SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
Per riaprire il dialogo con l'Islam, Barack Obama parla ad Al Arabiya

www.corriere.it-27 gennaio 2009

Obama parla ad Al Arabiya e conquista i musulmani: «Che Allah ti aiuti»
Gli ascoltatori: «Distinguere tra Al Qaeda e l’Islam promette nuovi orizzonti»
Le reazioni del mondo islamico dopo la mano tesa da Obama. Mattson: un eccellente inizio

MILANO - Con un'intervista rilasciata alla tv satellitare al Arabiya il presidente americano Barack Obama ha nuovamente teso la mano all’Islam e il risultato è stato un grande entusiasmo tra gli utenti dell’emittente saudita: una valanga di messaggi è arrivata al sito on-line della tv araba per congratularsi con "il Benedetto Hussein Obama": Barack in arabo significa appunto "benedetto". In pochi minuti dalla pubblicazione del testo dell’intervista, il sito è stato tempestato da centinaia di lettere in grandissima parte entusiaste. Molti sono increduli: «Ascolto le tue parole e ti credo - scrive "musulmano autentico" - vedo le tue azioni e rimango incredulo, che Allah ti aiuti a realizzare le tue buone intenzioni».

NUOVE SPERANZE: «DISTINGUERE AL QAEDA E ISLAM» - La svolta mediatica di un presidente Usa che per la prima volta si rivolge direttamente agli arabi provoca un plebiscitaria ondata di ottimismo: "Distinguere tra Al Qaeda e l’Islam è una cosa nuova e promette nuovi orizzonti", scrive "Musulm". «Se davvero nascerà uno stato palestinese, sicuramente ameremo l’America Signor onorevole presidente", scrive invece ’al Monsawary’. Le parole di approvazione e entusiasmo per la mano tesa del presidente Usa non si contano: "Avanti per la pace"; "yes we can Change"; "God Bless You", come scrivono alcuni in lingua inglese. Sono solo parte del generale ottimismo suscitato dalla "prima intervista concessa dal presidente Usa ad una tv dal suo insediamento", come ricorda l’emittente saudita. Molti temono che il nuovo presidente Usa, proprio perchè "sincero" sia preso di mira dai "circoli sionisti": "un arabo dalla Germania" è convinto che "i servizi d’intelligence avranno gioco facile per farlo fuori, se davvero Obama manterrà le sue promesse".

I CONTRARI - Non manca una esigua minoranza (circa il 15% dei messaggi), che taccia il discorso di Obama di "propaganda" e lo accusa di raccontare "bugie". Ci sono fondamentalisti islamici che usano termini razzisti contro il colore della pelle del presidente Usa, ma anche altri che, preoccupati per il grande entusiasmo degli altri utenti, invitano a «tornare alla nostra fede che è l’unica che ci salverà, e non certo uno "schiavo negro"»: lo scrive "Abu Barq". GLI SCETTICI - Ci sono ovviamente anche gli scettici, ma anche loro non riscono a spegenere del tutto un filo di speranza per il futuro: «Parole belle - commenta Mohammed al Halabi dalla Florida - ma per ora sono solo promesse. Attendiamo i fatti». «Speriamo che non sia solo propaganda, ma sarà vero che sarà diverso dal suo predecessore?», si interroga il "figlio di Riad".

Le reazioni del mondo arabo: «Guarite le ferite dei musulmani americani»

L’intervista ad Al Arabiya è il secondo step della nuova strategia del presidente Obama nei confronti dei musulmani, in patria e in Medioriente. Affermazioni sintonizzate («on tune», affermano i musulmani americani) con quanto egli aveva sostenuto durante la campagna elettorale e che avevano segnato il primo passo proprio nel discorso di insediamento, giusto una settimana fa.

