Corso di Religione

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IL SACERDOZIO CATTOLICO ALLE DONNE

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LETTERA DEL PAPA GIOVANNI PAOLO II  ALLE DONNE

29 giugno 1995


  A voi, donne del mondo intero, il mio saluto più cordiale!
[...] omissis

10. Auspico dunque, carissime sorelle, che si rifletta con particolare attenzione sul tema del « genio della donna », non solo per riconoscervi i tratti di un preciso disegno di Dio che va accolto e onorato, ma anche per fare ad esso più spazio nell'insieme della vita sociale, nonché di quella ecclesiale.

Proprio su questo tema, già affrontato peraltro in occasione dell'Anno Mariano, ebbi modo di intrattenermi ampiamente nella menzionata Lettera apostolica Mulieris dignitatem , pubblicata nel 1988. Quest'anno poi, in occasione del Giovedì Santo, alla consueta Lettera che invio ai sacerdoti ho voluto unire idealmente proprio la Mulieris dignitatem , invitandoli a riflettere sul significativo ruolo che nella loro vita svolge la donna, come madre, come sorella e come collaboratrice nelle opere di apostolato. È questa un'altra dimensione - diversa da quella coniugale, ma anch'essa importante - di quell'« aiuto » che la donna, secondo la Genesi, è chiamata a recare all'uomo.

La Chiesa vede in Maria la massima espressione del « genio femminile » e trova in Lei una fonte di incessante ispirazione. Maria si è definita « serva del Signore » (Lc 1, 38). È per obbedienza alla Parola di Dio che Ella ha accolto la sua vocazione privilegiata, ma tutt'altro che facile, di sposa e di madre della famiglia di Nazaret.

Mettendosi a servizio di Dio, Ella si è posta anche a servizio degli uomini: un servizio di amore. Proprio questo servizio le ha permesso di realizzare nella sua vita l'esperienza di un misterioso, ma autentico « regnare ». Non a caso è invocata come « Regina del cielo e della terra ». La invoca così l'intera comunità dei credenti, l'invocano « Regina » molte nazioni e popoli. Il suo « regnare » è servire! Il suo servire è « regnare »!

Così dovrebbe essere intesa l'autorità tanto nella famiglia quanto nella società e nella Chiesa. Il « regnare » è rivelazione della vocazione fondamentale dell'essere umano, in quanto creato ad « immagine » di Colui che è Signore del cielo e della terra, chiamato ad essere in Cristo suo figlio adottivo. L'uomo è la sola creatura sulla terra « che Iddio abbia voluta per se stessa », come insegna il Concilio Vaticano II, il quale significativamente aggiunge che l'uomo « non può ritrovarsi pienamente se non attraverso il dono sincero di sé » ( Gaudium et spes , n. 24).

In questo consiste il materno « regnare » di Maria. Essendo stata, con tutto il suo essere, dono per il Figlio, dono Ella diventa anche per i figli e le figlie dell'intero genere umano, destando la profondissima fiducia di chi si rivolge a Lei per essere condotto lungo le difficili vie della vita al proprio definitivo, trascendente destino. A questo finale traguardo ciascuno giunge attraverso le tappe della propria vocazione, un traguardo che orienta l'impegno nel tempo tanto dell'uomo quanto della donna.


11. In questo orizzonte di « servizio » - che, se reso con libertà, reciprocità ed amore, esprime la vera « regalità » dell'essere umano - è possibile accogliere, senza conseguenze svantaggiose per la donna, anche una certa diversità di ruoli, nella misura in cui tale diversità non è frutto di arbitraria imposizione, ma sgorga dalle peculiarità dell'essere maschile e femminile. È un discorso che ha una sua specifica applicazione anche all'interno della Chiesa.

Se Cristo - con libera e sovrana scelta, ben testimoniata nel Vangelo e nella costante tradizione ecclesiale - ha affidato soltanto agli uomini il compito di essere « icona » del suo volto di « pastore » e di « sposo » della Chiesa attraverso l'esercizio del sacerdozio ministeriale, ciò nulla toglie al ruolo delle donne, come del resto a quello degli altri membri della Chiesa non investiti del sacro ministero, essendo peraltro tutti ugualmente dotati della dignità propria del « sacerdozio comune » radicato nel Battesimo. Tali distinzioni di ruolo, infatti, non vanno interpretate alla luce dei canoni di funzionalità propri delle società umane, ma con i criteri specifici dell'economia sacramentale, ossia di quella economia di « segni » liberamente scelti da Dio per rendersi presente in mezzo agli uomini.

