Piccolo Corso Biblico




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Il messaggio di Gesù

«la religione cristiana ha una specie di parentela con la pazzia», perché coloro che sono stati conquistati dalla pietà cristiana hanno prodigato i loro beni, trascurato le offese, tollerato gli inganni, considerato amici i nemici, evitato i piaceri, avuto a fastidio la vita, desiderato la morte. Insomma, sono diventati «assolutamente ottusi a ogni senso comune, come se il loro animo vivesse altrove, non dentro il corpo. E questa che cos'è, se non pazzia?» ( Erasmo da Rotterdam, Elogio della pazzia, LXVI. )

Quello che non c'è nei vangeli
Alberto MAGGI- Arcidiocesi Ancona Osimo e Centro Pastorale “Stella Maris” - 22-23-24 febbraio 2002 Trasposizione da audioregistrazione non rivista dall’autore.

" I vangeli non sono stati scritti per essere letti dalla gente perché al tempo in cui sono stati scritti, la gente nella maggior parte era analfabeta.

[ sono stati scritti perchè il Lettore li spiegasse]
Quindi quando si legge il vangelo si trovano numerose difficoltà, difficoltà che cozzano contro il buon senso, e il buon senso ha diritto di cittadinanza nella chiesa tanto quanto lo Spirito Santo.

Lo Spirito Santo non va mai contro il buon senso delle persone. Quindi una persona di buon senso è normale che di fronte al vangelo così com’è, si trovi di fronte a delle difficoltà, perché ci sono delle incongruenze, delle situazioni assurde, situazioni che gli mettono in difficoltà il credere a quanto gli viene espresso.

Questa è un’operazione che possiamo fare tutti insieme: prendere il vangelo, leggerlo ed eliminare quello che credevamo ci fosse. Vediamo che cosa è il Vangelo ed eliminiamo quello che credevamo che ci fosse. Una cosa vorrei fosse chiara fin dall’inizio: quello che verrà detto è una proposta di interpretazione.

Ci sono tante proposte di interpretazione: se voi andate in una qualunque libreria e prendete una traduzione-commento di uno stesso vangelo, prendete diversi autori, tutti della Chiesa cattolica, trovate tante espressioni differenti, tanti commenti differenti. Perché? Questa è la bellezza del vangelo che può essere visto da tanti punti di vista, dove l’uno non contraddice l’altro ma arricchisce. Quindi tutto quello che da questa sera vi verrà detto fino alla fine, è una “proposta”.

Chi sente che questa proposta va a toccare certe particolari corde e gli dà serenità, libertà e gioia, l’accolga. Chi invece si sente turbato o sconvolto in maniera negativa lasci stare. Perché, e questo va subito detto:
per vivere in pienezza il messaggio di Gesù non c’è bisogno di questo incontro sul vangelo, ma basta aver letto o aver ascoltato un solo versetto del vangelo dove Gesù dice: amate tutti quanti, perdonate tutti quanti, date a tutti quantie ed è a posto: la vita del cristiano è piena al cento per cento. Ma, se vogliamo scoprire la straordinaria ricchezza che è contenuta in questi testi, che dopo 2000 anni, non solo non mostrano segni di invecchiamento, ma si dimostrano più vivi che mai, ecco che c’è bisogno di questo approfondimento. Dicevamo allora che una persona che affronta il vangelo, una persona di buon senso, quindi che faccia una lettura del vangelo non acritica, ma con senso critico, si trova di fronte a tante, tante difficoltà.

Una difficoltà che ebbi io quando iniziai a leggere il vangelo, e poi lo smisi: arrivato al capitolo 11 (12-14) del vangelo di Marco, trovai Gesù che aveva fame, uscì, vide un fico, cercò un frutto e non ne trovò; c’erano solo foglie. Gesù maledice l’albero (e anche questo sembra un po’ strano), ma poi l’evangelista scrive: non era il tempo dei fichi. O benedetto uomo, ma sei un uomo di campagna, te la prendi con l’albero perchè non ha i fichi e poi l’evangelista, maligno, dice: e non era tempo dei fichi! Allora qui uno dei due sballa: o sballa Gesù o sballa l’Evangelista.

Veramente, ecco, ci sono degli episodi che se uno vuole capire, si cerca dei commenti e delle trovate che vanno sullo spiritualismo perché bisogna essere pronti in ogni momento. Ma qui è la natura, creata da Dio, che ha dato una stagione per portare frutto e una stagione per non averlo, quindi come fa a portare frutto in ogni stagione? Quindi vedete che sono spiegazioni che, sì, uno le accetta, però non convincono.
Perché Gesù se l’è presa col fico quando non era la stagione di dare i fichi?

Il villaggio nei vangeli è il luogo della tradizione giudaica che forma una mentalità refrattaria e ostile a Gesù n.d.r.Oppure, un altro episodio. Gesù, scrive l’evangelista Marco (8, 22-26), entra a Betsaida, che era una città abbastanza popolosa. Gli portano un cieco, Lui lo prende per mano, lo porta fuori della città, lo guarisce e gli dice: adesso torna a casa, ma non entrare nel villaggio. Come fa questo uomo/cieco a ritornare a casa senza tornare nel villaggio? Ma dove va? Quindi vedete sono episodi che, se una persona vuole capire il vangelo, una persona con il buon senso cerca di comprendere, trova delle incongruenze. Perché Gesù gli dice: torna a casa ma non entrare nel villaggio? Come fa, scava una galleria sotterranea? Non si capisce.

Oppure, c’è un brano che mette in seria difficoltà i commentatori: quando muore Gesù, scrive l’evangelista Matteo ( 27, 52-53 ), al momento della morte si spalancano i sepolcri e risorgono i corpi dei santi giusti. Però, dice: e uscirono dal sepolcro quando anche Gesù risuscitò. Provate ad immaginare la scena: Gesù muore, si spalancano i sepolcri, escono i morti, ma … guardano il calendario, no non è Pasqua …. aspettiamo. Aspettano il giorno di Pasqua per uscire perché Gesù non è risuscitato.

Ecco, naturalmente sono soltanto alcuni esempi; si potrebbe passare tutta la serata a trovare queste incongruenze, queste difficoltà di comprensione del vangelo. Non vi preoccupate poi vedremo ognuno di questi episodi e vedremo la ricchezza che in realtà essi nascondono. Allora, quando uno si trova di fronte a queste difficoltà normalmente ricorre alla persona che crede esperta, normalmente il parroco, e il prete poveretto che non sa neanche lui come destreggiarsi, usa la formula magica che è: bisogna aver fede. Allora ci troviamo in un circolo vizioso.
Scrive Paolo nella lettera ai Romani, che la fede dipende dalla predicazione e la predicazione, a sua volta, dipende dalla Parola di Cristo. Allora è un circolo vizioso; la nostra fede dipende dalla predicazione della parola di Gesù, ma io la parola di Gesù la riesco a capire solo se ho fede. Allora? E’ chiaro, quindi, io leggo il vangelo e non lo capisco, mi dicono di aver fede, ma la fede dipende proprio da quel vangelo che non capisco. E allora? E allora l’altra parola magica che normalmente viene abbinata a aver fede è: è un mistero, e con il mistero si risolve sempre tutto quanto.

Allora se avete provato a chiedere al prete o al catechista: ma come è possibile che Maria abbia partorito Gesù rimanendo vergine, è mai possibile che una donna partorisca e rimanga vergine? E’ un mistero, bisogna aver fede. Oppure come è possibile che Gesù abbia risuscitato un morto già in putrefazione? Posso capire che Gesù ti risuscita la figlia di Giairo, era appena morta, era ancora calda. Posso pure capire che Gesù riesca a risuscitare il figlio della vedova di Naim: lo stavano portando al cimitero, ma Lazzaro, Lazzaro è difficile da capire.

Lazzaro è morto già da 4 giorni e la sorella dice: puzza, cioè è già iniziato il processo di putrefazione. Qui, se c’è qualche medico, ci può dire che quando le cellule celebrali sono già in decomposizione non c’è più assolutamente possibilità di ritorno in vita della persona. Com’è possibile che Gesù abbia risuscitato un cadavere già in putrefazione? E come è risuscitato? Putrefatto o com’era prima? E soprattutto, perché lo ha risuscitato? E’ un mistero, bisogna aver fede. E così via.

Gesù che cammina sulle acque, un testo che ha dato origine a tante e tante barzellette. Gesù che con 5 pani e 2 pesci sfama una moltitudine, 5000 persone, ma come è possibile, come ha fatto? E quel miracolo che ha sempre un po’ scandalizzato i ben pensanti. Insomma in un pranzo di nozze, a gente già alticcia, già ubriaca, Gesù cosa fa, Gesù trasforma 600 litri d’acqua in altrettanti litri di buon vino. Sprecare un miracolo per dare del buon vino a gente già alticcia non è molto serio. E così via.

Tutte queste difficoltà che troviamo nel vangelo se chiediamo: come è possibile? E’ un mistero, bisogna aver fede. Allora mistero dopo mistero, un mistero dopo l’altro, i misteri della fede diventano la fede di misteri: bisogna credere senza capire.

Ebbene lo vedremo, se avrete pazienza di rimanere fino alla fine non solo della serata ma dei tre incontri,

non c’è nulla nei vangeli che sia contrario al buon senso e alla logica dell’uomo.

