SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
India- Io, Sr Meena, violentata dagli indù, mentre la polizia stava a guardare  

http://www.asianews.it-25/10/2008 10:07

Riportiamo di seguito la dichiarazione che Sr Meena Barwa ha letto ieri all’ Indian Social Institute. La suora vincendo lo stato di choc e il pudore, per la prima volta dopo due mesi dall’accaduto, ha accettato di parlare delle violenze e dello stupro che ha subito ad opera di gruppi di radicali indù lo scorso agosto, accusando la polizia dell’Orissa di connivenza con gli assalitori. Sr Meena lavorava al Centro pastorale Divyajyoti, a K Nuagaon, nel distretto di Kandhamal (Orissa), insieme a p. Thomas Chellan, anch’egli malmenato e umiliato. La dichiarazione pubblica di Sr Meena era necessaria perché la polizia in Orissa sta cercando di coprire il caso. Fra i fondamentalisti indù vi sono anche coloro che dicono che la suora fosse “consenziente” allo stupro.
New Delhi (AsiaNews) – Ecco la dichiarazione completa di Sr Meena Barwa (traduzione dall’inglese di AsiaNews).

Il 24 agosto scorso, verso le 4.30 del pomeriggio, sentendo le urla di una grande folla alle porte del Centro pastorale Divyajyoti, sono corsa fuori, dalla porta di servizio e fuggita nella foresta insieme ad altri. Abbiamo visto la nostra casa distruggersi fra le fiamme. Verso le 8.30 di sera siamo venuti fuori dalla foresta e andati nella casa di un signore indù che ci ha ospitato.

Il 25 agosto, verso 1.30 del pomeriggio, una folla è entrata nella stanza della casa dove stavo, uno di loro mi ha afferrato la faccia e poi trascinandomi per i capelli mi ha portato fuori. Due di loro mi tenevano il collo per tagliarmi la testa con un’ascia. Altri li consigliavano di portarmi fuori in strada; [lì] ho visto p. Chellan portato fuori e picchiato. La folla era composta da 40-40 uomini armati di lathis [bastone con punte di ferro, usato nelle arti marziali – ndr], asce, lance, bastoni, sbarre, falci, ecc… Ci hanno preso entrambi e portati sulla strada principale. Poi ci hanno portato alla casa Janavikas, che era stata bruciata, dicendo che ci avrebbero gettato nelle fiamme.

Giunti alla casa Janavikas, essi mi hanno gettata a terra sulla veranda, sul percorso che porta alla sala da pranzo, pieno di cenere e di vetri rotti. Uno di loro mi ha strappato la camicetta e altri i miei indumenti intimi. P Chellan ha protestato e loro lo hanno picchiato e trascinato lontano. Loro mi hanno tolto il sari e mentre uno mi bloccava il braccio destro e un altro quello sinistro, un terzo mi ha violentato sulla veranda a cui ho accennato. Quando è finito, sono riuscita ad alzarmi, e a mettermi la sottogonna e il sari. Poi un altro giovane mi ha afferrato e mi ha portato in una stanza vicina alle scale. Ha aperto i suoi pantaloni e ha tentato anche lui di stuprarmi, ma poi è stato raggiunto da altri.

Mi sono nascosta sotto le scale. La folla gridava: “Dov’è la suora? Venite, violentiamola, almeno 100 persone dovrebbero stuprarla”. Mi hanno scoperto dietro la scala e mi hanno portato sulla strada. Lì ho visto p. Chellan inginocchiato e la folla che lo picchiava. Loro cercavano una corda per legarci insieme e bruciarci vivi. Qualcuno ha suggerito di portarci in processione nudi. Ci hanno fatto camminare sulla strada fino al mercato di Nuagoan, che era a mezzo chilometro di distanza. Ci hanno legato insieme per le mani e fatto camminare. Io avevo indosso la sottoveste e il sari, perché prima mi avevano spogliato della camicetta e degli indumenti intimi. Hanno allora cercato di denudarmi ancora e siccome io resistevo, hanno cominciato a picchiarmi schiaffeggiandomi sul viso e sul capo, e dandomi diversi colpi di bastone sulla schiena.

Quando abbiamo raggiunto il mercato, nella zona vi erano una diecina di poliziotti. Sono andata lì chiedendo loro di proteggermi e mi sono seduta fra due poliziotti, ma essi non si sono mossi. Uno della folla è arrivato e mi ha trascinato via da lì: volevano rinchiuderci nel recinto [Mandap] del tempio. La folla ha trascinato me e p. Chellan all’edificio di Nuagaon, dicendo che ci avrebbero consegnato al Bdo [Block Development Officer, il responsabile della zona]. Da lì, insieme al Bdo, la folla ci ha portato alla stazione di polizia di Nuagaon, intanto altri poliziotti rimanevano distanti.

