Corso di Religione





Gli Evoluzionismi
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Filosofie sulla evoluzione delle specie. Nessuna teologia così come nessuna filosofia può confutare una ipotesi o teoria scientifica. Religioni, filosofie e scienze sono tre diverse "conoscenze " autonome e indipendenti.

D'altro canto nessuna rivelazione, teologia o filosofia può essere confutata con teorie scientifiche ! Le teorie scientifiche si confutano verificando nuove teorie più generali attraverso il metodo scientifico.

Ogni conoscenza va discussa nell'ambito suo proprio altrimenti si fa solo confusione!


Quando si tratta di evoluzione della specie umana è indispensabile distinguere tra :
-teorie scientifiche dell'evoluzione animale (ambito e metodi delle scienze)
-filosofie evoluzioniste ( ambito e metodi della filosofia)
-teologie sull'origine dell'uomo ( ambito e metodi della teologia)

1-Le ipotesi scientificamente formulate sulla evoluzione biologica della specie umana, in quanto interprepetano in modo coerente i dati delle osservazioni scientifiche non sono da "accettare" o da "respingere" a seconda se fanno problema o meno alle propie convinzioni filosofiche o religiose: esse vanno scientificamente verificate o scientificamente falsificate.

Mettere a confronto per esempio i racconti biblici delle origini con l'ipotesi di Darwin è una mera sciocchezza.

Ciò che viene dalla scienza, in quanto prodotto da un metodo e da procedure precise e codificate, va "confutato" sul piano scientifico : non si può respingere una ipotesi o tanto meno una teoria scientifica adducendo argomenti filosofici o teologici; bisogna confutarla sul piano del metodo e delle procedure proprie della scienza !

2- Le filosofie vanno confutate sul piano filosofico che è diverso da quello della scienza.

Gli scienziati spesso amano fare i filosofi credendo di produrre filosofie coerenti perchè partono da risultati scientifici .

Il pensiero scientifico ed il pensiero filosofico come è noto- si producono a partire da prospettive e metodi assolutamente diversi e non paragonabili.


Ci sono filosofie che discutono razionalmente la teoria darwiniana della evoluzione delle specie animali estendendola all'uomo . Alcune filosofie concludono che in essa c’è un disegno intelligente che orienta l’evoluzione ; altre che concludono che tutta l’evoluzione e l’uomo stesso è frutto del caso , di un brutale processo di causa-effetto.

Quando si parla di " evoluzionismo" o di "darwinismo" non si tratta di scienza, cioè di teorie scientifiche, ma di filosofie !



FilosofieL' evoluzionismo è una filosofia che parte dalla possibilità darwiniana che l’uomo sia comparso a partire da una evoluzione simile a quella delle specie animali , dunque da processi di mutazione e selezione naturale. Ci sono per esempio filosofi che prendendo come verità assolute le ipotesi scientifiche sulla evoluzione della specie umana a partire da quelle animali e cercano di sviluppare filosofie antropologiche o etiche, che riguardano cioè la natura dell'uomo e i suoi significati e valori pretendendo spesso di far rientrare l'uomo tra gli animali e privarlo della sua singolarità di " persona" con tutte le conseguenze sui suoi diritti.
Le "filosofie dell'evoluzionismo" non sono delle "verità filosofiche" più vere di altre perchè si fondano su "verità scientifiche" come qualche sprovveduto afferma; più spesso sono " postulati filosofici" ai quali si può credere o non credere ma solo per fede, non per ragione. Alcuni scienziati e filosofi si domandano poi se l'ipotesi evoluzionista ciò sia semplice frutto del caso o sia frutto di un " disegno intelligente" implicito nella natura stessa :
" il processo evolutivo, la “ natura” ( il cosmo ordinato da se stesso) si comporta –nella selezione naturale ... Come se” seguisse un disegno più o meno intelligente, una progettualità - (Cavalli Sforza, genetista)

Altri non vedono intelligenza nella selezione naturale, non vedono progettualità ma solo caso e leggi meccaniche. Tutte queste filosofie sono da discutere e verificare filosoficamente.