Del resto, proprio nella linea di questa economia di segni, anche se fuori dell'ambito sacramentale, non è di poco conto la « femminilità » vissuta sul modello sublime di Maria. C'è infatti nella « femminilità » della donna credente, e in specie di quella « consacrata », una sorta di « profezia » immanente (cfr Mulieris dignitatem , n. 29), un simbolismo fortemente evocativo, si direbbe una pregnante « iconicità », che si realizza pienamente in Maria e ben esprime l'essere stesso della Chiesa in quanto comunità consacrata con l'assolutezza di un cuore « vergine », per essere « sposa » del Cristo e « madre » dei credenti. In questa prospettiva di complementarietà « iconica » dei ruoli maschile e femminile vengono meglio poste in luce due dimensioni imprescindibili della Chiesa: il principio « mariano » e quello « apostolico-petrino » (cfr ibid., n. 27).

D'altra parte - lo ricordavo ai sacerdoti nella menzionata Lettera del Giovedì santo di quest'anno - il sacerdozio ministeriale, nel disegno di Cristo, « non è espressione di dominio, ma di servizio » (n. 7). È compito urgente della Chiesa, nel suo quotidiano rinnovarsi alla luce della Parola di Dio, metterlo sempre più in evidenza, sia nello sviluppo dello spirito di comunione e nella attenta promozione di tutti gli strumenti tipicamente ecclesiali della partecipazione, sia attraverso il rispetto e la valorizzazione degli innumerevoli carismi personali e comunitari che lo Spirito di Dio suscita ad edificazione della comunità cristiana e a servizio degli uomini.

In tale ampio spazio di servizio, la storia della Chiesa in questi due millenni, nonostante tanti condizionamenti, ha conosciuto veramente il « genio della donna », avendo visto emergere nel suo seno donne di prima grandezza che hanno lasciato larga e benefica impronta di sé nel tempo. Penso alla lunga schiera di martiri, di sante, di mistiche insigni. Penso, in special modo, a santa Caterina da Siena e a santa Teresa d'Avila, a cui il Papa Paolo VI di v.m. attribuì il titolo di Dottore della Chiesa. E come non ricordare poi le tante donne che, spinte dalla fede, hanno dato vita ad iniziative di straordinaria rilevanza sociale a servizio specialmente dei più poveri? Il futuro della Chiesa nel terzo millennio non mancherà certo di registrare nuove e mirabili manifestazioni del « genio femminile ».

12. Voi vedete, dunque, carissime sorelle, quanti motivi ha la Chiesa per desiderare che, nella prossima Conferenza, promossa a Pechino dalle Nazioni Unite, si metta in luce la piena verità sulla donna. Si ponga davvero nel dovuto rilievo il « genio della donna », non tenendo conto soltanto delle donne grandi e famose vissute nel passato o nostre contemporanee, ma anche di quelle semplici, che esprimono il loro talento femminile a servizio degli altri nella normalità del quotidiano.

È infatti specialmente nel suo donarsi agli altri nella vita di ogni giorno che la donna coglie la vocazione profonda della propria vita, lei che forse ancor più dell'uomo vede l'uomo, perché lo vede con il cuore. Lo vede indipendentemente dai vari sistemi ideologici o politici. Lo vede nella sua grandezza e nei suoi limiti, e cerca di venirgli incontro e di essergli di aiuto. In questo modo, si realizza nella storia dell'umanità il fondamentale disegno del Creatore e viene alla luce incessantemente, nella varietà delle vocazioni, la bellezza - non soltanto fisica, ma soprattutto spirituale - che Dio ha elargito sin dall'inizio alla creatura umana e specialmente alla donna.

Mentre affido al Signore nella preghiera il buon esito dell'importante appuntamento di Pechino, invito le comunità ecclesiali a fare dell'anno corrente l'occasione per un sentito rendimento di grazie al Creatore e al Redentore del mondo proprio per il dono di un così grande bene qual è la femminilità: essa, nelle sue molteplici espressioni, appartiene al patrimonio costitutivo dell'umanità e della stessa Chiesa.