La folla ha detto poi che sarebbero tornati dopo aver mangiato e uno di loro che mi aveva attaccato è rimasto nella stazione di polizia, dove poi sono giunti gli altri poliziotti. Essi si sono messi  a parlare in modo molto amichevole con l’uomo che mi aveva attaccato, stando lontano da noi. Siamo rimasti nella stazione di polizia fino a che l’ispettore capo di Balliguda, non è giunto con il suo gruppo per portarci a Balliguda. Essi avevano paura di portarci direttamente alla stazione di polizia e ci hanno tenuto per un certo tempo nella jeep. Poi, dal garage, ci hanno portato alla stazione. L’ispettore capo e altri rappresentanti del governo mi hanno preso in privato e chiesto cosa mi era accaduto. Io ho raccontato loor tutto in dettaglio: l’0attacco, lo stupro, l’essere strappata dalla polizia per farmi camminare seminuda nella strada e come i poliziotti non mi hanno aiutata quando ho chiesto loro aiuto piangendo a dirotto. Ho visto che l’ispettore scriveva tutto. Poi mi ha domandato: È interessata a stendere una denuncia? Sa quali possono essere le conseguenze?.

Alle 10 di sera sono stata presa e accompagnata da un poliziotto donna sono stata portata all’ospedale di Balliguda per un check-up medico. Essi avevano paura di tenerci alla stazione di polizia, dicendo che la folla avrebbe potuto attaccarli. Così la polizia ci ha portato nell’ Ib (Inspection Bungalow), dove dei poliziotti del Crp [Central reserve police] erano accampati.

Il 26 agosto, verso le 9 del mattino, siamo stati portati alla stazione di polizia di Balliguda. Mentre scrivevo la mia denuncia, l’ispettore mi diceva: Questo non è il modo di scrivere, lo faccia più breve. Così l’ho riscritta fino a tre volte, riducendola a una pagina e mezzo. L’ho consegnata, ma non mi hanno dato copia.

Alle 4 del pomeriggio, l’ispettore capo della stazione di polizia di Balliguda, insieme ad alcuni rappresentanti del governo, ci hanno messo su un pullman pper Bhubaneshwar, insieme ad altri sparuti passeggeri. La polizia è rimasta fino a Rangamati, dove tutti i passeggeri hanno preso la cena. Dopo di allora non ho più visto un poliziotto. Siamo scesi vicino a Nayagarh e lì, viaggiando su veicoli provati, abbiamo raggiunto Bhubaneshwar il 27 agosto alle 2 di notte.

La polizia di stato non ha fermato i crimini, non mi ha protetto da quelli che mi hanno assalito, erano amici degli assalitori. Essi hanno fatto di tutto perché io non registrassi alcuna denuncia, non mi lamentassi contro la polizia; la polizia non ha stilato tutto il mio racconto mentre lo raccontavo loro in dettaglio e mi hanno abbandonato a metà strada. Sono stata stuprata, ma adesso non voglio essere vittima anche della polizia dell’Orissa. Voglio un’inchiesta su questo.

Dio benedica l’India, Dio benedica tutti voi.
Sr Meena

Il Sangh Parivar vuole estirpare ogni traccia dei cristiani in Orissa
di Nirmala Carvalho

Ai fedeli è proibito pregare anche nei campi profughi del governo. I terreni di case e chiese bruciate vengono requisiti e “ripuliti” delle violenze. Consiglio indù alla suora stuprata: sposarsi con lo stupratore. Caccia ai convertiti.

Bhubaneshwar (AsiaNews) – I gruppi fondamentalisti indù che da oltre un mese hanno lanciato il pogrom contro i cristiani dell’Orissa, sono divenuti più metodici: aiutati anche dalla polizia, proibiscono ai cristiani di incontrarsi e pregare; cercano di uccidere i nuovi convertiti; occupano il terreno delle chiese distrutte e le terre dei fuggitivi, cancellando ogni traccia di presenza cristiana. Di fronte all’opinione pubblica indiana, sconvolta dalle violenze e soprattutto dallo stupro di una suora, propongono una legge tribale: che il violentatore sposi la suora.

Gli attacchi contro i cristiani con 180 chiese distrutte, 4500 case bruciate e razziate, la fuga di oltre 50 mila profughi, sono solo il primo capitolo di un programma che vuole estirpare il cristianesimo dallo Stato. Perfino nei campi di rifugio approntati dal governo per “custodire” i cristiani in fuga, questi sono criminalizzati. Il p. Ajay Singh, direttore del Jan Vikas, un centro di iniziativa sociale della diocesi di Cuttack-Bhubaneshwar, dopo aver visitato 3 campi, dice ad AsiaNews: “La nostra gente è trattata come animali. Hanno distribuito solo una coperta per famiglia; l’igiene e la sanità sono inesistenti. Ma ciò che è più tragico è che ai cristiani è proibito pregare: le forze di sicurezza continuano a vigilare in modo puntiglioso  perché questo non avvenga e proibiscono anche ogni aiuto e consolazione dall’esterno. Le donne, soprattutto, sono consumate da una profonda depressione”.

