SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
Se il teorema darwiniano non fosse materialista .   

di Luigi Dell'Aglio-http://www.avvenire.it-5/11/2008

Stanley L. Jaki, fisico e benedettino, ha parlato alla Pontificia Accademia delle Scienze, durante la sessione sull’evoluzione che si è conclusa ieri .

Se la teoria dell’evoluzione si libererà della componente ideologico-materialistica e si presenterà sempre e soltanto come scienza (con i suoi innegabili successi e con le sue molteplici lacune), non ci sarà più motivo per quella pregiudiziale contrapposizione che ha tenuto in uno stato di conflitto i rapporti fra scienza, filosofia e fede.
«Il pensiero di Darwin - in particolare il concetto di lotta per la vita e di sopravvivenza del più adatto - è stato spesso usato per giustificare le guerre e le spietate competizioni economiche e perfino il libertinaggio, che francamente non ha nulla a che vedere con l’evoluzione (a meno che non si concepisca la teoria darwiniana come un ariete per abbattere le tradizioni religiose e morali, cioè - appunto - come un’ideologia materialistica ».

Stanley L.Jaki, 85 anni, ungherese di nascita, benedettino, professore di fisica alla Seton Hall University (una ventina di chilometri da New York), è stato allievo del Nobel Victor Hess, lo scopritore dei raggi cosmici. Nella disputa sul darwinismo si dichiara risoluto oppositore tanto dei creazionisti quanto degli evoluzionisti ideologi. In realtà è famoso anche per aver raccolto il maggior numero di obiezioni scientifiche contro quei seguaci della teoria di Darwin secondo i quali l’evoluzione esclude Dio. La più insidiosa di queste obiezioni riguarda l’origine delle particelle elementari. «Secondo le ricerche più recenti, anche queste particelle hanno avuto un processo evolutivo ma il punto di partenza è un complesso mix di dimensioni astratte. La domanda è: « come hanno fatto a scaturire, da una origine immateriale, miliardi e miliardi di forme concrete?», chiede Jaki.

E ci sono anche altri dubbi sollevati dal professore benedettino, che ha parlato alla Pontificia Accademia delle Scienze, durante la sessione sull’evoluzione, conclusasi ieri. Rivolgendosi a genetisti ed evoluzionisti, ha chiesto chiarimenti con la seguente osservazione: «La mappa dei cromosomi delle grandi scimmie rivela leggerissime differenze genetiche rispetto all’uomo. Potete aiutarci a spiegare la gigantesca differenza sotto il profilo dell’intelligenza e della parola?». L’uomo può provare simpatia e anche affetto per questi primati, le cui qualità ci sono state descritte dai più famosi etologi. «Ma non mi convince la risposta del genetista che, in un convegno a Londra, mi ha detto: bisogna mettere sulla bilancia la 'spiritualità' delle grandi scimmie». La teoria dell’evoluzione è chiamata a chiarire alcuni punti oscuri.

  Jaki ritiene che, nei casi dubbi, a tagliare la testa al toro basterebbero i numeri e le misure. E cita Albert Einstein: «Se - sulla base delle misure - la mia teoria generale della relatività risultasse errata anche in un solo punto, andrebbe scartata tutta intera». La teoria dell’evoluzione, dice il fisico benedettino, deve eliminare lo squilibrio che ancora sussiste «tra ciò che è stato dimostrato e ciò che si spera possa essere dimostrato ». Jaki non ha dunque cambiato il suo atteggiamento di sfiducia nei confronti della teoria di Darwin? «Non sono un oppositore di questa teoria, che resta il solo meccanismo con una genuina promessa scientifica».

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