SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
Al Sinodo dura sconfitta per la linea Kasper .
Il testo del documeno finale.

Il Papa bacchetta tradizionalisti e progressisti
lanuovabq.it

L'assemblea sinodale non approva i paragrafi sui temi più controversi - divorziati risposati, comunione spirituale e gay - malgrado fossero stati riformulati sulle indicazioni dei circoli minori. Una clamorosa sconfessione del cardinale tedesco che più di altri si era esposto su questi argomenti, ma anche della segreteria del Sinodo, responsabile della Relatio di lunedì scorso che, evidentemente, presentava una realtà ben diversa dal vero dibattito che c'era stato. Anche le parti bocciate tuttavia entreranno del documento finale del Sinodo, che il Papa ha voluto trasformare in Lineamenta, ovvero linee che serviranno da base per un ulteriore dibattito nelle Chiese locali.
In conclusione del Sinodo è intervenuto anche il Papa con un discorso fuori programma in cui ha richiamato al rispetto dell'aautorità pontificia e ha messo in guardia i vescovi dalle tentazioni emerse in queste settimane di Sinodo.

Tre schiaffi alla linea Kasper
di Matteo Matzuzzi 19-10-2014

Il Sinodo straordinario sulla famiglia si è concluso con la pubblicazione della Relatio Synodi, il documento finale che a ogni modo fungerà da strumento di lavoro in vista della più grande e ordinaria assemblea del prossimo anno (dal 4 al 25 ottobre). Il Papa ha deciso di rendere noto immediatamente il testo, con tanto di numero di favorevoli e contrari ai singoli paragrafi. Tre di questi non possono essere considerati “espressione del Sinodo”, non avendo ottenuto la maggioranza qualificata dei due terzi richiesta. Significativamente, si tratta dei punti più controversi e delicati: divorziati risposati, comunione spirituale e sacramentale, omosessuali. È la conferma che la Relatio post disceptationem letta lunedì scorso dal cardinale Péter Erdö – ma scritta dal segretario speciale Bruno Forte, come ha rivelato nel corso del briefing dell’ora di pranzo il cardinale Raymundo Damasceno Assis, presidente delegato – non aveva contemplato l’ampiezza del dibattito che s’era svolto in aula. 

Sono stati 104 i placet e 74 i non placet al paragrafo che riguarda la possibilità di ammettere i divorziati risposati alla comunione. Nel testo, si afferma che “l’eventuale accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la responsabilità del vescovo diocesano”. A ogni modo, “va ancora approfondita la questione, tenendo ben presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate da diversi fattori psichici oppure sociali”. Si tratta di un rimando al Catechismo della chiesa cattolica, che tuttavia non ha convinto i padri. A ogni modo, pur indicando la via del cammino penitenziale, la formulazione del paragrafo recepiva quanto maturato dai circoli minori, e cioè di approfondire ulteriormente la questione. Non v’era, insomma, né una chiusura né un’apertura come desiderato all’ala riformista.

Bocciato anche il paragrafo dedicato agli omosessuali (il numero 55), con 118 placet e 62 non placet. Il testo non aggiungeva in realtà nulla di nuovo, e contemplava perfino un documento promulgato dalla Congregazione per la dottrina della fede. Si diceva, inoltre, che “non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia”. Di certo – ed è questo il punto presente nel documento dell’ex Sant’Uffizio – “a loro riguardo si eviterà ogni marchio di ingiustizia e discriminazione”. Testo tutt’altro che aperturista, ma che è andato incontro ugualmente alla bocciatura.

Infine, niente via libera neppure al paragrafo 53, che riguarda uno dei punti più cari al cardinale Walter Kasper: la differenza tra comunione sacramentale e spirituale. Kasper, nella relazione concistoriale dello scorso febbraio, s’era domandato che senso avesse negare ai divorziati risposati o ai conviventi negare la comunione sacramentale se la Chiesa già consentiva quella spirituale. Un punto molto delicato, visto che la differenza l’aveva ribadita nientemeno che un Papa, Benedetto XVI. La relatio di lunedì proponeva di “sollecitare un approfondimento teologico della questione”, mentre nella Relatio Synodi si parla più genericamente di “approfondimento della tematica in grado di far emergere la peculiarità delle due forme e la loro connessione con la teologia del matrimonio”. Bocciato: 112 placet e 64 non placet.

A ogni modo, il testo – parecchio emendato rispetto alla Relatio post disceptationem letta dal cardinale Erdö, con 470 “modi” presentati – contiene anche i paragrafi che non hanno ottenuto il via libera sinodale. Il Papa ha infatti deciso che la Relatio, così com’è, venga inviata alle conferenze episcopali nazionali per il confronto in vista del Sinodo ordinario del 2015. Il testo di oggi, dunque, fungerà da Lineamenta.


«Obbedite al Papa, è il garante della verità»
di Massimo Introvigne 19-10-2014

A sorpresa, Papa Francesco ha concluso il Sinodo con un discorso importante e impegnativo, che è stato subito reso pubblico, e che contiene una vigorosa messa in guardia contro deviazioni dottrinali sia «tradizionaliste» sia «progressiste» e un fortissimo – non consueto per Papa Bergoglio – richiamo a riconoscere con obbedienza l’autorità del Papa nella sua direzione ordinaria e quotidiana della Chiesa e non solo nel Magistero straordinario.

Il Papa ha ricordato che aveva chiesto che al Sinodo ci si esprimesse liberamente, perché si manifestasse davvero «uno spirito di collegialità e di sinodalità». I padri, si potrebbe dire, lo hanno preso perfino troppo sul serio. «Ci sono stati – ha detto Francesco – dei momenti di corsa veloce, quasi a voler vincere il tempo e raggiungere al più presto la mèta; altri momenti di affaticamento, quasi a voler dire basta; altri momenti di entusiasmo e di ardore». Molti momenti belli, tra cui il Pontefice ha voluto sottolineare le testimonianze delle famiglie che «hanno condiviso con noi la bellezza e la gioia della loro vita matrimoniale».

Ma quello di Papa Francesco non è stato per nulla un discorso celebrativo inteso a nascondere le tensioni che ci sono state durante il Sinodo, «poiché – ha detto – essendo un cammino di uomini, con le consolazioni ci sono stati anche altri momenti di desolazione, di tensione e di tentazioni». Il Papa ha quindi proposto un elenco delle «tentazioni», di notevole importanza per capire la sua «mens» e che del resto corrisponde a quanto tante volte ha esposto nel suo Magistero.

In un famoso dialogo con il clero delle diocesi di Belluno-Feltre e Treviso del 24 luglio 2007 ad Auronzo di Cadore, Benedetto XVI – non a caso puntigliosamente e ripetutamente evocato e citato nel discorso di Papa Francesco – aveva distinto due errori che dividono la Chiesa: l’«anticonciliarismo», che rifiuta le riforme conciliari e postconciliari in nome del passato, e il «progressismo sbagliato», che rifiuta la continuità con il passato in nome delle riforme conciliari. La formula di Benedetto XVI «riforma nella continuità» – che, come precisò nell’enciclica «Caritas in veritate» vale per tutta la vita della Chiesa e non solo per l’interpretazione del Concilio – non autorizza nessuno a rifiutare la riforma in nome della continuità, né la continuità in nome della riforma. Il linguaggio di Francesco non è, ovviamente, lo stesso di Benedetto, ma i concetti di Papa Bergoglio si costruiscono su quella fondamentale indicazione di Papa Ratzinger.

Da una parte, Francesco denuncia «la tentazione dell’irrigidimento ostile, cioè il voler chiudersi dentro lo scritto (la lettera) e non lasciarsi sorprendere da Dio, dal Dio delle sorprese (lo spirito); dentro la legge, dentro la certezza di ciò che conosciamo e non di ciò che dobbiamo ancora imparare e raggiungere. Dal tempo di Gesù, è la tentazione degli zelanti, degli scrupolosi, dei premurosi e dei cosiddetti – oggi – “tradizionalisti”e anche degli intellettualisti». È quello che Benedetto XVI chiamava «anticonciliarismo», evitando la parola «tradizionalismo» che, come storici e sociologi rilevano, ha diversi significati, non tutti negativi (san Pio X, per esempio, la usava in un senso positivo). Ma la lingua ha una sua forza cui è difficile resistere, e «anticonciliarismo» non è entrato nel linguaggio comune, mentre la parola «tradizionalismo», nel suo senso negativo di rifiuto del Concilio Vaticano II e del Magistero postconciliare, è ormai forse più facilmente comprensibile da molti.

Ma dall’altra parte, spiega Francesco, certamente non meno grave, c’è «la tentazione del buonismo distruttivo, che a nome di una misericordia ingannatrice fascia le ferite senza prima curarle e medicarle; che tratta i sintomi e non le cause e le radici. È la tentazione dei “buonisti”, dei timorosi e anche dei cosiddetti “progressisti e liberalisti”» (ricordiamo che all’espressione italiana «progressista» corrisponde, nel mondo di lingua inglese, «liberal»); «la tentazione di scendere dalla croce, per accontentare la gente, e non rimanerci, per compiere la volontà del Padre; di piegarsi allo spirito mondano invece di purificarlo e piegarlo allo Spirito di Dio».