Vegli Maria, Regina dell'amore, sulle donne e sulla loro missione al servizio dell'umanità, della pace, della diffusione del Regno di Dio!


Con la mia Benedizione. Dal Vaticano, 29 giugno 1995, Solennità dei Santi Pietro e Paolo.

GIOVANNI PAOLO II


Le "ragioni fondamentali" dell'esclusione. Lettera di Papa Paolo VI a Donald Coggan, Arcivescovo di Canterbury, il 30 novembre 1975.

testo completo : “Correspondenza con Canterbury” 3.

«Vostra Grazia è evidentemente al corrente della posizione della Chiesa cattolica su questa questione. Essa ritiene che l'ordinazione sacerdotale delle donne non potrebbe essere accettata per delle ragioni fondamentali. Queste ragioni sono precisamente:
- l'esempio, riportato nella Sacra Scrittura, del Cristo che ha scelto i suoi Apostoli unicamente tra gli uomini;
- la pratica costante della Chiesa che ha imitato il Cristo nello scegliere solo uomini;
- e il suo magistero vivente che, in maniera costante, ha sostenuto che l'esclusione delle donne dal sacerdozio è in pieno accordo con il piano di Dio sulla Chiesa .»


Lettera del Papa Giovanni Paolo II  Estratto da ORDINATIO SACERDOTALIS (22 maggio 1994)- vedi : Ordinatio Sacerdotalis

4. Benchè la dottrina circa l'ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini sia conservata dalla costante universale Tradizione della Chiesa e sia insegnata con fermezza dal Magistero nei documenti più recenti, tuttavia nel nostro tempo in diversi luoghi la si ritiene discutibile , o anche si attribuisce alla decisione della Chiesa di non ammettere le donne a tale ordinazione un valore meramente disciplinare.

Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli (cf. Lc 22, 32), dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alla donne l'ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa .


La risposta del Cardinale Joseph Ratzinger al “Dubium” del 28 ottobre 1995

vedi : Dubium ;       Lettera del Cardinal Ratzinger 28 Ottobre 1995

“Questa dottrina esige un assenso definitivo poichè, fondata nella parola di Dio scritta e costantemente conservata ed applicata nella Tradizione della Chiesa fin dall'inizio, è stata proposta infallibilmente dal magistero ordinario e universale (cf. Const. Lumen Gentium, 25). Pertanto , nelle presenti circostanze, il Sommo Pontefice, nell'esercizio del proprio ministero di confermare i fratelli (cf. Luc 22, 32) ha proposto la medesima dottrina con una dichiarazione formale, affermando esplicitamente ciò che si deve tenere sempre, ovunque e da tutti i fedeli, in quanto appartenente al deposito della fede .

“Si tratta di un pieno assenso definitivo vale a dire , irrevocabile, a una dottrina proposta infallibilmente dalla Chiesa. Infatti, come spiega la Risposta, questo carattere definitivo deriva dalla verità stessa della dottrina perchè, fondata nella Parola di Dio scritta e costantemente tenuta ed applicata nella Tradizione della Chiesa, è stata proposta infallibilmente dal Magistero ordinario universale (cf. Cost. Lumen Gentium, 25).

Così,la Risposta precisa che questa dottrina appartiene al deposito della fede della Chiesa.Va quindi sottolineato che il carattere definitivo ed infallibile di questo insegnamento della Chiesa che non è nato dalla Lettera Ordinatio sacerdotalis... In questo caso, un atto del Magistero ordinario pontificio, in se stesso per sè non infallibile, attesta il carattere infallibile dell'insegnamento di una dottrina già in possesso della Chiesa .”

La Chiesa non si considera autorizzata a ordinare le donne
INTER INSIGNIORES : Nota 6. Cf. AAS 68 (1976), pp. 599-600 ; cf. ibid., pp. 600-601

5. Per questi motivi, in esecuzione di un mandato ricevuto dal Santo Padre e facendo eco alla dichiarazione che Egli stesso ha fatto nella sua Lettera del 30 novembre 1975,6 la Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede ritiene di dover richiamare che la Chiesa, per fedeltà all'esempio del suo Signore, non si considera autorizzata ad ammettere le donne all'ordinazione   sacerdotale, e crede opportuno, nelle presenti circostanze, di spiegare questa posizione della Chiesa, che sarà forse risentita dolorosamente, ma il cui valore positivo apparirà con l'andar del tempo, in quanto potrebbe aiutare ad approfondire la missione rispettiva dell'uomo e della donna .

