SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
Quando Ratzinger veste i panni di Galileo .
Dalla stella dei Magi alla "struttura intelligente" che regge l'universo:
la risposta del papa agli scienziati che negano Dio.

di S.Magister-http://chiesa.espresso.repubblica.it/articolo/213210

Tutti i numeri della fede. Un'inchiesta tra i matematici rivela che molti sono credenti. E qualcuno è persino teologo

ROMA, 9 gennaio 2008 – Nell'omelia della festa dell'Epifania Benedetto XVI è tornato su un tema a lui carissimo, quello del rapporto tra la fede e la scienza. Il papa ha preso spunto dalla stella dei Magi che – ha rimarcato – "erano con tutta probabilità degli astronomi" come lo fu Galileo Galilei. Ma ha invitato a portare lo sguardo al di là di una pura contemplazione del cielo stellato. "Le stelle, i pianeti, l’universo intero – ha detto – non sono governati da una forza cieca, non obbediscono alle dinamiche della sola materia". Al di sopra di tutto non c'è "un freddo ed anonimo motore", ma quel Dio definito da Dante nell'ultimo verso della Divina Commedia come "l’amor che move il sole e l’altre stelle", quel Dio che ha preso carne in mezzo agli uomini e ad essi ha dato la vita. Nella "sinfonia" del creato – ha proseguito il papa – c'è un "assolo" che dà significato al tutto: e questo "assolo" è Gesù.

Il 2009 è il quarto centenario delle prime osservazioni di Galileo Galilei al telescopio e sarà celebrato in tutto il mondo come l'anno dell'astronomia. Sarà anche un anno particolarmente dedicato a Charles Darwin e alle teorie cosmologiche a lui ispirate. A questo doppio appuntamento, papa Joseph Ratzinger dà l'impressione di arrivare ben caricato. Lo si è capito anche da un passaggio chiave del discorso programmatico che egli ha rivolto alla curia romana lo scorso 22 dicembre: "La fede nello Spirito creatore è un contenuto essenziale del Credo cristiano. Il dato che la materia porta in sé una struttura matematica, ed è piena di spirito, è il fondamento sul quale poggiano le moderne scienze della natura. Solo perché la materia è strutturata in modo intelligente il nostro spirito è in grado di interpretarla e di attivamente rimodellarla. Il fatto che questa struttura intelligente proviene dallo stesso Spirito creatore che ha donato lo spirito anche a noi, comporta insieme un compito e una responsabilità. Nella fede circa la creazione sta il fondamento ultimo della nostra responsabilità verso la terra. Essa non è semplicemente nostra proprietà che possiamo sfruttare secondo i nostri interessi e desideri. È piuttosto dono del Creatore che ne ha disegnato gli ordinamenti intrinseci e con ciò ci ha dato i segnali orientativi a cui attenerci come amministratori della sua creazione. Il fatto che la terra, il cosmo, rispecchino lo Spirito creatore, significa pure che le loro strutture razionali che, al di là dell'ordine matematico, nell'esperimento diventano quasi palpabili, portano in sé anche un orientamento etico. Lo Spirito che li ha plasmati è più che matematica: è il Bene in persona che, mediante il linguaggio della creazione, ci indica la strada della vita retta".

Colpisce, in questo passaggio, il ripetuto insistere del papa sulla struttura matematica dell'universo. La matematica, infatti, è una scienza esatta che spesso oggi viene contrapposta a Dio, come la sua negazione "scientifica", definitiva. Scienziati di notorietà mondiale come l'inglese Richard Dawkins e l'italiano Piergiorgio Odifreddi legano insistentemente la matematica alla professione dell'ateismo. Divulgate in conferenze, articoli e libri di grande successo, le loro tesi ambiscono a diventare linguaggio e pensiero comune. In parole semplici, le obiezioni di questi matematici atei sono quelle espresse da uno studente liceale romano di 17 anni, di nome Giovanni, durante un botta e risposta col papa il una piazza San Pietro gremita di giovani, il 6 aprile 2006: "Padre Santo, si è indotti a credere che la scienza e la fede sono tra loro nemiche; che la logica matematica ha scoperto tutto; che il mondo è frutto del caso; e che se la matematica non ha scoperto il teorema-Dio è perché Dio, semplicemente, non esiste".

