Corso di Religione
di Luigi Santambrogio 25-03-2015 lanuovabq.it
Generazione "incosciente": si droga e lo fa "al buio"
L’indagine è firmata dal Cnr, più precisamente dall’Istituto
di fisiologia clinica del Consiglio nazionale
delle ricerche di Pisa (Ifc-Cnr) e Espad
Italia (European school survey project on alcohol
and other drugs. Dunque, cosa seria e prestigiosa e che non ha certo
bisogno di altre garanzie per ottenere fiducia e credibilità. I due
istituti hanno intervistato, come fanno ogni anno, circa 54mila studenti
di 405 istituti di medie superiori, ragazzi tra i 15 e i 19 anni,
sull’uso delle sostanze stupefacenti. Le risposte? Terribili. «Sì,
mi drogo, ma non so di cosa», hanno confessato gli adolescenti. Il
56% circa di questi 54mila ha assunto, senza sapere cosa fossero,
sostanze per non più di due volte, ma il 23% ha ripetuto l’esperienza
più di 10 volte. Il 53% di questi studenti ha utilizzato un miscuglio
di erbe sconosciute, che si presentavano per il 47% in forma liquida
e per il 43% sotto forma di pasticche o pillole. Questo consumo “alla
cieca” coinvolge il 3% dei maschi e poco meno del 2% delle ragazze
significativo di ragazzi che utilizzano sostanze senza conoscerle.
Sui gusti, dicevano una volta, non si discute ma qui siamo
all’indifferenza agnostica e nichilista dello sballo: neppure
sui paradisi artificiali ci prende la responsabilità di scegliere.Mi
drogo ma non mi interessa sapere con quale schifezza: un consumatore
di questo tipo è il sogno di ogni narcos. Un mercato dove tutto è
appetibile e acquistabile: cocaina, eroina, ecstasy, marijuana e
anfetamine, niente più fa la differenza e tutto è buono per il “viaggio”
nei mondi fatati e allucinati dell’extra-realtà. Ecco il messaggio
che esce dalla ricerca del Cnr: c’è una generazione pronta a tutto,
che desidera solo evadere e non importa con quali mezzi e sostanze,
vegetali, chimiche, di sintesi o anche tutte messe insieme. Giacché
una vale l’altra e dunque, ciò che conta è la potenza e la durata
del flash. Con un target così i legalizzatori di stupefacenti avranno
gioco facile: si apre un nuovo mercato milionario dove c’è grana
e benessere per tutti: lo Stato, i farmacisti dei coffee shop, i
trafficanti internazionali, gli spacciatori di strada.
«Mi drogo ma non so perché e con che cosa»: le risposte al
questionario del Cnr sono l’ultimo (o forse il penultimo)
della saga dei piccoli delinquenti a loro insaputa. Quella che ogni
tanto la cronaca consegna alla riprovazione pubblica e allo scandalo
dei onesti. Ricordate lo sciagurato energumeno di Milano che due
anni fa ha massacrato di botte il tassista lo ha fatto per vendicare
la morte del piccolo cucciolo di cocker. In quel gesto assassino
non c’era neppure lo stravolgimento di valori universali ed eterni,
la blasfema negazione che la vita umana viene prima di quella canina.
O come il giovane che a Roma, nel mezzanino del metrò, ha ridotto
in fin di vita la donna romena solo per “un banale diverbio”.
Futili motivi, si usa scrivere nei rapporti di polizia e sui
giornali, ma è un’ipocrita scappatoia: come se davvero
esistessero delitti ben motivati e dunque meno odiosi e più accettabili.
E ancora: i delitti dei fidanzatini (la ragazza affogata nel lago
e quella buttata nel burrone): tragedie con giovani killer che paiono
venire dallo sprofondo più nero, dove tutto pare drammaticamente
confuso, improbabile e senza ragioni. E gli assassini quasi sgomenti
e increduli davanti al crimine compiuto: non “volevano” e non “intendevano”.
Ecco: non “sanno quello che fanno”, questi mostri improvvisati, carnefici
maldestri e senza giudizio.
La cecità del giudizio: che sia questa la chiave dell’enigma?
I fatti spariscono e non resta più una ragione capace di
riacciuffarli, ma solo la negazione d’ogni ragione. Assurdo? Questo
succede a vellicare le voglie del nichilismo diffuso, popolare e
democratico. E non c’è alto valore morale o nobile virtù civile che
tenga. Che cosa può fermare un “pirata della strada” a soccorrere
la vittima straziata dalla sua follia alcolica o anche da un semplice
stop non rispettato? E perché rinunciare allo sballo del sabato sera,
quando la felicità promessa tarda ad arrivare e non resta che qualche
pillola da buttare giù?
L’educazione ha la vita bassa e tanti adulti barricati nelle
torri. Fuori dal deserto si esce solo una proposta educativa,
l’offerta di un ideale da verificare nella realtà, e cui rapportare
ogni azione e circostanza. Emergenza nazionale, l’hanno chiamata,
che non può certo essere affrontata con irrisorie lezioncine sulla
“cultura della legalità”, sui valori smarriti o il flanellare seriosamente
sulle vacanze lunghe o corte. Se questo è tutto ciò che sanno inventare
gli adulti, poveri ragazzi. Ucciso il padre, resta solo la chimica:
droghe e sesso sono tra i più gettonati strumenti di questa castrazione
giovanile di massa. Ma, le esigenze elementari e i desideri fondamentali
non si imbrigliano facilmente. Lasciati a se stessi diventano distruttive
e trovano altri terreni su cui manifestarsi. Come in quello velenoso
della droga.
Vengono i brividi a rileggere Giovanni Testori, scrittore geniale e cattolico “irregolare”, quando si chiede angosciato «Perché s’è avuto e si ha ancora il timore di dire che il Dio rifiutato è un vuoto che nessuna demagogia del benessere e dell’uguaglianza, o d’ambedue assieme, può colmare; e che quel vuoto, a riempirlo, sarà solo il cupo inferno della materia impazzita e della sua impazzita cecità e solitudine?». Ecco la questione seria: stiamo morendo per eccesso di realtà, ma di una realtà privata del suo senso e del suo nome. Cioè di Dio, Colui che l’ha creata e la sostiene ad ogni istante. E che solo può aiutare l’uomo ad affondare gli occhi nel suo irriducibile male, a provarne dolore e infine a sostenere la speranza di cambiamento. «L’inferno sono gli altri», profetizzava disperato l’ateo J. P. Sartre, l’esistenzialista che però consegnava al fallimento ogni tentativo di umana fraternità. Così ci tocca fare i conti con i demoni della nuova società liberata dalle stimmate del sacro: paradisi finti per piccoli criminali incoscienti, neppure degni di stare all’inferno.
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