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Scienza e aborto.

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Sì, basiamo sulla scienza le leggi sull'aborto di David French*23-10-2016 lanuovabq.it

" The New York Times ha pubblicato un articolo di opinione intitolato We Need Abortion Laws Based on Science . Scritto da Ushma D. Upadhyay, docente di Ginecologia nell’Università della California di San Francisco, l’articolo perora la causa dell’aggiornamento delle regolamentazioni sull’aborto basandosi sui migliori dati scientifici disponibili.

L’autrice sostiene per esempio che «l’aborto chimico è estremamente sicuro, dato che in meno dell’1% dei casi produce eventi seriamente negativi» (i bambini abortiti chimicamente non erano disponibili per commentare queste statistiche), chiedendo dunque al legislatore di basare le norme che regolano l’aborto sulle “prove”. E, stando al suo dire, le “prove” indicherebbero al legislatore la necessità di allentare le norme che limitano l’accesso all’aborto chimico.

Si fermi però un attimo, dottoressa. Se parliamo di scienza, perché non stiamo parlando proprio del bambino? Dopo tutto, la scienza non ci dice forse che dal momento del concepimento esiste un nuovo essere umano, completo del proprio personale, unico DNA umano? La scienza non ci dice forse che, dopo pochi giorni, quel nuovo essere umano sviluppa organi propri, tra cui un cuore che inizia a battere prim’ancora che molte donne si siano persino accorte di essere incinte?

Il bambino non è un tumore. Non è un grumo casuale di cellule. Non è uno scoiattolo. Quali sono le implicazioni etiche di queste realtà scientifiche innegabili?

Ah, ma è qui dove entra in ballo l’abracadabra. La società che si basa sulle cose reali non è affatto in grado di gestire la realtà del feto umano e quindi agita la bacchetta magica sostenendo che il bambino potrà pure essere “umano” ma non è una “persona”. E allora vi prego, diteci, come fa un feto a diventare una persona?

Applicando niente più e niente meno che le prime tre regole del mercato immobiliare: la location, la location, la location. Un bambino non è un bambino vero, dice la società che si basa sulle cose reali, quando è nel ventre della propria madre. È soltanto quando cresce sino a misurare circa 20 centimetri che diventa davvero una persona. In altre parole, prendete lo stesso organismo umano, tiratelo meno di una sessantina di centimetri fuori dal corpo di sua madre e voilà! Ecco che esiste una persona in carne e ossa.

Chiamare “abracadabra” questo modo di pensare è sin troppo caritatevole. È astratto bla bla assassino. Non ha niente di scientifico. È filosoficamente incoerente. È pensiero spazzatura.

Ma qui abbiamo una dottoressa ? addirittura una scienziata ? che si rifiuta di guardare in faccia anche solo per un momento l’argomento scientifico singolo più importante di tutto il dibattito sull’aborto: l’umanità del feto. L’unica “scienza” che per lei conta è la “scienza” che viene dopo che tutte le decisioni importanti sono già state prese.

Quando però improvvisamente l’omicidio non è più omicidio, allora la “scienza” può avere un mucchio di cose da dire su ciò che ne deriva. Spopolare le regioni povere, abbassare i numeri del sottoproletariato criminale e ridurre i “deboli di mente”, come voleva fare la fondatrice della Planned Parenthood, Margaret Sanger: pensate solo a tutto i soldi che si possono risparmiare! Dopo tutto, occuparsi di un bambino affetto da sindrome di Down per tutta la vita costa cifre astronomiche: «dodici o tredici volte di più di un bambino non affatto da sindrome di Down».

Eccola qui l’oscura eredità dell’eugenetica. L’aborto affonda le radici nell’eugenetica e l’eugenetica è sempre stata l’odio per l’umanità in nome della “scienza”. O, detto meglio, l’eugenetica è sempre stata il preferire la scienza spazzatura alla scienza vera, tutto per permettere ai potenti di progredire a spese di chi non ha potere. E nessuno ha meno potere del bambino ancora nel grembo materno. 

La Upadhyay chiude il pezzo con una frase preziosa: «Quando la politica non si basa sulla scienza, sono le donne americane a pagare il prezzo». Ha ragione da vendere. Da quando la Corte Suprema federale si è inventata il diritto all’omicidio e l’ha chiamato legge costituzionale, ad almeno 30 milioni di bambine americane è stata negata la possibilità di diventare donne. La perdita è incalcolabile, ma non è una perdita che pesa solo sulle donne. Quando la politica dell’aborto non è basata sulla scienza, il prezzo lo paghiamo tutti.


(traduzione di Marco Respinti)
© 2016 National Review. Used with permission.


* David French, avvocato, è redattore del quindicinale conservatore “National Review”, diretto a New York da Richard A. Lowry. La versione originale di questo articolo è stata pubblicata il 31 agosto 2016 con il titolo “ Yes, Let’s Base Abortion Laws on Science ” su “National Review" .

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