All’esterno, nei villaggi già distrutti dalla furia dei gruppi fondamentalisti indù, la situazione non migliora. Secondo testimonianza raccolte dal Global Council of Indian Christians (Gcic), il Sangh Parivar (l’associazione-ombrello che raccoglie tutte le organizzazioni militanti) ha iniziato una “pulizia” dei terreni dove prima esistevano case di cristiani e chiese, bruciate nelle scorse settimane. I gruppi svellono perfino le pietre delle fondamenta, riempiendo le buche con terra; rimuovono i segni dei confini fra i campi coltivati, proprietà dei cristiani e se li sono suddivisi fra di loro.

“La loro intenzione – afferma Sajan K George, presidente del Gcic – è di appropriarsi con mezzi fraudolenti delle proprietà dei cristiani, ‘mostrando’ che non c’è mai stata una casa cristiana, né una chiesa. Il mio timore è che si mettano a costruire templi indù sulle terre dove una volta esistevano case e chiese cristiane”.

Sajan George suggerisce anche un altro motivo: i radicali indù “vogliono nascondere i segni della loro brutalità contro persone innocenti, ora che l’opinione pubblica indiana è venuta a conoscenza dei loro attacchi”.

Sui giornali indiani è stato riportato in modo diffuso soprattutto le violenze degli indù contro le donne e in particolare lo stupro di una suora. Alle critiche dell’opinione pubblica contro l’inattività del governo dell’Orissa, questi ha risposto mettendo in prigione – a un mese dal fatto – 3 attivisti indù: Mitu Patnaik, Saroj Ghadai e Munna Ghadai, arrestati in Kerala. I tre sono tutti originari di Baliguda (Orissa).

La stampa e le organizzazioni fondamentaliste hanno allora cominciato una campagna per diminuire l’impatto della notizia. Advani, il capo del Bjp (Bharatiya Janata Party), legato ai gruppi fondamentalisti, l’ha condannato come “un crimine vergognoso”, ma membri di gruppi alleati – come il Bajrang Dal – hanno espresso “sospetti” che la suora “fosse consenziente”.

Il 13 ottobre scorso, a K Nuagaon, almeno 5 mila donne indù radicali, hanno manifestato insieme per chiedere di attuare nel caso dello stupro della suora, la loro tradizione: “che lo stupratore sposi la vittima”.

Un altro capitolo della lotta contro i cristiani è il tentativo di bloccare le conversioni al cristianesimo, costringendo anche con minacce di morte i nuovi convertiti a ritornare all’induismo.

Il 12 ottobre scorso, un’associazione di studenti, la Kandhamal Chatra Sangharsa Samiti, ha domandato una moratoria sulle conversioni fatte da organizzazione non governative cristiane, per rendere onore all’opera dello Swami Laxamananda Saraswati, che per 45 anni ha lavorato in Orissa per fermare le conversioni cristiane. La morte dello Swami, ad opera di un gruppo maoista, ha scatenato la furia delle violenze contro i cristiani, accusati ingiustamente dell’assassinio.

Intanto, gruppi di fanatici del distretto di Kandhamal hanno stilato una lista di persone che essi vogliono riconvertire all’induismo o uccidere. Fra questi vi è Pabitra Mohan Katta, del villaggio di Adigar. Dieci anni fa egli era un discepolo dello Swami e membro del Vhp (Vishwa Hindu Parishad), ma poi si è convertito alla fede cristiana. La sua casa è stata bruciata il 26 agosto scorso e lui si è salvato dalla morte grazie all’intercessione del fratello, che è indù. Alcuni giorni dopo anche la casa del fratello è stata bruciata.

I cristiani che per paura si "riconvertono" (v. foto), sono costretti a bruciare bibbie e libretti di preghiera, sono rasati a zero, si fa loro bere dell'urina di vacca (considerata purificante) e vengono vigilati per giorni da gruppi indù perchè non abbiano più contatto con i loro ex correligionari.

India, il Rajasthan si prepara ad introdurre la legge anti-conversione
di Nirmala Carvalho

L'amministrazione statale è guidata dal partito nazionalista  Bjp; i cattolici si oppongo al disegno di legge, ma le autorità locali rimangono sorde. Vescovo di Jaipur: con questa legge il governo dà il suo tacito consenso alle violenze anti-cristiane.