Da una parte – da quella progressista – c’è «la tentazione di trasformare la pietra in pane per rompere un digiuno lungo, pesante e dolente», chiamando pane quello che in realtà è la pietra dell’errore. Dall’altra parte – quella «tradizionalista» – la tentazione è «trasformare il pane in pietra e scagliarla contro i peccatori, i deboli e i malati cioè di trasformarlo in “fardelli insopportabili”».

Ancora, indica il Papa, dalla parte progressista c’è «la tentazione di trascurare il “depositum fidei”, considerandosi non custodi ma proprietari e padroni». Dalla parte opposta c’è « la tentazione di trascurare la realtà utilizzando una lingua minuziosa e un linguaggio di levigatura per dire tante cose e non dire niente! Li chiamavano “bizantinismi”, credo, queste cose...».

Qualcuno potrebbe scorgere nel discorso del Papa, con tutto il rispetto, il tentativo – che in Italia chiameremmo democristiano – di governare le contraddizioni dal centro. Questa interpretazione sarebbe però maliziosa, e non solo perché la cultura politica argentina del Papa non è quella di tradizione democristiana. Papa Francesco si pone anzitutto su un piano spirituale, vedendo nelle tentazioni il «movimento degli spiriti» di cui parla sant’Ignazio di Loyola negli «Esercizi Spirituali». «Personalmente – ha detto – mi sarei molto preoccupato e rattristato se non ci fossero state queste tentazioni e queste animate discussioni; questo movimento degli spiriti, come lo chiamava Sant’Ignazio (EE, 6) se tutti fossero stati d’accordo o taciturni in una falsa e quietista pace». In questo senso, «le tentazioni non ci devono né spaventare né sconcertare e nemmeno scoraggiare, perché nessun discepolo è più grande del suo maestro; quindi se Gesù è stato tentato – e addirittura chiamato Beelzebul (cf. Mt 12, 24) – i suoi discepoli non devono attendersi un trattamento migliore».

Da che parte sta il Papa? Dalla parte, ha detto, che non vuole «mettere mai in discussione le verità fondamentali del Sacramento del Matrimonio: l’indissolubilità, l’unità, la fedeltà e la procreatività, ossia l’apertura alla vita». Certo, la Chiesa «non ha paura di rimboccarsi le maniche per versare l’olio e il vino sulle ferite degli uomini (cf. Lc 10, 25-37)» e «non guarda l’umanità da un castello di vetro per giudicare o classificare le persone». «Questa è la Chiesa Una, Santa, Cattolica, Apostolica e composta da peccatori, bisognosi della Sua misericordia».

Ma nello stesso tempo «è la Chiesa, la vera sposa di Cristo, che cerca di essere fedele al suo Sposo e alla sua dottrina». La Chiesa «spalanca le porte» a tutti, «non si vergogna del fratello caduto e non fa finta di non vederlo», ma non fa finta neppure di non vedere la caduta, lo abbraccia ma si sente «obbligata a rialzarlo e a incoraggiarlo a riprendere il cammino».

La Chiesa discute, ha ammonito il Papa, ma alla fine «non può sbagliare: è la bellezza e la forza del “sensus fidei”, di quel senso soprannaturale della fede, che viene donato dallo Spirito Santo affinché, insieme, possiamo tutti entrare nel cuore del Vangelo e imparare a seguire Gesù nella nostra vita, e questo non deve essere visto come motivo di confusione e di disagio». «Tanti commentatori, o gente che parla – ha aggiunto Papa Francesco –, hanno immaginato di vedere una Chiesa in litigio dove una parte è contro l’altra, dubitando perfino dello Spirito Santo, il vero promotore e garante dell’unità e dell’armonia nella Chiesa. Lo Spirito Santo che lungo la storia ha sempre condotto la barca, attraverso i suoi Ministri, anche quando il mare era contrario e mosso e i ministri infedeli e peccatori».

Il Pontefice ha concluso invitando, non senza severità, a considerare il ruolo del Papa e l’ubbidienza che tutti gli devono: «il Sinodo si svolge “cum Petro et sub Petro”, e la presenza del Papa è garanzia per tutti». «Parliamo un po’  – ha detto – del Papa, adesso, in rapporto con i vescovi... Dunque, il compito del Papa è quello di garantire l’unità della Chiesa». Francesco ha detto di volere «citare testualmente» sul punto Benedetto XVI, il quale nell’udienza generale del 26 maggio 2010 ricordò che «la Chiesa è chiamata e si impegna ad esercitare questo tipo di autorità che è servizio, e la esercita non a titolo proprio, ma nel nome di Gesù Cristo ... attraverso i Pastori della Chiesa, infatti, Cristo pasce il suo gregge: è Lui che lo guida, lo protegge, lo corregge, perché lo ama profondamente». Lo fa attraverso i vescovi, che però devono essere «in comunione con il Successore di Pietro», sia per istruire nella verità sia – sono ancora parole di Papa Ratzinger – «per manifestare l’infinita misericordia di Dio con le parole rassicuranti della speranza»

Sì, ha detto Francesco, «la Chiesa è di Cristo – è la Sua Sposa – e tutti i vescovi, in comunione con il Successore di Pietro, hanno il compito e il dovere di custodirla e di servirla, non come padroni ma come servitori. Il Papa, in questo contesto, non è il signore supremo ma piuttosto il supremo servitore – il “servus servorum Dei”; il garante dell’ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa, mettendo da parte ogni arbitrio personale, pur essendo – per volontà di Cristo stesso – il “Pastore e Dottore supremo di tutti i fedeli” (Can. 749) e pur godendo “della potestà ordinaria che è suprema, piena, immediata e universale nella Chiesa” (cf. Cann. 331-334)».

Il richiamo al diritto canonico, non certo consueto in Papa Francesco, e alla «potestà ordinaria che è suprema, piena, immediata e universale» del Papa rappresenta un vigoroso invito all’obbedienza e alla fiducia nel Pontefice, nell’anno che ci separa dal Sinodo ordinario del 2015 che sfocerà poi nell’esortazione apostolica post-sinodale del Pontefice nel 2016. Come ha scritto nel suo ultimo libro Costanza Miriano, «obbedire è meglio».

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“Relatio Synodi” della III Assemblea generale straordinaria del Sinodo dei Vescovi:
“Le sfide pastorali sulla famiglia nel contesto dell’evangelizzazione” (5-19 ottobre 2014)


Introduzione

I Parte
L’ascolto: il contesto e le sfide sulla famiglia
Il contesto socio-culturale
La rilevanza della vita affettiva
La sfida per la pastorale

II Parte
Lo sguardo su Cristo: il Vangelo della famiglia
Lo sguardo su Gesù e la pedagogia divina nella storia della salvezza
La famiglia nel disegno salvifico di Dio
La famiglia nei documenti della Chiesa
L’indissolubilità del matrimonio e la gioia del vivere insieme
Verità e bellezza della famiglia e misericordia verso le famiglie ferite e fragili

III Parte
Il confronto: prospettive pastorali
Annunciare il Vangelo della famiglia oggi, nei vari contesti
Guidare i nubendi nel cammino di preparazione al matrimonio
Accompagnare i primi anni della vita matrimoniale

Cura pastorale di coloro che vivono nel matrimonio civile o in convivenze
Curare le famiglie ferite (separati, divorziati non risposati, divorziati risposati, famiglie monoparentali)
L’attenzione pastorale verso le persone con orientamento omosessuale
La trasmissione della vita e la sfida della denatalità
La sfida dell’educazione e il ruolo della famiglia nell’evangelizzazione

Conclusione

Introduzione

1. Il Sinodo dei Vescovi riunito intorno al Papa rivolge il suo pensiero a tutte le famiglie del
mondo con le loro gioie, le loro fatiche, le loro speranze. In particolare sente il dovere di
ringraziare il Signore per la generosa fedeltà con cui tante famiglie cristiane rispondono
alla loro vocazione e missione. Lo fanno con gioia e con fede anche quando il cammino
familiare le pone dinanzi a ostacoli, incomprensioni e sofferenze. A queste famiglie va
l’apprezzamento, il ringraziamento e l’incoraggiamento di tutta la Chiesa e di questo
Sinodo. Nella veglia di preghiera celebrata in Piazza San Pietro sabato 4 ottobre 2014 in
preparazione al Sinodo sulla famiglia Papa Francesco ha evocato in maniera semplice e
concreta la centralità dell’esperienza familiare nella vita di tutti, esprimendosi così:
«Scende ormai la sera sulla nostra assemblea. È l’ora in cui si fa volentieri ritorno a casa
per ritrovarsi alla stessa mensa, nello spessore degli affetti, del bene compiuto e ricevuto,
degli incontri che scaldano il cuore e lo fanno crescere, vino buono che anticipa nei giorni
dell’uomo la festa senza tramonto. È anche l’ora più pesante per chi si ritrova a tu per tu
con la propria solitudine, nel crepuscolo amaro di sogni e di progetti infranti: quante
persone trascinano le giornate nel vicolo cieco della rassegnazione, dell’abbandono, se non
del rancore; in quante case è venuto meno il vino della gioia e, quindi, il sapore – la
sapienza stessa – della vita [...] Degli uni e degli altri questa sera ci facciamo voce con la
nostra preghiera, una preghiera per tutti».

