Corso di Religione

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Il califfato d'Europa?

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I quartieri-Califfato nel cuore dell'Europa di Gianandrea Gaiani20-03-2016 lanuovabq.it

......Inutile e anche troppo comodo prendersela con i servizi di sicurezza, con le inefficienze della polizia o con la mancata integrazione dei servizi d’intelligence, come vorrebbero governi e forze politiche per distogliere lo sguardo dell’opinione pubblica dalle loro colpe per quello che sta succedendo in Europa.

Premier, ministri e governi di ogni colore politico che hanno guidato l’Europa negli ultimi 20 anni si sono macchiati di colpe gravissime per la sicurezza di noi tutti.

Hanno tollerato o addirittura incoraggiato un’immigrazione dai Paesi musulmani quasi sempre parassitaria, che brucia welfare producendo poca ricchezza e che ostenta un complesso di superiorità dovuto all’appartenenza alla fede islamica tale da compromettere ogni tentativo di seria integrazione.

I nostri politici hanno tollerato in nome di principi multiculturali tanto idioti quanto aleatori che nelle nostre città si creassero zone franche, terre di nessuno divenute aree extraterritoriali dove si sono insediati saldamente gli estremisti islamici.

I risultati sono sotto gli occhi di tutti: a Bruxelles, Londra, Rotterdam, Torino, Parigi, Malmoe, Marsiglia, e in tantissime altre città europee ci sono veri e propri ”califfati” o “emirati” dove la polizia non entra perché gli abitanti islamici del quartiere non la vogliono e perché le autorità cittadine ordinano agli agenti di tenersi alla larga. Quartieri dove ogni traffico illecito è reso più facile dall’assenza di controlli, dal vuoto dell’autorità nazionale soppiantata da quella locale, fatta di criminali, jihadisti e imam salafiti che predicano l’odio e indottrinano all’estremismo future generazioni di terroristi.

I Paesi europei combattono il terrorismo ma finché non faranno la guerra all’estremismo il cancro islamista continuerà ad estendersi e a proliferare.

Nei giorni scorsi sono balzati all’onore delle cronache alcuni imam salafiti che in Belgio propugnano il rogo per gli omosessuali e in Germania giustificano stupri e molestie alle donne europee colpevoli di girare per strada "seminude e profumate". In Danimarca addirittura il governo negozia con gli imam salafiti che applicano le decapitazioni degli ostaggi effettuate dallo Stato Islamico.

Non sorprendono certo le opinioni dei salafiti, in fondo si tratta della stessa ideologia di al-Qaeda, indigna però che i nostri governanti abbiano consentito e consentano anche oggi a predicatori di tale ideologia di gestire moschee nelle nostre città dove si predicano tali ideali. Tanto varrebbe consentire di riaprire le sedi delle SS. Il problema, prima ancora di sicurezza, è di valori. Non dovrebbe esserci posto in Europa per chi non si riconosce nella Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo promulgata dall’Onu nel 1947 e mai firmata (guarda caso) da nessun Paese islamico perché ritenuta contraria ai principi della sharia.

Infatti è proprio così, basti pensare che la dichiarazione recita nel suo primo articolo che “ogni essere umano nasce libero”… termini inaccettabili dall’Islam.

Ci sono stati anche in Italia (dove secondo uno studio di Michele Groppi ci sono oltre cento moschee più o meno legali in mano a predicatori estremisti) numerosi casi di segnalazioni effettuate dai servizi di sicurezza circa le attività di imam e altri personaggi legati all’Islam radicale. Segnalazioni che sono state puntualmente ignorate dalle autorità per evitare problemi con le comunità islamiche.

A forza di evitare problemi oggi abbiamo interi quartieri off-limits per la polizia dove si commerciano kalashnikov contrabbandati dai Balcani come fossero noccioline, dove se passeggi bevendo una birra ti si affianca qualche censore barbuto per dirti che da quelle parti vige la sharia e bere è proibito. Cose che accadono Londra e a Rotterdam, non a Riad o Gedda.

Oggi in ognuno dei principali Paesi europei sono presenti centinaia di foreign fighters potenziali e terroristi e decine di migliaia di estremisti: quale servizio di sicurezza potrebbe controllarli tutti per 24 ore al giorno?

Politici miopi, o ubriacati dal devastante cocktail culturale che miscela tardo sessantottismo a terzomondismo, pur di evitare la responsabilità di affrontare i problemi determinati dalle comunità islamiche hanno finito per creare le basi perché il prossimo Califfato venga proclamato in Europa.

....

Il vero dramma però non è rappresentato tanto dalla conferma che la minaccia jihadista non è solo in Siria e Libia ma anche nelle nostre strade, quanto dalla constatazione che i governi europei continuano a calare le braghe davanti a un islamismo fin troppo scopertamente finanziato da monarchie sunnite del Golfo a cui i governanti europei sembrano aver venduto l’anima e davanti a un’immigrazione illegale fuori controllo e per la quasi totalità islamica.

Meglio però essere consapevoli che applicando questa politica suicida si moltiplicano i Salah e si gettano le basi per trasformare intere città europee in campi di battaglia.

