SOMMARIO RASSEGNA STAMPA |
In Vaticano "Dialogo senza tabù. Anche sulla libertà religiosa" Intervista con il cardinale Jean-Louis Tauran |
di Sandro Magister- www.chiesa.espressonline.it Procede il dialogo tra la Chiesa cattolica e l'islam, di cui è stato un passo importante l'incontro svoltosi a Roma il 4 e 5 marzo tra il pontificio consiglio per il dialogo interreligioso e una delegazione dei 138 saggi musulmani firmatari della lettera aperta "A Common Word" indirizzata al papa e ad altri leader cristiani. Da altri paesi musulmani giungono tuttavia segnali opposti. In Algeria è stata emanata nel 2006 una nuova legge che limita fortemente l’esercizio della libertà religiosa e consente preghiere comuni esclusivamente negli edifici ufficialmente autorizzati dallo stato. Lo scorso febbraio un prete cattolico, Pierre Wallez, è stato condannato a un anno di prigione per aver incontrato nella baraccopoli di Maghnia dei cristiani immigrati dal Camerun ed aver pregato con loro. Ecco dunque qui di seguito l'intervista del cardinale Tauran al quotidiano "Avvenire" del 13 marzo 2008, raccolta da Gianni Cardinale. Là dove l'intervista fa cenno a un "pensatore islamico che scriverà prossimamente su L'Osservatore Romano", l'allusione è a Khaled Fouad Allam, di cui www.chiesa ha pubblicato vari scritti. L'inizio della sua collaborazione al giornale del papa è previsto dopo l'estate. "Dialogo senza tabù. Anche sulla libertà religiosa" Intervista con il cardinale Jean-Louis Tauran "Indubbiamente è stato un dialogo che si è svolto in un clima di franchezza, di grande cordialità, di ascolto benevolo, che fa ben sperare per il futuro...". Il cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del pontificio consiglio per il dialogo interreligioso, si dice soddisfatto del primo incontro incontro avuto il 4 e 5 marzo a Roma con una delegazione dei firmatari dell’ormai celebre lettera aperta "A common word" sottoscritta originariamente da 138 saggi islamici. D. – Eminenza, nel linguaggio diplomatico che lei ben conosce, dire che un dialogo è stato "franco" significa che si è trattato di un confronto vero, dialettico... R. – Il dialogo si fa tra chi la pensa in modo diverso, o no? Comunque i toni sono stati sempre civili e cordiali. D. – In questo primo appuntamento è stato preso l’impegno di creare un Catholic-muslim Forum. Quali saranno i criteri per designare i partecipanti? R. – Da parte nostra sceglieremo personalità ecclesiastiche e accademiche che hanno una conoscenza diretta, e anche maturata sul campo, dell’islam e dei musulmani. D. – Qual è il livello di rappresentatività del mondo musulmano degli interlocutori incontrati nei giorno scorsi? R. – Sono personalità qualificate e ben rappresentative dei firmatari della lettera "A common word", i quali, a loro volta, rappresentano una fetta importante, anche se non esaustiva, dell’intellighenzia islamica. D. – La creazione di questo Catholicmuslim Forum sostituisce le altre forme di dialogo con altre realtà organizzate del mondo musulmano già in atto da tempo? R. – Non vorrei che si dia l’impressione che il dialogo islamo-cristiano sia iniziato con la lettera dei 138, né che si esaurisca con esso. Non è così. È da dopo il Concilio Vaticano II che c’è questo dialogo istituzionalizzato, che si articola anche con dei colloqui regolari con altre realtà islamiche. Due settimane fa, ad esempio, sono stato in Egitto ad al-Azhar, la più autorevole istituzione islamica sunnita. A fine marzo qui a Roma avremo un incontro con la World Islamic Call Society della Libia. In aprile avrà luogo sempre qui a Roma un colloquio con rappresentanti iraniani. E a maggio saremo ad Amman, per un incontro con il Royal Institute for Inter-Faith Studies. D. – Lei è stato criticato per aver sostenuto che un dialogo teologico sia impossibile tra cristiani e musulmani. Queste critiche le hanno fatto cambiare idea? R. – Faccio notare che il primo dei due sottotemi che verranno discussi nel primo seminario su "Amore di Dio, amore del prossimo" del Catholic-muslim Forum che si terrà a novembre qui a Roma sarà dedicato proprio ai "Fondamenti teologici e spirituali" di questo amore. Nessuna preclusione quindi. D. – Ha notato tra gli interlocutori islamici una intenzione