2. Grembo di gioie e di prove, di affetti profondi e di relazioni a volte ferite, la famiglia è
veramente “scuola di umanità” (cf. Gaudium et Spes, 52), di cui si avverte fortemente il
bisogno. Nonostante i tanti segnali di crisi dell’istituto familiare nei vari contesti del
“villaggio globale”, il desiderio di famiglia resta vivo, in specie fra i giovani, e motiva la
Chiesa, esperta in umanità e fedele alla sua missione, ad annunciare senza sosta e con
convinzione profonda il “Vangelo della famiglia” che le è stato affidato con la rivelazione
dell’amore di Dio in Gesù Cristo e ininterrottamente insegnato dai Padri, dai Maestri della
spiritualità e dal Magistero della Chiesa. La famiglia assume per la Chiesa un’importanza
del tutto particolare e nel momento in cui tutti i credenti sono invitati a uscire da se stessi
è necessario che la famiglia si riscopra come soggetto imprescindibile per
l’evangelizzazione. Il pensiero va alla testimonianza missionaria di tante famiglie.

3. Sulla realtà della famiglia, decisiva e preziosa, il Vescovo di Roma ha chiamato a riflettere
il Sinodo dei Vescovi nella sua Assemblea Generale Straordinaria dell’ottobre 2014, per
approfondire poi la riflessione nell’Assemblea Generale Ordinaria che si terrà nell’ottobre
2015, oltre che nell’intero anno che intercorre fra i due eventi sinodali. «Già il convenire
in unum attorno al Vescovo di Roma è evento di grazia, nel quale la collegialità episcopale
si manifesta in un cammino di discernimento spirituale e pastorale»: così Papa Francesco
ha descritto l’esperienza sinodale, indicandone i compiti nel duplice ascolto dei segni di
Dio e della storia degli uomini e nella duplice e unica fedeltà che ne consegue.

4. Alla luce dello stesso discorso abbiamo raccolto i risultati delle nostre riflessioni e dei
nostri dialoghi nelle seguenti tre parti: l’ascolto, per guardare alla realtà della famiglia
oggi, nella complessità delle sue luci e delle sue ombre; lo sguardo fisso sul Cristo per
ripensare con rinnovata freschezza ed entusiasmo quanto la rivelazione, trasmessa nella
fede della Chiesa, ci dice sulla bellezza, sul ruolo e sulla dignità della famiglia; il confronto
alla luce del Signore Gesù per discernere le vie con cui rinnovare la Chiesa e la società nel
loro impegno per la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna.

PRIMA PARTE
L’ascolto: il contesto e le sfide sulla famiglia
Il contesto socio-culturale

5. Fedeli all’insegnamento di Cristo guardiamo alla realtà della famiglia oggi in tutta la sua
complessità, nelle sue luci e nelle sue ombre. Pensiamo ai genitori, ai nonni, ai fratelli e
alle sorelle, ai parenti prossimi e lontani, e al legame tra due famiglie che tesse ogni
matrimonio. Il cambiamento antropologico-culturale influenza oggi tutti gli aspetti della
vita e richiede un approccio analitico e diversificato. Vanno sottolineati prima di tutto gli
aspetti positivi: la più grande libertà di espressione e il migliore riconoscimento dei diritti
della donna e dei bambini, almeno in alcune regioni. Ma, d’altra parte, bisogna egualmente
considerare il crescente pericolo rappresentato da un individualismo esasperato che snatura
i legami familiari e finisce per considerare ogni componente della famiglia come un'isola,
facendo prevalere, in certi casi, l'idea di un soggetto che si costruisce secondo i propri
desideri assunti come un assoluto. A ciò si aggiunge anche la crisi della fede che ha toccato
tanti cattolici e che spesso è all’origine delle crisi del matrimonio e della famiglia.

6. Una delle più grandi povertà della cultura attuale è la solitudine, frutto dell’assenza di Dio
nella vita delle persone e della fragilità delle relazioni. C’è anche una sensazione generale
di impotenza nei confronti della realtà socio-economica che spesso finisce per schiacciare
le famiglie. Così è per la crescente povertà e precarietà lavorativa che è vissuta talvolta
come un vero incubo, o a motivo di una fiscalità troppo pesante che certo non incoraggia
i giovani al matrimonio. Spesso le famiglie si sentono abbandonate per il disinteresse e la
poca attenzione da parte delle istituzioni. Le conseguenze negative dal punto di vista
dell’organizzazione sociale sono evidenti: dalla crisi demografica alle difficoltà educative,
dalla fatica nell’accogliere la vita nascente all’avvertire la presenza degli anziani come un
peso, fino al diffondersi di un disagio affettivo che arriva talvolta alla violenza. È
responsabilità dello Stato creare le condizioni legislative e di lavoro per garantire
l’avvenire dei giovani e aiutarli a realizzare il loro progetto di fondare una famiglia.

7. Ci sono contesti culturali e religiosi che pongono sfide particolari. In alcune società vige
ancora la pratica della poligamia e in alcuni contesti tradizionali la consuetudine del
“matrimonio per tappe”. In altri contesti permane la pratica dei matrimoni combinati. Nei
Paesi in cui la presenza della Chiesa cattolica è minoritaria sono numerosi i matrimoni
misti e di disparità di culto con tutte le difficoltà che essi comportano riguardo alla
configurazione giuridica, al battesimo e all'educazione dei figli e al reciproco rispetto dal
punto di vista della diversità della fede. In questi matrimoni può esistere il pericolo del
relativismo o dell’indifferenza, ma vi può essere anche la possibilità di favorire lo spirito
ecumenico e il dialogo interreligioso in un’armoniosa convivenza di comunità che vivono
nello stesso luogo. In molti contesti, e non solo occidentali, si va diffondendo ampiamente
la prassi della convivenza che precede il matrimonio o anche di convivenze non orientate
ad assumere la forma di un vincolo istituzionale. A questo si aggiunge spesso una
legislazione civile che compromette il matrimonio e la famiglia. A causa della
secolarizzazione in molte parti del mondo il riferimento a Dio è fortemente diminuito e la
fede non è più socialmente condivisa.

8. Molti sono i bambini che nascono fuori dal matrimonio, specie in alcuni Paesi, e molti
quelli che poi crescono con uno solo dei genitori o in un contesto familiare allargato o
ricostituito. Il numero dei divorzi è crescente e non è raro il caso di scelte determinate
unicamente da fattori di ordine economico. I bambini spesso sono oggetto di contesa tra
i genitori e i figli sono le vere vittime delle lacerazioni familiari. I padri sono spesso assenti
non solo per cause economiche laddove invece si avverte il bisogno che essi assumano più
chiaramente la responsabilità per i figli e per la famiglia. La dignità della donna ha ancora
bisogno di essere difesa e promossa. Oggi infatti, in molti contesti, l’essere donna è oggetto
di discriminazione e anche il dono della maternità viene spesso penalizzato piuttosto che
essere presentato come valore. Non vanno neppure dimenticati i crescenti fenomeni di
violenza di cui le donne sono vittime, talvolta purtroppo anche all’interno delle famiglie
e la grave e diffusa mutilazione genitale della donna in alcune culture. Lo sfruttamento
sessuale dell’infanzia costituisce poi una delle realtà più scandalose e perverse della società
attuale. Anche le società attraversate dalla violenza a causa della guerra, del terrorismo o
della presenza della criminalità organizzata, vedono situazioni familiari deterioratee
soprattutto nelle grandi metropoli e nelle loro periferie cresce il cosiddetto fenomeno dei
bambini di strada. Le migrazioni inoltre rappresentano un altro segno dei tempi da
affrontare e comprendere con tutto il carico di conseguenze sulla vita familiare.

La rilevanza della vita affettiva
9. A fronte del quadro sociale delineato si riscontra in molte parti del mondo, nei singoli un
maggiore bisogno di prendersi cura della propria persona, di conoscersi interiormente, di
vivere meglio in sintonia con le proprie emozioni e i propri sentimenti, di cercare relazioni
affettive di qualità; tale giusta aspirazione può aprire al desiderio di impegnarsi nel
costruire relazioni di donazione e reciprocità creative, responsabilizzanti e solidali come
quelle familiari. Il pericolo individualista e il rischio di vivere in chiave egoistica sono
rilevanti. La sfida per la Chiesa è di aiutare le coppie nella maturazione della dimensione
emozionale e nello sviluppo affettivo attraverso la promozione del dialogo, della virtù e
della fiducia nell’amore misericordioso di Dio. Il pieno impegno richiesto nel matrimonio
cristiano può essere un forte antidoto alla tentazione di un individualismo egoistico.

