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Creta, ortodossi verso l'unità sui principi non negoziabili

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Si è concluso con un primo significativo passo di unità domenica a Creta il Concilio delle Chiese ortodosse convocato dal patriarca di Costantinopoli Bartolomeo I. Unità non piena, evidentemente, ma nient’affatto scontata nel travaglio doloroso che ha scandito la vigilia di questo appuntamento storico. di Giorgio Bernardelli 28-06-2016 lanuovabq.it

Dieci erano e alla fine in dieci hanno sottoscritto tutti i documenti. Compreso il patriarcato della Serbia, che a Creta era arrivato dichiarando di voler farsi portavoce delle istanze delle quattro Chiese autocefale che all’ultimo momento avevano deciso di non partecipare.

Pur con tutti i suoi limiti il Concilio c’è stato e ha prodotto un messaggio e un’enciclica inviata ai 250 milioni di fedeli ortodossi che vivono oggi nel mondo. Con appena piccole modifiche sono stati promulgati anche i sei documenti che erano stati predisposti nel lungo iter preparatorio ed erano all’origine della defezione dei patriarcati di Bulgaria, Antiochia, Georgia e Mosca, che non hanno inviato a Creta le loro delegazioni. Su quello più spinoso - il testo sul rapporto tra l’ortodossia e le altre confessioni cristiane - alla fine è spuntato fuori il classico compromesso un po’ ambiguo: le altre Chiese sono state definite «eterodosse» (come chiedevano i greci) nel testo greco, che ha poi lasciato il posto a un più morbido “non-ortodosse” nelle versioni inglese, francese e russa. Ma al di là di questo dettaglio l’esito è molto significativo.

Certo, ora bisognerà attendere la reazione dei quattro patriarcati assenti (finora nessuno si è ancora espresso). Ma l’impressione è che il Concilio di Creta non lasci in eredità nuove grosse fratture, ma segni piuttosto l’inizio di un percorso all’interno dell’ortodossia. Sono gli stessi 10 patriarchi e 230 vescovi che hanno partecipato all’appuntamento a scrivere nel messaggio conclusivo che i Concili dovrebbero diventare un metodo di lavoro per l’ortodossia del XXI secolo. Viene anche proposto a tutte e quattordici le Chiese espressamente di tenerne uno ogni sette o dieci anni. Considerato che erano secoli che non si riunivano è un passo di non poco conto.

Ha ragione, dunque, chi sostiene che Creta sia stato un passo avanti importante per l’ecumenismo. Occorre però precisare anche di quale tipo di ecumenismo stiamo parlando. E su questo i venti punti dell’enciclica promulgata dal Concilio (che riassume nella sostanza i contenuti sei documenti) sono quanto mai significativi. Si tratta infatti dell’ecumenismo di un cristianesimo missionario, portatore di una verità su Dio e sul mondo, che individua nella secolarizzazione il grande male di oggi. «La rievangelizzazione del popolo di Dio nelle società contemporanee secolarizzate, come l’evangelizzazione di coloro che non hanno ancora conosciuto Cristo, è il dovere incessante della Chiesa», recita un suo passaggio fondamentale.

Fortissima - ad esempio - la parte sul matrimonio: «La società contemporanea - vi si legge - lo tratta in maniera laica con criteri puramente sociologici e realisti, come una forma di relazione, una tra le altre. Ma il matrimonio è un laboratorio di vita nell’amore proposto dalla Chiesa e un dono insuperabile della Grazia di Dio». Senza reticenze la difesa della vita e l’opposizione a una scienza senza limiti. La stessa attenzione per la questione ecologica - su cui il patriarca Bartolomeo insiste da tempo - è fortemente radicata in una visione «eucaristica» del creato. Mette inoltre in guardia dall’«ideologia della globalizzazione» il Concilio di Creta; ma lo fa non tanto con uno sguardo ostile al mercato, ma in nome della salvaguardia delle identità dei popoli. Sullo stesso tema dei diritti umani, poi, denuncia i pericoli della lettura individualista: «La comprensione ortodossa dell’uomo - scrivono i vescovi  - si oppone sia all’arrogante apoteosi dell’individuo e dei suoi diritti, sia all’umiliante svalutazione della persona umana nella grandi strutture contemporanee dell’economia, della società, della politica e della comunicazione». Ovviamente forte, infine, la preoccupazione per le comunità cristiane del Medio Oriente; non manca un appello per la liberazione dei due vescovi di Aleppo, nelle mani dei fondamentalisti ormai da tre anni.

È un’unità su una teologia e su valori forti, dunque, quella Che esce dal Concilio di Creta. E sarebbe davvero un dono grande per tutti i cristiani se questa settimana travagliata si rivelasse essere stata davvero l’inizio di un cammino molto più lungo.

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