Quando c’è una difficoltà nel vangelo, la colpa non è del vangelo ma la colpa è nostra che ancora non possediamo le chiavi di comprensione
Allora se noi proviamo ad aprire il Vangelo, troviamo tante, tante difficoltà. Fin dall’inizio, per esempio, troviamo dei personaggi che non appartengono alla nostra esperienza. Aprite il Vangelo: gli angeli, poi dopo viene il diavolo. Avete mai visto degli angeli voi? Avete mai visto i diavoli? Se li avete visti, fatevi curare che forse avete qualche problema alla pressione, o qualche problema neurologico. Come mai il vangelo è popolato da questi personaggi che non fanno assolutamente parte della nostra esperienza? Nessuno di noi, almeno che io sappia, ha incontrato mai un angelo e nessuno ha visto mai demoni o diavoli nella sua esistenza. Eppure nel vangelo questi personaggi ci sono.
Si dice che il vangelo è scritto per suscitare la fede, ma pongono tanti interrogativi. Gesù, scrivono i vangeli, poteva curare e guarire le persone. Ebbene allora Gesù ne ha fatto un po’ poco: con la piaga che c’era della lebbra, tremenda, se facciamo il calcolo, nei vangeli, una dozzina di lebbrosi curati da Gesù, un po’ poco. Se Gesù aveva il potere di curare i lebbrosi, ma perché non li ha guariti tutti quanti? Un paio di ciechi! Con la piaga che era la cecità. Abbiamo parlato prima della resurrezione di Lazzaro. Tre morti risuscitati, un po’ pochi.

Almeno quel giorno quand’era al cimitero da Lazzaro, non dico tutto il camposanto ma almeno quelli della fila li poteva risuscitare. Non so poi che cosa buona sia risuscitare i morti, perché questi, tornando a casa, rivorrebbero le loro case, le mogli o i mariti che hanno lasciato.

E poi Gesù ha assicurato i suoi discepoli e quindi tutti i credenti, che coloro che credono in Lui, e che hanno fede quanto un chicco di senape, risusciteranno i morti. Duemila anni di cristianesimo non c’è ancora un morto risuscitato. Possibile? Con tanti santi che ha avuto la Chiesa, non dico noi gente più o meno mediocre nella fede, ma ci sono stati dei campioni nella fede che non hanno risuscitato neanche un morto. Allora? Allora il messaggio di Gesù comincia a fare acqua. Ma non è che saranno fantasie? Gesù che dice: risusciterete i morti e non c’è nemmeno un morto risuscitato.

E Gesù dice: Io vi assicuro che chi crede in me compirà opere più grandi di quelle che io faccio. Provateci! Prendete 5 pani e 2 pesci, spero che fra di noi ci sarà qualcuno con un po’ di fede, ma possiamo pregare con fede tutta la serata e tutta la notte, ma domani mattina il pane è secco e il pesce puzza. Perché non riusciamo a moltiplicare i pani e i pesci? Perché Gesù lo ha compiuto solo una volta, con la piaga tremenda della fame che c’è nel mondo? Con le persone che muoiono di fame? Anche chi muore di fame dice il “Padre nostro”: dacci il pane quotidiano, ma non arriva. Che gli costa a Gesù? L’ha fatto una volta: moltiplica pani e pesci per queste persone! Non solo le azioni di Gesù, ma anche il messaggio è stato un fallimento totale.

Pensate che Gesù arriva a dire: beati i poveri! Beati i poveri? O non conosci i poveri o vivi nel mondo delle nuvole. I poveri sono disgraziati, non sono beati. Come ti viene in mente di dire: beati i poveri. E sapete cosa è successo? Che i poveri, e hanno fatto bene, alla prima occasione che è capitata loro nell’esistenza di lasciare la povertà, la hanno lasciata. (Ma attento che perdi la beatitudine? Te la lascio per te, tienila tutta per te la beatitudine).

I poveri, giustamente, e hanno fatto bene, ogni qual volta hanno avuta la possibilità di uscire dalla condizione di povertà, hanno lasciato povertà e la supposta beatitudine. D’altra parte. le persone che stanno nel benessere non mi sembra che siano entrate a per far parte della categorie dei poveri, per essere beati.
Voi sapete che una delle denuncie che è stata fatta alla religione, e giustamente, è che la religione è l’oppio dei popoli.

Cioè la religione è una sostanza che narcotizza i popoli. Se voi ai poveri dite: siete beati, quindi rimanete in questa condizione, questo significa narcotizzare.
E questo, tra l’altro, sembra andare contro la volontà del Signore, la volontà già espressa nell’Antico Testamento: “che nel mio popolo nessuno sia bisognoso” (Dt 15,4), una verità portata come unica prova della resurrezione di Gesù. Qual è l’unica prova della resurrezione di Gesù? Non il sepolcro vuoto.

L’unica prova della resurrezione di Gesù, negli Atti degli Apostoli, si legge: “Con grande forza gli apostoli rendevano testimonianza della resurrezione del Signore Gesù e tutti essi godevano di grande simpatia. Nessuno infatti tra loro era bisognoso” (At 4, 33-34). Allora vedete che ci sono delle contraddizioni.

Ma come fa allora Gesù a dire “beati i poveri”, quando dice che la prova della sua presenza in mezzo al popolo è che nessuno sia bisognoso? Ecco, non vi preoccupate, che poi tutti questi casi li risolveremo. Adesso tutto questo è soltanto per far vedere le difficoltà che può trovare una persona a digiuno dei vangeli in un primo approccio, oppure anche una persona che pur essendo pratica dei vangeli, certi brani non li ha mai digeriti. Allora, per comprendere tutto questo, per prima cosa vediamo cos’è che sono i vangeli.
Cosa sono i vangeli? Vangeli è un termine tecnico, ma di facile comprensione. Bisogna vedere un genere letterario nei vangeli. Cosa significa il genere letterario? Noi tutti adoperiamo la lingua italiana, ma la stessa lingua viene adoperata in maniera differente a seconda che si tratta di redigere il verbale di una multa, nel verbale di una multa la nostra lingua italiana viene espressa in una maniera differente da come si adopera la lingua per scrivere una poesia.

La lingua è la stessa ma il linguaggio è differente. Oppure, leggete i giornali sportivi. Per chi non ama o ama poco lo sport, in un giornale sportivo, ci capisce poco o niente: la lingua è italiana ma il linguaggio e i modi di dire sono completamente differenti.

Quindi la lingua è la stessa, ma la maniera di scrivere è differente. Allora la prima nozione da avere, è questa ed è una nozione relativamente nuova, ha trentacinque anni e nella Chiesa le cose prima che vengono divulgate, conosciute, ecc….ne passa del tempo. Perché è nuova? Perché fino a poco prima del Concilio si riteneva che i vangeli contenessero la storia di Gesù e fossero stati scritti da quattro discepoli di Gesù, gente di umile condizione, pescatori, gente che non possedeva molto bene la lingua. Questa era, più o meno, la teoria che esisteva prima del Concilio.

Tanto è vero, e forse quelli della mia età lo ricordano, che andava di moda il vangelo unificato. Che cos’era il vangelo unificato? Da ogni vangelo si prendeva un brano in modo da ricostruire la vita di Gesù. Iniziava con il prologo del vangelo di Giovanni, si prendeva l’annunciazione dal vangelo di Luca, la visita dei Magi da quello di 10 Matteo in modo che si faceva un collage dei vari vangeli per fare una vita di Gesù. Oggi un’operazione del genere non sarebbe più possibile.
Grazie al ritorno ai testi originali, grazie agli studi si è visto che gli evangelisti non solo non sono persone di bassa condizione e di poca cultura, ma sono dei teologi dall’enorme sapienza, dall’enorme cultura e anche sono degli ottimi scrittori della lingua commerciale dell’epoca che era il greco. Quindi i vangeli non sono stati scritti da persone più o meno competenti ma da dei grandi teologi. Sono anonimi, dopo sono stati messi dei nomi convenzionali, Matteo, Marco Luca e Giovanni, ma nei vangeli non c’è il nome dell’autore, e, senza esagerazione, possiamo paragonare Matteo a uno Shakespeare, Marco ad un Manzoni, e via dicendo, ai grandi della letteratura mondiale.
I vangeli sono dei capolavori dal punto di vista teologico e dal punto di vista letterario.

E nei vangeli non troviamo la storia di Gesù. I vangeli contengono indubbiamente elementi storici, ma dai vangeli non è possibile ricostruire la storia, la vita di Gesù.
La Chiesa saggiamente non ha scelto un solo vangelo. Già circa nel 180 d.c. ha riunito quattro vangeli insieme, quattro vangeli differenti. Noi dai vangeli non riusciamo a scoprire, se vogliamo saperlo, esattamente cosa ha detto o cosa ha fatto Gesù: si potrebbero fare tanti esempi.
I vangeli non sono la cronaca di quanto Gesù ha detto e fatto, ma una profonda riflessione teologica che li rende validi ancora oggi. Dal punto di vista storico non abbiamo neanche la certezza di una sola parola come realmente pronunciata da Gesù. Perché? Dipende da che vangelo andiamo a vedere. In passato, vedete oggi fa sorridere la maniera un po’ infantile con la quale si davano le spiegazioni, ma in passato le differenze erano viste come diversi momenti della vita di Gesù. Per esempio, uno dei problemi che c’è tuttora: Gesù, in tutta la sua esistenza, ha insegnato una sola breve preghiera alla sua comunità.

Tenete presente che a quell’epoca la capacità di mandare a memoria era molto più sviluppata della nostra. E’ una preghiera brevissima. Ebbene, se noi vogliamo sapere quali sono le parole che Gesù ha pronunciato, non lo sappiamo, perché questa preghiera, - lo avrete capito, è il “ Padre nostro ”, - l’abbiamo in tre versioni differenti l’una dall’altra. Abbiamo una versione in Matteo, una in Luca, e poi nel primo catechismo della chiesa che si chiama Didachè», cioè parola greca che significa “insegnamento”.