10. Nel mondo attuale non mancano tendenze culturali che sembrano imporre una affettività
senza limiti di cui si vogliono esplorare tutti i versanti, anche quelli più complessi. Di fatto,
la questione della fragilità affettiva è di grande attualità: una affettività narcisistica,
instabile e mutevole che non aiuta sempre i soggetti a raggiungere una maggiore maturità.
Preoccupa una certa diffusione della pornografia e della commercializzazione del corpo,
favorita anche da un uso distorto di internet e va denunciata la situazione di quelle persone
che sono obbligate a praticare la prostituzione. In questo contesto, le coppie sono talvolta
incerte, esitanti e faticano a trovare i modi per crescere. Molti sono quelli che tendono a
restare negli stadi primari della vita emozionale e sessuale. La crisi della coppia
destabilizza la famiglia e può arrivare attraverso le separazioni e i divorzi a produrre serie
conseguenze sugli adulti, i figli e la società, indebolendo l’individuo e i legami sociali.
Anche il calo demografico, dovuto ad una mentalità antinatalista e promosso dalle politiche
mondiali di salute riproduttiva, non solo determina una situazione in cui l’avvicendarsi
delle generazioni non è più assicurato, ma rischia di condurre nel tempo a un
impoverimento economico e a una perdita di speranza nell’avvenire. Lo sviluppo delle
biotecnologie ha avuto anch’esso un forte impatto sulla natalità.

La sfida per la pastorale
11. In questo contesto la Chiesa avverte la necessità di dire una parola di verità e di speranza.
Occorre muovere dalla convinzione che l’uomo viene da Dio e che, pertanto, una
riflessione capace di riproporre le grandi domande sul significato dell’essere uomini, possa
trovare un terreno fertile nelle attese più profonde dell’umanità. I grandi valori del
matrimonio e della famiglia cristiana corrispondono alla ricerca che attraversa l’esistenza
umana anche in un tempo segnato dall’individualismo e dall’edonismo. Occorre accogliere
le persone con la loro esistenza concreta, saperne sostenere la ricerca, incoraggiare il
desiderio di Dio e la volontà di sentirsi pienamente parte della Chiesa anche in chi ha
sperimentato il fallimento o si trova nelle situazioni più disparate. Il messaggio cristiano
ha sempre in sé la realtà e la dinamica della misericordia e della verità, che in Cristo
convergono.

II PARTE
Lo sguardo su Cristo: il Vangelo della famiglia
Lo sguardo su Gesù e la pedagogia divina nella storia della salvezza

12. Al fine di «verificare il nostro passo sul terreno delle sfide contemporanee, la condizione
decisiva è mantenere fisso lo sguardo su Gesù Cristo, sostare nella contemplazione e
nell’adorazione del suo volto [...]. Infatti, ogni volta che torniamo alla fonte dell’esperienza
cristiana si aprono strade nuove e possibilità impensate» (Papa Francesco, Discorso del 4
ottobre 2014). Gesù ha guardato alle donne e agli uomini che ha incontrato con amore e
tenerezza, accompagnando i loro passi con verità, pazienza e misericordia, nell’annunciare
le esigenze del Regno di Dio.

13. Dato che l’ordine della creazione è determinato dall’orientamento a Cristo, occorre
distinguere senza separare i diversi gradi mediante i quali Dio comunica all’umanità la
grazia dell’alleanza. In ragione della pedagogia divina, secondo cui l’ordine della creazione
evolve in quello della redenzione attraverso tappe successive, occorre comprendere la
novità del sacramento nuziale cristiano in continuità con il matrimonio naturale delle
origini. Così qui s’intende il modo di agire salvifico di Dio, sia nella creazione sia nella
vita cristiana. Nella creazione: poiché tutto è stato fatto per mezzo di Cristo ed in vista di
Lui (cf. Col 1,16), i cristiani sono «lieti di scoprire e pronti a rispettare quei germi del
Verbo che vi si trovano nascosti; debbono seguire attentamente la trasformazione profonda
che si verifica in mezzo ai popoli» (Ad Gentes, 11). Nella vita cristiana: in quanto con il
battesimo il credente è inserito nella Chiesa mediante quella Chiesa domestica che è la sua
famiglia, egli intraprende quel «processo dinamico, che avanza gradualmente con la
progressiva integrazione dei doni di Dio» (Familiaris Consortio, 11), mediante la
conversione continua all’amore che salva dal peccato e dona pienezza di vita.

14. Gesù stesso, riferendosi al disegno primigenio sulla coppia umana, riafferma l’unione
indissolubile tra l’uomo e la donna, pur dicendo che «per la durezza del vostro cuore Mosè
vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così» (Mt 19,8).
L’indissolubilità del matrimonio (“Quello dunque che Dio ha congiunto, l'uomo non lo
separi” Mt 19,6), non è innanzitutto da intendere come “giogo” imposto agli uomini bensì
come un “dono” fatto alle persone unite in matrimonio. In tal modo, Gesù mostra come la
condiscendenza divina accompagni sempre il cammino umano, guarisca e trasformi il
cuore indurito con la sua grazia, orientandolo verso il suo principio, attraverso la via della
croce. Dai Vangeli emerge chiaramente l’esempio di Gesù che è paradigmatico per la
Chiesa. Gesù infatti ha assunto una famiglia, ha dato inizio ai segni nella festa nuziale a
Cana, ha annunciato il messaggio concernente il significato del matrimonio come pienezza
della rivelazione che recupera il progetto originario di Dio (Mt 19,3). Ma nello stesso
tempo ha messo in pratica la dottrina insegnata manifestando così il vero significato della
misericordia. Ciò appare chiaramente negli incontri con la samaritana (Gv 4,1-30) e con
l’adultera (Gv 8,1-11) in cui Gesù, con un atteggiamento di amore verso la persona
peccatrice, porta al pentimento e alla conversione (“va’ e non peccare più”), condizione
per il perdono.

La famiglia nel disegno salvifico di Dio
15. Le parole di vita eterna che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli comprendevano
l’insegnamento sul matrimonio e la famiglia. Tale insegnamento di Gesù ci permette di
distinguere in tre tappe fondamentali il progetto di Dio sul matrimonio e la famiglia.
All’inizio, c'è la famiglia delle origini, quando Dio creatore istituì il matrimonio
primordiale tra Adamo ed Eva, come solido fondamento della famiglia. Dio non solo ha
creato l'essere umano maschio e femmina (Gen 1,27), ma li ha anche benedetti perché
fossero fecondi e si moltiplicassero (Gen 1,28). Per questo, «l'uomo lascerà suo padre e sua
madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una sola carne» (Gen 2,24). Questa unione
è stata danneggiata dal peccato ed è diventata la forma storica di matrimonio nel Popolo
di Dio, per il quale Mosè concesse la possibilità di rilasciare un attestato di divorzio (cf.
Dt 24, 1ss). Tale forma era prevalente ai tempi di Gesù. Con il Suo avvento e la
riconciliazione del mondo caduto grazie alla redenzione da Lui operata, terminò l'era
inaugurata con Mosé.

16. Gesù, che ha riconciliato ogni cosa in sé, ha riportato il matrimonio e la famiglia alla loro
forma originale (cf. Mc 10,1-12). La famiglia e il matrimonio sono stati redenti da Cristo
(cf. Ef 5,21-32), restaurati a immagine della Santissima Trinità, mistero da cui scaturisce
ogni vero amore. L'alleanza sponsale, inaugurata nella creazione e rivelata nella storia della
salvezza, riceve la piena rivelazione del suo significato in Cristo e nella sua Chiesa. Da
Cristo attraverso la Chiesa, il matrimonio e la famiglia ricevono la grazia necessaria per
testimoniare l'amore di Dio e vivere la vita di comunione. Il Vangelo della famiglia
attraversa la storia del mondo sin dalla creazione dell’uomo ad immagine e somiglianza
di Dio (cf. Gen 1, 26-27) fino al compimento del mistero dell’Alleanza in Cristo alla fine
dei secoli con le nozze dell’Agnello (cf. Ap 19,9; Giovanni Paolo II, Catechesi sull'amore
umano).