A queste obiezioni, Benedetto XVI rispose testualmente così:
"Il grande Galileo ha detto che Dio ha scritto il libro della natura nella forma del linguaggio matematico. Lui era convinto che Dio ci ha donato due libri: quello della Sacra Scrittura e quello della natura. E il linguaggio della natura – questa era la sua convinzione – è la matematica, quindi essa è un linguaggio di Dio, del Creatore. "

"Riflettiamo ora su cos’è la matematica: di per sé è un sistema astratto, un’invenzione dello spirito umano, che come tale nella sua purezza non esiste. È sempre realizzato approssimativamente, ma – come tale – è un sistema intellettuale, è una grande, geniale invenzione dello spirito umano. La cosa sorprendente è che questa invenzione della nostra mente umana è veramente la chiave per comprendere la natura, che la natura è realmente strutturata in modo matematico e che la nostra matematica, inventata dal nostro spirito, è realmente lo strumento per poter lavorare con la natura, per metterla al nostro servizio, per strumentalizzarla attraverso la tecnica. "Mi sembra una cosa quasi incredibile che una invenzione dell’intelletto umano e la struttura dell’universo coincidano: la matematica inventata da noi ci dà realmente accesso alla natura dell’universo e lo rende utilizzabile per noi. Quindi la struttura intellettuale del soggetto umano e la struttura oggettiva della realtà coincidono: la ragione soggettiva e la ragione oggettivata nella natura sono identiche. Penso che questa coincidenza tra quanto noi abbiamo pensato e il come si realizza e si comporta la natura, siano un enigma e una sfida grandi, perché vediamo che, alla fine, è 'una' la ragione che le collega ambedue: la nostra ragione non potrebbe scoprire quest'altra, se non vi fosse un’identica ragione a monte di ambedue. "

"In questo senso mi sembra proprio che la matematica – nella quale come tale Dio non può apparire – ci mostri la struttura intelligente dell’universo. Adesso ci sono anche teorie del caos, ma sono limitate, perché se il caos avesse il sopravvento, tutta la tecnica diventerebbe impossibile. Solo perché la nostra matematica è affidabile, la tecnica è affidabile. La nostra scienza, che rende finalmente possibile lavorare con le energie della natura, suppone la struttura affidabile, intelligente della materia. E così vediamo che c’è una razionalità soggettiva e una razionalità oggettivata nella materia, che coincidono. Naturalmente adesso nessuno può provare – come si prova nell’esperimento, nelle leggi tecniche – che ambedue siano realmente originate in un’unica intelligenza, ma mi sembra che questa unità dell’intelligenza, dietro le due intelligenze, appaia realmente nel nostro mondo. E quanto più noi possiamo strumentalizzare il mondo con la nostra intelligenza, tanto più appare il disegno della Creazione."

"Alla fine, per arrivare alla questione definitiva, direi: Dio o c’è o non c’è. Ci sono solo due opzioni. O si riconosce la priorità della ragione, della Ragione creatrice che sta all’inizio di tutto ed è il principio di tutto – la priorità della ragione è anche priorità della libertà – o si sostiene la priorità dell’irrazionale, per cui tutto quanto funziona sulla nostra terra e nella nostra vita sarebbe solo occasionale, marginale, un prodotto irrazionale; la ragione sarebbe un prodotto della irrazionalità. Non si può ultimamente 'provare' l’uno o l’altro progetto, ma la grande opzione del cristianesimo è l’opzione per la razionalità e per la priorità della ragione. Questa mi sembra un’ottima opzione, che ci dimostra come dietro a tutto ci sia una grande Intelligenza, alla quale possiamo affidarci."

"Ma il vero problema contro la fede oggi mi sembra essere il male nel mondo: ci si chiede come esso sia compatibile con questa razionalità del Creatore. E qui abbiamo bisogno realmente del Dio che si è fatto carne e che ci mostra come Egli non sia solo una ragione matematica, ma che questa ragione originaria è anche Amore. Se guardiamo alle grandi opzioni, l’opzione cristiana è anche oggi quella più razionale e quella più umana. Per questo possiamo elaborare con fiducia una filosofia, una visione del mondo che sia basata su questa priorità della ragione, su questa fiducia che la Ragione creatrice è amore, e che questo amore è Dio"
.

Nell'argomentazione di Benedetto XVI ora riportata spiccano due elementi. Il primo è che la ragione matematica non può negare Dio ma nemmeno provarlo. Avvicina però a Lui. E mostra che Dio è in definitiva "un’ottima opzione". Riaffiora qui l'invito a vivere "veluti si Deus daretur", come se Dio ci fosse, invito lanciato più volte da Ratzinger anche "agli amici non credenti", come già prima di lui da Pascal. Il secondo elemento è che la ragione matematica non può dire tutto di Dio, perché Dio "è anche Amore". Nel botta e risposta del 2006 con i giovani, Benedetto XVI si limitò al semplice enunciato di questa tesi. Ma per vederne lo sviluppo non c'è che da leggere l'intera sua omelia dell'Epifania di quest'anno.

