il trattamento era appropriato o inopportuno. In questo caso si tratta di un trattamento che né la scienza né la coscienza del medico dovrebbero mai permettere, in qualunque forma esso venga eseguito. 

Si è anche parlato in queste ore di un parallelismo con la vicenda di Terry Schiavo: le sembra un accostamento opportuno? 

Vi sono analogie e dissomiglianze dal punto di vista della condizione clinica dei due pazienti; ma dal punto di vista sociale e culturale mi sembra un parallelismo quanto mai ragionevole. Fu proprio quel caso, infatti, ad aprire negli Stati Uniti alla possibilità di sospendere i trattamenti a pazienti che si trovino in determinate condizioni. Fu proprio una sentenza, che innescò un processo di deriva che portò all’ammissione, in alcuni Stati, dell’eutanasia.

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COMUNICATO STAMPA
9 luglio 2008

CI SONO GIUDICI  IN ITALIA CHE VANNO OLTRE IL LORO COMPITO: 
CREANO E STRAVOLGONO LA LEGGE ANZICHE’ LIMITARSI AD APPLICARLA

La Corte di Appello di Milano ha autorizzato da poche ore la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione per Eluana Englaro: questa decisione significa morte certa della ragazza per  fame e disidratazione, la morte peggiore che possa essere inflitta ad un essere umano

Da medici avevamo già ribadito in precedenza che:

  • non è compito di un giudice stabilire criteri clinici in base ai quali dichiarare non più assistibile un paziente
  • la condizione di “stato vegetativo permanente” non è mai identificabile con uno stato di “coma irreversibile” dal quale si differenzia per la presenza di risveglio spontaneo o stimolato, di attività elettrica cerebrale presente e variabile, di movimenti di apertura degli occhi spontanei o sotto stimolo ambientale
  • in medicina, il giudizio di irreversibilità di una condizione patologica, qualunque essa sia, non è criterio sufficiente per richiedere la sospensione delle cure: con questa sentenza viene data priorità assoluta a una selezione della persona, in base al solo criterio della qualità della vita
  • il paziente in stato vegetativo persistente non è un paziente terminale e per questo è inappropriato e antiscientifico legare la sua “idoneità a vivere” ad una eventuale condizione di reversibilità
  • questa decisione su Eluana è una condanna a morte perpetrata per legge in nome della pietà 


OGGI NON POSSIAMO NON DENUNCIARE CHE

  • La sospensione dell’idratazione e dell’alimentazione a una persona in condizioni generali stabili, in stato di coma permanente da anni, senza l’evidenza di alcun peggioramento clinico che ne indichi l’approssimarsi della fine, è eutanasia (cioè atto dal quale deriva la morte del paziente)
  • Non esiste oggi una legge in Italia che abbia approvato l’eutanasia, la quale neppure è ammessa dal Codice Deontologico della Professione Medica 2006 

La decisione della Corte di Appello di Milano, pertanto, è gravissima ed è la dimostrazione – ancora ce ne fosse bisogno - del modo scorretto di operare in questi ultimi decenni di una parte della magistratura italiana, che si arroga il diritto di stravolgere le leggi, addirittura di crearle, come in questo caso, sostituendosi al livello politico di decisioni  sulle quali  solo le istituzioni specifiche,  in rappresentanza dei cittadini, possono pronunciarsi.


                                                                                                        Medicina e Persona

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