Corso di Religione

Sommario




Cina : calano i battesimi, crollano le vocazioni. Un cattolicesimo in pieno declino.

home

commenta




powered by FreeFind



Primavera diplomatica tra Roma e Pechino.
Ma per la Chiesa cinese è inverno
di S.Magister    chiesa.espresso.repubblica. it

Le anticipazioni su un possibile accordo tra la Santa Sede e Pechino riguardo alla nomina dei vescovi hanno trovato una conferma indiretta in due interventi consecutivi del segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, numero uno della diplomazia pontificia. Il primo è l'intervista rilasciata il 24 agosto dal cardinale al quotidiano della conferenza episcopale italiana "Avvenire": Parolin: con l'accoglienza si costruisce la pace

Il secondo e più corposo intervento è la conferenza tenuta da Parolin il 27 agosto a Pordenone, tutta dedicata all'opera del cardinale Celso Costantini, primo delegato apostolico in Cina dal 1922 al 1933 e ardente fautore di relazioni diplomatiche in piena regola tra la Santa Sede e l'allora regime repubblicano cinese, relazioni effettivamente allacciate nel 1946 ma poco dopo annichilite dall'avvento di Mao Zedong al potere.

Parolin s'è guardato dall'entrare nel vivo della polemica tra gli ottimisti e i pessimisti riguardo al negoziato in corso, ai quali hanno dato voce rispettivamente – tra altri – i due cardinali cinesi John Tong e Joseph Zen Zekiun, ultimo e penultimo vescovo di Hong Kong: Nella nomina dei vescovi il papa si inchina a Pechino

Il segretario di Stato ha cercato piuttosto di gettare acqua sul fuoco e di assicurare che la Santa Sede farà il possibile per "arrivare a un accordo che sia soddisfacente per tutti". * Ad "Avvenire", interpellato circa i negoziati in corso, Parolin ha risposto così: "I contatti tra la Santa Sede e la Cina continuano con spirito di buona volontà da entrambe le parti. Alla Santa Sede sta particolarmente a cuore che i cattolici cinesi possano vivere in modo positivo la loro appartenenza alla Chiesa e, nello stesso tempo, essere buoni cittadini e contribuire a rafforzare l’armonia dell’intera società cinese. E questo proprio perché i cattolici in Cina sono pienamente cinesi e, al contempo, pienamente cattolici. Il cammino della conoscenza e della fiducia reciproca richiede tempo, pazienza e lungimiranza da entrambe le parti. Si tratta di trovare soluzioni realistiche per il bene di tutti".

E circa le "due" Chiese presenti in Cina, quella subalterna al regime e quella senza riconoscimento ufficiale ed esposta a ogni vessazione, ha detto: "Sostenere che in Cina esistono due differenti Chiese non corrisponde né alla realtà storica né alla vita di fede dei cattolici cinesi. Si tratta piuttosto di due comunità entrambe desiderose di vivere in piena comunione con il Successore di Pietro. Ciascuna di esse porta con sé il bagaglio storico di momenti di grande testimonianza e di sofferenza, il che ci parla della complessità e delle contraddizioni di quell’immenso Paese. La Chiesa in Cina conosce figure di eroici testimoni del Vangelo, un fiume di santità spesso nascosta o sconosciuta ai più. L’auspicio della Santa Sede è di vedere, in un futuro non lontano, queste due comunità riconciliarsi, accogliersi, donare e ricevere misericordia per un comune annuncio del Vangelo, che sia veramente credibile. A papa Francesco sta a cuore che si superino le tensioni e le divisioni del passato, per poter scrivere una pagina nuova della storia della Chiesa in Cina. Ho fiducia che questo cammino possa essere un esempio eloquente per il mondo intero, costruendo dappertutto ponti di fraternità e di comunione".

