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La «Rivoluzione religiosa» di al-Sisi La rivoluzione pacifica di cui l’islam ha necessità assoluta |
di S. Magister http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/ La terrificante strage compiuta il 7 gennaio a Parigi da terroristi musulmani nella redazione del settimanale satirico francese “Charlie Hebdo” ha riportato per l’ennesima volta al centro dell’attenzione l’irrisolta questione della violenza nell’islam. È la questione che Benedetto XVI aveva analizzato con radicale chiarezza nella sua memorabile lezione di Ratisbona . ( cf.: Al Cairo torna attuale la lezione di Ratisbona .) E di cui aveva pochi mesi dopo indicata la soluzione , invocando anche per il mondo musulmano, come già per il cristianesimo, una sorta di “rivoluzione” illuministica: “Il mondo musulmano si trova oggi con grande urgenza davanti a un compito molto simile a quello che ai cristiani fu imposto a partire dai tempi dell’illuminismo. [...]“Da una parte, ci si deve contrapporre a una dittatura della ragione positivista che esclude Dio dalla vita della comunità e dagli ordinamenti pubblici, privando così l’uomo di suoi specifici criteri di misura.“D’altra parte, è necessario accogliere le vere conquiste dell’illuminismo, i diritti dell’uomo e specialmente la libertà della fede e del suo esercizio, riconoscendo in essi elementi essenziali anche per l’autenticità della religione. Come nella comunità cristiana c’è stata una lunga ricerca circa la giusta posizione della fede di fronte a quelle convinzioni – una ricerca che certamente non sarà mai conclusa definitivamente – così anche il mondo islamico con la propria tradizione sta davanti al grande compito di trovare a questo riguardo le soluzioni adatte”.(*) " A Regensburg il dialogo tra le religioni venne toccato solo marginalmente e sotto un duplice punto di vista. La ragione secolarizzata non è in grado di entrare in un vero dialogo con le religioni. Se resta chiusa di fronte alla questione di Dio, questo finirà per condurre allo scontro delle culture. L'altro punto di vista riguardava l'affermazione che le religioni devono incontrarsi nel compito comune di porsi al servizio della verità e quindi dell'uomo. La visita in Turchia mi ha offerto l'occasione di illustrare anche pubblicamente il mio rispetto per la Religione islamica, un rispetto, del resto, che il Concilio Vaticano II (cfr Dich. Nostra Aetate, 3) ci ha indicato come atteggiamento doveroso. Vorrei in questo momento esprimere ancora una volta la mia gratitudine verso le Autorità della Turchia e verso il popolo turco, che mi ha accolto con un'ospitalità così grande e mi ha offerto giorni indimenticabili di incontro. In un dialogo da intensificare con l'Islam dovremo tener presente il fatto che il mondo musulmano si trova oggi con grande urgenza davanti a un compito molto simile a quello che ai cristiani fu imposto a partire dai tempi dell'illuminismo e che il Concilio Vaticano II, come frutto di una lunga ricerca faticosa, ha portato a soluzioni concrete per la Chiesa cattolica. Si tratta dell'atteggiamento che la comunità dei fedeli deve assumere di fronte alle convinzioni e alle esigenze affermatesi nell'illuminismo. Da una parte, ci si deve contrapporre a una dittatura della ragione positivista che esclude Dio dalla vita della comunità e dagli ordinamenti pubblici, privando così l'uomo di suoi specifici criteri di misura. D'altra parte, è necessario accogliere le vere conquiste dell'illuminismo, i diritti dell'uomo e specialmente la libertà della fede e del suo esercizio, riconoscendo in essi elementi essenziali anche per l'autenticità della religione. Come nella comunità cristiana c'è stata una lunga ricerca circa la giusta posizione della fede di fronte a quelle convinzioni – una ricerca che certamente non sarà mai conclusa definitivamente – così anche il mondo islamico con la propria tradizione sta davanti al grande compito di trovare a questo riguardo le soluzioni adatte. Il contenuto del dialogo tra cristiani e musulmani sarà in questo momento soprattutto quello di incontrarsi in questo impegno per trovare le soluzioni giuste. Noi cristiani ci sentiamo solidali con tutti coloro che, proprio in base alla loro convinzione religiosa di musulmani, s'impegnano contro la violenza e per la sinergia tra fede e ragione, tra religione e libertà. In questo senso, i due dialoghi di cui ho parlato si compenetrano a vicenda. ... Ai pastori che pascolavano le loro pecore sui campi intorno a Betlemme gli angeli dissero: l'Atteso è arrivato. "Pace in terra agli uomini" (Lc 2,14). Egli stesso Cristo, il Signore, ha detto ai suoi discepoli: "Vi lascio la pace, vi do la mia pace" (Gv 14,27). Da queste parole si è sviluppato il saluto liturgico: "La pace sia con voi". Questa pace che viene comunicata nella liturgia è Cristo stesso. Egli si dona a noi come la pace, come la riconciliazione oltre ogni frontiera. Dove Egli viene accolto crescono isole di pace. Noi uomini avremmo desiderato che Cristo bandisse una volta per sempre tutte le guerre, distruggesse le armi e stabilisse la pace universale. Ma dobbiamo imparare che la pace non può essere raggiunta unicamente dall'esterno con delle strutture e che il tentativo di stabilirla con la violenza porta solo a violenza sempre nuova. Dobbiamo imparare che la pace – come diceva l'angelo