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Canada : il neo-cardinale contro il laicismo di Stato

di Massimo Introvigne 20-01-2014 http://www.lanuovabq.it

Gérald Lacroix, arcivescovo di Québec, è stato appena nominato cardinale da Papa Francesco: con i suoi 56 anni è uno dei più giovani cardinali del mondo.

Poco dopo la nomina, è sceso in campo contro la controversa «Carta dei valori», proposta dal governo del Québec e in discussione in questi giorni in Parlamento. In interviste alla Radio Vaticana e a quotidiani del suo Paese il nuovo cardinale ha definito «liberticida» il progetto di legge, facendo eco al presidente della Conferenza Episcopale del Québec, mons. Pierre-André Fournier, secondo il quale si cerca d'instaurare tramite la legge un «ateismo di Stato»

mSi sa che il Québec è culturalmente molto influenzato dalla Francia, e la nuova legge vuole dichiaratamente imitare i provvedimenti francesi sui simboli religiosi. Come in Francia, si è partiti dalla preoccupazione per l'ordine pubblico - non infondata - che deriva dall'ultra-fondamentalismo islamico e dal crescente numero di donne musulmane che portano il velo integrale, presentandosi a volto interamente coperto e rendendo impossibile la propria identificazione.

Si sa, tuttavia, com'è andata a finire in Francia: una legge contro i simboli religiosi, presentata come «contro il velo», è stata utilizzata principalmente per vietare le catenine con simboli religiosi cattolici e i crocifissi. La legge canadese - il Progetto di legge n. 60 per l'affermazione dei valori di laicità dello Stato e dell'uguaglianza fra uomini e donne, detto «Carta dei valori» - parte da limitazioni, condivisibili nella misura in cui sono giustificate da esigenze di ordine pubblico, contro le forme di velo che coprono il volto e impediscono d'identificare le donne che lo portano.

Ma - appunto come in Francia - non si limita a questo: all'articolo 5 vieta al personale dipendente da organismi pubblici di portare «un copricapo, un vestito, un gioiello o altro accessorio che segnalino in modo evidente la propria appartenenza religiosa». La nozione di organismo pubblico è interpretata estensivamente, ed estesa a tutti gli enti che svolgano una funzione pubblica.

Un sacerdote o una suora insegnante in una scuola - a meno, precisa la legge, che non insegni religione - o in un'università non potrebbe portare neppure una crocina per segnalare il suo stato. Come nel famoso caso inglese della dipendente della British Airways - che poi impugnò con successo il suo licenziamento di fronte alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo - chi lavora nel trasporto pubblico non potrebbe portare una catenina con una medaglietta cristiana o una croce.

E come nella sentenza Lautsi di primo grado della stessa Corte Europea - poi riformata in appello - i crocifissi dovrebbero sparire dai Comuni, dagli uffici pubblici e dalle scuole statali. La Carta dei valori non si ferma qui. Qualunque dipendente pubblico - la nozione, ripetiamolo, è estensiva - secondo l'articolo 5 deve mostrarsi «riservato» quanto all'espressione delle sue credenze religiose in orario di lavoro.

Il «proselitismo» è vietato e può essere causa di licenziamento. È vero, il Magistero cattolico - dal venerabile Paolo VI (1897-1978) a Papa Francesco - distingue fra un «proselitismo» impropriamente aggressivo, che la Chiesa riprova, e una «missione» che è invece un dovere cui nessun cattolico può rinunciare. Non sono sicuro che la distinzione sia chiara ai giudici del Québec, non nuovi a decisioni bizzarre specie in tema di omofobia. E un dipendente pubblico che inviti un collega a un incontro di preghiera o commenti una notizia di attualità dal punto di vista della sua fede sarà accusato facilmente di venire meno alla «riserva» imposta dalla legge, se pure non sarà licenziato per «proselitismo». I vescovi - compreso il nuovo cardinale - fanno notare che stiamo parlando del Québec. La provincia francofona e cattolica del Canada non è la Francia.

Se in Francia i cittadini che s'identificano con la Chiesa Cattolica sono ormai in minoranza, nel Québec secondo i sondaggi dei sociologi sono l'82%. Certamente dopo la cosiddetta «rivoluzione tranquilla» degli anni 1960 e 1970, la crisi post-conciliare della Chiesa Cattolica e una massiccia immigrazione il Québec non è più il bastione cattolico di una volta. La pratica domenicale è ai livelli italiani. Sono apparse numerose minoranze religiose.

I comportamenti morali - anche quelli più deteriori (Montréal è una delle capitali nordamericane della pornografia e della prostituzione) - si sono allineati agli standard dell'Europa Occidentale. Nonostante questo, la grande maggioranza dei «québécois» continua a dichiararsi cattolica, e il cattolicesimo è inseparabile dall’identità storica di quest'isola di lingua francese e di tradizioni cattoliche in un mare di nordamericani anglofoni e protestanti.

Una minoranza esigua ma aggressiva, nota un documento dei vescovi del Québec, promuove un «militantismo antireligioso» e aggredisce in particolare la Chiesa Cattolica. Questi anticlericali sono una piccola minoranza. Ora però - con il pretesto di voler arginare il fondamentalismo islamico - cercano d'imporre la loro ideologia antireligiosa per legge. È la dittatura del relativismo. I vescovi, per fortuna, resistono.

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