SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
Dopo il Sinodo, fedeli ancora più confusi

di Giorgio Carbone 29-10-2014 lanuovabq.it

Trascorsi dieci giorni dalla chiusura del Sinodo, la disillusione è forte.

Le attese di molti si sono infrante. I comunicati e le conferenze stampa avevano alimentato dibattiti e polemiche anche accese. Ma alla fine a una prima impressione sembra che si sia trattato di «una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e di furore, che non significa nulla» per usare un’espressione di Shakespeare (Macbeth 5,5).

Il Sinodo appena concluso può essere considerato sotto molti punti di vista. Mi limito brevemente a considerarne solo due. Il primo, il fenomeno Sinodo, cioè la manifestazione esterna che del Sinodo è stata prodotta da alcuni membri e da parte della stampa. Il secondo aspetto è il Sinodo dei documenti, cioè il dato oggettivo del testo finale, la Relatio Synodi.

Sotto il primo aspetto, cioè il fenomeno Sinodo, bisogna rilevare che l’assemblea sinodale è stata caricata di aspettative. Alcuni hanno parlato del Sinodo come di una sorta di Concilio ecumenico. Altri hanno accostato Giovanni XXIII e la convocazione del Concilio ecumenico Vaticano II a papa Francesco e al Sinodo sulla famiglia appena concluso. Ma inevitabilmente tutte queste aspettative si sono presto scontrate con la realtà. Si sono rivelate esorbitanti e infondate perché come stabilisce il Codice di diritto canonico: «Spetta al Sinodo dei vescovi discutere sulle questioni proposte ed esprimere dei voti, non però dirimerle ed emanare decreti su tali questioni, a meno che in casi determinati il Romano Pontefice, cui spetta in questo caso ratificare le decisioni del Sinodo, non gli abbia concesso potestà deliberativa» (can. 343).

Molti si attendevano svolte epocali. Alcuni giornalisti hanno parlato di una rivoluzione nella pastorale. Ma molto più sommessamente il canone 343 ricorda che l’assemblea del Sinodo «discute sulle questioni proposte», «esprime voti», ma non dirime le questioni e non emana leggi.

Queste attese in parte sono state orchestrate con mesi di anticipo grazie anche alla sponda data dalla stampa, non specializzata, ma sicuramente interessata: si pensi alle interviste rilasciate a più riprese sia dal Papa che da alcuni cardinali.

Nel corso del Sinodo, poi, queste attese hanno trovato singolari interpreti/fautori. Ad esempio abbiamo appreso dalla voce del cardinale Erdö che alcuni numeri della Relatio post disceptationem corrispondevano al parere di uno o due membri del Sinodo, su circa 180 membri. Quindi si trattava di pareri davvero singolari. Eppure hanno trovato posto nella Relatio post disceptationem e hanno fatto il “giro del mondo” in ragione dell’enfasi datagli dalla stampa.

Il fatto di aver reso pubblica la Relatio post disceptationem ha generato grande confusione nell’animo di molti fedeli e da molti circoli sinodali è stato giudicato gravemente imprudente proprio per la natura stessa della Relatio, che è un documento meramente provvisorio, interno all’assemblea sinodale, funzionale solo a guidare la discussione.

Quindi, guardando al Sinodo come fenomeno, questo è stato fortemente amplificato. Il che pone un problema grave: la gestione e il governo dei mezzi di comunicazione, i quali non si propongono come obiettivo la comunione con Cristo e la salvezza delle anime, che sono invece obiettivi pastorali della Sposa di Cristo. «Una favola piena di rumore e di furore».

Quanto al secondo aspetto, il Sinodo dei documenti, cioè il dato oggettivo del testo finale, la Relatio Synodi, per amore di brevità mi limito a fare degli esempi. «La complessa realtà sociale e le sfide che la famiglia oggi è chiamata ad affrontare richiedono un impegno maggiore di tutta la comunità cristiana per la preparazione dei nubendi al matrimonio. È necessario ricordare l’importanza delle virtù. Tra esse la castità risulta condizione preziosa per la crescita genuina dell’amore interpersonale» (n. 39). «Un particolare discernimento è indispensabile per accompagnare pastoralmente i separati, i divorziati, gli abbandonati» (n. 47). «Un grande numero di padri ha sottolineato la necessità di render più accessibili e agili, possibilmente del tutto gratuite le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità [matrimoniale]» (n. 48).

Affermazioni verissime. Ma ci voleva un Sinodo per scriverle? E anche l’enfasi generalizzata sull’accoglienza che la Chiesa deve avere verso gli uomini e le donne? Ma forse per qualche tempo la Chiesa non è stata Madre dei credenti, ma matrigna? O forse non sono quegli stessi mezzi stampa che dipingono, quando vogliono, la Chiesa come matrigna? Oppure – penso io – ci deve essere stato qualche parroco che ha sbattuto la porta in faccia a qualcuno e allora anziché intervenire in modo puntuale nei suoi confronti si è pensato a un documento che riguardi tutti. Sistema che dal punto di vista operativo e concreto è garanzia di un’efficacia quasi nulla.