Meno centrata sull'attualità ma ancor più eloquente è stata poi la conferenza tenuta dal cardinale Parolin a Pordenone. Ad esempio, nel ripercorrere gli insuccessi di Celso Costantini nell'allacciare i rapporti diplomatici con la Cina, insuccessi dovuti alle resistenze delle autorità vaticane, Parolin ha contrapposto alle diffidenze di allora la buona volontà dell'attuale papa, molto più in "sintonia" – ha detto – con i lungimiranti propositi dell'allora delegato apostolico: "Costantini prese atto del fallimento dei due tentativi negoziali, considerandoli battaglie perdute che non pregiudicavano il conseguimento della vittoria finale: stabilire rapporti diplomatici tra Chiesa e Stato in Cina. Mi viene in mente la sintonia di questo atteggiamento con quanto indicato da Papa Francesco su 'la santità del negoziato'. Nella sua omelia a Santa Marta del 9 giugno 2016, il pontefice affermò: 'Bisogna vivere 'la santità piccolina del negoziato', ossia quel 'sano realismo' che 'la Chiesa ci insegna': si tratta, cioè, di rifiutare la logica del 'o questo o niente' e di intraprendere la strada del possibile per riconciliarsi con gli altri".

E giunto alla conclusione, nel trarre una lezione per oggi da quel grande precursore che fu Costantini, il cardinale Parolin ha detto: "Oggi, come allora, molte sono le speranze e le attese per nuovi sviluppi e una nuova stagione nei rapporti tra la Sede Apostolica e la Cina, a beneficio non solo dei cattolici nella terra di Confucio, ma dell’intero Paese, che vanta una delle più grandi civiltà del pianeta. Oserei dire che tutto ciò sarà a beneficio anche di una ordinata, pacifica e fruttuosa convivenza dei popoli e delle nazioni in un mondo, come il nostro, lacerato da tante tensioni e da tanti conflitti.

Considero importante sottolineare con forza questo concetto: le auspicate nuove e buone relazioni con la Cina – comprese le relazioni diplomatiche, se così Dio vorrà! – non sono fine a sé stesse o desiderio di raggiungere chissà quali successi 'mondani', ma sono pensate e perseguite, non senza timore e tremore perché qui si tratta della Chiesa, che è cosa di Dio, solo in quanto 'funzionali' – ripeto – al bene dei cattolici cinesi, al bene di tutto il popolo cinese e all’armonia dell’intera società, in favore della pace mondiale."

"Papa Francesco, come già i suoi predecessori Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, conosce bene il bagaglio di sofferenze, di incomprensioni, spesso di silenzioso martirio che la comunità cattolica in Cina porta sulle proprie spalle: è il peso della storia! Ma conosce pure, insieme alle difficoltà esterne ed interne, quant’è vivo l’anelito alla comunione piena con il successore di Pietro, quanti progressi sono stati compiuti, quante forze vive agiscono testimoniando l’amore a Dio e l’amore al prossimo, soprattutto alle persone più deboli e bisognose, che è la sintesi di tutto il cristianesimo. E conosce e incoraggia, soprattutto nel contesto del Giubileo della Misericordia, il perdono reciproco, la riconciliazione tra fratelli e sorelle che sperimentano la divisione, lo sforzo di crescere nella comprensione, nella collaborazione, nell’amore!

"Siamo tutti chiamati ad accompagnare con affettuosa vicinanza, rispetto, umiltà e, soprattutto con la preghiera, questo cammino della Chiesa in Cina. Si tratta di scrivere una pagina inedita della storia, guardando avanti con fiducia nella Provvidenza divina e sano realismo, per assicurare un futuro in cui i cattolici cinesi possano sentirsi profondamente cattolici, ancor più visibilmente ancorati alla salda roccia che, per volontà di Gesù, è Pietro, e pienamente cinesi, senza rinnegare o sminuire tutto quello che di vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato (cfr. Fil. 4, 8) ha prodotto e continua a produrre la loro storia e la loro cultura. Nulla vi è di genuinamente umano, ci ripete il Concilio Vaticano II, che non trovi eco nel cuore dei discepoli di Gesù! (cfr. GS n. 1). "

"Va realisticamente accettato che i problemi da risolvere tra la Santa Sede e la Cina non mancano e possono generare, spesso per la loro complessità, posizioni ed orientamenti diversi. Ma tali problemi non sono del tutto dissimili da quelli sorti ed affrontati positivamente 70 anni fa. Il cardinale Celso Costantini rimane, pertanto, una fonte di ispirazione e un modello di estrema attualità".

