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Generale Fabio Mini sulla "questione migranti."
Intervista

source : http://www.sintesidialettica.it 01/11/2015


Fabio Mini (Manfredonia, 1942) è un militare italiano. Autore di saggi in materia di geopolitica e di analisi strategica, ha ricoperto prestigiosi incarichi, tra cui quello di addetto militare a Pechino. Ha poi diretto l'Istituto superiore di stato maggiore interforze (ISSMI) ed è stato comandante della missione in Kosovo KFOR dal 2002 al 2003. Scrive per Limes, la Repubblica e l'Espresso, ed è membro del Comitato Scientifico della rivista Geopolitica. Tra i suoi libri ricordiamo "La guerra dopo la guerra" (2003), "Soldati" (2008), "Eroi della guerra. Storie di uomini d'arme e di valore" (2011), "Mediterraneo in guerra. "Atlante politico di un mare strategico" (2012).


 

Dopo le ultime tragedie che hanno coinvolto migliaia di migranti sembra che l'attenzione delle forze politiche si sia concentrata sui droni e su soluzioni alquanto improbabili. In realtà, secondo lei, come dovrebbe essere affrontata la questione migranti?

Non ho delle ricette e non penso che qualcuno le abbia. Non penso però che la soluzione armata, di qualsiasi tipo, sia la più intelligente o risolutiva. 

Non tanto per gli aspetti tecnici che sono abbastanza elementari. Ma perché si potrebbero fare un paio di operazioni spettacolari e poi, al primo innocente morto per sbaglio o perché messo a fare da scudo umano, le piazze si riempirebbero di antagonisti.

Mi limito però ad osservare che sui migranti e sui fenomeni sociali e demografici che costringono alla migrazione abbiamo sempre saputo tutto. Presi dalla paura o indotti ad aver paura non abbiamo fatto nulla.

Dovremmo perciò bandire la paura e cominciare a fare perché finora pur sapendo tutto in anticipo non è stato fatto nulla per impedire le guerre, le razzie e lo sfruttamento. Anche in ambito europeo non è stato avviato nessun progetto concreto per aiutare le economie e i governi decenti dei luoghi di origine. Anzi abbiamo affrontato il  problema nell'ultimo tratto di mare militarizzandolo.

Abbiamo dato credito e aiuti ai governi più indecenti. L'Unione europea si è lasciata trascinare dalle pulsioni dei paesi della cosiddetta Nuova Europa che non vogliono dare o fare nulla per la sponda sud del Mediterraneo ma neppure per quella nord.

Di fatto tendono a far fallire le periferie sud e a lasciarle sole di fronte alle emergenze. Noi siamo tra queste, in buona compagnia. 

Dobbiamo riprendere alla mano i progetti europei d'integrazione mediterranea e di cooperazione frontaliera. Dobbiamo reclamare a gran voce il ritorno ai sogni dei padri fondatori dell'Europa che pensavano ad eliminare i confini e le barriere fra stati e non ad erigere nuovi muri. 

Penso poi che dobbiamo riflettere meglio sul valore della migrazione. In Europa tutti i paesi sono in capitolazione demografica nel senso che gli adulti non hanno ricambi adeguati. Tra questi i paesi  la Gran Bretagna, la  Germania,  il Belgio, l'Olanda, la Svezia, e altri hanno una ben precisa politica demografica. Consapevoli di non poter garantire un ricambio generazionale che mantenga gli attuali livelli di benessere, accettano  l'immigrazione qualificata, selezionata e  non politicizzata.

La riapertura del corridoio balcanico da parte della Turchia, della Grecia, della Bulgaria e della Serbia favorisce l'afflusso verso questi paesi di siriani, libanesi, iracheni e curdi. Sono popoli acculturati, che hanno sofferto e che sono disposti a sacrificarsi ancora in silenzio.

Noi italiani non ci siamo mai interessati di questi e tra assistenzialismo e scelte politiche abbiamo fatto in modo di diventare la meta delle rotte migratorie provenienti da quegli stati dell'Africa che hanno gestito i flussi come affari o come bombe umanitarie.

Quelli che sbarcano sulle nostre coste e che cerchiamo di fermare o aiutare a seconda dei giorni sono all'ultimo stadio di un percorso iniziato in quei paesi africani martoriati dalle guerre e da regimi efferati che invece noi consideriamo "normali" come Somalia, Eritrea, Etiopia, Nigeria, Niger ecc. Hanno attraversato il Sudan, l'Egitto, il Ciad, la Libia, l'Algeria e la Tunisia dove hanno subito altre vessazioni e sfruttamenti.  

Il nostro paese è in capitolazione demografica e crisi produttiva. Avrebbe bisogno d'immigrati  qualificati, ma anche di mano d'opera non qualificata, ma non ha una politica demografica collegata al lavoro. Ha una disoccupazione al 12% e quella giovanile è al 30% e deve dare la priorità a queste fasce, ma non favorisce la dignità del lavoro manuale: tutti sono dottori e piuttosto che accettare un lavoro stanno …a casa.

L'Italia avrebbe bisogno di giovani di talento per garantire il ricambio dirigenziale e tecnologico, ma non argina la fuga dei cervelli. Non ha una politica per l'immigrazione e vaga tra assistenza umanitaria e contrasto armato nel canale di Sicilia. Non ha una politica di sicurezza nei riguardi dell'immigrazione e permette che la gestione degli  immigrati sia affidata alla corruzione o alla criminalità.

In queste condizioni non c'è ricetta possibile e allora occorre sperare che qualcuno si svegli e finalmente si rivolga alla soluzione del problema partendo dalle basi. Bisogna ripristinare la legalità e la dignità umana nei luoghi di origine. Occorre bandire dalla comunità internazionale chi costringe, sfrutta e alimenta la migrazione, si devono colpire gli sponsor diretti e indiretti delle guerre, dei regimi canaglia e del terrorismo. 

Occorre costituire fasce di sicurezza e di prossimità nelle quali separare le brave persone dai delinquenti.  Infine bisogna finirla con l'assistenzialismo gratuito o dal cuore peloso e stabilire piani di accoglienza non in base a quante case o chiese vuote abbiamo ma in base alle possibilità d'inserimento temporaneo o permanente nel mondo del lavoro.




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