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Un papa scomodo e una chiesa politicamente sterile?



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Un papa scomodo.

source : settimananews.it/ 12 maggio 2020 di: Francesco Cosentino


«E, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia» (Mt 5,11).

Le Beatitudini, proclamate da Gesù sul Monte, si concludono così. Non certo un elogio del disprezzo o un invito a ricercarlo di per sé per farne una medaglia al valore, bensì uno scossone che Gesù ci consegna per frantumare la tiepidezza e l’imperturbabilità con cui talvolta abbiamo indossato la fede come si indossa un abito comodo per la festa.

No, dice il Maestro:
la fede è pericolosa, accende nel mondo la memoria pericolosa di un amore che vuole trasformare la storia, è misericordia che lenisce le ferite degli ultimi e spada che ferisce l’ipocrisia religiosa e l’arroganza dei potenti. Perciò, preparatevi a essere mal visti, ostacolati, osteggiati. E quando non potranno fare altro, inizieranno a mentire. La forza di una menzogna

Niente può essere peggiore di una bugia costruita bene, diffusa con tutti i mezzi possibili e poi spacciata e venduta come verità: la sua potenza diventa tale da convincere anche grandi masse. Non è un caso che, dietro ogni regime totalitario, c’è sempre una grande bugia creduta come verità.

Il Priore di Bose, Luciano Manicardi, afferma che «la forza della menzogna risiede nel suo potere di ricreare la realtà, di plasmarla a piacimento, di manipolare altre persone inducendole a credere e a fare ciò che noi vogliamo in base alle nostre menzogne».

Se un segno distintivo delle Beatitudini è questo: fare la stessa strada del Cristo, immaginare Dio e servire l’uomo con lo stesso respiro e la stessa compassione, allora la menzogna che dice «ogni sorta di male» può essere semplicemente la reazione del mondo quando ha davanti un autentico cristiano.

Non è detto che lo sia, non lo è automaticamente, ma è possibile che la menzogna sia la reazione per tendere insidie al giusto, che ci è d’inciampo (cf. Sap 2,12).

Papa Francesco ha un’aderenza radicale al Vangelo che lo rende scomodo. La sua tagliente predicazione ha nel tempo aumentato la filiera dei nemici, il suo magistero liberante sconvolge i rigoristi della dottrina, la sua libertà interiore toglie il sonno all’ipocrisia religiosa.

Il sogno di una Chiesa che non occupa spazi ma avvia processi e che lascia cadere le pietre del moralismo e della condanna per farsi abbraccio dell’uomo, è decisamente troppo. E siccome Francesco ha forza, coraggio e parola che arriva al cuore di tutti velocemente, si può colpire soprattutto con la menzogna.

Tesi false su Francesco

Così, sono iniziate a circolare numerose fake news su papa Francesco. Dapprima silenti e striscianti, hanno poi cercato di far rumore su numerose schiere di blog, siti e pagine social, che ogni giorno ci “allietano” con tesi deliranti e, al contempo, sconcertanti.

Si tratta di un conservatorismo religioso di ritorno colmo di ideologia, che si sposa con qualcosa che prende corpo in modo sempre più preoccupante: un mondo di lobby politiche ed economiche, disturbato da un papa che condanna la cultura dello scarto generata dal capitalismo, rimette al centro la dignità dei poveri e si fa coscienza critica contro lo sfruttamento delle risorse.

Valeva per Gesù come vale oggi per il papa:
se si rimane nell’ambito religioso e sacro, magari parlando di astratti principi, può andar bene; ma se si inizia a parlare dei poveri, dei migranti, degli sfruttati, di quanto anche noi siamo responsabili con i nostri stili di vita di una progressiva ingiustizia sociale che distrugge il pianeta Terra, allora siamo davanti all’apostasia, al papa che svende la dottrina, al Vangelo ridotto a socialismo, e così via.
Galli della Loggia, tra bugie e verità

Dispiace, ma non sorprende. L’autorevole firma de Il Corriere della Sera sa scrivere bene, può anche “convincere” il lettore mettendo insieme, con retorica arte giornalistica, qualche sprazzo di verità insieme a qualche colossale bugia. Tuttavia, non incanta coloro che hanno occhi e cuore per leggere la storia reale di questo pontificato e di ciò che accade nella storia.

La cosa più ironica degli attacchi a Francesco è che, per colpirlo, finiscono per dire in modo semplice delle importanti verità, un po’ come successe a Caifa che, senza volerlo, pronunciò una profezia sul Cristo: «È meglio che muoia un solo uomo per il popolo e non che perisca una nazione intera».

Così, Galli della Loggia afferma che «Il discorso pubblico di Francesco inclina a perdere ogni specificità di tipo religioso» appena esce dall’ambito delle cerimonie e dei riti. Mentre separa culto e vita, lode ed impegno sociale, il giornalista dice una straordinaria verità: Francesco non è un papa religioso. Proprio così. Non gli interessa difendere un ruolo e marcare gli spazi di un’istituzione, né avere il controllo religioso delle coscienze e delimitare il potere religioso dinanzi a quello civile e politico.