Il giorno dopo, da Pechino, il portavoce del ministero degli esteri cinese, Hua Chunying, ha così commentato la conferenza del cardinale Parolin: "Siamo positivi e sinceri nel migliorare le relazioni col Vaticano e col nuovo papa, ma abbiamo naturalmente alcuni principi su cui insistiamo. Abbiamo visto progressi tra Cina e Vaticano. Manteniamo tranquilli, amichevoli ed efficaci canali di comunicazione. Ci sono progressi nelle nostre relazioni. Speriamo di lavorare insieme col Vaticano per continuare a migliorare le nostre relazioni".

Una differenza rispetto ai tempi di Costantini è che oggi le parti sono rovesciate. A resistere alle profferte della controparte era allora la Santa Sede, mentre oggi è il governo cinese che è più restio a cedere dalle sue posizioni di forza e resta fermo  – come ha detto il suo portavoce – su alcuni suoi "principi" praticamente non negoziabili, tutt'altro che facili ad essere smussati e accettati dalla Chiesa. Un'ennesima conferma di tale ritrosia è un articolo pubblicato il 29 agosto su "Global Times", il magazine internazionale del governativo "Quotidiano del Popolo", dal titolo "Ostacoli continuano a tenere in stallo i rapporti sino-vaticani", nel quale si rivanga l'annosa richiesta al Vaticano di "tagliare i suoi canali ufficiali con Taiwan": "Global Times": Ostacoli e pessimismo nei rapporti fra Cina e Vaticano
 
E si legge: "La Cina non è così impaziente di stabilire relazioni formali con il Vaticano, unica nazione europea che non ha questo tipo di rapporti con la Cina, perché non è una questione urgente che potrebbe danneggiare lo status internazionale del Paese se non viene risolta subito".

Ma poi c'è anche un'altra differenza, più di sostanza. Negli anni in cui Costantini fu delegato apostolico in Cina, la Chiesa cinese ebbe una fioritura straordinaria, che lui stesso riassunse così, come ricordato dal cardinale Parolin: "Quando, nel 1922, andai in Cina le missioni, cioè le circoscrizioni ecclesiastiche erano 57 e nessuna era affidata a prelati indigeni. Quando partii, nel 1933, le circoscrizioni ecclesiastiche erano 121. E di esse 23 erano affidate a superiori cinesi".

Oggi accade il contrario. Lo stato di salute della Chiesa cinese è tutt'altro che florido. È una Chiesa in ripiegamento, invecchiata, senza più la spinta propulsiva di anni addietro, afflitta da un netto calo dei battesimi e delle vocazioni, sia maschili che femminili.

A tratteggiare questa diagnosi è Anthony Lam Sui-ky, grande esperto della Chiesa in Cina, in un articolo fitto di dati apparso sull'ultimo numero di "Tripod" la rivista dell'"Holy Spirit Study Center" di Hong Kong: Catholic Population in China Since 2000 and Its Impact

La traduzione italiana è quella pubblicata da "Asia News" il 23 agosto. Una lettura da non perdere. Perché l'avventura della Chiesa cinese non è fatta solo di diplomazia, sia pure con la sua "santità piccolina".

Il calo della popolazione cattolica in Cina e il suo impatto sulla Chiesa di Anthony Lam Sui-ky

A partire dall’anno 2000, la Chiesa cattolica di Cina ha affrontato tutta una serie di sfide. Tra queste, il calo dei numeri relativi alla popolazione cattolica è di sicuro una delle più significative. La stagnazione della crescita nella popolazione cattolica si affianca all’invecchiamento dei fedeli. E questo porta con sé anche una crisi nel numero delle vocazioni. Nel 2000 nessuno si preoccupava delle vocazioni. A quel tempo le persone erano impegnate soltanto a trovare un modo per costruire campus e seminari sempre più grandi, in modo da accogliere un numero di seminaristi in costante crescita. Ma nei dieci anni successivi, questo numero è crollato in maniera significativa.