Quindi, guardando al Sinodo come documento, ritorna in mente la citazione: «Una favola piena di rumore e di furore, che non significa nulla». Ma anche questo aspetto è significativo. L’enfasi mediatica e l’ignoranza di molti avevano generato la convinzione che il Sinodo avrebbe redatto un documento decisivo di svolta. Ma, posto il canone 343, questo oggettivamente non è possibile. Anche se dopo il Sinodo il Papa pubblicasse una esortazione post-sinodale – è questa la tipologia di documento che recentemente i papi hanno adottato –, l’esortazione post-sinodale per il suo genere letterario non ha il valore magisteriale di una costituzione apostolica, di una costituzione conciliare, di un decreto o di una dichiarazione. Poi, è bene ricordare che le interviste e le conferenze stampa non sono atti di magistero, sia che le rilasci il sommo Pontefice, sia che le rilasci un vescovo. Poi, un conto sono le opinioni di un singolo membro del Sinodo (semplice parere con possibilità che la proposizione contraria sia vera), altro è il testo finale, la Relatio Synodi, la quale però per natura sua non ha valore di atto di magistero.

Dai resoconti ufficiali, cioè dalle relazioni dei circoli sinodali e dalla Relatio Synodi, leggiamo che i lavori dei gruppi linguistici e dell’assemblea generale sono stati molto fraterni ed edificanti. La risonanza esterna è stata quella di una confusione «piena di rumore e di furore». E il semplice fedele, caso mai divorziato o abbandonato, che giovamento ne ha tratto? Se non c’è uno di noi che gli si fa prossimo per lui «non significa nulla».

Novae Terrae : italiani in tilt su famiglia e omofobia
di Massimo Introvigne29-10-2014

Grazie a un'apprezzabile iniziativa della Fondazione Novae Terrae disponiamo di una ricerca, presentata oggi, sulle opinioni degli italiani in materia di matrimonio, famiglia e unioni omosessuali. La ricerca è stata realizzata dalla Lorien con il metodo Cati (Computer assisted telephone interviews) su un campione di mille intervistati. Se il campione, come si dichiara, è bilanciato, mille interviste non sono poche. Chi legge i risultati deve però tenere conto del fatto che - come dimostra il puntuale fallimento dei sondaggi elettorali, anch'essi effettuati quasi sempre con metodo Cati - pure le migliori indagini telefoniche si scontrano oggi con una certa riluttanza degli intervistati a  rivelare le loro vere opinioni nelle risposte, non fidandosi completamente dell'anonimato. I risultati delle indagini Cati o via Internet - comprese, non ho difficoltà a precisarlo, quelle che ogni tanto sono dirette dal sottoscritto - vanno dunque sempre presi con beneficio d'inventario.

Con questi limiti, la ricerca ha molti aspetti interessanti. Ne emerge anzitutto che gli intervistati a grande maggioranza attribuiscono alla famiglia un'importanza decisiva per la società (95%) e la considerano un elemento cruciale per lo sviluppo del Paese (76%). Il 66% afferma persino che la famiglia ha una «origine divina». Ma che cos'è la famiglia? Per il 72% si tratta dell'unione fra un uomo e una donna. L'82% ritiene che definire così la famiglia non sia discriminatorio nei confronti delle persone omosessuali. Il 63% è contrario all'insegnamento del gender nelle scuole, e il 61% non vorrebbe neppure un'educazione sessuale con informazioni relative al «sesso pratico» senza il consenso dei genitori.

A questo quadro molto rassicurante corrisponde un contrappunto contraddittorio in materia di unioni omosessuali. La legge Scalfarotto sull'omofobia lucra uno spettacolare 80% di risposte favorevoli. Il 61% si dichiara favorevole al progetto del governo Renzi di riconoscere le unioni civili fra omosessuali, e il 51% al riconoscimento in Italia delle unioni omosessuali contratte all'estero. C'è preoccupazione per i bambini eventualmente affidati in adozione a coppie dello stesso sesso, ma solo tra il 34% degli intervistati.

La società che ha condotto il sondaggio ne conclude che il 40% degli italiani appartengono alla categoria che chiama degli «artificiosi» - favorevoli ai «nuovi diritti» per gli omosessuali - e solo il 29% sono «naturalisti», difensori della famiglia tradizionale e del diritto naturale, mentre gli altri sono incerti. Nella seconda categoria si recluta quel 30% che sosterebbe un referendum contro una legge che equiparasse le unioni omosessuali a quelle fra un uomo e una donna e il 15% che scenderebbe in piazza. Gli «artificiosi» prevarrebbero nella popolazione più giovane, più istruita, che frequenta più assiduamente il Web ed è più lontana dalla religione, i «naturalisti» fra le persone più religiose, più anziane, più semplici e che passano meno tempo su Internet.

