SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
«DONNA E SOCIETA’»

MINISTERO PER LE POLITICHE GIOVANILI E LE ATTIVITA’ SPORTIVE
CONSULTA GIOVANILE PER IL PLURALISMO RELIGIOSO
DICHIARAZIONE «DONNA E SOCIETA’»

SIENA 18 – 20 MAGGIO 2007 MILANO 14 GIUGNO 2007
www.pogas.it

DICHIARAZIONE

In un momento storico in cui appartenenze etniche, culturali e confessionali diverse e differenti sensibilità individuali si sovrappongono costantemente, la complessità della società cresce progressivamente, mutandone, con rapidità, la stessa fisionomia. La convivenza nel medesimo spazio urbano di esperienze fino ad oggi molto lontane e l’inevitabile paragone tra punti di vista distinti sui bisogni innati degli esseri umani e sui ruoli socialmente elaborati per soddisfarli, se da una parte svela la specificità di percezioni fino ad oggi considerate oggettive, dall’altra evidenzia con forza alcune conquiste sociali della nostra storia. Conquiste che consideriamo irrinunciabili.

Tutto questo, che è vero per ogni soggetto e per ogni esperienza, è evidente, in modo significativo, quando si guarda al ruolo ed alla condizione della donna. A tutti è noto il ritardo con cui in Italia si giunse ad attribuire concretamente alle donne il diritto al voto (1945). Ma è necessario non dimenticare che questo fu soltanto l’inizio di un processo di emancipazione femminile destinato a durare a lungo e che, per certi versi, non può ancora considerarsi concluso in modo soddisfacente. Solo nel 1975, ad esempio, la riforma del diritto della famiglia consentì di conformare le disposizioni normative al principio costituzionale di eguaglianza morale e giuridica dei coniugi. Principio che nei fatti non può ancora considerarsi realizzato del tutto. Inoltre, se alcuni risultati sembravano ormai definitivamente raggiunti ed assodati da un sentire diffuso dominante, l’emergere di un consistente fenomeno migratorio ha mostrato quanto lavoro ci sia ancora da fare per garantire a tutte le donne che vivono nel territorio della Repubblica i diritti sanzionati dall’ordinamento.

Nell’incontro tra le diverse culture e religioni che caratterizza la nostra epoca, infine, può avvenire che determinate prassi o specifici costumi diventino il discrimine per un giudizio sull’appartenenza identitaria ad un gruppo (confessionale e non). Su questo punto è necessario procedere con una prudenza massima, rifuggendo da valutazioni affrettate e da pregiudizi ed, allo stesso tempo, vigilando sul doveroso rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento.

In una società che si avvia ad ampliare enormemente la propria vocazione alla pluralità, infatti, se da una parte è legittimo garantire e consolidare senza ombra di dubbio il rispetto per ogni identità, individuale e collettiva, dall’altra è necessario affermare costantemente e senza alcuna eccezione il valore indiscusso, fondamentale e totalmente prioritario della persona e della sua incomprimibile libertà. La dialettica trasparente ed equilibrata tra singolo e gruppo, da cui emerge l’identità della persona, è il fondamento su cui nasce la società ed il principio su cui può reggersi il suo unico sviluppo possibile.

E’ per questo che noi, giovani che viviamo in questo Paese, portatori di tradizioni differenti per provenienza e per storia, vogliamo ribadire all’unanimità il valore straordinario che la donna ha avuto, ha e dovrà avere nella nostra società e ci impegniamo insieme ad affermarlo con forza nelle nostre rispettive realtà culturali e religiose e nell’unica società italiana.

Vediamo le difficoltà e le lacune che ancora ostano ad una concreta e reale eguaglianza tra i sessi e chiediamo che nessuno si risparmi nel lottare per il superamento di queste barriere. Lo chiediamo alle Istituzioni, lo chiediamo alle Comunità di cui siamo parte, lo chiediamo a tutti i giovani di questo Paese ed a tutti i suoi abitanti, perché oltre ogni singola appartenenza (culturale, religiosa, etnica, sociale, generazionale o di genere) si realizzi un’unica alleanza per vincere quella che è ancora una battaglia di civiltà. Senza presunzione, dunque, ma con fermezza e senso di partecipazione e di solidarietà sociale vorremmo richiamare, in modo conciso, tre “aree” in cui ci pare sia particolarmente importante mantenere alta l’attenzione per ciò che attiene al ruolo della donna:
1) Donne vittime della violenza.
2) Donne, famiglia, maternità e lavoro.
3) Donne e immagine.