Tre versioni, tre versioni con delle differenze. Allora se vogliamo sapere: ma qual è il “Padre nostro” che Gesù ha pronunciato? Una volta non c’era problema. Una volta Gesù ha insegnato il “Padre nostro” e c’era Matteo, e lo ha scritto; un’altra volta Gesù ha insegnato il “Padre nostro” non esattamente uguale e c’era Luca, e lo ha scritto. Quindi si spiegava così. Oppure, il messaggio di Gesù formulato nelle beatitudini.

Quante sono le beatitudini? Otto nel Vangelo di Matteo, quattro nel Vangelo di Luca. Ma quante ne ha pronunciate Gesù? Una volta, ne ha pronunciate otto e c’era Matteo, una volta ne ha pronunciate quattro e c’era Luca. Ma dove le ha dette? Matteo scrive che è su un monte alto, Luca in un luogo pianeggiante. Ebbene, le ha ripetute due volte, non le poteva dire una sola volta: una volta sul monte, una volta in un luogo pianeggiante? E così via per tutte le differenze.

Ma c’è un problema: l’ultima cena. Se noi volessimo sapere quali sono i gesti che Gesù ha compiuto nell’ultima cena quando ha preso il pane e il vino, quali sono le parole che hanno accompagnato questi gesti. Non lo sappiamo. Perché? Perché dell’ultima cena abbiamo quattro versioni, Matteo, Marco, Luca, e in una lettera di Paolo, la 1 lettera ai Corinti: quattro versioni differenti. Allora qui non si può dire che una volta ha fatto l’ultima cena con Matteo, e una volta ha fatto l’ultima cena con Marco: l' ultima cena è una sola.

Ma non solo, non è terminata qui. Gesù risuscitato: prendete la resurrezione nel Vangelo di Giovanni. Gesù fa la cosa che ci sembra più ovvia, normale: Gesù risuscitato la sera stessa della resurrezione appare ai discepoli che erano chiusi a porte sbarrate per paura dei giudei. Questa ci sembra la cosa più ovvia. Quindi Gesù è morto a Gerusalemme, è stato seppellito a Gerusalemme, risuscita a Gerusalemme, i discepoli sono a Gerusalemme; questa ci sembra la cosa più ovvia.

Andate a leggere il vangelo di Matteo, nel quale Gesù dice: dite ai miei discepoli che se mi vogliono vedere vadano in Galilea [4 giorni di cammino]. Ma allora non si può dire che una volta Gesù è risuscitato ed è apparso subito e un’altra volta …. di resurrezione c’è ne stata una sola. Ecco ci sono tutte queste differenze che in realtà non sono differenze.
Quello che gli evangelisti trasmettono è una verità e questa è uguale per tutti ma il modo di trasmettere questa verità è diverso. Verità e forme comunicative Facciamo un esempio:
quello che conta è una verità da trasmettere, quindi la verità è una, la verità è valida per tutti gli evangelisti; ogni evangelista secondo la comunità a cui si rivolge, secondo il piano teologico che ha, costruisce questa verità in maniera differente. Per esempio, questa verità nel vangelo di Matteo – e adesso vedremo qual è questa verità - viene espressa con l’episodio dei Magi. La stessa verità, nel vangelo di Luca, con i pastori.
Quindi, quelle che sono le differenze, sono differenze nella presentazione della verità, ma la verità è identica.

Gli evangelisti si sono ritenuti liberi di trasmettere la verità in forme diverse. Questo fa parte della cultura orientale. In oriente, ciò che conta non è il fatto, ma la verità che è sotto questo fatto.
L’esempio non è adatto, però ci può dare un’idea: vi è mai capitato di fare una profonda esperienza che ha segnato la vostra esistenza? Quando la dovete raccontare, voi non fate un verbale esatto di quello che è successo, ma, come si dice, lo colorite, perché senza questa coloritura non riuscite a far capire all’altra persona ciò che voi avete vissuto. Così i vangeli, quindi nei vangeli c’è una verità che viene poi presentata in maniera diversa, secondo la cultura degli ascoltatori.

Faccio un esempio. C’è una verità: Dio si manifesta e viene percepito primariamente da quelle persone che la religione e la morale ritengono le più lontane da lui. Secondo i Vangeli più si è lontani dalla religione e più è facile percepire la presenza di Dio quando questa si manifesta. E’ grossa questa! Più si è immersi nel mondo religioso e più si fa difficoltà a riconoscere, comprendere e accettare la presenza del Signore. Questa è la verità che gli evangelisti vogliono trasmettere.

Allora Matteo presenta la nascita di Gesù e i primi che se ne accorgono sono i Magi (e qui i traduttori hanno fatto delle acrobazie pur di evitare questi personaggi: il termine Magi è il plurale di mago, il cui vero plurale è maghi, e allora questi magi da dove vengono?, vedete che acrobazie..). Questo perché ha fatto grave scandalo nella chiesa degli inizi questo episodio dei Magi o meglio dei Maghi, perché il termine magoj in greco indica il ciarlatano, il furfante, come oggi.

Ebbene i primi che percepiscono la presenza del Signore, sono individui che sono pagani e quindi, in quanto tali, esclusi dalla salvezza, ma non solo pagani, esercitano una attività condannata dalla Bibbia, e che nel primo catechismo della chiesa viene inserito tra non uccidere e non abortire: non esercitare l’ufficio di mago. Ebbene queste persone, ritenute dalla religione le più lontane da Dio, le emarginate, sono le prime che percepiscono la presenza del Signore.

Luca presenta la stessa realtà, solo che lui, anziché i maghi, ci mette i pastori, che non sono i bei personaggi del presepio, ma era gente brutale che, a forza di vivere con le bestie, si erano imbestialiti pure loro. Erano i primi nella lista di quelli che il Messia, alla sua venuta, avrebbe annientato. Ebbene, scrive l’evangelista Luca, che quando Dio si manifesta, non li brucia con fuoco, zolfo o altre cose, ma li avvolge con il suo amore.
Quindi [la verità manifestatasi nella storia di Gesù è che ] non è vero quello che la religione ha insegnato che Dio detesta i peccatori, che Dio punisce i peccatori, che Dio vuol sterminare i peccatori.

La prima volta che Dio si incontra con i peccatori li avvolge con il suo amore.
Allora vedete la verità è identica, le forme per esprimerlo sono differenti. Allora iniziamo adesso, questa è un’operazione che possiamo fare tutti..., avendo capito più o meno quali sono questi generi letterari del vangelo e quali sono i significati: apriamo un vangelo. Per prima cosa, diffidiamo dei titoli. I titoli che troviamo nei vangeli, non fanno parte del testo, non sono parola di Dio, ma vengono messi o dal traduttore o dall’editore. Il più delle volte, un buon 80%, sono sbagliati e il titolo è importante perché il titolo mi dà già una chiave di interpretazione dell’episodio.

Per esempio uno dei titoli più brutti che c’era nell’Antico Testamento, nel secondo libro dei Re (2, 19-25), si trova il titolo: “I due miracoli di Eliseo”. Eliseo è un profeta, il miracolo è qualcosa di positivo: leggiamo il primo miracolo. Dovete sapere, come scenario, che Eliseo è calvo, è profeta però è calvo e come tutti i calvi è un po’ permaloso.

Allora è entrato in un villaggio e un gruppo di ragazzini gli cantano una canzone derisoria, come noi da piccoli cantavamo: zucca pelata dai cento capelli. Mentre egli camminava per strada, uscirono dalla città alcuni ragazzetti che si burlavano di lui dicendo: Vieni su pelato, vieni su calvo. Egli si voltò, li guardò e li maledisse nel nome del Signore - aspetta mica è finito qui - allora uscirono dalla foresta due orse che sbranarono 42 di quei fanciulli. Questo è il miracolo di Eliseo, (immaginate quando si arrabbiava cosa faceva…).

É un miracolo questo? Una persona permalosa che anziché ridere, o al massimo rimproverare i bambini, fa uscire dal bosco due orse che sbranano 42 bambini… Quando stavo a Gerusalemme feci questa osservazione ai redattori della “Bibbia di Gerusalemme” e infatti adesso nella nuova edizione lo hanno tolto e hanno messo, anche se non è ancora esatto, “Le potenze di Eliseo”. Oppure l’altro episodio che prima abbiamo accennato: si trova in certe traduzioni “prima moltiplicazione dei pani”.

Attenzione, perché moltiplicazione dà l’idea di moltiplicare come un gesto straordinario compiuto da Gesù, ma è questo ciò che l’evangelista ci vuol dire? In tutto il brano, nella varie redazioni che ci sono di questa moltiplicazione di pani (Mc 6, 30-44/ Mt 14, 13-21/ Lc 9,10-17/ Gv 6,1-14), non si trova mai il verbo moltiplicare. Vedete, il rischio è che chi legge, pensa a Gesù come una specie di prestigiatore.

Probabilmente un qualunque prestigiatore potrebbe fare altrettanto. Vedete che i prestigiatori fanno delle cose… c’è il trucco, naturalmente, ma noi non lo sappiamo, fanno delle cose sensazionali. Ebbene Gesù sembra quasi un prestigiatore, cinque pani e .. voilà; due pesci e….. voilà. Ma cosa vuol dire? Gesù che fa sfoggio dei suoi miracoli? Ma cosa vuol dire oggi, per la comunità di oggi, che Gesù ha moltiplicato pani e pesci? Noi non lo possiamo fare; lo abbiamo detto prima, abbiamo fatto l’esempio: nessuno di noi può moltiplicare pani e pesci.