MANO TESA - La mano che Barack Obama ha teso ai musulmani che non mostreranno il pugno nel suo discorso inaugurale è stata accolta con grande favore tra i fedeli di Maometto negli Usa e fuori. Non senza importanti distinguo in Europa. «La risposta al discorso di Obama è stata travolgentemente entusiastica», afferma Ingrid Mattson, americana convertita, professore di studi islamici e direttore della Società Islamica del Nord America. Spiega: «Ho parlato con molti musulmani americani dopo il discorso di Obama e io stessa ero a Washington martedì scorso. Con le sue parole ”L’America è una nazione di cristiani e musulmani”, il presidente ha guarito le ferite di tanti musulmani americani che vedevano la loro identità religiosa demonizzata durante la campagna presidenziale dei suoi oppositori».

«ECCELLENTE INIZIO» - In particolare Mattson mette in evidenza che il presidente indirizzandosi al «mondo musulmano» ha indicato «i due punti che sia le ricerche sociologiche sia i sondaggi hanno identificato come i più forti motivi di lagnanza dei musulmani nei confronti dell’Occidente»: e cioè che non rispetta l’Islam e che ha dato appoggio a regimi corrotti a spese della popolazione musulmana. Ma secondo Mattson l’aspetto più importante del discorso «è stato tuttavia quello che non ha detto». Ci spieghi. «Il presidente ha parlato di "terrore e stragi" — tattiche violente — e non di "terrorismo" il che vuol dire che ha rifiutato di creare una minaccia esistenziale (dell’Islam), al di là delle tattiche di una piccola minoranza di estremisti musulmani violenti, nemici giurati degli Stati Uniti. Il presidente insomma riconosce la necessità di difendere gli Usa da ogni tipo di minaccia, ma sta evitando visioni del mondo dicotomiche e di propagare paure apocalittiche». In conclusione, si tratta di segnali di «un eccellente inizio per migliori relazioni con i musulmani, in tutto il mondo».

«SE BIN LADEN FOSSE SMITH...» - Se si attraversa l’Oceano e si raggiunge il Vecchio Continente, l’entusiasmo non manca, fin dal momento dall’election night. La massima autorità religiosa islamica nel vecchio continente, il Gran Mufti di Sarajevo, Mustafa Ceric (che ha frequenti rapporti con gli Stati Uniti) ha definito la sua vittoria su McCain «come un segno di Allah». Molti sospetti nei confronti dell’Islam nascono, secondo lui, da incomprensioni sulle parole: «Se Bin Laden si chiamasse Smith non ci sarebbero tanti problemi», ha detto di passaggio a Roma, davanti a testimoni che lo hanno guardato perplessi.

«NON DIMENTICARE ISRAELE» - Ma un’altra riconosciuta e discussa personalità islamica che vive tra Francia e Gran Bretagna, Tariq Ramadan è più prudente. Naturalmente anche secondo lui il presidente ha voluto esprimere «un convincimento fortemente positivo: uguaglianza di tutti i cittadini americani all’interno; relazioni con l’Islam nel mondo basate sulla fiducia e sulla giustizia, non sulla reciproca paura». Al tempo stesso, secondo Ramadan, «Obama è rimasto molto cauto: ha parlato di Afghanistan e Iraq ma ha evitato di menzionare il conflitto israelo-palestinese in un discorso pronunciato solo tre giorni dopo un disastro umanitario». «Speriamo, senza essere ingenui, che ciò sia stato dovuto al tempo necessario per annunciare una rottura nel modo con il quale gli Stati Uniti affronteranno il problema, invece che l’annuncio che la politica americana rimarrà la stessa». «Tuttavia — conclude Ramadan — questo potrebbe essere più un sogno utopico che una speranza realistica».