Prima, però, ci sembra oggi particolarmente opportuno interrogarci su quale sia la posizione della donna nello sviluppo storico delle varie comunità religiose, individuando i contributi specifici che le diverse culture possono offrire a questa discussione, soprattutto nel loro reciproco incontrarsi.

Riteniamo che, quando si parla di religioni e società, sia fondamentale assumere una prospettiva che tenga conto dei mutamenti delle differenti esperienze confessionali al proprio interno, nei rapporti con la realtà secolare e nel loro reciproco incontrarsi. In quest’ottica, il ruolo della donna va studiato alla luce del contesto in cui le confessioni nacquero, in epoche in cui alla donna veniva naturalmente riconosciuta una posizione subalterna rispetto a quella dell’uomo. In questo quadro le religioni rappresentarono, spesso, un momento di emancipazione per le categorie più svantaggiate, proprio perché garantivano dignità ed uguaglianza a tutti i destinatari del messaggio religioso.Ciononostante questa evoluzione nelle opportunità e nei diritti non si è sempre automaticamente tradotta nella prassi delle comunità proprio a causa dell’ambiente circostante.

Occorre, allora, che oggi le diverse tradizioni religiose meditino ancora sulla figura femminile alla luce di contesti socio-culturali mutati: una maggiore opportunità di istruzione, maggiore possibilità/necessità di mobilità, estensione dei ruoli ricoperti nella società in generale, accesso ai diritti.

E’ importante, inoltre, che le diverse esperienze religiose mantengano viva la propria capacità di interagire con tutta la società, stimolandola, ciascuna a partire dalla propria insostituibile esperienza umana, ad una costante riflessione sul ruolo femminile. Questa è una sfida epocale che investe la capacità delle varie confessioni di ripensarsi e di rigenerarsi al proprio interno – valorizzando la donna nel quotidiano delle comunità - e di convivere tra di loro all’interno di una società sempre più interculturale ed interreligiosa cui sono inevitabilmente chiamate a dare il proprio contributo.

In questo auspicato dialogo tra lo Stato e le diverse esperienze religiose due sono i principi che devono guidarci: la laicità dello Stato e la libertà religiosa. La tensione feconda tra questi due poli e la costante ricerca di un loro bilanciamento costituisce la valvola di superamento dei possibili conflitti. Se la laicità dello Stato garantisce infatti il rispetto di una serie di valori fondanti per tutti i cittadini indipendentemente dalla loro appartenenza religiosa, l’affermazione del principio di libertà tutela i fedeli e le rispettive comunità nelle loro prerogative ed istanze in quanto non in contrasto con le norme dell’ordinamento.

In particolare questo meccanismo protegge gli individui più deboli all’interno di ogni relazione, e le donne in special modo, andando contro ogni possibile forma di discriminazione legata alla religione.

Donne vittime della violenza

Al riconoscimento dell'uguaglianza dei diritti non sempre corrisponde un reale rispetto di essi: la violenza fisica e psicologica che ancora colpisce molte donne e ragazze entro e fuori le mura domestiche, spesso nell'indifferenza delle realtà circostanti, ne sono evidentemente la manifestazione più cruda.

Questi fenomeni, pur essendo presenti in tutti i contesti sociali, si manifestano con più forza là dove le donne hanno minore capacità di ricorrere agli strumenti legislativi e culturali necessari per tutelarsi, soprattutto nelle fasce sociali deboli ed in particolari condizioni culturali. In particolar modo è particolarmente grave quando la violenza contro le donne è determinata dall’odio razziale e dalla xenofobia. Proprio le donne, invece, spesso sono state e continuano ad essere le più capaci operatrici di integrazione per le comunità immigrate. In virtù della loro maggiore disponibilità ad inserirsi hanno da sempre saputo mantenere saldi rapporti con la terra d'origine (e dunque con la propria identità) pur non rinunciando ad instaurarne di altrettanto solidi con il nostro Paese.