Allora che Gesù abbia moltiplicato pani e pesci, cosa significa? Vedremo domani la risposta, quando vedremo le immagini e le figure e i numeri che ci sono nei Vangeli. Ma già da adesso diciamo che tutto il brano, nel vangelo, è nella contrapposizione tra il verbo dare , proposto da Gesù, e il verbo comprare , proposto dai discepoli. Ci sono due mentalità che non possono andare d’accordo: i discepoli ragionano con il verbo comperare; Gesù ragiona con il verbo dare, cioè condividere.

La fame nel mondo si sfama attraverso la condivisione, ma vedremo domani quando parleremo del significato dei numeri. Oppure l’altro titolo “Il ricco cattivo e il povero Lazzaro”. Anch’io, condizionato da questo titolo, pensavo che il ricco era cattivo e mi immaginavo, nella mia fantasia, che questo ricco maltrattasse il povero alla sua porta, che lo prendesse a calci e gli faceva delle cattiverie.

Poi leggendo il vangelo, il povero è detto che è povero, ma che il ricco che fosse cattivo non viene detto. La definizione che dà l’evangelista dice che era un individuo che vestiva di porpora e di bisso - oggi avrebbe scritto che vestiva firmato da capo ai piedi - e tutti i giorni banchettava lautamente. Tutto qui, dov’è la cattiveria di quest’uomo?

Se il ricco viene condannato, non è perché fosse cattivo, è perché non si è accorto dell’esistenza del povero. Il ricco non si è comportato in maniera malvagia nei confronti del povero, ma vive ad un livello tale che neanche si è reso conto che alla porta della sua casa c’era un mendicante. Perché è tendenzioso il titolo? I ricchi sono buoni; questo, guarda caso, è cattivo. Invece Gesù, quello che condanna è la ricchezza, la ricchezza che ti permette di vivere ad un livello che ti fa ignorare le miserie dell’umanità.

Oppure, un’altro titolo che troviamo quando Gesù entra nel tempio e caccia i mercanti e i compratori, normalmente gli editori mettono due titoli, o “La purificazione del tempio” o “La cacciata dei mercanti dal tempio”. Entrambi sbagliati: il primo perché Gesù non purifica il tempio (purificare il tempio cosa significa? una cosa che è sudicia, la purifichi perché poi torni alla sua funzione), ebbene Gesù non è venuto a purificare il tempio, ma ad eliminare la funzione del tempio. E anche l’altro titolo.

Attenzione, Gesù non caccia i mercanti dal tempio, - si dice che hanno trasformato il tempio in un luogo di commercio e Gesù caccia i commercianti – no, nel vangelo si dice che Gesù cacciò venditori e compratori, anche quelli che comprano, non è la cacciata dei mercanti dal tempio. E’ la cacciata dei mercanti, di quelli che vendono, ma anche di quelli che comprano.

Con questa azione Gesù non purifica il tempio. Gesù, e lo vedremo andando avanti con la nostra esposizione, viene a presentare un Dio che, contrariamente a quello che la religione insegna, non è un Dio che chiede agli uomini, - e il tempio serviva a questo, serviva agli uomini per offrire le offerte a Dio, - un Dio che non chiede nulla agli uomini - è finita l’epoca delle offerte – ma un Dio che si dona. Questa la grande novità portata da Gesù. Allora Gesù non purifica il tempio, viene ad eliminare il culto del tempio e quindi la funzione stessa del tempio.
A questo punto probabilmente qualcuno si chiederà: ma i vangeli sono così difficili da leggere e da comprendere? E dispiace doverlo ammettere: purtroppo sì. I vangeli, lo abbiamo accennato prima, non sono stati scritti per essere letti dalla gente, perché la gente era analfabeta, ma erano scritti dal teologo della comunità, in una maniera densa ( di significati) , e non venivano letti nella comunità, ma in ogni comunità c’era quello che si chiama il Lettore, - che non significa quello che sapeva leggere, - ma era una persona dotta, un teologo, che lo interpretava .

Allora, questa è la funzione di cui ancora oggi c’è bisogno nella Chiesa.
Allora, siamo arrivati alla conclusione, ma prima facciamo un test di ammissione a questo incontro. C’è una serie di domande; coloro che rispondono esattamente a tutte le domande possono pure andare via perché non hanno bisogno di partecipare al corso. E gli altri … gli altri si regolino loro, dipende dal numero delle risposte esatte. Perché queste domande?

Quando leggiamo il vangelo – e questa è un’operazione che possiamo fare tutti, - attenti ai titoli perchè ci possono condizionare l’interpretazione. E poi iniziamo a leggere, ma un’operazione di per se semplice, non difficile che possiamo fare tutti, almeno quelli che sanno leggere e scrivere, è leggere il testo così com’è.

Abbiamo, nella nostra mente, una deformazione che viene dalle tradizioni, dalle devozioni, forse dalle superstizioni, che fanno sì che uno legge il testo, ma lo interpreta in una maniera differente da come lo ha letto.

E questo è pericoloso, perché se noi, la nostra vita, la dobbiamo impostare su di un testo, ma poi questo testo lo interpretiamo in maniera diversa da quello che è, la nostra vita ne risente.
Allora bisogna leggere il vangelo lentamente e, leggere e accogliere quello che c’è e non quello che crediamo di sapere. Un esempio pratico. Si legge nel Vangelo di Luca, all’Annunciazione: “Allora Maria disse all’angelo: “Come è possibile, non conosco uomo”. Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente , nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E l’angelo partì da lei. In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò in grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo” (Lc 1, 34-41).

Allora in questo brano ci sono dei personaggi, c’è un angelo che reca un annunzio a Maria, e Maria che si reca poi in casa di Zaccaria e saluta Elisabetta. Maria ed Elisabetta sono? (Riposta dei presenti: parenti). Bene, bravi. Vedo che avete ascoltato bene. Perché normalmente si risponde: cugine. Avete ascoltato “parenti”, ma molti, nella loro mente, trasformano con cugine, perché, tutta una tradizione ci ha presentato Maria ed Elisabetta, cugine. Non sappiamo il grado di parentela: possono essere zia-nipote, sorelle, non lo sappiamo.

I luoghi comuni
Ora, esaminiamo alcuni fra i principali luoghi comuni dell’interpretazione del vangelo: alcuni sono facilissimi, altri un po’ insidiosi.

Nell’annuncio ai pastori gli angeli lodano Dio dicendo (Lc 2, 14): Gloria a Dio nel più alto dei cieli e …… La risposta è stata diversa; alcuni hanno risposto: pace in terra agli uomini di buona volontà; altri hanno risposto sulla terra, pace tra gli uomini che Egli ama. Se voi prendete un’edizione del vangelo prima degli anni settanta, trovate senz’altro: pace in terra agli uomini di buona volontà. Nelle nuove edizioni trovate invece: sulla terra, pace agli uomini che Egli ama. Non è soltanto una differenza di traduzione, è una differenza di teologia.

La prima rifletteva una ideologia della religione dove l’amore di Dio veniva meritato: gli uomini di buona volontà meritano la pace. Ma con Gesù, e questa sarà la costante che vedremo in questi giorni, l’amore di Dio non va meritato per gli sforzi umani, ma va accolto come dono gratuito da parte del Padre. La nuova traduzione, più fedele al testo greco: pace agli uomini che Egli ama, cioè tutti quanti. Se io dico: pace in terra agli uomini di buona volontà, dico: questi sì e questi altri no. Invece: pace in terra agli uomini che Egli ama, dico tutti quanti. Vedete come una differente traduzione comporta anche una differente teologia.



Questa è semplice: Gesù, nei vangeli, dove nasce? Ho sentito: grotta, casa, stalla. Gesù non nasce in una stalla né in una grotta, Gesù nasce in una casa. Nel cap. 2 del vangelo di Matteo si trova scritto che i Magi: “entrati nella casa , videro il bambino” (Mt 2,11). Ma allora come è nata la storia della stalla e della grotta? Queste sono le tradizioni popolari. Quando fate il presepio, continuate a fare la stalla o la grotta, ma non confondete il presepio con il messaggio di Gesù. L’equivoco può essere nato dal fatto della mangiatoia, ma qui dobbiamo rifarci alla casa palestinese.

La casa palestinese è composta così: c’è una parte scavata nella roccia che è la parte più sicura, più sana e più pulita, lì vengono messi i generi alimentari. Poi c’è una parte in muratura dove la famiglia compie le funzioni della giornata: mangia, si dorme tutti insieme.

I Magi, quanti erano i Magi? Una tradizione li ha fatti diventare tre, poi gli hanno dato il titolo nobiliare di re. Quindi abbiamo risposto; quanti erano? Non lo sappiamo.

Maria e Giuseppe salvarono Gesù da Erode fuggendo in Egitto con? Non si sa. L’immagine tradizionale che conosciamo in occidente è l’esatto contrario della cultura orientale. L’immagine tradizionale è: Giuseppe a piedi, con Maria sull’asino. Andate in oriente, voi non troverete mai una scena del genere, troverete al contrario la donna a piedi e l’uomo sull’asino.

Andiamo avanti: la peccatrice che unge i piedi di Gesù, e li bacia, si chiama?

Una tradizione ha confuso con questa peccatrice un altro personaggio dei Vangeli, Maria di Magdala o Maria Maddalena. La peccatrice che unge i piedi di Gesù e li bacia è anonima. Quando nei vangeli un personaggio è anonimo, non ha nome, significa che è un personaggio rappresentativo, un personaggio nel quale ogni persona che vive una situazione simile, ci si può identificare.