La famiglia nei documenti della Chiesa
17. «Nel corso dei secoli, la Chiesa non ha fatto mancare il suo costante insegnamento sul
matrimonio e la famiglia. Una delle espressioni più alte di questo Magistero è stata
proposta dal Concilio Ecumenico Vaticano II, nella Costituzione pastorale Gaudium et
Spes, che dedica un intero capitolo alla promozione della dignità del matrimonio e della
famiglia (cf. Gaudium et Spes, 47-52). Esso ha definito il matrimonio come comunità di
vita e di amore (cf. Gaudium et Spes, 48), mettendo l’amore al centro della famiglia,
mostrando, allo stesso tempo, la verità di questo amore davanti alle diverse forme di
riduzionismo presenti nella cultura contemporanea. Il “vero amore tra marito e moglie”
(Gaudium et Spes, 49) implica la mutua donazione di sé, include e integra la dimensione
sessuale e l’affettività, corrispondendo al disegno divino (cf. Gaudium et Spes, 48-49).
Inoltre, Gaudium et Spes 48 sottolinea il radicamento in Cristo degli sposi: Cristo Signore
“viene incontro ai coniugi cristiani nel sacramento del matrimonio”, e con loro rimane.
Nell’incarnazione, Egli assume l’amore umano, lo purifica, lo porta a pienezza, e dona agli
sposi, con il suo Spirito, la capacità di viverlo, pervadendo tutta la loro vita di fede,
speranza e carità. In questo modo gli sposi sono come consacrati e, mediante una grazia
propria, edificano il Corpo di Cristo e costituiscono una Chiesa domestica (cf. Lumen
Gentium, 11), così che la Chiesa, per comprendere pienamente il suo mistero, guarda alla
famiglia cristiana, che lo manifesta in modo genuino» (Instrumentum Laboris, 4).

18. «Sulla scia del Concilio Vaticano II, il Magistero pontificio ha approfondito la dottrina sul
matrimonio e sulla famiglia. In particolare, Paolo VI, con la Enciclica Humanae Vitae, ha
messo in luce l’intimo legame tra amore coniugale e generazione della vita. San Giovanni
Paolo II ha dedicato alla famiglia una particolare attenzione attraverso le sue catechesi
sull’amore umano, la Lettera alle famiglie (Gratissimam Sane) e soprattutto con
l’Esortazione Apostolica Familiaris Consortio. In tali documenti, il Pontefice ha definito
la famiglia “via della Chiesa”; ha offerto una visione d’insieme sulla vocazione all’amore
dell’uomo e della donna; ha proposto le linee fondamentali per la pastorale della famiglia
e per la presenza della famiglia nella società. In particolare, trattando della carità coniugale
(cf. Familiaris Consortio, 13), ha descritto il modo in cui i coniugi, nel loro mutuo amore,
ricevono il dono dello Spirito di Cristo e vivono la loro chiamata alla santità»
(Instrumentum Laboris, 5).

19. «Benedetto XVI, nell’Enciclica Deus Caritas Est, ha ripreso il tema della verità dell’amore
tra uomo e donna, che s’illumina pienamente solo alla luce dell’amore di Cristo crocifisso
(cf. Deus Caritas Est, 2). Egli ribadisce come: “Il matrimonio basato su un amore esclusivo
e definitivo diventa l’icona del rapporto di Dio con il suo popolo e viceversa: il modo di
amare di Dio diventa la misura dell’amore umano” (Deus Caritas Est, 11). Inoltre, nella
Enciclica Caritas in Veritate, evidenzia l’importanza dell’amore come principio di vita
nella società (cf. Caritas in Veritate, 44), luogo in cui s’impara l’esperienza del bene
comune» (Instrumentum Laboris, 6).

20. «Papa Francesco, nell’Enciclica Lumen Fidei affrontando il legame tra la famiglia e la
fede, scrive: “L’incontro con Cristo, il lasciarsi afferrare e guidare dal suo amore allarga
l’orizzonte dell’esistenza, le dona una speranza solida che non delude. La fede non è un
rifugio per gente senza coraggio, ma la dilatazione della vita. Essa fa scoprire una grande
chiamata, la vocazione all’amore, e assicura che quest’amore è affidabile, che vale la pena
di consegnarsi ad esso, perché il suo fondamento si trova nella fedeltà di Dio, più forte di
ogni nostra fragilità” (Lumen Fidei, 53)» (Instrumentum Laboris, 7).

L’indissolubilità del matrimonio e la gioia del vivere insieme
21. Il dono reciproco costitutivo del matrimonio sacramentale è radicato nella grazia del
battesimo che stabilisce l’alleanza fondamentale di ogni persona con Cristo nella Chiesa.
Nella reciproca accoglienza e con la grazia di Cristo i nubendi si promettono dono totale,
fedeltà e apertura alla vita, essi riconoscono come elementi costitutivi del matrimonio i
doni che Dio offre loro, prendendo sul serio il loro vicendevole impegno, in suo nome e
di fronte alla Chiesa. Ora, nella fede è possibile assumere i beni del matrimonio come
impegni meglio sostenibili mediante l’aiuto della grazia del sacramento. Dio consacra
l’amore degli sposi e ne conferma l’indissolubilità, offrendo loro l’aiuto per vivere la
fedeltà, l’integrazione reciproca e l’apertura alla vita. Pertanto, lo sguardo della Chiesa si
volge agli sposi come al cuore della famiglia intera che volge anch’essa lo sguardo verso
Gesù.

22. Nella stessa prospettiva, facendo nostro l’insegnamento dell’Apostolo secondo cui tutta
la creazione è stata pensata in Cristo e in vista di lui (cf. Col 1,16), il Concilio Vaticano II
ha voluto esprimere apprezzamento per il matrimonio naturale e per gli elementi validi
presenti nelle altre religioni (cf. Nostra Aetate, 2) e nelle culture nonostante i limiti e le
insufficienze (cf. Redemptoris Missio, 55). La presenza dei semina Verbi nelle culture (cf.
Ad Gentes, 11) potrebbe essere applicata, per alcuni versi, anche alla realtà matrimoniale
e familiare di tante culture e di persone non cristiane. Ci sono quindi elementi validi anche
in alcune forme fuori del matrimonio cristiano –comunque fondato sulla relazione stabile
e vera di un uomo e una donna –, che in ogni caso riteniamo siano ad esso orientate. Con
lo sguardo rivolto alla saggezza umana dei popoli e delle culture, la Chiesa riconosce anche
questa famiglia come la cellula basilare necessaria e feconda della convivenza umana.
Verità e bellezza della famiglia e misericordia verso le famiglie ferite e fragili

23. Con intima gioia e profonda consolazione, la Chiesa guarda alle famiglie che restano fedeli
agli insegnamenti del Vangelo, ringraziandole e incoraggiandole per la testimonianza che
offrono. Grazie ad esse, infatti, è resa credibile la bellezza del matrimonio indissolubile e
fedele per sempre. Nella famiglia,«che si potrebbe chiamare Chiesa domestica» (Lumen
Gentium, 11), matura la prima esperienza ecclesiale della comunione tra persone, in cui si
riflette, per grazia, il mistero della Santa Trinità. «È qui che si apprende la fatica e la gioia
del lavoro, l’amore fraterno, il perdono generoso, sempre rinnovato, e soprattutto il culto
divino attraverso la preghiera e l’offerta della propria vita» (Catechismo della Chiesa
Cattolica, 1657). La Santa Famiglia di Nazaret ne è il modello mirabile, alla cui scuola noi
«comprendiamo perché dobbiamo tenere una disciplina spirituale, se vogliamo seguire la
dottrina del Vangelo e diventare discepoli del Cristo» (Paolo VI, Discorso a Nazaret, 5
gennaio 1964). Il Vangelo della famiglia, nutre pure quei semi che ancora attendono di
maturare, e deve curare quegli alberi che si sono inariditi e necessitano di non essere
trascurati.

24. La Chiesa, in quanto maestra sicura e madre premurosa, pur riconoscendo che per i
battezzati non vi è altro vincolo nuziale che quello sacramentale, e che ogni rottura di esso
è contro la volontà di Dio, è anche consapevole della fragilità di molti suoi figli che
faticano nel cammino della fede. «Pertanto, senza sminuire il valore dell’ideale evangelico,
bisogna accompagnare con misericordia e pazienza le possibili tappe di crescita delle
persone che si vanno costruendo giorno per giorno. […] Un piccolo passo, in mezzo a
grandi limiti umani, può essere più gradito a Dio della vita esteriormente corretta di chi
trascorre i suoi giorni senza fronteggiare importanti difficoltà. A tutti deve giungere la
consolazione e lo stimolo dell’amore salvifico di Dio, che opera misteriosamente in ogni
persona, al di là dei suoi difetti e delle sue cadute» (Evangelii Gaudium, 44).

