Corso di Religione
di Ruben Razzante 25-03-2015 lanuovabq.it
Capito Boldrini?
Un vero e proprio tarlo corrosivo della società, che rischia di
minare dalle fondamenta un patrimonio identitario ed educativo
inestimabile e di produrre frutti aberranti tra le generazioni
a venire. L'ideologia gender continua a fare breccia in ampi settori
della cultura laica (meglio sarebbe dire laicista) e a mettere
in discussione i valori della famiglia naturale. Perfino alte cariche
dello Stato prendono posizioni che sembrano inserirsi nel solco
di quel modo di pensare, incline a negare le distinzioni naturali
tra uomo e donna.
La presidente della Camera, Laura Boldrini, non nuova a esagerazioni
femministe davvero imbarazzanti (spesso anche per i suoi stessi compagni
di partito), ne ha sparata un'altra delle sue: «Certe pubblicità
che noi consideriamo normali», ha sentenziato, «con le donne che
stanno ai fornelli e tutti gli altri sul divano, danno un’immagine
della donna che invece non è normale e che non corrisponde alla realtà
delle famiglie». E ha aggiunto: «È mortificante per il Paese che
non ci si accorga di quanto il pregiudizio sia entrato nel nostro
modo di pensare; consideriamo normali pubblicità che in altri Paesi
non andrebbero mai in onda sulla Tv pubblica perché propongono uno
schema e un assetto di famiglia non rispettoso dei ruoli all’interno
delle famiglie, in cui ciascuno fa la sua parte. Le istituzioni non
devono tirarsi indietro nella battaglia per una rappresentazione
della donna più giusta e veritiera».
L'ennesimo messaggio "pro gender" di una
rappresentante delle istituzioni, ossessionata dal sessismo e
famosa per le sue impuntature
di natura nominalistica circa l'utilizzo di termini come "assessora" al posto di "assessore" o di "ministra" in
luogo di "ministro", quasi che da una parola potesse dipendere
la sostanza delle cose. Sul tema, con accenti diametralmente opposti,
si era soffermato il Papa,durante la sua visita di domenica, a
Napoli, definendo il gender «uno sbaglio della mente umana» Lunedì,
infine, era sceso in campo anche il presidente della Cei, cardinale
Angelo Bagnasco, per denunciare i rischi insiti nel dilagare di
pseudoculture volte a negare la radicale e irriducibile diversità
naturale tra uomo e donna e ad allevare quelli che ha definito
dei "transumani". «La società», ha avvertito il prelato, «ha il
grave dovere di non corrompere
i giovani con idee ed esempi che nessun padre e madre vorrebbero
per i propri ragazzi. I cittadini hanno il diritto ad una scuola
non ideologica e supina alle mode culturali imposte».
In un altro passaggio della sua ricca prolusione con la
quale ha aperto i lavori del Consiglio permanente dei
vescovi, Bagnasco ha insistito sull'emergenza educativa e sulle
difficoltà vissute dalla scuola cattolica. Bagnasco ha aspramente
criticato gli opuscoli che parlano dell'identità di genere distribuiti
negli istituti italiani, parlando di «logica distorta e ideologica»,
a proposito dei tre volumetti intitolati “Educare alla diversità
a scuola”, destinati alle scuole primarie e alle secondarie di
primo e secondo grado. «In teoria», ha chiarito, «le tre guide
hanno lo scopo di sconfiggere bullismo e discriminazione, in realtà
mirano a “istillare” nei bambini preconcetti contro la famiglia,
la genitorialità, la fede religiosa, la differenza tra padre e
madre… parole dolcissime che sembrano oggi non solo fuori corso,
ma persino imbarazzanti, tanto che si tende a eliminarle anche
dalle carte». Trattasi di una vera e propria dittatura culturale
fondata su una lettura ideologica del “genere”, che pretende di
appiattire le diversità, omologare tutto fino a trattare le identità
di uomo e donna come pure astrazioni o punti di vista opinabili.
«Viene da chiederci con amarezza», ha proseguito Bagnasco,
«se si vuol fare della scuola dei “campi di rieducazione”,
di “indottrinamento”. Ma i genitori hanno ancora il diritto di
educare i propri figli oppure sono stati esautorati? Si è chiesto
a loro non solo il parere ma anche l’esplicita autorizzazione?
I figli non sono materiale da esperimento in mano di nessuno, neppure
di tecnici o di cosiddetti esperti. I genitori non si facciano
intimidire, hanno il diritto di reagire con determinazione e chiarezza:
non c’è autorità che tenga». C'è da augurarsi che le parole del
presidente della Cei non rimangano un grido isolato, ma stimolino
una rinnovata consapevolezza nel clero circa la necessità di pronunciare
messaggi chiari e incisivi sul tema dell'ideologia del gender,
che lavora in modo sotterraneo sulle coscienze dei più giovani
e si nutre di campagne apparentemente utili e costruttive, alimentando
la traduzione di tutti i bisogni in diritti, anche a scapito dei
pilastri della natura e della civiltà umana.
La sfida è culturale ed educativa e va combattuta senza
titubanze. La pericolosissima legge contro l'omofobia,
se approvata, porterebbe alla criminalizzazione di chi difende
la famiglia naturale tra uomo e donna aperta alla procreazione
come unica famiglia possibile. Quella legge cancellerebbe perfino
la libertà di manifestazione del pensiero in campo religioso. Si
misurerà anche su questo versante la coerenza che certe forze politiche
attente ai valori cattolici sbandierano ai quattro venti durante
la campagna elettorale.
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