«INIZIA UN NUOVO CICLO» - Per Ahmad Gianpiero Vincenzo della Moschea di Roma il discorso indica che «una società multietnica e multiculturale è la premessa per una società più forte, ricca e unitaria». Anzi, esso apre «un nuovo ciclo nella sensibilità e nell’apertura politica degli Stati Uniti» afferma Yahya Pallavicini, presidente della Coreis e portavoce in Italia del gruppo dei 300 Muslim Leaders of Tomorrow, provenienti da 76 Stati che si riuniscono ogni mese a Doha, Qatar, sotto l’egida della Fondazione della moglie dell’Emiro del Qatar. Proprio questo gruppo ha messo a punto un appello ad Obama pubblicato sul Wall Street Journal la mattina del giuramento del nuovo presidente. In questo appello si richiede che i musulmani siano coinvolti alla pari degli altri cittadini nella costruzione di un futuro migliore per tutti.

MINACCIA ALL'OCCIDENTE? - Ma se Obama ha teso la sua mano nuovamente oggi, a Doha si sta allungando l’altra mano che potrebbe stringere la mano di Obama, poiché sta cambiando l’atteggiamento nei confronti del cosiddetto Islam politico. La mozione in discussione il giorno prima dell’insediamento del nuovo presidente, sostenuta dal Direttore della Fondazione QuilliamMaajid Nawaz, era la seguente: «Questa Assemblea crede che l'Islam Politico costituisca una minaccia per l'Occidente». La mozione ha ricevuto il 49% dei consensi e dunque non è stata approvata: ma mai i Doha Debates si erano conclusi con un risultato così vicino alla parità. Parlando contro la mozione, Shadi Hamid, un membro anziano dell'Università di Stanford e un esperto sulla comunità musulmana, ha sostenuto che alcuni dei più importanti gruppi estremisti del mondo abbiano rinunciato alla violenza e si siano impegnati nel processo democratico. Sfidato da Tim Sebastian, Presidente dei Dibattiti di Doha, a spiegare la prospettiva apparentemente violenza di Hamas e di Hezbollah, Hamid ha detto di non credere che l'una o l'altra organizzazione «costituiscano una minaccia per l'Occidente. Nessuno dei due movimenti è rappresentativo degli islamisti in generale, e non c'è modo che possano infine sconfiggere Israele».

L'ISLAM POLITICO - Sarah Joseph, direttrice della rivista musulmana di costume Emel e consulente per gli Affari Islamici al Ministero degli Interni britannico, ha suggerito che l'Islam politico rappresenti il diritto dei musulmani ad «autodeterminare» quale dovrebbe essere il sistema politico nei loro Paesi. Negando che il desiderio dell'Iran di trasformarsi in una potenza nucleare possa rappresentare una minaccia per l'Occidente, la signora Joseph, membro dell'Unità Operativa sull'estremismo del Ministero degli Interni britannico non è riuscita a guadagnare l'approvazione neppure del signor Hamid, il suo cooppositore alla mozione. «L'Iran è una minaccia», ha detto Hamid, «perché ha un programma molto aggressivo nella regione e sta cercando di trasformarsi in una potenza nucleare». Parlando a sostegno della mozione, Maajid Nawaz, ex capo del ramo britannico del movimento islamista Hizb ut-Tahir, vietato in alcuni paesi, ha affermato che, mentre l'Islam in sé non è una minaccia per l'Occidente, è la sua politicizzazione a costituire un pericolo. Nawaz, che ha rinunciato alle sue idee politiche estremiste dopo essere stato imprigionato per quattro anni in Egitto a causa delle sue attività, ha detto di essere contro coloro che «entrano in politica con lo scopo di usare le Sacre Scritture per dare credito ad un programma politico». Ha citato Hamas come classico esempio di questo pericolo. «Appena prima che Israele entrasse a Gaza, Hamas ha istituito un codice penale secondo cui gli adulteri sarebbero stati lapidati a morte, coloro che bevono sarebbero stati frustati e le mani dei ladri sarebbero state tagliate. Non stiamo dicendo che non esistono moderati o estremisti, ma che l'ideologia di un Islam politicizzato ha generato il jihadismo».

M. Antonietta Calabrò 27 gennaio 2009

 

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