La crescita della popolazione cattolica e il suo declino

L’Accademia cinese delle scienze sociali ha pubblicato nel 2010 un “Libro blu sulle religioni”, apparso l’11 agosto di quell’anno. Il testo conteneva statistiche sull’appartenenza alla Chiesa cattolica e a quelle protestanti. All’epoca, quella di pubblicare tali numeri fu una decisione importante, e quindi ne parlai con i nostri lettori.

Secondo la pubblicazione: "Fino al 10 dicembre 2010 vi erano in Cina 3.397 membri del clero cattolico (vescovi, sacerdoti e diaconi). In questo numero rientrano i 3.268 sacerdoti residenti in circa 100 diverse diocesi. Nella Cina continentale vi erano 10 seminari maggiori con 628 iscritti; 106 conventi con 5.451 sorelle che hanno già pronunciato i propri voti; 30 seminari di preparazione con 630 partecipanti. Vi erano circa 350 membri di congregazioni religiose maschili; 5.967 chiese o centri di preghiera sparsi per tutta la nazione. Secondo statistiche non complete, la Cina ha circa 5.714.853 fedeli cattolici” (p. 98).

Ciò che rende questo testo diverso dal passato è il fatto che i ricercatori che lo hanno curato “hanno preso in considerazione alcune circostanze speciali. Quindi il numero reale di cattolici nella Cina continentale dovrebbe superare i 6 milioni di unità” (ivi). E aggiunge ancora il “Libro blu” che dopo 400 anni di sviluppo [ovvero dall’arrivo di Matteo Ricci e compagni - ndt] “il numero potrebbe oscillare fra i 6 e i 12 milioni” (p. 107).

È interessante notare che la differenza fra i nostri dati e quelli ufficiali rimane abbastanza stabile. Nel 1998 proposi per la prima volta un numero per la popolazione cattolica in Cina: circa 8 milioni. Il governo lo fissava invece intorno ai 3,5 milioni. Quindi la proporzione fra le due previsioni era di 2,3 cattolici contro 1. Nel 2005 ho fissato la presenza cinese intorno ai 12 milioni mentre per il governo essa era di 5,3 milioni. La proporzione era rimasta uguale. I dati presentati dimostrano che anche oggi la proporzione fra i nostri numeri e quelli ufficiali rimane stabile. È presumibile che in entrambi i casi si siano usati metodi di ricerca validi: la discrepanza fra i numeri è dovuta ad altre questioni. Vi sono infatti “diverse definizioni di Chiese ufficiali e non ufficiali”, ma anche il “mercato nero della popolazione” [i nati non registrati che vivono nel Paese - ndt] e altre ancora.

È comunque una buona cosa che il “Libro blu” del 2010 sia d’accordo nello stabilire che “il numero reale di cattolici in Cina potrebbe superare i 6 milioni”. Dimostra che vogliono affrontare la realtà in un modo più pragmatico.

Il “fenomeno del Plateau”

Con il termine “fenomeno del Plateau” si indica una comunità che ha vissuto un rapido sviluppo ma non è riuscita a mantenerlo stabile. E quindi i nuovi membri di questa comunità vanno semplicemente a rimpiazzare quelli che si perdono, senza far crescere il gruppo. Grazie a una serie di dati che ho raccolto, si può dire che non più tardi dell’anno 2000 la Chiesa cattolica in Cina era già entrata nel “fenomeno del Plateau”.

Se prendiamo come base il numero di 12 milioni di fedeli e consideriamo che l’aspettativa di vita media in Cina è di 75,6 anni – presumendo che l’età media di ogni battesimo sia a 18 anni – allora si può calcolare che ogni anno la Chiesa ha bisogno di 210 mila nuovi battesimi soltanto per coprire le “perdite” naturali. Questo non include il drenaggio di fedeli da altre religioni o sette, come la famigerata “Oriental Lighting”.