seria di discutere anche temi riguardanti la libertà religiosa, compresa la libertà di cambiare religione? R. – Anche in questo caso faccio notare che il secondo sottotema del prossimo incontro di novembre sarà "La dignità umana e il rispetto reciproco". E mi sembra ovvio che la libertà religiosa, compresa la libertà di cambiare religione, faccia parte della dignità umana. Ma, anche se le sensibiltà su questo punto sono ancora diverse, mi sembra importante che nessun tema rimanga tabù, in un dialogo aperto e rispettoso dell’altro. Speriamo con frutto e con ricadute pratiche. D. – Come valuta l’inaugurazione di una chiesa, la prima, in Qatar? R. – È un gran bel segnale. Un gesto di rispetto da parte dell’emiro di questo stato del Golfo, che ha già manifestato la sua buona predisposizione verso i cristiani e i cattolici in particolare, anche allacciando i rapporti diplomatici con la Santa Sede. Il suo è anche un esempio da seguire per quei paesi che ancora non permettono ai cristiani, e ad altri credenti, di poter avere un proprio luogo di culto. Anche se sono centinaia di migliaia. D. – Si riferisce all’Arabia Saudita? R. – "Intelligenti pauca". I diritti umani, nella loro totalità, sono per tutti, dappertutto. D. – Recentemente in Olanda è esploso il caso di un film che paragona il Corano al "Mein Kampf" di Hitler. Cosa pensa a riguardo di ciò? R. – Non ho visto il film. Ma se vien fatto questo paragone, lo giudico un paragone di grande volgarità. Un conto è poter valutare in maniera razionale, obiettiva e critica alcuni aspetti di una religione o alcune dichiarazioni di esponenti di questa religione, il che è ovviamente ammissibile. Un conto però è offendere e irridere la sensibilità religiosa di un popolo con accuse generali o che toccano gli aspetti più sacri di una religione. Questo è inammissibile. Lo abbiamo ribadito anche nel comunicato finale rilasciato dopo l’incontro avuto a al-Azhar, dove è stato citato quanto detto da papa Benedetto XVI al nuovo ambasciatore del Marocco nel 2006, e cioè: '"Al fine di favorire la pace e la comprensione tra i popoli e gli esseri umani, è necessario che le loro religioni e i simboli siano rispettati, e che i credenti non siano oggetto di provocazioni che causano danno al loro impegno e ai loro sentimenti religiosi". D. – Nella conferenza stampa seguita agli incontri del 4 e 5 marzo uno dei partecipanti di parte islamica ha criticato di nuovo il discorso del papa a Ratisbona. R. – Ma questa nuova fase del colloquio con i musulmani è dovuta proprio al discorso di Ratisbona! Non tutti i musulmani hanno recepito il discorso del papa a Ratisbona in maniera negativa. Il rapporto tra fede e ragione sarà prossimamente oggetto di approfondimento con alcuni partner musulmani del nostro dicastero. Poi Benedetto XVI ha spiegato molto bene quale fosse una corretta interpretazione di quel discorso. Durante l’incontro di al-Azhar, per dare un esempio, nessuno vi ha fatto il minimo cenno. D. – Quale può essere l'effetto di questa nuova fase del dialogo islamo- cristiano per le comunità cristiane del Medio Oriente? R. – Il problema è quello di sapere se questo nuovo clima di dialogo passerà dal livello teorico-intellettuale a quello pratico, se cioè avrà delle ricadute sul piano sociale e politico. Spero che ciò sarà un impegno comune. D. – Cosa pensa della notizia che un pensatore islamico scriverà prossimamente su "L'Osservatore Romano"? R. – Mi sembra di aver capito che l’ipotesi potrebbe essere realtà tra pochi mesi. Ciò farebbe onore a "L'Osservatore Romano" e allo scrittore che accetterebbe di far comparire la sua firma sul quotidiano della Santa Sede. E sarebbe anche uno stimolo, un invito alla reciprocità, in modo tale che anche autori cristiani possano scrivere per pubblicazioni islamiche. D. – A proposito del principio della reciprocità. Ne avete discusso con i rappresentanti dei 138? R. – Certamente. Ne abbiamo parlato anche nel corso dell’incontro avuto in Egitto ad al-Azhar. Abbiamo fatto presente che finora questo principio, nonostante alcune frasi del Corano che ne giustificherebbero l’applicazione, non viene sempre rispettato nei fatti. Speriamo bene per il futuro. |
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