SOMMARIO RASSEGNA STAMPA
La questione islamica interpretata da al-Azhar, dal Vaticano, dal Quirinale

Settimo Cielo di Sandro Magister 06 feb 2015 http://magister.blogautore.espresso.repubblica.it/

“L’Osservatore Romano” del 6 febbraio ha dato notizia in prima pagina della reazione dell’Università al-Azhar del Cairo, faro del mondo musulmano sunnita, alle atrocità commesse dallo Stato islamico.

Ma non ha scritto che il grande imam di al-Azhar Ahmed al-Tayeb ( foto a sx) ha comminato ai combattenti dello Stato islamico né più né meno che “la morte o la crocifissione o l’amputazione delle mani e dei piedi”, cioè i medesimi loro supplizi, in quanto pene “stabilite dal Corano”.

Né ha ripreso ciò che su “Avvenire” dello stesso giorno coraggiosamente scriveva il musulmano Khaled Fouad Allam – già per una brevissima stagione editorialista del giornale vaticano – contro la stessa sentenza di al-Azhar, da lui definita “fondamentalmente errata”, prigioniera di quella logica di “rivalità mimetica” della violenza magistralmente messa a fuoco dall’antropologo delle religioni René Girard.

Né “L’Osservatore Romano” ha ricordato che al-Azhar non ha ancora riallacciato quel dialogo con la Chiesa di Roma unilateralmente troncato all’inizio del 2011 per protesta contro la preghiera pubblica elevata da Benedetto XVI per le vittime di un sanguinoso attentato a una chiesa copta di Alessandria d’Egitto:

Per il grande imam al-Tayeb la colpa è sempre del papa

Dunque non la conversione alla ragione proposta da Benedetto XVI al mondo musulmano nell’anno di Ratisbona, ma nemmeno la rivoluzione ideale richiesta di recente dal presidente egiziano al-Sisi ai dotti di al-Azhar è stata da questi minimamente assimilata.

Sulla serietà della “violenza in nome della religione” compiuta “in ogni parte del mondo” dallo Stato islamico e da altre analoghe componenti della comunità musulmana ha detto parole non convenzionali il neoeletto presidente della repubblica italiana, il cattolico Sergio Mattarella, nel discorso inaugurale al parlamento, lo scorso 3 febbraio.

Dopo aver ricordato come vittima emblematica della violenza islamista, in Italia, il piccolo ebreo Stefano Taché, ucciso davanti alla sinagoga di Roma nel 1982 – “Aveva solo due anni, era un nostro bambino, un bambino italiano” – Mattarella ha così proseguito, individuando nell’offensiva islamista una minaccia ancora più grave dello stesso “scontro tra civiltà”:

“Va condannato e combattuto chi strumentalizza a fini di dominio il proprio credo, violando il diritto fondamentale alla libertà religiosa. Considerare la sfida terribile del terrorismo fondamentalista nell’ottica dello scontro tra religioni o tra civiltà sarebbe un grave errore. La minaccia è molto più profonda e più vasta. L’attacco è ai fondamenti di libertà, di democrazia, di tolleranza e di convivenza.

“Per minacce globali servono risposte globali. Un fenomeno così grave non si può combattere rinchiudendosi nel fortino degli Stati nazionali. I predicatori d’odio e coloro che reclutano assassini utilizzano internet e i mezzi di comunicazione più sofisticati, che sfuggono, per la loro stessa natura, a una dimensione territoriale. La comunità internazionale deve mettere in campo tutte le sue risorse.

“Nel salutare il corpo diplomatico accreditato presso la Repubblica, esprimo un auspicio di intensa collaborazione anche in questa direzione. La lotta al terrorismo va condotta con fermezza, intelligenza, capacità di discernimento. Una lotta impegnativa che non può prescindere dalla sicurezza: lo Stato deve assicurare il diritto dei cittadini a una vita serena e libera dalla paura”.

Contro lo stato islamico, accusandolo di una “falsa interpretazione dell’islam”, si sono pronunciati anche vari eruditi musulmani, in una lettera aperta in più lingue “al dott. Ibrahim Awwad al-Badri, alias Abu Bakr al-Baghdadi”.

In italiano la lettera è stata pubblicata integralmente sull’ultimo numero de Il Regno – Documenti, che l’ha collegata alla lettera dei 138 saggi musulmani diffusa nel 2007 nel solco della lezione di Benedetto XVI a Ratisbona.

Più di allora, tuttavia, i primi firmatari della lettera al capo dello Stato islamico sono quasi tutti residenti in paesi occidentali e appartenenti al mondo accademico, con minimo ascolto nei paesi arabi e musulmani.

           SOMMARIO RASSEGNA STAMPA