La Chiesa ufficiale di Cina sostiene che ogni anno – nel periodo fra il 2004 e il 2010 – si sono celebrati fra i 90 mila e i 100 mila battesimi. Se a questi aggiungiamo i numeri della Chiesa non ufficiale, allora arriviamo a un numero totale di nuovi fedeli che arriva appena a coprire il necessario. Lo schema che segue rappresenta i dati di Faith Press. Numero di nuovi battesimi celebrati a Pasqua: 2011: 20.000 2012: 22.000 2013: 16.000 2014: 24.000 2015: 19.554 Se a questi numeri aggiungiamo gli altri battesimi celebrati nel resto dell’anno vediamo che nella Chiesa ufficiale potrebbero entrare fra i 30 mila e i 35 mila nuovi cattolici l’anno.

Comparati con i dati del periodo fra il 2004 e il 2010 – fra i 90 mila e i 100 mila battesimi ogni anno – si nota un'evidente decrescita della popolazione cattolica. Prendendo in considerazione varie statistiche, e dopo una serie di interviste che ho condotto nell’estate del 2014, possiamo dire che oggi i cattolici in Cina siano circa 10,5 milioni (ovvero lo 0,77 per cento del totale della popolazione).

Un mio collega ha condotto un altro calcolo, su parametri diversi, arrivando a fissare “fra i 9 e i 12 milioni” i fedeli cinesi. Questi dati convivono bene. Il 13 aprile 2015 la Gallup International – che raggruppa 75 organizzazioni indipendenti che operano nel mondo dei sondaggi – ha pubblicato un rapporto su una ricerca condotta in 65 aree o nazioni nel periodo fra settembre e dicembre 2014. Il tema era il fattore religioso. Secondo questo rapporto, la nazione meno religiosa fra quelle prese in considerazione era la Cina: qui il 61 per cento degli intervistati si è definito “ateo convinto”, circa il doppio rispetto a ogni altra nazione, mentre il 29 per cento si è definito “non religioso”.

Soltanto il 7 per cento degli intervistati cinesi si è definito religioso. Un’altra fonte di dati che merita attenzione è il sondaggio sul panorama religioso condotto nel 2007 dall’americano Pew Forum on Religion & Public Life. Pubblicato nel 2008, il testo indicava che il 14 per cento degli adulti cinesi intervistati si definiva religioso, e che i cattolici rappresentavano l’1 per cento della popolazione.

Secondo il sondaggio Gallup 2014, i fedeli cattolici sono invece lo 0,5 per cento.

Declino e crollo delle vocazioni


Il calo della popolazione cattolica porterà a un calo nel numero delle vocazioni, anche se ci vorranno alcuni anni prima di vedere il fenomeno in tutta la sua ampiezza. Negli ultimi 15 anni le vocazioni sacerdotali e religiose in Cina hanno subito duri colpi. Lo schema che segue riflette il declino delle vocazioni fra i giovani. Seminaristi maggiori e minori della Chiesa ufficiale: 1996 Maggiori 1000 Minori 600 1998 Maggiori 1000 Minori 600 2000 Maggiori 900 Minori 700 2002 Maggiori 870 Minori 800 2004 Maggiori 710 Minori 740 2006 Maggiori 650 Minori 530 2008 Maggiori 610 Minori 550 2010 Maggiori 630 Minori 600 2012 Maggiori 533 Minori 490 2014 Maggiori 560 Minori 400 Seminaristi della Chiesa non ufficiale: 1996: 700 1998: 800 2000: 800 2002: 800 2004: 800 2006: 400 2008: 400 2010: 550 2012: 450 2014: 300 Totale seminaristi: 1996: 2300 1998: 2400 2000: 2400 2002: 2470 2004: 2250 2006: 1580 2008: 1560 2010: 1780 2012: 1473 2014: 1260