Mumbai (AsiaNews) – Il governo del Rajasthan, India, assicura di "non voler creare una divisione nello Stato" tra comunità religiose, mentre alcuni dei suoi funzionari di spicco premono per introdurre una Legge anti-conversione, che aggraverebbe le violenze contro i cristiani, già in atto nello Stato. Qui è al potere il Bharatiya Janata Party - Bjp, il più grande partito politico indiano, di impronta nazionalista – che mira a far passare la legge "il prima possibile".

Esponenti della Chiesa cattolica locale vedono nella legge il "tacito consenso del governo alle violenze, un incitazione al sentimento anti-cristiano" e intanto preparano l'opposizione.

Ieri in occasione dell'Assemblea statale, Vasundhara Raje, capo del governo (Chief minister), ha dichiarato che "in Rajasthan siamo una sola famiglia" e che i responsabili delle ultime violenze contro i cristiani saranno puniti "severamente". Membri locali del partito Congress denunciano però che proprio lo stesso capo del governo giorni fa si è rifiutato di incontrare una delegazione di cristiani che chiedeva protezione dagli attacchi contro la comunità.

In un'intervista ad AsiaNews mons. Oswald Lewis, vescovo di Jaipur, capitale del Rajasthan, annuncia che la Chiesa si opporrà al "Disegno di legge sulla libertà religiosa" e che alcuni rappresentanti cattolici hanno già parlato con ministro dell'Interno, Gulab Chand Kataria, spiegandogli "l'inutilità della legge".

Ma Kataria – racconta il presule – continua  difendere il disegno di legge come necessario. A fine febbraio annunciava: "Mancano gli ultimi ritocchi, proveremo a discuterne in occasione dell'Assemblea e a farla diventare legge il prima possibile".

A niente sono servite le statistiche sulle conversioni al cristianesimo nello Stato, viste come una minaccia dai fondamentalisti indù. Mons. Lewis dichiara di averle sottoposte alle autorità: "Sono una prova concreta che le conversioni non sono mai state imposte o operate con l'inganno", come accusano i fondamentalisti indù. Al contrario, sottolinea il vescovo, dall'ottobre 2005 sono aumentate "in modo allarmante" le violenze anti-cristiane.

Pretesto per gli ultimi attacchi in Rajasthan è stata la pubblicazione di un libro in indi, tradotto dall'inglese, che conterrebbe offese all'induismo. L'opera è attribuita a un gruppo protestante. Domenica scorsa, in presenza della polizia, un gruppo di attivisti del Vishwa Hindu Parishad, ha impedito ad alcuni cristiani di pregare in una chiesa e vandalizzato due scuole di missioni a Jaipur.

Secondo il presule se approvata, con questa legge il governo locale darebbe "il suo tacito consenso a queste violenze e inciterebbe il sentimento anti-cristiano, che porta alla perdita di vite umane e proprietà".

Croci dissacrate a Goa
di Nirmala Carvalho

Goa (AsiaNews) – Quattro casi di dissacrazione di croci, 3 nell'arco di 7 giorni nella sola parrocchia di Ponda, nello Stato di Goa, ex colonia portoghese sulla costa occidentale indiana. "Si tratta di atti vandalici che nascondono uno scopo: gettare il seme del sospetto fra gli abitanti", è quanto ha dichiarato p. Loiola, segretario dell'arcivescovo di Goa e Daman, mons. Filipe Neri Ferrão, patriarca delle Indie Orientali. "Ci sono stati casi di violenza in diverse zone dello stato – ha continuato padre Loiola – ma mons. Ferrão ha rifiutato di considerare questi vandalismi come atti di violenza conclamata contro i cristiani, tanto da delegare al parroco le richieste nei confronti dell'amministrazione statale".

Due croci sono state colpite nella notte fra il 13 e il 14 luglio. Quella nei pressi della cappella del Carmelo è stata completamente distrutta, l'altra è stata danneggiata e si trova all'interno di una proprietà privata. Questa settimana a Farmagudi è stata trovata un'altra croce danneggiata e ad allarmare è la vicinanza temporale con gli altri due vandalismi. Alcune settimane fa una croce è stata danneggiata a Opa.

Il territorio del piccolo stato di Goa è disseminato di croci, lungo le strade e in proprietà private. I cristiani vi si riuniscono per recitare le litanie a maggio, in occasione della festa locale della Santa Croce. Questi atti non hanno tuttavia dato adito a tensioni fra le comunità religiose, tutte unite nel condannarli. "La Chiesa e il clero sono molto rispettati a Goa – ha aggiunto padre Loiola – visto anche che persone di tutte le fedi considerano molto prestigiose e valide le nostre istituzioni scolastiche. A Ponda la maggioranza è indù e le forze dell'ordine stanno verificando se si tratta di un caso di odio religioso o di una semplice faida fra famiglie. È comunque troppo presto per etichettare il fenomeno come un attacco fondamentalista contro la Chiesa Cattolica, anche se ammetto che ci sono stati casi di intolleranza religiosa contro i cristiani".
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