25. In ordine ad un approccio pastorale verso le persone che hanno contratto matrimonio civile,
che sono divorziati e risposati, o che semplicemente convivono, compete alla Chiesa
rivelare loro la divina pedagogia della grazia nelle loro vite e aiutarle a raggiungere la
pienezza del piano di Dio in loro. Seguendo lo sguardo di Cristo, la cui luce rischiara ogni
uomo (cf. Gv 1,9; Gaudium et Spes, 22) la Chiesa si volge con amore a coloro che
partecipano alla sua vita in modo incompiuto, riconoscendo che la grazia di Dio opera
anche nelle loro vite dando loro il coraggio per compiere il bene, per prendersi cura con
amore l’uno dell’altro ed essere a servizio della comunità nella quale vivono e lavorano.
26. La Chiesa guarda con apprensione alla sfiducia di tanti giovani verso l’impegno coniugale,
soffre per la precipitazione con cui tanti fedeli decidono di porre fine al vincolo assunto,
instaurandone un altro. Questi fedeli, che fanno parte della Chiesa hanno bisogno di
un’attenzione pastorale misericordiosa e incoraggiante, distinguendo adeguatamente le
situazioni. I giovani battezzati vanno incoraggiati a non esitare dinanzi alla ricchezza che
ai loro progetti di amore procura il sacramento del matrimonio, forti del sostegno che
ricevono dalla grazia di Cristo e dalla possibilità di partecipare pienamente alla vita della
Chiesa.

27. In tal senso, una dimensione nuova della pastorale familiare odierna consiste nel prestare
attenzione alla realtà dei matrimoni civili tra uomo e donna, ai matrimoni tradizionali e,
fatte le debite differenze, anche alle convivenze. Quando l’unione raggiunge una notevole
stabilità attraverso un vincolo pubblico, è connotata da affetto profondo, da responsabilità
nei confronti della prole, da capacità di superare le prove, può essere vista come
un’occasione da accompagnare nello sviluppo verso il sacramento del matrimonio. Molto
spesso invece la convivenza si stabilisce non in vista di un possibile futuro matrimonio, ma
senza alcuna intenzione di stabilire un rapporto istituzionale.

28. Conforme allo sguardo misericordioso di Gesù, la Chiesa deve accompagnare con
attenzione e premura i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito, ridonando
fiducia e speranza, come la luce del faro di un porto o di una fiaccola portata in mezzo alla
gente per illuminare coloro che hanno smarrito la rotta o si trovano in mezzo alla tempesta.
Consapevoli che la misericordia più grande è dire la verità con amore, andiamo aldilà della
compassione. L’amore misericordioso, come attrae e unisce, così trasforma ed eleva. Invita
alla conversione. Così nello stesso modo intendiamo l’atteggiamento del Signore, che non
condanna la donna adultera, ma le chiede di non peccare più (cf. Gv 8,1-11).

III PARTE
Il confronto: prospettive pastorali
Annunciare il Vangelo della famiglia oggi, nei vari contesti

29. Il dialogo sinodale si è soffermato su alcune istanze pastorali più urgenti da affidare alla
concretizzazione nelle singole Chiese locali, nella comunione “cum Petro et sub Petro”.
L’annunzio del Vangelo della famiglia costituisce un’urgenza per la nuova
evangelizzazione. La Chiesa è chiamata ad attuarlo con tenerezza di madre e chiarezza di
maestra (cf. Ef 4,15), in fedeltà alla kenosi misericordiosa del Cristo. La verità si incarna
nella fragilità umana non per condannarla, ma per salvarla (cf. Gv 3,16 -17).

30. Evangelizzare è responsabilità di tutto il popolo di Dio, ognuno secondo il proprio
ministero e carisma. Senza la testimonianza gioiosa dei coniugi e delle famiglie, chiese
domestiche, l’annunzio, anche se corretto, rischia di essere incompreso o di affogare nel
mare di parole che caratterizza la nostra società (cf. Novo Millennio Ineunte, 50). I Padri
sinodali hanno più volte sottolineato che le famiglie cattoliche in forza della grazia del
sacramento nuziale sono chiamate ad essere esse stesse soggetti attivi della pastorale
familiare.

31. Decisivo sarà porre in risalto il primato della grazia, e quindi le possibilità che lo Spirito
dona nel sacramento. Si tratta di far sperimentare che il Vangelo della famiglia è gioia che
«riempie il cuore e la vita intera», perché in Cristo siamo «liberati dal peccato, dalla
tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento» (Evangelii Gaudium, 1). Alla luce della
parabola del seminatore (cf. Mt 13,3), il nostro compito è di cooperare nella semina: il resto
è opera di Dio. Non bisogna neppure dimenticare che la Chiesa che predica sulla famiglia
è segno di contraddizione.

32. Per questo si richiede a tutta la Chiesa una conversione missionaria: è necessario non
fermarsi ad un annuncio meramente teorico e sganciato dai problemi reali delle persone.
Non va mai dimenticato che la crisi della fede ha comportato una crisi del matrimonio e
della famiglia e, come conseguenza, si è interrotta spesso la trasmissione della stessa fede
dai genitori ai figli. Dinanzi ad una fede forte l’imposizione di alcune prospettive culturali
che indeboliscono la famiglia e il matrimonio non ha incidenza.

33. La conversione è anche quella del linguaggio perché esso risulti effettivamente
significativo. L’annunzio deve far sperimentare che il Vangelo della famiglia è risposta alle
attese più profonde della persona umana: alla sua dignità e alla realizzazione piena nella
reciprocità, nella comunione e nella fecondità. Non si tratta soltanto di presentare una
normativa ma di proporre valori, rispondendo al bisogno di essi che si constata oggi anche
nei Paesi più secolarizzati.

34. La Parola di Dio è fonte di vita e spiritualità per la famiglia. Tutta la pastorale familiare
dovrà lasciarsi modellare interiormente e formare i membri della Chiesa domestica
mediante la lettura orante e ecclesiale della Sacra Scrittura. La Parola di Dio non solo è una
buona novella per la vita privata delle persone, ma anche un criterio di giudizio e una luce
per il discernimento delle diverse sfide con cui si confrontano i coniugi e le famiglie.

35. Allo stesso tempo molti Padri sinodali hanno insistito su un approccio più positivo alle
ricchezze delle diverse esperienze religiose, senza tacere sulle difficoltà. In queste diverse
realtà religiose e nella grande diversità culturale che caratterizza le Nazioni è opportuno
apprezzare prima le possibilità positive e alla luce di esse valutare limiti e carenze.

36. Il matrimonio cristiano è una vocazione che si accoglie con un’adeguata preparazione in
un itinerario di fede, con un discernimento maturo, e non va considerato solo come una
tradizione culturale o un’esigenza sociale o giuridica. Pertanto occorre realizzare percorsi
che accompagnino la persona e la coppia in modo che alla comunicazione dei contenuti
della fede si unisca l’esperienza di vita offerta dall’intera comunità ecclesiale.

37. È stata ripetutamente richiamata la necessità di un radicale rinnovamento della prassi
pastorale alla luce del Vangelo della famiglia, superando le ottiche individualistiche che
ancora la caratterizzano. Per questo si è più volte insistito sul rinnovamento della
formazione dei presbiteri, dei diaconi, dei catechisti e degli altri operatori pastorali,
mediante un maggiore coinvolgimento delle stesse famiglie.

38. Si è parimenti sottolineata la necessità di una evangelizzazione che denunzi con franchezza
i condizionamenti culturali, sociali, politici ed economici, come l’eccessivo spazio dato alla
logica del mercato, che impediscono un’autentica vita familiare, determinando
discriminazioni, povertà, esclusioni, violenza. Per questo va sviluppato un dialogo e una
cooperazione con le strutture sociali, e vanno incoraggiati e sostenuti i laici che si
impegnano, come cristiani, in ambito culturale e socio-politico.
Guidare i nubendi nel cammino di preparazione al matrimonio

39. La complessa realtà sociale e le sfide che la famiglia oggi è chiamata ad affrontare
richiedono un impegno maggiore di tutta la comunità cristiana per la preparazione dei
nubendi al matrimonio. È necessario ricordare l’importanza delle virtù. Tra esse la castità
risulta condizione preziosa per la crescita genuina dell’amore interpersonale. Riguardo a
questa necessità i Padri sinodali sono stati concordi nel sottolineare l’esigenza di un
maggiore coinvolgimento dell’intera comunità privilegiando la testimonianza delle stesse
famiglie, oltre che di un radicamento della preparazione al matrimonio nel cammino di
iniziazione cristiana, sottolineando il nesso del matrimonio con il battesimo e gli altri
sacramenti. Si è parimenti evidenziata la necessità di programmi specifici per la
preparazione prossima al matrimonio che siano vera esperienza di partecipazione alla vita
ecclesiale e approfondiscano i diversi aspetti della vita familiare.