Resta la domanda: è proprio così diffusa la negazione di Dio, tra gli scienziati di oggi e in particolare i matematici?

A leggere l'inchiesta a puntate che "Avvenire", il quotidiano della conferenza episcopale italiana, sta pubblicando da un mese, la risposta è no. "Avvenire" sta intervistando alcuni eminenti matematici proprio su "Numeri e fede", cioè sulla compatibilità tra la ragione matematica e la fede in Dio. L'immagine che ne esce è quella di un ambiente scientifico molto più aperto alla fede di quanto dica la "vulgata" dei media. Gli intervistati sono stati finora i seguenti:
– l'11 dicembre 2008 Antonio Ambrosetti, per molti anni ordinario di analisi matematica alla Normale di Pisa e ora alla Scuola internazionale superiore di studi avanzati di Trieste;
– il 16 dicembre Lucia Alessandrini, ordinario di geometria all'Università di Parma;
– il 19 dicembre Giandomenico Boffi, ordinario di algebra all'Università di Chieti e Pescara;
– il 24 dicembre Marco Andreatta, ordinario di geometria e preside della facoltà di scienze all'Università di Trento;
– il 6 gennaio 2009 Giovanni Pistone, ordinario di probabilità al Politecnico di Torino;
– il 9 gennaio Maurizio Brunetti, professore di geometria e algebra all'Università Federico II di Napoli.
Il professor Pistone è membro della Chiesa evangelica valdese e diplomato in teologia, mentre gli altri sono di fede cattolica. L'inchiesta di "Avvenire" si limita all'Italia, ma nelle risposte degli intervistati sono frequenti i riferimenti ad altri paesi. Ferventi uomini di fede sono anche alcuni dei maestri da essi citati, in particolare Ennio De Giorgi, uno dei più insigni matematici del Novecento, e Francesco Faà di Bruno, proclamato beato nel 1998. L'inchiesta continua. Ed è facile scommettere che tra i prossimi intervistati vi sarà Giorgio Israel, ordinario di matematiche complementari all'Università di Roma "La Sapienza", di religione ebraica e grande ammiratore di Benedetto XVI.

NUMERI E FEDE
Beata matematica

di Luigi Dell’Aglio -Avvenire-9 Dicembre 2009

Una lista di grandissimi matematici della storia, che sono stati credenti in modo fervido e autentico. Sono tanti, e di loro non si parla quasi mai. Ecco la risposta argomentata e "sperimentale" che va data a chi dubita che si possa essere, al tempo stesso, matematici e credenti». Il professor Maurizio Brunetti, matematico specializzatosi in Gran Bretagna e ora docente all’Università Federico II di Napoli, non si ferma a Ennio De Giorgi (1928-1996), genio e trascinante uomo di fede. Brunetti risale agli ultimi tre secoli. E va anche più indietro. Nella lista non include Leibniz, Newton o Cartesio, che certamente non erano atei; nell’elenco iscrive invece quei matematici la cui fede attiva si esprimeva con scelte di vita che la rendevano particolarmente riconoscibile. E colloca al primo posto il torinese Francesco Faà di Bruno (1825-1888), che la Chiesa ha proclamato beato nel 1988.

I Faà di Bruno erano una famiglia di scienziati, di religiosi e di eroi. Francesco era sacerdote, il fratello Giuseppe era un padre Pallottino e si dedicò alle missioni; quanto a Emilio, morì nella sua nave inabissata a Lissa.

«Il nome di Francesco Faà di Bruno è legato a notevoli contributi, soprattutto a un’elegante formula per il calcolo delle derivate di ordine superiore di una funzione composta. La sua vita fu talmente avventurosa che se ne potrebbe ricavare un film: militare, musicista, architetto, ingegnere - nel 1856, commosso dalla condizione dei non vedenti, lo era anche la sorella Maria Luigia, progettò e brevettò uno scrittoio per ciechi - e, soprattutto, sacerdote e fondatore di un ordine religioso. Faà di Bruno era stato allievo di Augustin Louis Cauchy, uno dei padri dell’analisi matematica, anche lui uomo di fede vissuta. Fu infatti tra i fondatori de l’Association pour la Protection de la Religion Catholique e della Societé Catholique de Bons Livres. Le opere scientifiche di Cauchy sono state raccolte in 27 volumi. Un grande scienziato, ma anche un grande uomo che si spendeva in innumerevoli opere di carità e di apostolato culturale: "benché oberato da ogni sorta di occupazioni, trovava il tempo e l’animo per andare a visitare i poveri nei loro tuguri" racconta Faà di Bruno. Il matematico francese aveva molto a cuore anche la santificazione delle feste: grazie alla sue pressioni, molti negozi furono costretti a chiudere nei giorni festivi permettendo così ai dipendenti di andare a Messa».