Ebbene qui, in questo episodio c’è qualcosa di scandaloso: questa è una prostituta
(nell'antichità, per farsi riconoscere avevano i capelli sciolti) , si avvicina a Gesù, lo tocca, gli bacia i piedi. Il fariseo, che ragiona con le categorie religiose, vede una peccatrice che sta compiendo qualcosa di sconcio nei confronti di Gesù. Gesù, che non ragiona con categorie religiose, ma con categorie divine, vede una donna, e quello che agli occhi della religione è un sacrilegio, Gesù lo chiama fede. Fede, e le dice: donna la tua fede ti ha salvata.
Allora, tutte quelle persone che vivono una situazione dalla quale non possono più uscire, - le prostitute non potevano più uscire dalla loro condizione, - e che quindi vengono emarginate dalla religione e dalla morale, e sono impedite ad avvicinarsi al Signore, se soltanto hanno il coraggio di avvicinarsi ( e questo per fede in Lui) , Gesù non le caccia via, ma dice: la tua fede ti ha salvata. Gesù portando la croce cade: tre? Una? Mai? La Via Crucis è una devozione, un pio esercizio. E’ nella Via crucis che Gesù, come proiezione delle fatiche, delle difficoltà dell’uomo, viene fatto cadere, una, due, tre volte.

Mai nei Vangeli. Mai. Gesù non cade mai. Perchè nei vangeli Gesù non è la vittima, che viene portata al sacrificio, ma è il campione dell’amore che non vede l’ora di manifestare sulla croce l’amore del Padre. Quindi ,[ nei vangeli ]
Gesù non è una vittima trascinata al supplizio, ma il campione dell’amore , e per questo non cade mai. Sono le devozioni, le tradizioni che lo fanno cadere. Gesù nella via verso il calvario incontra: un gruppo di donne? La madre? La Veronica? Un gruppo di donne, avete risposto esattamente. Il calvario dove Gesù fu crocefisso è: non si sa? Un monte? Un’altura? Normalmente si parla di monte. Calvario non è né un monte né un’altura.

Il discepolo sotto la croce è: Giovanni? Non è nominato? Pietro? “Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava , disse alla madre: “Donna ecco tuo figlio”. Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre”. E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa (Gv 19, 25-27). C’è nel vangelo di Giovanni un discepolo, questo discepolo, che non viene mai nominato perché, come si diceva per la peccatrice, al di là del suo spessore storico, è un personaggio rappresentativo. Chi è?

(Il discepolo che egli amava) È il discepolo modello , perché è il primo che segue Gesù, gli è sempre fedele, per questo gli è intimo nella cena. Essere nel seno di Gesù significa che la disposizione di Gesù di donarsi, di farsi pane, è la stessa di questo discepolo. Per questo è presente presso la croce di Gesù, non per consolare il povero Gesù, ma perché fa la scelta di morire con il proprio maestro. Non sta lì a compatire il suo maestro ma è pronto a prendersi la croce e a morire con il suo maestro, e per questo è il primo che lo percepisce risuscitato. Allora questo discepolo non è il ‘cocco’ di Gesù, ma è il discepoloideale di Gesù.
Chi è il discepolo modello ? Colui che è sempre fedele a Gesù, è capace di fare della propria vita un dono per gli altri,anche accettando la croce, ma per questo sperimenta sempre nella sua esistenza la presenza di Gesù risorto .San Paolo si convertì cadendo? C’è ancora chi cerca il cavallo ( Atti9,3E avvenne che, mentre era in viaggio e stava per avvicinarsi a Damasco, all'improvviso lo avvolse una luce dal cielo 4e, cadendo a terra, udì una voce che gli diceva: «Saulo, Saulo, perché mi perséguiti?». Non c'è nessun cavallo).

La trasfigurazione di Gesù avvenne sul: monte Sinai? monte alto? monte Tabor? I monti, e lo vedremo quando parleremo delle ‘figure’ i monti nei vangeli, salvo il monte degli Ulivi, non sono mai nominati, non sono indicazioni geografiche ma teologiche, perché, lo vedremo meglio , il monte nell’antichità era il luogo della residenza degli dei. Conoscete la mitologia classica, la mitologia greca: l’Olimpo era il luogo della divinità. Quindi il monte significa il luogo della condizione divina.

Gesù trasfigurandosi rimase: per terra? si alzò in aria? andò su di una nuvola? Per terra.
Di quale personaggio non è detto che sia pieno di Spirito Santo: Giovanni Battista? Maria? Stefano? Sono tre personaggi, di due è detto che sono pieni di Spirito Santo, di uno no. Maria, su Maria discende lo Spirito Santo, ma non è detto che è piena di Spirito Santo.

Giuda ha venduto Gesù per: 100 talenti? 30 denari? 30 monete d’argento? Trenta monete d’argento. E terminiamo.

Quale è l’unico episodio che Gesù espressamente chiede che venga raccontato al mondo intero: la resurrezione di Lazzaro? La moltiplicazione dei pani? L’unzione di Betania? L’unzione di Betania. L’ultimo. Nella piscina di Betsaida, Gesù guarisce: un cieco? Un infermo? Un paralitico? Un infermo.
Non basta tradurre il vangelo, ma bisogna tradurre bene il vangelo. Una traduzione inesatta può portare dei danni tremendi. Pensate soltanto quando l’invito di Gesù: ‘convertitevi’ (metanoete) viene tradotto paenitemini (Mc 1,15) [in Mt 3,2a metanoe‹te è tradotto paenitentiam agite] o l’invito di Giovanni Battista: ‘vengo a proclamare un battesimo di conversione che venne tradotto con baptismum paenitentiae (Mc 1,4): far penitenza.

Gesù che dice: se non fate penitenza, non entrate nel Regno dei Cieli ?. Conoscete tutta la storia di santi o di persone che si sono martoriate, perché Gesù ha detto che dovevano fare penitenza! Poveretti quando si saranno resi conto che Gesù mai si era sognato di dire di fare penitenza…Ma vi pare che un Padre sia contento che un figlio si mortifichi, che il figlio faccia penitenza? Ma quando mai! Ma c’era nel Vangelo; si sono sbagliati nel tradurlo. Vedo ancora i santi che corrono dietro ai traduttori per strozzarli.

Oppure, pensate soltanto quanto valore ha avuto nel passato la pratica del digiuno, perché Gesù stesso ha detto, nel vangelo di Marco: ‘questa specie di demoni si scaccia solo con la preghiera e con il digiuno’?. É Gesù che lo ha detto e quindi persone che hanno digiunato perché Gesù aveva detto questo. Immaginate, poveretti, che sorpresa quando trovano che nel Vangelo Gesù mai si era sognato di invitare le persone a digiunare. Il testo, se lo andate a leggere oggi, quello del digiuno, - Marco 9,29 – “questa specie di demoni non si può scacciare in alcun modo se non con la preghiera ”. E il digiuno? Un copista, nel quarto secolo ci ha scritto “e col digiuno ”. Copia dopo copia è arrivata fino a trent’anni fa.
Quindi non basta tradurre, bisogna tradurre bene, ma non solo. Ci sono dei termini che in quella lingua significano qualcosa, e nella nostra lingua, lo stesso termine, qualcosa di completamente differente. Allora , vedremo le figure dell’oca, della volpe, del fico, del mare, del monte, del villaggio, i cieli, il sole e la luna, i sandali, la geenna, i numeri nel vangelo.. e tratteremo una questione importante: i miracoli. Ci sono nei Vangeli i miracoli? E se ci sono, perché oggi Gesù non li compie più?

L’oca, la volpe, i sandali del Messia Come vi è già stato detto ieri sera, quello che vi viene detto, è una proposta. Chi la sente rispondente alle sue esigenze di pienezza di vita, di libertà, la prenda. Chi si sente sconvolto, la lasci stare. Naturalmente, non è che quello che vi viene detto sono cose inventate di notte, sono frutto di studio e vi presento quella che è l’indagine biblica attuale e quindi corroborata dagli studi, non soltanto del nostro Centro studi biblici , ma a livello internazionale di quello che sono gli studi della scrittura.

Ieri sera abbiamo visto come affrontare un vangelo, eliminando tutto quello che crediamo che sia nel vangelo e che nel vangelo non c’è.
Cioè bisogna leggere il testo senza lasciarsi condizionare dalle tradizioni, o dalle devozioni che rischiano di deformare l’interpretazione del testo, e questo dicevamo è un lavoro che possono fare tutti quanti. Questa mattina invece facciamo un lavoro nel quale è necessario un tecnico, in questo caso e se vi fidate del sottoscritto, o comunque quando lo dovete fare individualmente c’è bisogno di un sussidio, cioè di un libro, perché la lettura dei vangeli non è una lettura facile.

Come è stato detto ieri, se uno vuol vivere in pienezza la vita cristiana, non c’è bisogno di questo incontro, basta che mette in pratica un solo versetto del Vangelo, quando Gesù dice: amate tutti, perdonate a tutti e a tutti date. E’ a posto. La vita del cristiano è al cento per cento. Ma se vogliamo scoprire la profonda ricchezza di questo messaggio, una ricchezza che almeno nella mia esperienza di studi di questi testi, è come una miniera, dove più si scava e più si trova il filone prezioso, il filone d’oro. Allora, questa mattina vedremo il linguaggio dei vangeli.

Ma prima dobbiamo fare, in maniera molto succinta, naturalmente, imperfetta, una brevissima storia del testo che noi abbiamo tra le mani. Perché noi adoperiamo, tutti almeno o la maggior parte di noi, una traduzione italiana di un testo che non è stato scritto nella lingua italiana, è stato scritto in un’altra lingua, e che viene tradotto. Un testo del quale non abbiamo l’originale.