Accompagnare i primi anni della vita matrimoniale
40. I primi anni di matrimonio sono un periodo vitale e delicato durante il quale le coppie
crescono nella consapevolezza delle sfide e del significato del matrimonio. Di qui
l’esigenza di un accompagnamento pastorale che continui dopo la celebrazione del
sacramento (cf. Familiaris Consortio, parte III). Risulta di grande importanza in questa
pastorale la presenza di coppie di sposi con esperienza. La parrocchia è considerata come
il luogo dove coppie esperte possono essere messe a disposizione di quelle più giovani, con
l’eventuale concorso di associazioni, movimenti ecclesiali e nuove comunità. Occorre
incoraggiare gli sposi a un atteggiamento fondamentale di accoglienza del grande dono dei
figli. Va sottolineata l’importanza della spiritualità familiare, della preghiera e della
partecipazione all’Eucaristia domenicale, incoraggiando le coppie a riunirsi regolarmente
per promuovere la crescita della vita spirituale e la solidarietà nelle esigenze concrete della
vita. Liturgie, pratiche devozionali e Eucaristie celebrate per le famiglie, soprattutto
nell’anniversario del matrimonio, sono state menzionate come vitali per favorire
l’evangelizzazione attraverso la famiglia.

Cura pastorale di coloro che vivono nel matrimonio civile o in convivenze
41. Mentre continua ad annunciare e promuovere il matrimonio cristiano, il Sinodo incoraggia
anche il discernimento pastorale delle situazioni di tanti che non vivono più questa realtà.
È importante entrare in dialogo pastorale con tali persone al fine di evidenziare gli elementi
della loro vita che possono condurre a una maggiore apertura al Vangelo del matrimonio
nella sua pienezza. I pastori devono identificare elementi che possono favorire
l’evangelizzazione e la crescita umana e spirituale. Una sensibilità nuova della pastorale
odierna, consiste nel cogliere gli elementi positivi presenti nei matrimoni civili e, fatte le
debite differenze, nelle convivenze. Occorre che nella proposta ecclesiale, pur affermando
con chiarezza il messaggio cristiano, indichiamo anche elementi costruttivi in quelle
situazioni che non corrispondono ancora o non più ad esso.

42. È stato anche notato che in molti Paesi un «crescente numero di coppie convivono ad
experimentum, senza alcun matrimonio né canonico, né civile» (Instrumentum Laboris,
81). In alcuni Paesi questo avviene specialmente nel matrimonio tradizionale, concertato
tra famiglie e spesso celebrato in diverse tappe. In altri Paesi invece è in continua crescita
il numero di coloro dopo aver vissuto insieme per lungo tempo chiedono la celebrazione
del matrimonio in chiesa. La semplice convivenza è spesso scelta a causa della mentalità
generale contraria alle istituzioni e agli impegni definitivi, ma anche per l’attesa di una
sicurezza esistenziale (lavoro e salario fisso). In altri Paesi, infine, le unioni di fatto sono
molto numerose, non solo per il rigetto dei valori della famiglia e del matrimonio, ma
soprattutto per il fatto che sposarsi è percepito come un lusso, per le condizioni sociali, così
che la miseria materiale spinge a vivere unioni di fatto.

43. Tutte queste situazioni vanno affrontate in maniera costruttiva, cercando di trasformarle
in opportunità di cammino verso la pienezza del matrimonio e della famiglia alla luce del
Vangelo. Si tratta di accoglierle e accompagnarle con pazienza e delicatezza. A questo
scopo è importante la testimonianza attraente di autentiche famiglie cristiane, come
soggetti dell’evangelizzazione della famiglia.

Curare le famiglie ferite (separati, divorziati non risposati, divorziati risposati, famiglie monoparentali)
44. Quando gli sposi sperimentano problemi nelle loro relazioni, devono poter contare
sull’aiuto e l’accompagnamento della Chiesa. La pastorale della carità e la misericordia
tendono al recupero delle persone e delle relazioni. L’esperienza mostra che con un aiuto
adeguato e con l’azione di riconciliazione della grazia una grande percentuale di crisi
matrimoniali si superano in maniera soddisfacente. Saper perdonare e sentirsi perdonati è
un’esperienza fondamentale nella vita familiare. Il perdono tra gli sposi permette di
sperimentare un amore che è per sempre e non passa mai (cf. 1 Cor 13,8). A volte risulta
difficile, però, per chi ha ricevuto il perdono di Dio avere la forza per offrire un perdono
autentico che rigeneri la persona.

45. Nel Sinodo è risuonata chiara la necessità di scelte pastorali coraggiose. Riconfermando
con forza la fedeltà al Vangelo della famiglia e riconoscendo che separazione e divorzio
sono sempre una ferita che provoca profonde sofferenze ai coniugi che li vivono e ai figli,
i Padri sinodali hanno avvertito l’urgenza di cammini pastorali nuovi, che partano
dall’effettiva realtà delle fragilità familiari, sapendo che esse, spesso, sono più “subite” con
sofferenza che scelte in piena libertà. Si tratta di situazioni diverse per fattori sia personali
che culturali e socio-economici. Occorre uno sguardo differenziato come San Giovanni
Paolo II suggeriva (cf. Familiaris Consortio, 84).

46. Ogni famiglia va innanzitutto ascoltata con rispetto e amore facendosi compagni di
cammino come il Cristo con i discepoli sulla strada di Emmaus. Valgono in maniera
particolare per queste situazioni le parole di Papa Francesco: «La Chiesa dovrà iniziare i
suoi membri – sacerdoti, religiosi e laici – a questa “arte dell’accompagnamento”, perché
tutti imparino sempre a togliersi i sandali davanti alla terra sacra dell’altro (cf. Es 3,5).
Dobbiamo dare al nostro cammino il ritmo salutare della prossimità, con uno sguardo
rispettoso e pieno di compassione ma che nel medesimo tempo sani, liberi e incoraggi a
maturare nella vita cristiana» (Evangelii Gaudium, 169).

47. Un particolare discernimento è indispensabile per accompagnare pastoralmente i separati,
i divorziati, gli abbandonati. Va accolta e valorizzata soprattutto la sofferenza di coloro che
hanno subito ingiustamente la separazione, il divorzio o l’abbandono, oppure sono stati
costretti dai maltrattamenti del coniuge a rompere la convivenza. Il perdono per l’ingiustizia
subita non è facile, ma è un cammino che la grazia rende possibile. Di qui la necessità
di una pastorale della riconciliazione e della mediazione attraverso anche centri di ascolto
specializzati da stabilire nelle diocesi. Parimenti va sempre sottolineato che è
indispensabile farsi carico in maniera leale e costruttiva delle conseguenze della
separazione o del divorzio sui figli, in ogni caso vittime innocenti della situazione. Essi
non possono essere un “oggetto” da contendersi e vanno cercate le forme migliori perché
possano superare il trauma della scissione familiare e crescere in maniera il più possibile
serena. In ogni caso la Chiesa dovrà sempre mettere in rilievo l’ingiustizia che deriva
molto spesso dalla situazione di divorzio. Speciale attenzione va data
all’accompagnamento delle famiglie monoparentali, in maniera particolare vanno aiutate
le donne che devono portare da sole la responsabilità della casa e l’educazione dei figli.

48. Un grande numero dei Padri ha sottolineato la necessità di rendere più accessibili ed agili,
possibilmente del tutto gratuite, le procedure per il riconoscimento dei casi di nullità. Tra
le proposte sono stati indicati: il superamento della necessità della doppia sentenza
conforme; la possibilità di determinare una via amministrativa sotto la responsabilità del
vescovo diocesano; un processo sommario da avviare nei casi di nullità notoria. Alcuni
Padri tuttavia si dicono contrari a queste proposte perché non garantirebbero un giudizio
affidabile. Va ribadito che in tutti questi casi si tratta dell’accertamento della verità sulla
validità del vincolo. Secondo altre proposte, andrebbe poi considerata la possibilità di dare
rilevanza al ruolo della fede dei nubendi in ordine alla validità del sacramento del
matrimonio, tenendo fermo che tra battezzati tutti i matrimoni validi sono sacramento.

49. Circa le cause matrimoniali lo snellimento della procedura, richiesto da molti, oltre alla
preparazione di sufficienti operatori, chierici e laici con dedizione prioritaria, esige di
sottolineare la responsabilità del vescovo diocesano, il quale nella sua diocesi potrebbe
incaricare dei consulenti debitamente preparati che possano gratuitamente consigliare le
parti sulla validità del loro matrimonio. Tale funzione può essere svolta da un ufficio o
persone qualificate (cf. Dignitas Connubii, art. 113, 1).

50. Le persone divorziate ma non risposate, che spesso sono testimoni della fedeltà
matrimoniale, vanno incoraggiate a trovare nell’Eucaristia il cibo che le sostenga nel loro
stato. La comunità locale e i Pastori devono accompagnare queste persone con
sollecitudine, soprattutto quando vi sono figli o è grave la loro situazione di povertà.

51. Anche le situazioni dei divorziati risposati esigono un attento discernimento e un
accompagnamento di grande rispetto, evitando ogni linguaggio e atteggiamento che li
faccia sentire discriminati e promovendo la loro partecipazione alla vita della comunità.
Prendersi cura di loro non è per la comunità cristiana un indebolimento della sua fede e
della sua testimonianza circa l’indissolubilità matrimoniale, anzi essa esprime proprio in
questa cura la sua carità.