Non si parla mai di questi personaggi.

«Eppure sono eccezionalmente interessanti. Penso al matematico svizzero Leonhard Euler, da noi noto come Eulero. Di religione protestante, tutte le sere riuniva la numerosa famiglia e leggeva un capitolo della Bibbia. Eulero racconta di aver compiuto molte delle sue scoperte mentre aveva un bambino in braccio e altri marmocchi che si rotolavano ai suoi piedi. Matematici credenti sono arcinoti a ogni studente alle prese con gli esami di geometria e analisi matematica. Per esempio, Jacques Binet, Charles Hermite e anche il boemo Bernard Bolzano, proprio quello del teorema Bolzano-Weierstrass, di cui si ricordano i tentativi per dimostrare logicamente che la religione cattolica - rivelata, e quindi depositaria di risposte alle questioni fondamentali - è quella perfetta, non solo fra le religioni che esistono, ma anche fra tutte quelle pensabili. Per lui, la religione era "la quintessenza di tutte le verità che ci guidano alla virtù e alla felicità"
».

Lei è credente?

«Sono cresciuto in Alleanza Cattolica, nutrendomi della sua spiritualità ignaziana. Il mio non è un caso isolato. Secondo un’indagine condotta negli Usa, i matematici sono la categoria di scienziati in cui la percentuale di atei è più bassa. Ma, se è vero che la scienza permette solo a volte di trovare Dio, è però certo che è stato Dio a far trovare all’uomo la scienza». Questo perché la realtà è conoscibile? «Facciamo una considerazione. Perché a Newton saltasse in mente di formulare un modello matematico per il moto di una mela che cade a terra, era necessario un presupposto certo: credere che una mela sarebbe sempre caduta con le stesse modalità, un minuto, un giorno o cento anni dopo. È stato proprio questo presupposto sulla logicità del creato, che è condiviso solo dalle culture occidentali, a permettere alla scienza moderna di nascere e svilupparsi. L’universo ha le sue leggi, non è capriccioso. Storici della scienza come Edward Grant e Stanley Jaki hanno individuato nell’avvento del cristianesimo una condizione addirittura necessaria - e, col senno di poi, anche sufficiente - per la nascita della scienza moderna, quella cioè che tralascia ogni considerazione di natura non quantitativa, espungendo deduzioni di carattere filosofico e limitandosi a utilizzare gli strumenti della matematica per l’interpretazione dei dati sperimentali».

Una scienza che, quindi, nasce molto prima del secolo XVII e sboccia già nel Medioevo cristiano.

«La matematica, sia quella più astratta e simbolica, sia quella applicata alla fisica, prende il volo in epoche in cui la temperatura religiosa è alta. L’algebra vide la luce tra l’ottavo e il nono secolo nel mondo islamico e, prima che prevalesse la prospettiva teo-filosofica dei mutakallimum - secondo cui l’enunciazione di una legge fisica sarebbe in contraddizione con l’onnipotenza di Allah -, furono anche pubblicati dei manuali di dinamica dei fluidi. Nell’Europa medievale cristiana, appartenevano alla matematica due delle quattro discipline del quadrivium, cioè l’aritmetica e la geometria. La nascita della scienza moderna va perciò anticipata almeno di qualche secolo. Fino a poco tempo fa, se ne festeggiava il compleanno ricordando la pubblicazione nel 1687 dei Philosophiae Naturalis Principia Mathematica di Isaac Newton. Certo, quest’opera è in tutti i sensi moderna. Tuttavia Newton riconobbe, facendo proprio l’aforisma medievale di Bernardo di Chartres, di essere "un nano sulle spalle di giganti". Questi giganti, oggi, sono stati identificati: Giordano Nemorario, che nel secolo XIII aveva già formulato le leggi della statica; Nicola Oresme, che aveva risolto l’obiezione più forte contro l’ipotesi di una Terra in movimento; Giovanni Buridano, che formulò la nozione di "forza a distanza", arrivata a Newton attraverso Alberto di Sassonia, Leonardo da Vinci, Giambattista Benedetti e Galileo Galilei».

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