di Betlemme – è connessa con l'eudokia, con l'aprirsi dei nostri cuori a Dio. Dobbiamo imparare che la pace può esistere solo se l'odio e l'egoismo vengono superati dall'interno. L'uomo deve essere rinnovato a partire dal suo interno, deve diventare nuovo, diverso. Così la pace in questo mondo rimane sempre debole e fragile. Noi ne soffriamo. Proprio per questo siamo tanto più chiamati a lasciarci penetrare interiormente dalla pace di Dio, e a portare la sua forza nel mondo. Nella nostra vita deve realizzarsi ciò che nel Battesimo è avvenuto in noi sacramentalmente: il morire dell'uomo vecchio e così il risorgere di quello nuovo. E sempre di nuovo pregheremo il Signore con ogni insistenza: Scuoti tu i cuori! Rendici uomini nuovi! Aiuta affinché la ragione della pace vinca l'irragionevolezza della violenza! Rendici portatori della tua pace! " Era il 2006 e da allora solo rare voci e ininfluenti si sono levate nel campo musulmano nella direzione indicata da papa Benedetto.Ma all’inizio di questo 2015 è davvero accaduto qualcosa di straordinario.Per la prima volta un leader politico musulmano di primo piano si è rivolto a un alto consesso di guide islamiche e in un luogo di grande valore anche simbolico proprio per esigere da loro l’avvio urgente di una “rivoluzione religiosa” capace di “sradicare” il fanatismo dall’islam e “rimpiazzarlo con una visione più illuminata del mondo”. Il leader era il presidente dell’Egitto, il generale Abdel Fattah al-Sisi, e la sede era l’università cairota di al-Azhar, il maggior centro teologico di tutto il mondo sunnita.Del suo discorso hanno riferito con ampiezza “L’Osservatore Romano” e il quotidiano della conferenza episcopale italiana “Avvenire“. Quest’ultimo ha anche dedicato alla “coraggiosa iniziativa” del presidente egiziano un editoriale di prima pagina, scritto dal suo esperto di geopolitica, il professor Riccardo Readelli.Sul “Corriere della Sera” del 7 gennaio anche un esperto di politica internazionale del livello dell’ambasciatore Sergio Romano non ha mancato di riconoscere la rilevanza del discorso di al-Sisi. Ecco qui di seguito come ne ha riferito il giornale della Santa Sede, in data 4 gennaio: RIVOLUZIONE RELIGIOSA CONTRO IL FANATISMO Il mondo musulmano non può più essere percepito come “fonte di ansia, pericolo, morte e distruzione per il resto dell’umanità”. E le guide religiose dell’islam devono “uscire da loro stesse” e favorire una “rivoluzione religiosa” per sradicare il fanatismo e rimpiazzarlo con una “visione più illuminata del mondo”. Se non lo faranno, si assumeranno “davanti a Dio” la responsabilità per aver portato la comunità musulmana su cammini di rovina. Non ha usato mezzi termini il presidente della repubblica egiziana, Abdel Fattah El Sissi, per condannare il modo drammaticamente sbagliato in cui, a causa di una parte dei suoi membri, l’islam si sta presentando al resto del mondo. Lo ha fatto nel corso di un intervento tenuto all’inizio del nuovo anno davanti a studiosi e leader religiosi dell’università Al Azhar (considerato il principale centro teologico dell’islam sunnita) riuniti insieme ai responsabili del ministero per gli affari religiosi.
Nel discorso il presidente egiziano ha preso di mira un “pensiero erroneo”, da lui contrapposto a quello dell’autentico islam, fatto di un coacervo di idee e testi che “noi abbiamo sacralizzato nel corso degli ultimi anni” e che conduce l’intera comunità musulmana “a inimicarsi il mondo intero”. A giudizio di El Sissi, i processi innescati dalla perversione islamista vanno bloccati. “È mai possibile – ha detto tra l’altro il leader politico arabo – che un miliardo e seicento milioni di persone possano mai pensare di riuscire a vivere solo se eliminano il resto dei sette miliardi di abitanti del mondo? No, è impossibile”. L’intervento di El Sissi ha avuto i toni forti dell’ammonizione soprattutto per le guide religiose del mondo islamico. “Quello che io sto dicendo – ha infatti detto il presidente della repubblica egiziana – non potete percepirlo se rimanete intrappolati dentro questa mentalità. Dovete uscire da voi stessi e osservare questo modo di pensare dal di fuori, per sradicarlo e rimpiazzarlo con una visione più illuminata del mondo”. Secondo El Sissi, c’è dunque bisogno di una “rivoluzione religiosa” e gli imam e i mufti sono “responsabili davanti a Dio” delle scelte che determineranno il futuro dell’intera comunità musulmana. “Il mondo intero – ha scandito il presidente – sta aspettando la vostra prossima mossa. Perché l’Umma islamica viene lacerata, viene distrutta e va perduta, per opera delle nostre stesse mani”. Dar Al Iftaa, istituzione religiosa sostenuta dal governo egiziano, ha risposto all’invito del presidente El Sissi lanciando un progetto nazionale volto a correggere l’immagine dell’islam attraverso i social media, visite all’estero, pubblicazioni e l’emanazione di fatwa “più adatte all’età moderna”. L’annuncio è stato dato da Ibrahim Negm, consigliere del gran mufti, in una dichiarazione alla stampa. Il 3 e 4 dicembre l’Al Azhar ha ospitato una conferenza su estremismo e terrorismo. Nel documento finale si definisce fra l’altro come criminale ogni azione tesa a costringere all’esodo forzato i cristiani che vivono nelle aree controllate da gruppi di militanti islamisti. |
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