E' necessario sostenere le donne nell'affermazione del loro diritto di autodeterminazione in ogni fase della propria vita, nonché denunciare ogni forma di coercizione o di discriminazione subita dalle donne. Questo principio deve essere costantemente riaffermato e testimoniato senza ipocrisie e senza alcuna forma di lassismo, sia pure in buona fede. L’autodeterminazione della donna (soprattutto delle giovani donne), infatti, sia che interessi elementi più radicali (la determinazione del proprio status di vita, la scelta libera ed incondizionata del proprio partner, della propria professione etc.) tanto che riguardi circostanze meno critiche (la scelta dell’abbigliamento, dei propri hobby, di poter liberamente aderire o non aderire a determinati precetti della propria religione etc.) rappresenta sempre l’espressione di una visione antropologica unitaria del valore e del ruolo femminile. Ci piace sottolineare che è proprio in virtù di questo valore dell’autodeterminazione che a nessuno spetta sindacare il contenuto delle scelte fatte dalla singola persona: né al gruppo, né allo Stato ai cui poteri, invece, compete di vigilare sull’osservanza del principio stesso in questione e sugli altri espressi dall’ordinamento nell’interesse della persona e dell’intera comunità.

Particolarmente importanti, dunque, e da incoraggiare in ogni modo sono tutte quelle iniziative – specie all’interno dei percorsi scolastici, formativi e di autocoscienza – che consentono alle donne (giovani e non) di acquisire una percezione corretta della propria individualità e della propria libertà.Consentire ad una donna di acquisire la piena consapevolezza di sé, autonomamente dai ruoli sociali che vorrà assumere, è la vera battaglia contro ogni violenza fisica o, peggio ancora morale, e soprattutto è la prima misura per tutelarne la dignità.

Alla luce della nostra esperienza specifica vogliamo sottolineare la ricchezza che porta sempre con sé ogni occasione in cui diversità culturali e confessionali si “mischiano”. Non nell’ottica di perdere la propria identità in vista di un sincretismo sbiadito. Piuttosto in quella genuina di verificare, nel confronto con gli altri, la profondità delle proprie scelte e la capacità di armonizzare le rispettive specificità alla luce dei valori condivisi dell’ordinamento laico.

Ci sentiamo di incoraggiare simili esperienze anche a livello locale. Infine vogliamo ancora una volta denunciare tutti quei fenomeni che nella cultura e nella tradizione storica e giuridica del popolo italiano rappresentano un’offesa alla dignità e alla libertà della donna e per questo vengono puniti come reati dal codice penale (mutilazioni, sfruttamento della prostituzione, tratta di essere umani, bigamia, schiavitù etc.).

E’ importante che tutti, per prime le Istituzioni, si adoperino per debellare tali piaghe, ovunque resistano.

Donna, famiglia, maternità e lavoro.

Il nostro Paese riconosce il diritto e il valore della famiglia e, al suo interno, la parità e l’uguaglianza tra l'uomo e la donna. Questa eguaglianza deve essere “riconquistata” ogni giorno in ogni casa, come garanzia per ogni persona ad una piena e responsabile libertà affettiva (libertà assoluta nella scelta del partner e nel modo di condurre con questi il proprio rapporto), come assoluta parità tra coniugi, come formale e sostanziale eguaglianza nella cura e nell’educazione dei figli.

Come giovani vediamo e sperimentiamo la difficoltà di realizzare l'aspirazione a costruire una famiglia. La precarietà del lavoro, la difficoltà di accesso all'abitazione, la carenza di politiche di sostegno ostacolano la formazione delle giovani famiglie e la solidità dei rapporti interpersonali e spesso determinano situazioni di tensione e precarietà di cui sono soprattutto le donne a fare le spese. In particolare la specificità della donna nella famiglia e nella società è poco riconosciuta e tutelata, così, ad esempio, le donne andrebbero ulteriormente sostenute nella volontà di coniugare maternità e legittima realizzazione professionale. Molto spesso, invece, discriminazioni più o meno esplicite rendono alternativi lavoro e maternità.

Apprezzamento, vogliamo esprimere, per le misure adottate con l’ultima legge finanziaria che estendono le indennità per malattia ed il congedo parentale anche ai lavoratori e alle lavoratrici precarie iscritte alla gestione separata. Tale misura, sia pur ancora insufficiente, indica un’apprezzabile inversione di tendenza a sostegno delle giovani lavoratrici. Tendenza che, ci auspichiamo, verrà confermata e rafforzata. La questione donne-lavoro, peraltro, meriterebbe un’analisi assai più profonda anche oltre l’interazione con la questione familiare. Come ben sappiamo, infatti, pur essendo maggioranza relativa nel nostro Paese, le donne sono ancora minoranza in ogni ambito lavorativo; soprattutto nelle posizioni di maggiore responsabilità. A tal proposito emblematico è il basso numero di donne impegnate nella vita politica del Paese.

