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Califfo egiziano annuncia guerra contro tutti. I
fratelli musulmani incitano al terrorismo.
Il califfo egiziano Khaled Kholif annuncia la guerra
ai musulmani sciiti.
Memri.tv
Khaled Khalif:...:
"Il nostro problema con gli ebrei ed i cristiani in
questo mondo si sta risovendo. Prima ti liberi dei cristiani
poi degli ebrei e così via La nostra guerra con loro
è una guerra di religione e di esistenza Questo non è una
guerra per l' identità araba, per qualche questione regionale,
per il petrolio, o per il superamento di valichi di frontiera.
E 'molto più grave . Si tratta di una guerra di
religione e dei suoi principi fondamentali. Si tratta di
una guerra tra noi e loro per il credo religioso.
[...]
"E 'giusto essere preoccupati per l'attuale ideologia
sciita? La
risposta è Si!. E' mille volte giusto. Chi non conosce
e non sente questo dovrebbe ricordare la storia. Non vogliamo
un un altro [ conquistatore sciita ] come fatimide Al-Mu'izz li-Din Allah.
[...]
"Se quelli [gli sciiti] conquistano e il potere e lo mangengono in modo stabile
gli ebrei ed i crociati diventeranno i padroni nei nostri
paesi. Diventeremo stranieri nei nostri stessi paesi. La
nazione deve affrontare questi [sciiti] con tutti i mezzi possibili.
"La nostra guerra contro gli ebrei è chiara e semplice , ma la nostra guerra
con questi [sciiti] è molto seria , e dobbiamo incominciarla adesso."
I Fratelli Musulmani istigano al terrorismo
di Valentina Colombo 01-06-2015 lanuovabq.it
“Chiediamo alle forze che si oppongono al colpo di Stato, alle persone
libere in Egitto e all’estero di serrare i ranghi nella resistenza
a questa struttura criminale, ricorrendo a tutti i mezzi opportuni
quali la rivolta civile e altri mezzi, per purificare la nazione dalla
tirannide e dai crimini di chi ha portato a compimento il colpo di
Stato e per fare trionfare il sangue dei martiri: ‘Gli ingiusti vedranno
ben presto il destino verso il quale si avviano’ (XXVI, 227)”
Così si chiude “L’appello per l’Egitto” lanciato il 27 maggio 2015
e sottoscritto da più di 150 ulema affiliati, direttamente o indirettamente,
con il movimento dei Fratelli musulmani. L’appello segue di pochi giorni
le manifestazioni che si sono svolte in tutta Europa - da Berlino a
Milano, da Parigi a Roma – organizzate da sedicenti "comitati per la
libertà e per la democrazia in Egitto", ma di fatto espressione politica
del movimento dei Fratelli musulmani in Europa, per manifestare per
il reinsediamento del presidente Morsi e contro la recente condanna
a morte – non ancora confermata dal Gran Mufti d’Egitto – di quest’ultimo
e di altri cento affiliati ai Fratelli musulmani tra cui il predicatore
Yusuf Qaradawi, presidente sia dell’International Union of Muslim Scholars
(IUMS) con sede a Doha sia del European Council for Fatwa and Research
(ECFR) con sede a Dublino.
L’appello per l’Egitto è la reazione “islamicamente corretta” alle
sentenze egiziane, è l’ufficiale giustificazione della resistenza, armata
e non, nei confronti di El Sisi che viene accusato al punto tre del
comunicato di “proteggere i sionisti e di essere un nemico della resistenza
palestinese”, in quanto la sua lotta contro la Fratellanza fa sì che
si sia schierato con il braccio palestinese di quest’ultima, ovverosia
Hamas. Al punto tre El Sisi è accusato di avere quindi tradito la religione
e la patria, di avere “abbandonato il cammino dell’Inviato di Allah”,
in altre parole lo si accusa principalmente di apostasia. Il punto 3
si chiude con la citazione coranica seguente: “E chi li [i giudei e
i nazareni] sceglie come alleati è uno di loro. In verità Allah non
guida un popolo di ingiusti” (V, 51).
Al punto 4 si specifica che “i
governanti, i giudici, i funzionari, i soldati, i mufti, i responsabili
dei mezzi di comunicazione e i politici” che sostengono l’ingiusta uccisione
di innocenti, secondo la sharia “sono assassini ai quali si applicano le
regole che riguardano l’omicida, che richiede il tagliane secondo i precetti
della sharia”. Non mancano
le accuse di connivenza nei confronti dello shaykh di Al Azhar, all’articolo
8, e del Gran Mufti, all’articolo 9.