La storia dei testi . Per testo originale si intende quel papiro, quella pergamena, scritta di mano dall’evangelista. Questi non esistono più. Ma del resto tutte le opere dell’antichità classica, gli originali, non ci sono più, anzi, per esempio, tra le opere di Aristotele e Cicerone, c’è quasi mille anni tra il testo originale e la copia. Per i Vangeli fortunatamente non è così. C’è una distanza di pochissimi decenni, per cui
abbiamo la certezza, oggi, di avere tra le mani un testo che al 90-95% si avvicina al testo uscito dalle mani dell’evangelista. Ma vediamo di fare una rapida storia del testo, da quando è uscito dalle mani dell’autore a quello che abbiamo oggi. Una comunità riceveva, mettiamo caso, - la raccolta più antica è quella delle lettere di Paolo - una lettera di Paolo. Allora troviamo scritto, ad esempio nella lettera ai Colossesi, al finale, Paolo dice: “E quando questa lettera sarà letta da voi, fate che venga letta anche nella chiesa dei Laodicesi, e anche voi leggete quella inviata ai Laodicesi” (Col 4,16). Allora Paolo ha scritto una lettera alla comunità cristiana che sta a Colossi e lì le dice ‘quando l’avete letta, speditela a quelli di Laodicea, e accogliete quella di Laodicea’. Cosa facevano? Non trasmettevano la lettera di Paolo ma ne facevano una copia, che mandavano all’altra comunità. E tutte queste copie venivano raccolte.

Testi sacri e sacri testi.
Una cosa importantissima e validissima anche per noi oggi è che a differenza del mondo ebraico, un mondo orientale dove il testo era sacro, il testo del Nuovo Testamento, che è maturato in un ambiente di cultura greca, non è mai stato considerato un testo sacro.

Cosa significa un testo sacro?

Se noi prendiamo le copie dell’Antico Testamento, sono una esatta all’altra perché c’era il timore reverenziale di scrivere esattamente la parola così come era scritta, perchè la lettera, il testo era considerato sacro.

Nella comunità cristiana questo non è stato. La comunità cristiana ha considerato il testo come un testo Vivente.
Allora cosa succedeva? La comunità di Colossi riceveva questa lettera, la copiava e la rimandava ad un’altra comunità, ma con delle aggiunte. Delle aggiunte dovute in parte al copista per spiegare meglio, o delle aggiunte dovute alla loro situazione comunitaria che intendeva così arricchire il testo.
Quindi c’è un testo, non solo delle lettere ma anche dei vangeli, che man mano che viene trasmesso, si arricchisce. Allora il criterio per sapere qual è il testo originale, normalmente si va – abbiamo migliaia di copie, per esempio, di un singolo brano del vangelo - a quella più breve. Perché? Mettiamo che nel Vangelo c’era scritto: ‘Gesù disse’. Il copista, per evitare incomprensioni, aggiungeva: ‘Gesù Cristo disse’, in modo da evitare fraintendimenti. Un altro copista metteva ‘Il Signore Gesù Cristo disse’ - disse a chi – e allora aggiungevano ‘ai discepoli’.
E allora si vede fra le tante copie, la copia più breve si ritiene che sia quella originale E’ provato che i copisti aggiungevano, ma mai eliminavano qualcosa dal testo,
quindi il testo veniva creato e veniva arricchito, perché il testo del messaggio di Gesù non è stato visto come un codice esterno di comportamento all’uomo, al quale l’uomo si deve adattare, ma un testo vivente che veniva arricchito dall’esperienza della comunità. Così abbiamo un testo che cresce secondo l’esigenza della comunità. Per esempio: nel vangelo di Marco che è il vangelo più antico, la posizione di Gesù riguardo al ripudio[ della moglie ] – non al divorzio che non esisteva in quell’ambiente - è netta: all’uomo non è lecito ripudiare la propria moglie. Poi la comunità si allarga, ci sono nuove situazioni, e nella comunità di Matteo questo testo viene recepito così: non è lecito all’uomo ripudiare la propria moglie, però con una eccezione: eccetto in caso di porneia [Mt 19-9]. Perché c’erano nuove situazioni, allora non si è stati esattamente all’insegnamento dato da Gesù, ma l’insegnamento di Gesù è stato adattato al bene della comunità.

Arriviamo addirittura alle lettere di Paolo, dove Paolo dice: sì l’uomo non si separi dalla propria moglie, però se uno vive con una non credente, e se la vita diventa un inferno, separatevi, perché siete chiamati a vivere in pace. Quindi, vedete che man mano che il messaggio di Gesù veniva trasmesso, veniva arricchito, e a volte – abbiamo anche questo caso – veniva censurato. C’era un brano del vangelo che non andava giù a nessuna comunità, quando arrivava lo tagliavano e lo spedivano ad un’altra comunità.

Questo brano è il brano senz’altro dovuto alla penna di Luca o della sua comunità: è il brano dell’adultera perdonata da Gesù. Uno scandalo enorme! Che Gesù perdoni un’adultera! Le dice: va e non peccare più. Senza imporle una penitenza. In un’epoca e in una cultura nella quale le adultere andavano lapidate, il fatto che Gesù perdoni questa donna era scandaloso. Lo stesso sant’Agostino si mette le mani nei capelli e dice: ‘ma non sarà che le nostre donne si approfittino di questo testo’. Nessuna comunità accettava questo testo, finché, dopo rimaneggiamenti, questo testo nel Vangelo di Luca veniva tagliato e messo da un’altra parte. E questo per tre secoli.

Attualmente questo brano si legge nel vangelo di Giovanni, al capitolo 8, i primi undici versetti ( Gv8,10Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?». 11Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più»
.). Se voi lo tagliate dal vangelo di Giovanni e lo rimettete nella sua collocazione originaria, cioè nel Vangelo di Luca, capitolo 21 dopo il versetto 38, vedete che sia il vangelo di Giovanni, sia il Vangelo di Luca, filano meglio. Quindi vedete c’erano dei testi che le comunità non volevano, consideravano questi testi pericolosi, e da censurare.
Finalmente nel 180 d.c. – adesso facciamo una breve storia, ma è importante per comprendere cosa abbiamo tra le mani - finalmente i quattro vangeli vengono messi insieme. Per noi sembra naturale che la Chiesa abbia accolto quattro vangeli, ma non è mica così! Perché la Chiesa ha ritenuto di dover accogliere e mettere insieme, dando la stessa dignità, a quattro vangeli differenti l’uno dall’altro? Non ne poteva prendere uno solo? Non poteva prendere, per esempio, il vangelo di Matteo, che è un vangelo completo e che risponde a tante esigenze? Perché ha abbinato al vangelo di Matteo anche il Vangelo di Luca, che ha una visione abbastanza differente da Matteo? O addirittura perché hanno messo quell’eretico di evangelista di Giovanni? Giovanni è stato visto sempre con sospetto, e ancora oggi è un vangelo da prendere con le molle. Notate che ancora oggi il vangelo di Giovanni è il vangelo emarginato nella chiesa.

Voi sapete che c’è un anno liturgico, un anno dedicato a Matteo, un anno a Marco, un anno a Luca, Giovanni no. Giovanni c’è in qualche festa, oppure nei giorni feriali di agosto, che notoriamente sono quei giorni meno frequentati delle nostre chiese. E il vangelo di Giovanni è stato dichiarato un vangelo per le persone molto spirituali che così non fanno danno. Come mai la chiesa ha messo insieme questi quattro vangeli differenti l’uno dall’altro? E questa è la nostra garanzia, e la libertà che ci viene ancora oggi di parlare. La chiesa ha compreso che la realtà di Gesù e del suo messaggio non potevano essere esauriti da un’unica interpretazione, - quella della comunità di Matteo, o di Marco, o di Luca o di Giovanni - ma aveva bisogno di ben quattro interpretazioni differenti l’una dall’altra, come abbiamo visto ieri sera quelle differenze.
E questa è la garanzia che da sempre c’è stata nella chiesa, della libertà di pensiero e di interpretazione; non c’è una sola direzione ma ci sono diverse direzioni. Come abbiamo visto ieri sera, il messaggio è uno, le forme per presentare questo messaggio sono diverse, e comunque, nel 180, questi quattro vangeli sono stati messi insieme. Abbiamo già detto che i vangeli sono stati scritti in greco, che era l’inglese dell’epoca. Cioè gli evangelisti, e tutti gli autori del nuovo testamento, hanno voluto compiere un’opera che fosse diffusa in maniera universale. La lingua universale, la lingua commerciale all’epoca del Nuovo Testamento, era la lingua greca. Ma cosa è successo? Il tempo di scrivere questi testi che la lingua greca tramontò e subentrarono altre lingue, come è successo da noi negli ultimi cinquant’anni.

Quando io andavo a scuola alle medie, la lingua commerciale, la lingua ufficiale era il francese, ma nel giro di qualche decennio, il francese è tramontato ed oggi vi è l’inglese. Se uno vuol scrivere un’opera che sia conosciuta ovunque, la scrive nella lingua inglese. Ebbene così è stato per il testo greco. E’ stato scritto in greco, ma piano piano, da noi, in occidente subentrò la lingua latina, in Africa subentrò la lingua chiamata copta, cioè egiziana, e là in Oriente, cioè in Palestina subentrò la lingua siriaca. Allora il testo non veniva più compreso, e si fecero delle traduzioni per la liturgia, conservando però certe espressioni della lingua originale greca che erano entrate anche nella liturgia.