Al contrario, egli mette in atto la vecchia lezione di Ratzinger, secondo cui
tanto più la Chiesa perde rilevanza sociale e politica e tanto più diventa la Chiesa di Cristo, spoglia da interessi mondani e preoccupata di portare la novità del Vangelo al mondo per trasformarlo non come forza politica, ma come lievito di una forza di altra natura. Il suo discorso non è specificatamente religioso perché sa che al cuore del Vangelo non c’è la religiosità ipocrita degli scribi e dei farisei, ma l’amore per Dio e per il prossimo.

Il discorso «sociale» del papa, poi, sarebbe staccato dalla stessa dottrina sociale della Chiesa e lo stesso messaggio evangelico rimangono sullo sfondo, trasformando tutto in un’ideologia anticapitalista, che attacca gli Stati Uniti e non fa mai riferimento all’Europa.

Le bugie hanno le gambe corte, specie in tempi di comunicazione social: basta recuperare la cronologia. Si potrà vedere bene come quasi mai un discorso ufficiale del pontefice prescinde dalla ricchezza del Vangelo e dalla bellezza dei gesti di Gesù, così come da ampi riferimenti al magistero del passato.

Se poi a disturbare è la critica al capitalismo e neoliberismo odierni, la cosa è legittima; ma, dopo anni in cui un nemico altrettanto pericoloso come il comunismo ha occupato molti degli interventi sociali del magistero, è anche legittimo che oggi il papa denunci un sistema che continua a seminare nel mondo il cancro dell’ingiustizia.

Circa l’Europa, sono numerosi gli interventi di papa Francesco, dal Discorso all’Europarlamento del 2014 fino al Regina Coeli di qualche ora fa.

Il fatto è – dice della Loggia – che, senza questa innervatura religiosa del discorso papale, si perde «ciò che ha sempre fatto la forza politica della Chiesa». E anche stavolta, suo malgrado, della Loggia dice la verità: Papa Francesco è convinto che la «Chiesa di Costantino» non fa una politica migliore a servizio del mondo, ma si caratterizza come un connubio con elementi mondani del potere politico-economico che, casomai, la snaturano.

Essi la rendono potente da un punto di vista mondano, ma perdente quanto a logica evangelica. Egli sa – perché a differenza di chi lo accusa il Vangelo lo legge – che il seme evangelico dell’amore che trasforma il mondo, la società, le relazioni e le strutture, è diverso, e non sposa la logica del potere terreno e politico.

Egli sogna una Chiesa spoglia, che non si sbraccia per esibire nel mondo la propria abilità nel saper entrare nel gioco della parti, ma si gloria solo dell’amore crocifisso di un re che non è di questo mondo. Un re che dalla sua Chiesa vuole una presenza storica e «politica» al modo del lievito e del piccolo seme nascosto.

Un papa scomodo

L’ultima cosa che potremmo suggerire a della Loggia è rileggersi quanto scritto dalla sua compagna di vita, Lucetta Scaraffia, su L’Osservatore Romano del 2 dicembre 2018: «Con questa sua capacità di smascheramento, che sa applicare a molte questioni, Francesco dimostra come l’impegno spirituale cristiano sia sempre legato alla verità e quindi alla giustizia, e a come queste vengano vissute nel momento storico. Questo spiega il successo – ma anche le molte opposizioni – a colui che nei fatti è veramente un papa scomodo».

Anche questa è verità: un papa scomodo. Che speriamo adesso scomodi un po’ tutti a farci domande serie e sensate sulla nostra adesione al Vangelo. E, magari, scomodi anche i vescovi italiani, che forse sugli attacchi e le bugie rivolte da tempo contro papa Francesco, dovrebbero offrire qualche presa di posizione più netta.


Una Chiesa politicamente sterile? settimananews.it/15 maggio 2020/ di: Franco Monaco

Galli è un opinionista brillante, ma talvolta la sua vena di polemista gli prende la mano. Come cercherò di argomentare, vi è un che di paradossale nella sua polemica con la Chiesa di papa Francesco. Egli ha sostenuto che «la Chiesa riesce meno a fare politica» a motivo del carattere ideologico (?), privo di una «nervatura religiosa», del pontificato di Francesco, il quale, altresì, avrebbe liquidato la dottrina sociale della Chiesa.

Già non è chiarissima la distinzione tra il concetto di “ideologico” e quello di “politico”. Né come un papato “ideologico” possa condurre la Chiesa alla sterilità politica. Sembra una contraddizione. E comunque è francamente audace imputare a un pontefice in genere e a Francesco in particolare un deficit di spessore religioso. A meno di indulgere a un’idea – essa sì ideologica – del cristianesimo inteso come religione civile, molto, troppo e innaturalmente intrecciata con la politica.