Il relativismo che apre la porte alla loro dominazione di Stefano Fontana25-03-2016 lanuovabq.it

Anche dopo la tragica strage di Bruxelles – in continuità dell’apocalittica serie di attentati terroristici jihadisti a Charlie Hebdo del gennaio 2015 e al Bataclan del novembre 2015 - circola l’espressione: «siamo in guerra».

Si tratta però di una guerra civile, secondo le famose indicazioni di Carl Schmitt, in quanto gli attentatori sono in genere europei. Di nuove generazioni, ma europei. Una nuova guerra civile europea, dopo quella raccontata da Ernst Nolte?

Alla complessità dei problemi (e dei poteri) che stanno dietro a simili tragici eventi ce n’è uno da mettere in particolare luce. Ciò che disarma l’Occidente è la sua filosofia di vita e in particolare il modo in cui considera la religione e le religioni. É questo che lo rende debole e vulnerabile e che spiega come sia possibile che esso si sia creato dei nemici in casa e accetti di essere colonizzato dall’interno. 

L’Osservatorio Cardinale Van Thuân ha appena pubblicato due testi sul problema delle “Nuove guerre di religione”, il VII Rapporto sulla Dottrina sociale della Chiesa nel mondo dal titolo Guerre di religione, guerre alla religione e il libro Le Nuove guerre di religione (Cantagalli).

La tesi generale che vi si sostiene è proprio questa:

l’Occidente fa una sua guerra alla religione e, in questo modo, si disarma di fronte agli attacchi terroristici a sfondo religioso, soprattutto quelli di matrice islamica. Si sa che dietro questi fenomeni non c’è solo la religione, ma è superficiale negare che lo jihadismo sia una religione.

L’Occidente, e l’Europa in particolare, ha condotto una guerra contro la religione cristiana e cattolica in particolare. Ha lavorato sodo per espellere Dio dalla pubblica piazza.

Ha approvato leggi e prodotto politiche di vera e propria messa fuori legge del cristianesimo. In cambio, si trova il territorio delle proprie città occupato da gruppi religiosi e nei quartieri delle sue metropoli si formano le leve dei suoi giustizieri. In ciò l’Occidente è stato anche fortemente aiutato dai cattolici stessi che hanno interpretato tutto ciò come esempio di una sana laicità. Si sono limitati a denunciare le forme più estreme di laicismo e intanto la laicità si trasformava in laicismo sistematico sotto i loro occhi e con la loro collaborazione. 

La lotta alla religione cristiana e cattolica in particolare è stata condotta in nome di un indifferentismo religioso secondo cui tutte le religioni sono uguali , perché tutte sono scelte immotivate e non conformi a ragione, quella ragione tanto cara all’Occidente che però ora non sa dare ragioni delle stragi terroristiche.

Se tutte le religioni sono uguali, tutte hanno diritto di accesso nel nostro Continente e tutte hanno diritto di sistemarsi nei quartieri delle nostre città. Tutte hanno anche diritto a non integrarsi e a condurre vita propria come delle isole nel mare. Il fallimento del multiculturalismo ha origine proprio nel nostro indifferentismo religioso. 

Le richieste fatte ai nuovi arrivati sono sempre più ridotte, quasi minime o addirittura inesistenti, perché la ragione politica occidentale, non più sostenuta dalla religione cristiana alla quale ha dichiarato guerra, ha perso la passione della verità e non riesce più a pretendere dai nuovi arrivati il rispetto di nessuno dei suoi valori legati alla persona, alla famiglia, alla vita sociale e politica.  

Anzi, cede e riforma le proprie stesse leggi in funzione delle esigenze religiose dei nuovi cittadini d’importazione, al punto da immettere elementi di legge islamica nei propri ordinamenti giuridici. Del resto come potrebbe essere altrimenti se a demolire i propri valori è stata dapprima proprio la nostra società occidentale? Dopo aver distrutto la famiglia con quali argomenti si può dire no alla poligamia?

Come nei precedenti attentati terroristici di matrice islamica, i politici europei ostentano decisione e fermezza nella difesa dei nostri valori, ma nessuno sa ormai quali essi siano.

Al centro delle loro dichiarazioni di questi giorni c’è il valore della libertà. Ma la concezione occidentale della libertà è proprio il nostro tallone d’Achille, é lì il varco non controllato dove passa di tutto. Altro che Schengen. È impossibile trovare la forza morale per difendere una libertà vuota di contenuti come la nostra. Nessuno è disposto a soffrire, lottare o morire per un involucro vuoto. 

Se la difendiamo così com’è, non riusciamo a fare altro che contribuire ulteriormente alla nostra dissoluzione. Essa infatti non ci permette di arginare altre visioni della vita perché in questo caso negheremmo proprio il principio della libertà.

Per valutare le religioni la libertà non è sufficiente, ci vuole la verità, un concetto che l’occidente ha dimenticato ormai da molto tempo.

Per la verità sì che la gente può essere disposta a soffrire, lottare e anche morire. La verità sì ci permetterebbe di accogliere e di integrare veramente. In questo modo, invece, si crea un panico che va a discapito della vera accoglienza e della vera integrazione. Non c’è integrazione senza porre dei limiti all’integrazione. Se non ci sono limiti vuol dire che non ci sono nemmeno criteri. E i criteri, come i limiti, sono prima di tutto interiori. L’Europa è debole dentro.

 



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