Tuttavia è l’articolo 10 a chiarire la portata e la gravità, per la
sicurezza in Egitto, del comunicato: “La difesa con ogni mezzo lecito
[…] è un dovere previsto dalla sharia, nessuno può impedirla né autorizzarla
[…] Allah –Egli è l’Altissimo – ha detto: ‘Chi si difende per avere
subito un torto non incorre in alcuna sanzione. Non c’è sanzione se
non contro coloro che sono ingiusti con gli uomini e, senza ragione,
spargono la corruzione sulla terra: essi avranno un doloroso castigo’
(XLII, 41-42).” E’ evidente l’appello al jihad difensivo, in altre parole
alla resistenza, che è da sempre un leit motiv dei predicatori della
Fratellanza, da Qaradawi a Hamas.
Non si deve dimenticare che Qaradawi – padre spirituale di tutti i
firmatari dell’appello per l’Egitto - ha emesso fatwe in cui si giustificavano
gli attentati suicidi in Israele e in Iraq durante l’”occupazione americana”,
in cui autorizzava le donne a commettere attentati suicidi “senza il
consenso del marito” e persino “senza indossare il velo” in nome della
causa. Nell’aprile 2013 è stato Qaradawi a dichiarare, nel corso di
un’intervista alla televisione satellitare Al Jazeera, che “il jihad
in Siria è un dovere personale che spetta a tutti i musulmani” perché,
come nel caso dell’Egitto odierno, governato da un tiranno.
Il comunicato del 25 maggio scorso s’inserisce appieno in questa ideologia
che condanna il jihad dell’ Stato islamico e di Al Qaeda, ma al contempo
lo rende lecito nel momento in cui si individua un tiranno, un traditore,
un nemico dell’islam come nel caso si El Sisi. Il 28 maggio 2015 un
comunicato ufficiale del portavoce del movimento dei Fratelli musulmani
ha accolto il documento suddetto ribadendo il dovere sharaitico alla
“resistenza nei confronti del colpo di Stato con ogni mezzo sino a che
non cadrà e non ritornerà la legalità” poiché “gli ingiusti vedranno
ben presto il destino verso il quale si avviano” (XXVI, 227).
Purtroppo la gravità del documento, che preannuncia lotta armata e
resistenza sul territorio egiziano e non solo, riguarda da vicino anche
l’Europa poiché tra i firmatari figurano due membri del European
Council for Fatwa and Research con sede a Dublino, presieduto da Qaradawi. Si
tratta di Hussein Halawa, imam del Centro islamico
d’Irlanda dove ha
sede il European Council, e Salem Abdul Salam al-Sheikhi, ex ministro
degli Awqaf libico ora residente nel Regno Unito e attivo come predicatore
in tutta Europa. Se a ciò si aggiungono le organizzazioni islamiche
affiliate direttamente o meno alla Fratellanza in Europa, gli attivisti
per la democrazia in Egitto – che combattono e protestano solo per Morsi
e la Fratellanza, ma dimenticano i condannati per apostasia in altri
paesi islamici – non è difficile comprendere l’importanza e la portata
dell’appello per l’Egitto. In modo particolare, siffatto appello dovrebbe
aiutare a comprendere come molte realtà che condannano il jihad dello
Stato islamico, non esitano a inneggiare alla resistenza armata qualora
necessario.
Pur condannando la pena capitale, comminata ma non ancora confermata,
nei confronti dei membri della Fratellanza in Egitto, credo sia più
che mai indispensabile aprire gli occhi sul relativismo dei valori e
dei giudizi che impera nelle organizzazioni gestite in Europa e altrove
dai Fratelli musulmani e agire nei loro confronti prima che un qualche
paese occidentale venga indicato come “nemico dell’islam”, ovverosia
islamofobo, e oggetto di resistenza. L’Europa, così come l’Egitto, devono
comprendere che la lotta contro i Fratelli musulmani è una lotta globale
contro un’ideologia che sin dalla sua nascita si è posta come unico
rappresentante dell’islam, usurpando un ruolo che – non avendo l’islam
un’autorità – non spetta a nessuno, tanto meno a chi promuove il relativismo
della sacralità della vita.
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