Voi ricorderete anche prima della riforma liturgica, quando in chiesa si diceva il “Kyrie eleison, Christe eleison”, perché erano espressioni dovute a questa tradizione greca.
Siamo nel 250, la Chiesa occidentale, cioè della nostra area geografica, è una chiesa latina. Allora non solo l’Antico Testamento, ma anche il Nuovo Testamento, viene tradotto in latino. E quando si traduce, si tradisce. Una traduzione, per quanto esatta, per quanto perfetta, non risponde mai alla ricchezza della lingua originale. Poi abbiamo 40 anni di pausa nelle persecuzioni contro i cristiani. Dopo la persecuzione di Decio e Valeriano, prima che incominciasse quella tremenda di Diocleziano, 40 anni di pace in cui questo testo è stato rivisto, rielaborato, arricchito e modificato. Quindi ci sono stati quarant’anni, un tempo abbastanza lungo.
Siamo nel 380, arriva una grande confusione. Il testo originale greco ormai non viene più usato nella nostra chiesa, si hanno delle traduzioni. Prendevi dieci traduzioni del vangelo e trovavi dieci traduzioni differenti. Non soltanto nel testo: qualcuno aveva un episodio che l’altro non aveva; alcuni dei brani che gli altri non avevano, c’era una grande confusione. Il papa Damaso incarica una persona eccezionale, di grande cultura, Girolamo, di tradurre l’Antico Testamento dalla lingua ebraica alla lingua latina, e non di tradurre, ma di rivedere, la traduzione che c’era del Nuovo Testamento. Girolamo iniziò questa opera ciclopica compiuta da un uomo solo, pensate che certi testi lui li tradusse in una sola notte. Tanto di cappello e di onore! Ancora oggi Girolamo è un grande, ma voi capite, un solo uomo che fa un lavoro così ciclopico, può cadere in errore.

Alcuni sono errori che ci fanno sorridere, alcuni sono stati errori tragici. Un errore che ci fa sorridere: conoscete la statua del Mosè di Michelangelo che sta a S Pietro in Vincoli a Roma?

Di caratteristica ha le corna; perché in tutto il cinquecento Mosè viene sempre raffigurato con le corna, anche nei quadri? Il testo ebraico diceva che Mosè scese dal monte Sinai, e c’è una parola – voi sapete che nella lingua ebraica non si scrivono le vocali, ma solo le consonanti e allora è difficile a interpretare - comunque il suono di questa parola era cheren, che significa raggiante, anziché di una “e” Girolamo interpretò con una “o”, choren, che significa cornuto.

Vedete che una semplice traduzione…

Oppure, un altro errore che ha avuto tanto influsso nella devozione, nella mariologia. Una delle immagini – ogni parere è soggettivo - per me la più brutta rappresentazione, dal punto di vista pittorico, artistico, di Maria è quella dell’Immacolata, cioè la donna che schiaccia la testa del serpente, che fa più compassione il serpente che questa donna così arcigna. Anche questa immagine la si deve ad un errore di traduzione.

Il testo del Genesi (3,15) condannando il serpente dice: metterò inimicizia tra la tua stirpe e la sua stirpe, (quella della donna), questa, (cioè la stirpe) ti schiaccerà la testa e tu gli insidierai il calcagno. Cioè la stirpe della donna, l’umanità sarà sempre vincitrice sul serpente.

Girolamo, o chi per lui, sbagliò anziché “questa“ usò il pronome “lei” cioè la donna: ecco la donna che schiaccia la testa al serpente, e poi la proiezione in Maria (ipsa conteret caput tuum).

Alcuni sono stati errori fatali che hanno causato migliaia di morti. Pensate alla fatalità dovuta – si pensa a Girolamo – quando traducendo il capitolo 10 del vangelo di Giovanni, l’espressione di Gesù: “E sarà un solo gregge, un solo pastore (Gv 10,16), Girolamo, confondendosi con il versetto precedente, traduce: “sarà un solo ovile, un solo pastore (et fiet unum ovile et unus pastor)”.
Il gregge sono le pecore, l'ovile è il recinto. Un ovile può ospitare diverse greggi. Gesù aveva detto il contrario: è la fine degli ovili, non ci sono più recinti, per quanto sacri; è la fine degli steccati.

C’è un ( solo) gregge, cioè la comunità di persone che accolgono Gesù e il messaggio. Basta con gli ovili.
Girolamo si sbagliò: anziché ‘gregge’ scrisse ‘ovile’. “Ci sarà un solo ovile e un solo pastore”, e da qui ogni chiesa che pretese di essere l’unico ovile e faceva guerra alle altre chiese, le guerre di religione. Girolamo fece questa opera, che poi venne riveduta, ecc. e ancora, fino a che Girolamo mettesse mano a questo testo, ogni comunità si riteneva ancora capace di aggiungere qualche cosa.
Poi, andando avanti, l'edizione di Girolamo della Bibbia e del Nuovo Testamento, venne considerata dalla Chiesa l’edizione ufficiale.

Quindi la Chiesa ha basato tutta la teologia, la sua liturgia e il suo insegnamento morale su una traduzione imperfetta, come tutte le traduzioni del testo, per 1500 anni con conseguenze a volte anche tremende.
Nel mondo protestante già verso il 1500 si sentì il bisogno di ritornare al testo originale greco, e si fece un’edizione, ma la chiesa cattolica, come reazione alla traduzione di Lutero ( Lutero fu il primo che tradusse la Bibbia nella lingua parlata dal popolo, nel tedesco), proibì la lettura della Bibbia ( in lingua volgare ) ai laici.

Un decreto di un papa, Pio IV, nel quale dice: ‘per esperienza è risultato chiaro che se la Sacra Bibbia è permessa senza discriminazione in lingua volgare, ne deriva maggior male che bene a causa della fragilità umana’.
Quindi qui abbiamo un divario: nel mondo protestante inizia la traduzione nella lingua parlata dalla gente, e quindi gli studi.

La chiesa cattolica, purtroppo, si arrocca sulle difensive e la Bibbia viene vista come il libro dei protestanti.

E intanto si andava avanti, non con il testo originale, ma con questa traduzione latina, che presentava lacune da tutte le parti.
Uno dei disastri più grandi lo fece papa Sisto V.

Nel 1590, Sisto V incaricò una commissione di rivedere questo testo. La commissione fece un buon lavoro. Gli portò i risultati, e il papa non fu d’accordo e personalmente corresse la Bibbia.

Fece un disastro inimmaginabile perché era un incompetente. Personalmente cancellò alcune parti, ne aggiunse delle altre e fu un disastro.

Ma era il papa e tra l’altro mise la “scomunica maggiore” ad ogni mutamento della sua edizione della Bibbia [chiunque modifica questa mia edizione della Bibbia - e il papa lo può fare – sarà scomunicato per sempre].
Quindi secondo il papa, quella era la Bibbia che doveva servire nei secoli dei secoli, per tutta la chiesa. A Roma, c’è un proverbio che dice: “un papa bolla e l’altro sbolla”, cioè normalmente un papa fa esattamente il contrario del papa precedente (naturalmente lo fanno con i guanti bianchi dicendo ‘secondo la volontà dell’augusto predecessore’, ma poi fanno il contrario!).
Il papa che succedette a papa Sisto V, papa Clemente VIII si trovò tra le mani questo disastro, tanto più con la pena di scomunica.

Ordinò ad una nuova commissione di rivederla, modificò e quindi venne corretta, la traduzione voluta da Sisto V, venne fuori un prodotto non perfetto ma abbastanza buono, ma, per non togliere il prestigio al papa precedente, venne detto che questa era l’edizione secondo la volontà dell’augusto predecessore.

Questa Bibbia venne chiamata la Bibbia Sisto-Clementina , quella che ancora, fino al Concilio Vat. II, era il testo ufficiale della Chiesa.
Il Concilio ( Vat. II) , con i guanti bianchi, l’ha gentilmente mandata in pensione. Scrive nel decreto sulla Divina Rivelazione (Dei Verbum), che “la Chiesa ha sempre in onore le altre versioni orientali e le versioni latine, particolarmente quella che è detta “Vulgata”, ma, poiché la parola di Dio deve essere a disposizione di tutti in ogni tempo, la Chiesa cura con materna sollecitudine che si facciano traduzioni appropriate e corrette nelle varie lingue, a preferenza dei testi originali dei Sacri Libri”.
(Con il Concilio Vaticano II ) è iniziata la primavera che adesso stiamo vivendo. Quindi vedete che sono poco più di trent’anni che è iniziata la traduzione, lo studio, e, con grande sorpresa, il testo originale dei Vangeli che fu scoperto alla fine dell’Ottocento, da un Russo, von Tischendorf, nel monastero di S. Caterina, sul Sinai, era abbastanza diverso dalla traduzione latina che si presentava: certe parti che nella traduzione latina c’erano nel testo originale non c’erano.

Sono iniziati gli studi e adesso, nella Chiesa cattolica, finalmente, stiamo recuperando un ritardo di quattro secoli – ma non solo lo abbiamo recuperato ma credo di poter dire che abbiamo superato il mondo protestante in quanto a qualità e profondità di studi nel campo della Bibbia o perlomeno siamo ad un buon livello, le posizioni sono uguali – nel recupero del testo originale.