Note 14.AAS 67 (1975), p. 265. vedi il testo completo : Commento ufficiale a : INTER INSIGNIORES.

Lo stesso Papa Paolo VI aveva già richiamato il medesimo insegnamento, prima in modo occasionale, particolarmente nella sua allocuzione del 18 aprile 1975 al Comitato per l’Anno internazionale della Donna:  «Sebbene le donne non ricevano la chiamata all’apostolato dei Dodici e quindi ai ministeri ordinati, esse sono tuttavia invitate a seguire Cristo come discepole e collaboratrici. -. Noi non possiamo cambiare il comportamento di Nostro Signore né il suo appello alle donne » (14)

Dal Commento della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede sulla Dichiarazione Inter Insigniores: Ordinatio Sacerdotalis ( 22 maggio 1994) papa Giovanni Paolo II


4. Benchè la dottrina circa l'ordinazione sacerdotale da riservarsi soltanto agli uomini sia conservata dalla costante universale Tradizione della Chiesa e sia insegnata con fermezza dal Magistero nei documenti più recenti, tuttavia nel nostro tempo in diversi luoghi la si ritiene discutibile , o anche si attribuisce alla decisione della Chiesa di non ammettere le donne a tale ordinazione un valore meramente disciplinare.

Pertanto, al fine di togliere ogni dubbio su di una questione di grande importanza, che attiene alla stessa divina costituzione della Chiesa, in virtù del mio ministero di confermare i fratelli (cf. Lc 22, 32), dichiaro che la Chiesa non ha in alcun modo la facoltà di conferire alla donne l'ordinazione sacerdotale e che questa sentenza deve essere tenuta in modo definitivo da tutti i fedeli della Chiesa .


Per il testo completo, vedi Lettera del Cardinale Ratzinger

Le donne che hanno assistito San PaoloDalla lettera del Cardinale Ratzinger del 28 ottobre 1995

"Se si tiene conto delle condizioni sociali del tempo, la Chiesa primitiva non poteva trarre immediatamente le conseguenze del nuovo, rivoluzionario insegnamento di Cristo.

San Paolo sa bene che il battesimo di Cristo ha abrogato in linea di principio la distinzione tra schiavi e liberi (Galati 3, 28) ed in un suo scritto giunge alla logica conclusione che gli schiavi devono essere liberati (1 Corinzi 7, 21-23). Tuttavia anche Paolo subisce i condizionamenti sociali prevalenti ed accetta la schiavitù come un male necessario.

Allo stesso modo lo schema sociale del tempo gli rende impossibile comprendere in pieno l'uguaglianza in Cristo tra uomini e donne, nella quale pure sembra credere (Galati 3, 28). In questa luce prende ancor più alto significato il fatto che al tempo di Paolo le donne siano state coinvolte nel ministero della Chiesa.


  • ‘Vi raccomando Febe, la sorella nostra, ministra(diakonos) della chiesa di Cencrea, affinchè l'accogliate nel Signore in modo degno dei santi, e l'assistiate in quelle cose in cui abbia bisogno di voi; anch'essa è stata d'aiuto a molti e anche a me stesso.’ (Romani 16,1)
    La parola diakonos applicata a Febe ,non porta con se il senso di una precisa funzione ministeriale quale avrà più tardi. Qui ha il senso più generale di 'servitore', come è normale nel Nuovo Testamento (cf. Efesini 6,22).

  • ‘Salutate Priscilla e Aquila, i miei cooperatori in Cristo' ... ‘Salutate Maria, la quale molto si è affaticata per voi..’ Allo stesso modo ‘Salutate Trifena e Trifosa che faticano nel Signore. Salutate la carissima Perside, che molto s'affaticò nel Signore.’ (Romani 16,1-16)
    Paolo certamente assegnò loro dei compiti apostolici.