Passiamo ora alle vocazioni religiose femminili. La situazione è persino peggiore. Suore in formazione, Chiesa ufficiale: 1996: 1500 1998: 1500 2000: 1500 2002: 900 2004: 600 2006: 320 2008: 200 2010: 100 2012: 50 2014: 50 Suore in formazione, Chiesa non ufficiale: 1996: 1000 1998: 1000 2000: 1000 2002: 900 2004: 600 2006: 230 2008: 200 2010: 100 2012: 100 2014: 106 Totale suore in formazione: 1996: 2500 1998: 2500 2000: 2500 2002: 1800 2004: 1200 2006: 550 2008: 400 2010: 200 2012: 150 2014: 156  

I numeri delle ordinazioni In Cina non è facile preparare statistiche complete e concrete per le comunità cattoliche non ufficiali. Durante il decennio fra il 1999 e il 2008, il numero totale delle ordinazioni nelle comunità non ufficiali è stato stimato intorno alle 280 unità.

Dal punto di vista della Chiesa ufficiale, durante lo stesso periodo, le ordinazioni sono state 560. In media ogni anno sono stati ordinati circa 50 giovani uomini. Il dato non è enorme ma non è neanche troppo piccolo. Quello che rende questi numeri preoccupanti è che negli anni precedenti le ordinazioni erano di più. Dal 1999 al 2004 ogni anno se ne sono contate in media fra le 70 e le 80. Da allora i numeri sono calati in maniera costante.

Il numero delle ordinazioni dipende dal numero delle vocazioni. Il “fruttuoso” risultato relativo alle ordinazioni dei primi anni del XXI secolo è soltanto il fanalino di coda del fiorire religioso che si è verificato alla fine del XX secolo. Proseguendo il declino, possiamo prevedere per il futuro un numero di ordinazioni di sicuro non ottimistico. Ordinazioni nelle comunità ufficiali e sotterranee celebrate dall’anno 2000. 2000: 134 2001: 110 2002: 171 2003: 87 2004: 164 2005: 89 2006: 76 2007: 82 2008: 40 2009: 47 2010: 65 2011: 46 2012: 78 2013: 66 2014: 78

Conclusioni


Di certo il calo delle vocazioni è il risultato di diverse cause, fra cui alcune di natura politica. Tuttavia i dati presentati mi inducono a fare attenzione a questi punti:
1. Mentre cala il numero delle vocazioni, dovremmo rafforzare il lavoro di formazione dei giovani sacerdoti. In passato i seminari dovevano affrontare questioni educative molto complicate e non si risparmiavano sforzi per ottenere una migliore formazione. Oggi dobbiamo recuperare questo dislivello.
2. Dovrebbe essere migliorata anche la formazione dei laici. Mentre diminuiscono i nuovi sacerdoti, una parte del lavoro in tante comunità cattoliche potrebbe essere assegnato a loro. Quindi hanno il bisogno e il diritto di una buona preparazione.
3. Dovrebbero essere incoraggiate anche le vocazioni adulte. Trovare seminaristi è un lavoro a tutto campo, non si dovrebbe puntare soltanto sui giovani. Mentre la Cina si trasforma in una società “middle-class”, tanti professionisti potrebbero riprendere in esame la propria vita e forse considerare un nuovo percorso. In questo gruppo di persone forse è stato piantato qualche seme di vocazione. La Chiesa dovrebbe dare loro il sostegno necessario, fornendo aiuto spirituale e discernimento vocazionale.



Top






Sommario

DISCLAIMER. Si ricorda - ai sensi della Legge 7 marzo 2001, n. 62 - che questo sito non ha scopi di lucro, è di sola lettura e non è un "prodotto editoriale diffuso al pubblico con periodicità regolare" : gli aggiornamenti sono effettuati senza scadenze predeterminate. Non può essere in alcun modo ritenuto un periodico ai sensi delle leggi vigenti né una "pubblicazione"  strictu sensu. Alcuni testi e immagini sono reperiti dalla rete : preghiamo gli autori di comunicarci eventuali inesattezze nella citazione delle fonti o irregolarità nel loro  uso.Il contenuto del sito è sotto licenza Creative Commons Attribution 2.5 eccetto dove altrimenti dichiarato.