La dottrina sociale non è una “terza via”

Secondo Galli, Bergoglio si farebbe banditore di un’ideologia comunitario-populista, anticapitalista e antioccidentale. A mio avviso, le cose non stanno così. Galli fa confusione. Semmai il papa:

Egli sembra prospettare una via “altra” più che “terza”. Ispirata alla convinzione che alla Chiesa, in coerenza con la sua “differenza evangelica” e con la sua vocazione universalistica, competa non tanto di sposare un modello sociale e politico, quanto piuttosto di rappresentare un’istanza critico-profetica verso ciascun modello.

Merita richiamare qui un passo chiarificatore circa la natura e lo statuto della dottrina sociale della Chiesa già presente nell’enciclica Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II (1987):

«La dottrina sociale della Chiesa non è una “terza via” tra capitalismo liberista e collettivismo marxista e neppure una possibile alternativa per altre soluzioni meno radicalmente contrapposte: essa costituisce una categoria a sé. Non è neppure un’ideologia…»
. La sua stella polare è il «Vangelo sull’uomo». Essa – così conclude – «appartiene perciò non al campo dell’ideologia, ma della teologia morale».

Questa messa a punto circa lo statuto proprio della dottrina sociale, già anticipata da Paolo VI nell’Octogesima adveniens (1971), si fa ancor più marcata e visibile nell’insegnamento sociale di Francesco. Dunque, l’opposto del rilievo mosso da Galli che gli imputa un pensiero “ideologico”.

L’Occidente e la libertà religiosa

Su un punto, egli ha ragione: a paragone di qualche suo predecessore, Francesco è meno eurocentrico, si mostra più critico verso l’Occidente presunto cristiano. Non tanto e non solo a motivo della sua estrazione («dalla fine del mondo»), ma soprattutto per il suddetto nesso stretto che egli stabilisce tra Vangelo e Politica. Qui sta l’equivoco.

Domando: si può negare che l’Occidente sviluppato, pur storicamente debitore del cristianesimo, nei suoi stili di vita e nei suoi modelli culturali e sociali, si sia decisamente discostato dai valori cristiani? si può eccepire sulla circostanza che esattamente il Vangelo (salvo non considerarlo centrale nel definire l’asserita “nervatura” della religione cristiana) prescriva un’opzione preferenziale per l’umanità ferita e sofferente?

Tanto più oggi, dentro la drammatica pandemia che ci ha investito, come non apprezzare semmai il monito di Francesco alla conversione di un mondo malato che solo ora apre gli occhi sulla sua malattia sino a ieri misconosciuta? A cominciare dalla hybris scientifico-tecnologica e da un esorbitante antropocentrismo esponenzialmente riscontrabili proprio nell’Occidente.

Dunque, a ben vedere, è l’editorialista del Corriere che incappa in un doppio errore: da un lato, ispirandosi lui a un’accezione ideologica della dottrina sociale cristiana intesa come terza via e, dall’altro. pretendendo che essa “consacri” il paradigma politico-culturale occidentale. Pretesa indebita non da oggi coltivata da certe élites laico-liberali, le quali vorrebbero una Chiesa subalterna alla loro “illuminata” visione.

A sostegno della sua tesi – la sterilità politica del pontificato – Galli fa due esempi: un asserito mutismo sulla tensione intraeuropea tra nord protestante e sud cattolico; e quello sulle autocrazie russa e cinese.

Premesso che la visione di Francesco a proposito del “compito politico” della Chiesa non si concreta nella rivendicazione di un protagonismo della Santa Sede tra le potenze della comunità internazionale (si può anche riconoscere, serenamente, che, a qualche suo predecessore, sotto questo profilo, la pubblicistica abbia attribuito più rilievo. Ma, mi chiedo, è questo ciò che più conta ai fini della missione della Chiesa?), sarebbe tuttavia improprio sostenere che Bergoglio sia indifferente sulle due accennate questioni.

Si pensi ai suoi richiami all’ideale europeista e ai padri fondatori, alle parole chiare sui vincoli di solidarietà europea e ai giudizi severi sulla matrice individualistica dei paesi del nord del mondo (in USA e in Europa); o alla sua sensibilità (menzionata dallo stesso Galli) per l’attivo protagonismo dei popoli, e segnatamente di quelli poveri e oppressi, ai fini della propria emancipazione. In coerenza con la teologia del popolo a lui cara.

Su queste basi, è difficile imputargli ignavia verso i limiti dei regimi autoritari, per definizione refrattari a una vera partecipazione democratica. Né si può immaginare che Francesco possa revocare l’approdo relativamente recente e tuttavia sicuro della Chiesa al valore della democrazia come regime politico delle libertà. Penso in particolare alla dichiarazione conciliare Dignitatis humanae.

Galli dovrebbe concedere che Francesco prediliga definirsi cristiano piuttosto che liberale (e magari liberista), ma ciò non significa che non apprezzi i principi liberal-democratici o che egli, tanto impegnato a restituire centralità al Vaticano II dopo anni di appannamento, possa essere sospettato di sottostimare il decreto conciliare sulla libertà religiosa, nel suo intimo intreccio con le libertà civili e politiche, che fu ispirato dal gesuita americano John Courtney Murray.



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