52. Si è riflettuto sulla possibilità che i divorziati e risposati accedano ai sacramenti della
Penitenza e dell’Eucaristia. Diversi Padri sinodali hanno insistito a favore della disciplina
attuale, in forza del rapporto costitutivo fra la partecipazione all’Eucaristia e la comunione
con la Chiesa ed il suo insegnamento sul matrimonio indissolubile. Altri si sono espressi
per un’accoglienza non generalizzata alla mensa eucaristica, in alcune situazioni particolari
ed a condizioni ben precise, soprattutto quando si tratta di casi irreversibili e legati ad
obblighi morali verso i figli che verrebbero a subire sofferenze ingiuste. L’eventuale
accesso ai sacramenti dovrebbe essere preceduto da un cammino penitenziale sotto la
responsabilità del Vescovo diocesano. Va ancora approfondita la questione, tenendo ben
presente la distinzione tra situazione oggettiva di peccato e circostanze attenuanti, dato che
«l’imputabilità e la responsabilità di un’azione possono essere sminuite o annullate» da
diversi «fattori psichici oppure sociali» (Catechismo della Chiesa Cattolica, 1735).

53. Alcuni Padri hanno sostenuto che le persone divorziate e risposate o conviventi possono
ricorrere fruttuosamente alla comunione spirituale. Altri Padri si sono domandati perché
allora non possano accedere a quella sacramentale. Viene quindi sollecitato un
approfondimento della tematica in grado di far emergere la peculiarità delle due forme e
la loro connessione con la teologia del matrimonio.

54. Le problematiche relative ai matrimoni misti sono ritornate sovente negli interventi dei
Padri sinodali. La diversità della disciplina matrimoniale delle Chiese ortodosse pone in
alcuni contesti problemi sui quali è necessario riflettere in ambito ecumenico.
Analogamente per i matrimoni interreligiosi sarà importante il contributo del dialogo con
le religioni.

L’attenzione pastorale verso le persone con orientamento omosessuale
55. Alcune famiglie vivono l’esperienza di avere al loro interno persone con orientamento
omosessuale. Al riguardo ci si è interrogati su quale attenzione pastorale sia opportuna di
fronte a questa situazione riferendosi a quanto insegna la Chiesa: «Non esiste fondamento
alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il
disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia». Nondimeno, gli uomini e le donne con
tendenze omosessuali devono essere accolti con rispetto e delicatezza. «A loro riguardo
si eviterà ogni marchio di ingiusta discriminazione» (Congregazione per la Dottrina della
Fede, Considerazioni circa i progetti di riconoscimento legale delle unioni tra persone
omosessuali, 4).

56. È del tutto inaccettabile che i Pastori della Chiesa subiscano delle pressioni in questa
materia e che gli organismi internazionali condizionino gli aiuti finanziari ai Paesi poveri
all’introduzione di leggi che istituiscano il “matrimonio” fra persone dello stesso sesso.

La trasmissione della vita e la sfida della denatalità
57. Non è difficile constatare il diffondersi di una mentalità che riduce la generazione della vita
a una variabile della progettazione individuale o di coppia. I fattori di ordine economico
esercitano un peso talvolta determinante contribuendo al forte calo della natalità che
indebolisce il tessuto sociale, compromette il rapporto tra le generazioni e rende più incerto
lo sguardo sul futuro. L’apertura alla vita è esigenza intrinseca dell'amore coniugale. In
questa luce, la Chiesa sostiene le famiglie che accolgono, educano e circondano del loro
affetto i figli diversamente abili.

58. Anche in questo ambito occorre partire dall'ascolto delle persone e dar ragione della
bellezza e della verità di una apertura incondizionata alla vita come ciò di cui l'amore
umano ha bisogno per essere vissuto in pienezza. È su questa base che può poggiare un
adeguato insegnamento circa i metodi naturali per la procreazione responsabile. Esso aiuta
a vivere in maniera armoniosa e consapevole la comunione tra i coniugi, in tutte le sue
dimensioni, insieme alla responsabilità generativa. Va riscoperto il messaggio dell’Enciclica
Humanae Vitae di Paolo VI, che sottolinea il bisogno di rispettare la dignità della
persona nella valutazione morale dei metodi di regolazione della natalità. L’adozione di
bambini, orfani e abbandonati, accolti come propri figli, è una forma specifica di apostolato
familiare (cf. Apostolicam Actuositatem, III,11), più volte richiamata e incoraggiata dal
magistero (cf. Familiaris Consortio, III,II; Evangelium Vitae, IV,93). La scelta dell’adozione
e dell’affido esprime una particolare fecondità dell’esperienza coniugale, non solo
quando questa è segnata dalla sterilità. Tale scelta è segno eloquente dell’amore familiare,
occasione per testimoniare la propria fede e restituire dignità filiale a che ne è stato privato.

59. Occorre aiutare a vivere l'affettività, anche nel legame coniugale, come un cammino di
maturazione, nella sempre più profonda accoglienza dell'altro e in una donazione sempre
più piena. Va ribadita in tal senso la necessità di offrire cammini formativi che alimentino
la vita coniugale e l'importanza di un laicato che offra un accompagnamento fatto di
testimonianza viva. È di grande aiuto l’esempio di un amore fedele e profondo fatto di
tenerezza, di rispetto, capace di crescere nel tempo e che nel suo concreto aprirsi alla
generazione della vita fa l'esperienza di un mistero che ci trascende.

La sfida dell'educazione e il ruolo della famiglia nell’evangelizzazione
60. Una delle sfide fondamentali di fronte a cui si trovano le famiglie oggi è sicuramente quella
educativa, resa più impegnativa e complessa dalla realtà culturale attuale e della grande
influenza dei media. Vanno tenute in debito conto le esigenze e le attese di famiglie capaci
di essere nella vita quotidiana, luoghi di crescita, di concreta ed essenziale trasmissione
delle virtù che danno forma all'esistenza. Ciò indica che i genitori possano scegliere
liberalmente il tipo dell’educazione da dare ai figli secondo le loro convinzioni.

61. La Chiesa svolge un ruolo prezioso di sostegno alle famiglie, partendo dall'iniziazione
cristiana, attraverso comunità accoglienti. Ad essa è chiesto, oggi ancor più di ieri, nelle
situazioni complesse come in quelle ordinarie, di sostenere i genitori nel loro impegno
educativo, accompagnando bambini, ragazzi e giovani nella loro crescita attraverso
cammini personalizzati capaci di introdurre al senso pieno della vita e di suscitare scelte
e responsabilità, vissute alla luce del Vangelo. Maria, nella sua tenerezza, misericordia,
sensibilità materna può nutrire la fame di umanità e vita, per cui viene invocata dalle
famiglie e dal popolo cristiano. La pastorale e una devozione mariana sono un punto di
partenza opportuno per annunciare il Vangelo della famiglia.

Conclusione

62. Le riflessioni proposte, frutto del lavoro sinodale svoltosi in grande libertà e in uno stile
di reciproco ascolto, intendono porre questioni e indicare prospettive che dovranno essere
maturate e precisate dalla riflessione delle Chiese locali nell’anno che ci separa
dall’Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi prevista per l’ottobre 2015,
dedicata alla vocazione e missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo.
Non si tratta di decisioni prese né di prospettive facili. Tuttavia il cammino collegiale dei
vescovi e il coinvolgimento dell’intero popolo di Dio sotto l’azione dello Spirito Santo,
guardando al modello della Santa Famiglia, potranno guidarci a trovare vie di verità e di
misericordia per tutti. È l’auspicio che sin dall’inizio dei nostri lavori Papa Francesco ci
ha rivolto invitandoci al coraggio della fede e all’accoglienza umile e onesta della verità
nella carità.

[Testo originale: Italiano]

Votazioni dei singoli numeri della “Relatio Synodi”
Totale dei presenti: 183
Non sono indicate le astensioni.

I placet non placet dei 62 paragrafi
1. 175 1
2. 179 0
3. 178 1
4. 180 2
5. 177 3
6. 175 5
7. 170 9
8. 179 1
9. 171 8
10. 174 8
11. 173 6
12. 176 3
13. 174 7
14. 164 18
15. 167 13
16. 171 8
17. 174 6
18. 175 5
19. 176 5
20. 178 3
21. 181 1
22. 160 22
23. 169 10
24. 170 11
25. 140 39
26. 166 14
27. 147 34
28. 152 27
29. 176 7
30. 178 2
31. 175 4
32. 176 5
33. 175 7
34. 180 1
35. 164 17
36. 177 1
37. 175 2
38. 178 1
39. 176 4
40. 179 1
41. 125 54
42. 143 37
43. 162 14
44. 171 7
45. 165 15
46. 171 8
47. 164 12
48. 143 35
49. 154 23
50. 169 8
51. 155 19
52. 104 74
53. 112 64
54. 145 29
55. 118 62
56. 159 21
57. 169 5
58. 167 9
59. 172 5
60. 174 4
61. 178 1
62. 169 8

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