  • ‘Io esorto Evodìa ed esorto Sintìche ad avere gli stessi sentimenti nel Signore; e scongiuro anche te, o vero compagno, porgi aiuto a queste donne che con me combatterono insieme per il Vangelo; assieme anche con Clemente, e gli altri miei cooperatori, i cui nomi son nel libro della vita’(Filippesi 4,2).
    ` Nel Vangelo'
    certamente implica una partecipazione nel lavoro di predicazione evangelica.

  • Vedi anche: "Gli apostoli lavorarono senza tregua alla predicazione evangelica come si confaceva al loro ministero, presero con loro le donne, non solo le mogli ma anche le sorelle, per coinvolgere nel loro ministero le donne che vivevano con loro; per mezzo di esse l'insegnamento di Dio raggiunse le altre donne nelle loro case senza destare sospetto.’. Clemente di Alessandria, Stromata 3, 6, §53.

  • Plinio in una lettera all'imperatore (111 AD) ricorda l'arresto di due donne Cristiane che avevano una posizione ufficiale." Mi sembra sommamente necessario conoscere la verità da queste due donne che lavorano come schiave , e che vengono chiamate 'diakonous' (diaconesse?) , anche applicando loro la tortura.

  • E si veda anche la storia di Tecla ,che secondo la sua confessione davanti al giudice di Antiochia, convertì Tryphaena ed un gruppo di donne. ` è andata alla casa di Tryphaena ed è stata là per otto giorni, istruendola nella Parola di Dio' (Atti di Paolo e Tecla, § 38-39).

Molte donne avevano seguito Cristo nel suo ministero (Luca 8,1-4), e tante donne parteciparono alla costruzione delle prime comunità cristiane . Avevano compiti precisi? "

Ruolo delle donne come 'profeti'


Il profeta, nel contesto del Nuovo Testamento , non era semplicemente qualcuno che è ispirato; era qualcuno che occupava una piena carica nella comunità. S. Paolo ha messo il profeta tra l'apostolo ed il maestro : “ Or bene voi siete corpo di Cristo, e partitamente siete membra di esso. E alcuni pose Dio nella Chiesa, in primo luogo apostoli, poi profeti, in terzo luogo maestri, e poi quelli che fanno miracoli, e poi le grazie delle guarigioni, e il soccorrere, e l'amministrare, e il parlare ogni specie di lingua e il capirle.

Forsechè son tutti apostoli? o tutti profeti? o tutti maestri? . (1 Corinti 12,28-29). La Didache (11-13) mette il profeta in intima connessione con l'apostolo missionario

  • Filippo l'Evangelista aveva quattro figlie che ‘profetizzavano’ (Atti 21,9).
    ‘Qualunque uomo preghi o profetizzi avendo la testa coperta, disonora il suo capo; e qualunque donna preghi o profetizzi senza velo sulla testa, disonora il suo capo’ (1 Corinzi 11,4-5).
    Il profetizzare di una donna è qui messo sullo stesso piano del profetizzare di un uomo. La parola prende il medesimo significato per l'una e per l'altro.

  • Il profeta aveva una funzione nella riunione liturgica.
    ‘Si lasci che i profeti esprimano il loro ringraziamento secondo la loro volontà' [= potrebbero esprimerli chiaramente durante l'Eucarestia ] .(Didache 10,7.

Il ministero delle donne come 'vedove'


Gli Atti degli Apostoli (6,1-2; 9,39) ci informano che le vedove anziane si sono occupate della comunità. Qui è semplicemente una questione di vedove nell'ordinario senso della parola. Ma dalla Lettera a Tito vediamo che ben presto queste vedove assunsero un ruolo particolare nella comunità : ‘ e le donne d'età parimenti si mantengano in un contegno di decorosa santità, non siano maldicenti, non schiave del molto vino, maestre di bene, acciocchè rendan savie le giovani, sì da amare i mariti loro, amanti dei figli’ (Tito 2,3-4).

Qui lo stato di vedova sembra implicare una domanda di perfezione e qualche genere di missione diretta alle giovani donne della comunità.Ciò più tardi si sviluppò in apostolato organizzato.