E’ indubbio che alla base di questa realtà insistano ancora retaggi culturali più o meno esplicitati nella nostra società. Questo non può essere risolto solo con “quote riservate” (che devono comunque essere pensate solo ed esclusivamente come una misura d’urgenza per contrastare quella che è una vera e propria emergenza), ma con una reale rivoluzione culturale. Ci sentiamo di dire, infatti, che su questo tema il peso dell’impostazione delle generazioni a noi precedenti è ancora schiacciante. Riteniamo che la nostra società non debba più privarsi del “genio femminile” e che in ogni ambito vada promosso immediatamente tale cambiamento. Non nel segno di un generico egualitarismo, ma sottolineando la ricchezza che la specificità di genere apporta in ogni ambito professionale.

Riteniamo particolarmente esecrabile ogni tipo di discriminazione di genere tuttora presente in ambito lavorativo e denunciamo con preoccupazione la crescita di fenomeni discriminatori a scapito delle donne già lavoratrici o che accedono al mondo del lavoro. Questa violazione, inoltre, diventa - se possibile - ancor peggiore ed assai più vergognosa quando si colora di ulteriori aspetti legati all’appartenenza etnica, religiosa o sociale delle lavoratrici. E’ fondamentale che le Istituzioni vigilino severamente su ipotesi di simile abuso ed è necessario altrettanto educare le donne, specie quelle provenienti da situazioni di fragilità (realtà di immigrazione o basse condizioni socio-culturali), a denunciare senza timori eventuali casi di discriminazione.

Donna e immagine.

Tutti noi facciamo quotidiana esperienza di come, attraverso i mezzi di comunicazione, ogni persona sia immersa in un flusso di informazioni e di immagini che tendono a costruire un modello femminile svuotato di contenuti ed eccessivamente affidato ad una dimensione stereotipata della corporeità. A ciò si aggiunge spesso un atteggiamento consumista che aggrava il messaggio trasmesso. Scevri da qualunque attitudine moralistica, riteniamo, tuttavia, che sia giusto considerare quanto tutto ciò influisca negativamente sulla costruzione dell’identità di genere, sovente determinando vere e proprie tragedie individuali di cui la società non avverte le dimensioni (basti pensare, a tal riguardo, al dramma dell’anoressia e dei Disturbi del Comportamento Alimentare che tendono a dilagare tra le donne più giovani).

Consideriamo preziosa la specificità femminile. Pensiamo che nessuna donna vada ridotta ad una “monodimensione”, ma che ne vada evidenziata la complessità e posta costantemente in risalto la ricchezza psico-fisica nelle diverse età della vita e nei differenti ruoli. Queste considerazioni vanno tuttavia inserite in un ragionamento più ampio che riguarda il linguaggio e l’utilizzo quotidiano che ne viene fatto. Il cosiddetto “politically correct”, spesso fonte di giustificati sorrisi, è però una prima risposta, sia pur di per sé insufficiente, ad un’esigenza di rispetto di sensibilità diverse. In quest’ottica l’attenzione al modo in cui la femminilità viene presentata, pur essendo gli ambiti evidentemente distinti, può allacciarsi al trattamento riservato ad altre categorie di soggetti: omosessuali, diversamente abili, rom, immigrati.

E’ auspicabile, dunque, che i Media non trascurino mai di presentare la figura femminile nella sua reale dimensione di persona “a tutto tondo”. Capace, cioè, di contribuire in modo specifico – e dunque insostituibile! – alla crescita della società intera con il proprio contributo di lavoratrice, di politica, di madre, di artista, di moglie…..di Donna!

Su questi punti fondamentali, come su molti altri, resta ancora molto da fare e le nuove generazioni non possono sottrarsi a questo compito. Resta la necessità di continuare a progredire in una strada che è quella della Civiltà. Della Civiltà con la maiuscola. Di quella Civiltà, cioè, che sa andare oltre le singole declinazioni culturali senza, con questo, mortificarne nessuna e sa trovare la propria vocazione nella liberazione dell’uomo e della donna. Ne afferma l’indiscutibile specificità, ne contesta ogni illogica omologazione, combatte ogni discriminazione.

Siena, 18/20 Maggio 2007 660° anniversario della nascita di Caterina da Siena.
Milano, 14 Giugno 2007
La Consulta giovanile per il pluralismo religioso e culturale

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