Oggi ci troviamo – e adesso iniziamo la parte che ci interessa - a leggere un testo che per secoli è stato seppellito, un testo nuovo che però presenta difficoltà di comprensione, perché non basta tradurre dal testo originale greco nella nostra lingua.
L’ultima Bibbia conosciuta proprio dagli italiani, oltre la Bibbia delle Paoline - molto buona -, è la Bibbia della Commissione Episcopale Italiana ( Bibbia CEI) , che è stata rivista una prima volta nel 1974 L' ’ultima edizione, che purtroppo è passata veramente sottobanco, che non è stata divulgata, - e questo è veramente una tristezza -, è del 1997, e ve la consiglio perché è stato fatto un buon lavoro. Sono scomparsi certi termini, sono scomparse certe ideologie di fondo, e hanno fatto un lavoro, naturalmente non perfetto, ma buono.

Bibbia e TalmudMa non basta solo tradurre il testo dalla lingua originale alla lingua italiana, bisogna anche comprendere quelle immagini cosa volevano dire in quell’epoca, e oggi nessun studioso della sacra scrittura può fare a meno, per la comprensione del Vangelo, di un testo importantissimo chiamato “ Talmud ”.

Che cosa è il Talmud?

Gli Ebrei credevano che quando Mosè salì sul monte Sinai, Dio gli avesse consegnato due leggi: una scritta nelle tavole e una, l’interpretazione di questa legge, spiegata a voce. Poi questa spiegazione a voce, che nei tempi si era arricchita, più o meno all’epoca di Gesù, venne messa per iscritto. E questo è il Talmud:
una serie di insegnamenti, di decreti, di dibattiti dei Rabbini sull’applicazione della legge di Mosè e sono una miniera fondamentale per le nostre traduzioni….. Purtroppo – anche questo fu un danno enorme – la Chiesa condannò il Talmud come opera demoniaca e per secoli - l’ultimo rogo è stato verso la fine del 1600 in Polonia -, quando si trovavano i Talmud venivano bruciati nella piazza della cattedrale perché si riteneva che erano un’opera satanica.
Oggi non c’è nessun studioso serio che non possa fare a meno del Talmud, perché non basta che io traduca – e adesso vedremo l’esempio – un termine dalla lingua greca o ebraica nella lingua italiana, bisogna vedere a quell’epoca cosa significava, perché certi termini non hanno lo stesso significato. Teologia per figure L’oca da noi è l’emblema – chissà perché quando in realtà, chi conosce questo animale, non risulta che sia così – della stupidità. Diciamo: sei stupido come un’oca! Se voi date dell’oca ad una persona, chiaramente questa si offende. Nel mondo ebraico, l’oca è l’immagine della sapienza. C’è scritto nel Talmud: chi sogna un’oca riceve sapienza. Quindi l’oca è l’animale simbolo della sapienza. Per esempio, nel mondo egiziano, quello che noi diciamo: su ali di aquila, viene detto: su ali d’oca. Vedete non basta che io traduca: ‘oca’ - oca va bene, lo capisco -, bisogna vedere in quella cultura cosa significa.

L’altra immagine, e questa ci interessa più da vicino, è la volpe. Nel vangelo di Luca, al capitolo 13, i farisei, cercando di intimorire Gesù e di farlo allontanare dal loro territorio, egli dicono: ‘guarda che Erode ti cerca per ammazzarti’. E Gesù, per niente impaurito, dice: “andate a dire a quella volpe... ” (Lc 13,32). Per noi la volpe è l’animale che raffigura la furbizia. Allora sembra che Gesù dica: ‘andate a dire a quel furbo…’, ma se c’è una persona che non è furba nei vangeli è proprio Erode (tra l’altro vuol ammazzare Gesù e glielo fa pure sapere, non sembra tanto furbo…). Ma nel mondo ebraico l’animale più insulso, più insignificante, è la volpe.

Per dire che una costruzione non vale niente, dice: ‘che anche una volpe la può demolire’. E un proverbio, sempre nel Talmud, - sentirete spesso dire Talmud – dice: è meglio essere la coda del leone, quindi la parte infima, che la testa di una volpe. Allora Gesù non sta dicendo ‘andate a dire a quel furbo..’ ma ‘andate a dire a quell’insulso..’ qualcosa di differente.

Quindi il compito del traduttore cos’è: quando io mi trovo di fronte ‘volpe’, devo tradurre ‘volpe’ – ma la gente non è possibile che conosca tutte queste disquisizioni del Talmud, non è tenuta a farlo, – allora il compito del traduttore qual è? Devo tradurre volpe o insulso?
E’ un problema che c’è oggi ed è molto importante per comprendere le immagini dell’Antico Testamento, che sono immagini figurate e non corrispondono alle nostre. Per esempio nell’Antico testamento troviamo un’espressione che a noi magari fa un po’ senso. Dice: ‘mi cospargi di olio il capo…’ devo tradurre in ‘mi cospargi di olio il capo’ che nella nostra cultura non ha nessun significato, o devo dare il significato di questa espressione: ‘cospargere di olio il capo’ significa: ‘mi profumi’? Oppure quando nei Salmi dice che ‘Dio getta i sandali sulla Filistea’, sembra un Dio disordinato. ‘Gettare i sandali’ invece significa ‘conquistare’. Oppure, questa la troviamo anche citata nella lettera ai Romani. Paolo dice: ‘al tuo avversario accumula carboni ardenti sopra il suo capo’. Uno dice: che bello, lo posso arrostire. No, ‘accumulare carboni ardenti’ sulla testa di una persona, significa: farla arrossire, cioè lui ti vuol male, tu fagli del bene e vedrai che così lo farai vergognare (Rm 12,20 e Pr 25,22).

Oppure nel II libro di Samuele, cosa deve fare il traduttore? Qui c’è un episodio drammatico: sapete che Davide si è preso come amante la moglie di uno degli ufficiali che aveva mandato al fronte e quando si accorge che questa donna, Betsabea, aspetta un figlio, richiama subito il marito dal fronte in modo di farne attribuire la paternità a questo uomo, che si chiama Uria. Davide chiama Uria e gli dice esattamente: ‘scendi a casa tua e lavati i piedi’ (2 Sam 11,8). Si legge che Uria rifiutò di scendere a casa e di lavarsi i piedi. Allora Davide ammazza, fa ammazzare Uria.

Ecco, uno che legge dice: ma perché Davide ammazza Uria, perché non ha lavato i piedi? Va bene, è tornato dal fronte, forse puzzava terribilmente, ma non sembra un motivo … E’ che ‘lavarsi i piedi’ è un’espressione usata nel mondo ebraico per dire: ‘congiungersi con la moglie’ (avere rapporti). Allora il traduttore cosa deve fare? Deve tradurre: scendi a casa tua e lavati i piedi, (con il rischio che l’80 o il 90 per cento delle persone non capisca il significato) o deve tradurre: scendi a casa tua e unisciti a tua moglie? E questo vedete è importante per comprendere il messaggio che c’è nella Bibbia e nei Testamenti.

Altro esempio. Anche noi adoperiamo certe parti del corpo umano per indicare dei valori. Una persona che ha coraggio, si dice che ha fegato. Nella nostra cultura una persona che ha coraggio si dice che ha fegato. Ma gli organi del corpo umano non hanno lo stesso significato nel mondo ebraico. Per esempio un Salmo dice: ‘il Signore scruta le reni degli uomini’. E’ perchè le reni, nella cultura ebraica indicano la mente, il pensiero dell’uomo.

Allora, se io traduco esattamente: ‘il Signore scruta le reni’ è probabile che il 90 per cento delle persone non capirà. Se invece io traduco che il Signore scruta i pensieri degli uomini, qualcosa capirà. Il cuore, il muscolo cardiaco non rappresenta la sede degli affetti e neanche l’organo vitale. Per esempio, nel I libro di Samuele si trova scritto che un tizio, Nabal: ‘il suo cuore gli morì in petto ed egli divenne come una pietra. 10 giorni dopo il Signore colpì Nabal e lui morì’. Allora il cuore gli morì, per 10 giorni diventa come una pietra, e dopo 10 giorni il Signore lo fa morire, cosa significa il cuore? Il cuore significa la testa, il pensiero cioè a questa persona gli è venuto un attacco celebrale e dopo 10 giorni è morto.

Allora quando nel vangelo o nell’Antico Testamento leggiamo che una persona è dura di cuore, non significa una persona crudele, ma una persona testarda, perché il cuore indica la testa, e così via ce ne sono tanti. A noi tutto questo può sembrar strano, ma vedete, è esattamente il nostro modo di esprimerci, solo che per noi è normale e comprensibile, in un’altra cultura forse no. Se io leggo sul giornale, oggi: arrestato un topo d’albergo. Per noi è chiaro che si tratta di un ladro. Provate a immagine che tra 2000 anni, in un’altra cultura, trovano questo frammento di giornale e dicono: ‘guarda nel 2002 arrestavano i topi’ perché non sono tenuti a sapere che per noi ‘topo d’albergo’ significa ‘un ladro’.

E ancora. Se dico: quella ragazza ha i grilli per la testa. Fra 2000 anni potrebbero pensare che andava di moda portare insetti sulla testa, e così ho un diavolo per capello, oppure sono andato all’incontro biblico: una barba !! Abbiamo di questi, tanti e tanti esempi. Noi comprendiamo, è un linguaggio figurato. Ogni anno, quando c’è la lotteria di capodanno, immancabilmente i giornali scrivono: baciato dalla dea fortuna! Diranno: nel 2002 credevano alla esistenza di una dea che si chiamava fortuna e una volta all’anno baciava un individuo. E di questi esempi ne potremmo fare tanti. Questo è importante per comprendere il linguaggio dei vangeli.
( I Vangeli sono teologia, ma ) il linguaggio dei vangeli è un linguaggio che non è espresso per concetti teologici, ma per figure.

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