  • Origene compara la Febe dell' Epistola ai Romani con le vedove dell' Epistola a Tito (Commentari a Romani 10,17) ‘ Onora le vedove che veramente son vedove. E se una vedova ha figliuoli o nipoti, questi imparino prima di tutto a usar pietà verso la propria casa, e a rendere il contraccambio ai genitori, poichè questo è accetto al cospetto di Dio. La vera vedova, rimasta sola, ha riposto le sue speranze in Dio e persevera nelle preghiere e nelle supplicazioni, di notte e di giorno; ... Una vedova non sia messa in nota se non abbia almeno sessant'anni di età, e sia stata moglie d'un solo marito, e abbia attestazione di opere buone, se allevò figliuoli, se praticò l'ospitalità, se lavò i piedi dei santi, se aiutò gl'infelici, se ad ogni opera buona tenne dietro. (1 Timoteo 5,3-10).
    Il punto interessante è l'annotazione su un registro e ciò che questo fatto implica, perchè appare chiaro che ciò non riguarda tutte le vedove, ma solo un certo numero di esse, organizzate in una particolare categoria della comunità. Questa è la prima indicazione che abbiamo di un ordine di vedove, parallelo all'ordine ecclesiastico nella Chiesa.

  • Ignazio di Antiochia saluta ‘le vergini e l'ordine delle vedove’ (Filippesi § 15).


Benchè il diaconato femminile in senso più largo sia esistito fin dall'inizio, è chiaro che durante il secondo secolo fu l'ordine delle vedove ad esercitare la sua funzione, in un modo piuttosto indefinito.


Donne Diacono

Subito dopo l'età apostolica la Chiesa ha conosciuto le diaconesse. Il passo famoso dalla prima lettera a Timoteo lo esprime in maniera chiara: “ I diaconi del pari convien che siano dignitosi, non doppi nel parlare, non dediti al molto vino, non avidi di brutto guadagno, ma conservino il mistero della fede con pura coscienza. E anche questi siano prima messi alla prova, e siano addetti all'ufficio di diaconi quando siano inappuntabili. Del pari le donne siano caste, non malediche, sobrie, fedeli in tutto. Anche i diaconi siano sposati una volta sola, e sappiano tener bene i figliuoli e le case proprie.’ 1 Timoteo 3,8-12.

“La parola 'diacono' è usata qui nel suo senso tecnico. Ed appare anche evidente che ' le donne' in questione ,distinte chiaramente dalle mogli del diacono, sono descritte in parallelo con i diaconi , e devono essere intese come 'diaconesse'. ” Jean Daniélou, The Ministry of Women in the Early Church, Faith Press, Leighton Buzzard 1974, p. 14.

Durante i primi secoli, comunque, la confusione nella terminologia e nelle funzioni rimase. Nel 517 d.c. il Concilio di Epaon parla di ' vedove che chiamano diaconesse'. Il termine diaconesse è assegnato qualche volta a ' vedove e diaconesse'. E' probabile, comunque, che i due ruoli siano stati piuttosto distinti.

E' solo nel terzo secolo che la Chiesa ha chiarificato la posizione delle diaconesse con maggiore precisione, probabilmente a causa dei problemi con una minore organizzazione delle vedove.

Nella Didascalia (III secolo) e nelle Costituzioni Apostoliche (IV secolo) i distinti ruoli delle 'vedove' e delle 'diaconesse' vengono specificati . I Concili pongono le condizioni per l'ordinazione sacramentale . Vengono stabiliti i rituali della loro ordinazione.

Nella Chiesa Bizantina le diaconesse fiorirono fino all'ottavo e nono secolo. Molte diaconesse santificate sono venerate nel calendario della Chiesa Ortodossa. Il declino del diaconato femminile viene attribuito a due cause fondamentali:

  • La paura della 'impurità rituale' dovuta ai periodi mestruali; così Balsamon e Blastares.
  • Il declino del battesimo degli adulti. Ciò determinò un minor bisogno delle diaconesse, come descritto negli antichi rituali Siriani.

C'è stata sempre molta opposizione al diaconato femminile nelle Chiese delle regioni di lingua Latina : Italia, Africa del Nord, Gallia e Bretagna. Le ragioni principali risalgono all'influenza della legge Romana secondo la quale nessuna posizione d'autorità può essere assegnata alle donne, ed il tabù dell'impurità rituale.

Nel Medioevo poche persone erano ormai a conoscenza dell'importanza che il diaconato femminile aveva avuto nella Chiesa delle origini.





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