Se ne dovrebbe concludere che gli italiani sono un popolo schizofrenico, il quale da una parte dichiara che la famiglia è solo l'unione fra un uomo e una donna e dall'altra fa il tifo per la legge Scalfarotto che rischia di mandare in prigione precisamente chi esprime questa opinione, nello stesso tempo approvando - sia pure solo per il 51% - la trascrizione dei «matrimoni» gay contratti all'estero e, al 61%, le «unioni civili» di Renzi, tutte cose che presuppongono un'idea di famiglia diametralmente opposta a quella condivisa dal 72% degli intervistati. Ma è proprio così? C'è una domanda molto importante che rischia di sfuggire, ed è quella dove agli intervistati è stato chiesto cosa significa Lgbt (lesbiche, gay, bisessuali e transessuali), che è la parola chiave di tutto il discorso sull'ideologia di genere.

Ebbene, l'80% degli intervistati dichiara di non sapere che cosa significa questa sigla. Anche tra i famosi «artificiosi», sostenitori dei diritti gay, l'83% non conosce il significato della sigla. Se non sa che cosa significa Lgbt, è verosimile che la maggior parte del campione non sappia che cosa prevede esattamente il disegno di legge Scalfarotto, né certo poteva aiutarli il cenno di una riga e mezza fatto dagli intervistatori.

Quanto alle «unioni civili» di Renzi, nessuno può conoscere la legge senza sfera di cristallo, non essendo stata ancora presentata. È vero che Renzi ha annunciato che si ispirerà al modello tedesco della «Eingetragene Lebenspartnerschaft», e conoscendo la normativa germanica si potrebbe dunque dedurre che cosa proporrà Renzi. Ma penso di non fare torto a nessuno se ipotizzo che un campione che all'ottanta per cento non sa che cosa significhi Lgbt, se fosse stato posto di fronte all'espressione «Eingetragene Lebenspartnerschaft» avrebbe chiesto all'intervistatore se si tratta di nuovi giocatori del Bayern Monaco, il che peraltro avrebbe messo di cattivo umore gli intervistati dopo le batoste inflitte alle nostre squadre dalla formidabile formazione tedesca e dunque disturbato il prosieguo dell'intervista.

La maggioranza sarebbe del resto insieme favorevole alle unioni gay e d'accordo con l'affermazione secondo cui omosessuali e lesbiche devono vivere la propria vita senza imporre una ridefinizione del matrimonio alla società nel suo insieme. Se ne può solo concludere che c'è una grande confusione. Il quadro che emerge dalla ricerca è certamente attendibile su questo punto di fondo: gli italiani sono affezionati alla famiglia, la definiscono come fondata sull'unione di un uomo e di una donna, e nello stesso tempo sono convinti che si debbano riconoscere un certo numero di diritti a chi convive in un'unione omosessuale.

Quanto però alle modalità di questo riconoscimento, tra semplice ricognizione in un testo unico o statuto dei diritti e doveri che derivano da ogni convivenza, in gran parte già riconosciuti dalle leggi italiane - l'unica soluzione corrente con la volontà espressa dalla maggioranza di non «ridefinire» il matrimonio -, matrimonio gay, unioni civili alla tedesca, all'inglese o all'amatriciana, la contraddittorietà delle risposte evidenzia che la maggioranza degli italiani non ha ben chiare le differenze fra le varie ipotesi. Quanto al disegno di legge Scalfarotto, l'esperienza quotidiana di dibattiti e conferenze mi insegna che ne conoscono le norme in pochissimi - qualche volta sembra che non le conosca neppure lo stesso Scalfarotto. Il consenso nei confronti di una legge presentata come contro chi discrimina e picchia le persone omosessuali normalmente si dissipa non appena l'interlocutore è posto di fronte alla realtà del testo.

Che l'ottanta per cento degli intervistati si dichiari favorevole alla legge Scalfarotto, e una solida maggioranza alle unioni civili, non è indicativo di una nuova dottrina del matrimonio che si starebbe affermando tra gli italiani - se si chiede loro che cos'è e dev'essere la famiglia, affermano il contrario - ma da un altro punto di vista è molto importante, così che si deve essere grati a chi ha promosso la ricerca. Mostra che la potenza di fuoco mediatica della lobby Lgbt - gli italiani non sanno che cosa sia, ma questo non impedisce che ne siamo vittima - è riuscita a diffondere delle vere e proprie bugie, come quella secondo cui le norme di Scalfarotto non sarebbero liberticide, e ad alzare un enorme polverone.

Una ragione non per cessare, ma per moltiplicare gli sforzi per fare chiarezza. Contro la confusione c'è bisogno di più, non di meno attività dei comitati Sì alla famiglia, della Manif pour Tous, delle Sentinelle in piedi e anche di questo giornale. E vedrete che, aumentando la chiarezza, aumenterà anche il numero di coloro che, convinti della verità sul matrimonio tra un uomo e una donna come unica base della famiglia, conseguentemente si schiereranno anche contro le «unioni civili» alla tedesca di Renzi e il DDL Scalfarotto.

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