Teologie3- Le religioni custodiscono rivelazioni cioè miracoli e prodigi che sono "dati" . Le rivelazioni spesso contengono "luci" che illuminano il mistero dell'uomo. I teologi delle diverse religioni cercano di sviluppare con la ragione queste " luci" e formulano teologie.

Esistono diverse teorie teologiche sulla origine dell'uomo. Rientrano in queste teologie tutti quei racconti antichi sulle origini del mondo e dell'uomo che troviamo nei testi sacri delle religioni. Esse sono riflessioni teologiche sulla base delle rivelazioni e non hanno nessun valore scientifico.
“Scoprire un disegno nella natura” Christoph Schönborn, ”The New York Times”, July 7, 2005

A partire dal 1996, quando papa Giovanni Paolo II disse che l’evoluzione (un termine che non definì) era “più che una mera ipotesi”, i difensori del dogma neodarwiano hanno spesso invocato la supposta accettazione – o almeno l’acquiescenza – della Chiesa cattolica romana quando essi difendono la loro teoria come qualcosa di compatibile con la fede cristiana.

Ma ciò non è vero. La Chiesa cattolica, mentre lascia alla scienza molti dettagli circa la storia della vita sulla terra, proclama che alla luce della ragione l’umano intelletto può facilmente e chiaramente discernere una finalità e un disegno nel mondo maturale, incluso il mondo degli esseri viventi.

L’evoluzione nel senso di una comune discendenza può essere vera, ma l’evoluzione nel senso neodarwiniano – un processo non guidato e non pianificato di variazioni casuali e di selezione naturale – non lo è. Ogni sistema di pensiero che nega o cerca di escludere la schiacciante evidenza di un disegno nella biologia è ideologia, non scienza.

Prendiamo il reale insegnamento del nostro amato Giovanni Paolo. Mentre la sua piuttosto vaga e non importante lettera del 1996 sull’evoluzione è citata sempre e dovunque, vediamo che nessuno discute queste parole in un’udienza generale del 1985 che rappresenta il suo robusto insegnamento sulla natura:

“Tutte le osservazioni concernenti lo sviluppo della vita conducono a un’analoga conclusione. L’evoluzione degli esseri viventi, di cui la scienza cerca di determinare le tappe e discernere il meccanismo, presenta un interno finalismo che suscita l’ammirazione. Questa finalità che orienta gli esseri in una direzione, di cui non sono padroni né responsabili, obbliga a supporre uno Spirito che ne è l’inventore, il creatore”.

Egli proseguì dicendo: “A tutte queste indicazioni sull’esistenza di Dio creatore, alcuni oppongono la virtù del caso o di meccanismi propri della materia. Parlare di caso per un universo che presenta una così complessa organizzazione negli elementi e un così meraviglioso finalismo nella vita, significa rinunciare alla ricerca di una spiegazione del mondo come ci appare. In realtà, ciò equivale a voler ammettere degli effetti senza causa. Si tratta di una abdicazione dell’intelligenza umana, che rinuncerebbe così a pensare, a cercare una soluzione ai suoi problemi”.

Si noti che in questo passaggio la parola “finalità” è un termine filosofico sinonimo di causa finale, fine o disegno. In un passaggio di un’altra udienza generale dell’anno successivo, Giovanni Paolo II conclude: “È chiaro quindi che la verità di fede sulla creazione si contrappone in modo radicale alle teorie della filosofia materialistica, che vedono il cosmo come risultato di una evoluzione della materia riconducibile a puro caso e necessità”.

Naturalmente, l’autorevole Catechismo della Chiesa Cattolica concorda: “Indubbiamente, l'intelligenza umana può già trovare una risposta al problema delle origini. Infatti, è possibile conoscere con certezza l'esistenza di Dio Creatore attraverso le sue opere, grazie alla luce della ragione umana”. E aggiunge: “Noi crediamo che il mondo è stato creato da Dio secondo la sua sapienza. Non è il prodotto di una qualsivoglia necessità, di un destino cieco o del caso”.

In una impropria variante di questa vecchia controversia, dei neodarwinisti hanno recentemente cercato di ritrarre il nostro nuovo papa, Benedetto XVI, come un convinto evoluzionista. Essi hanno ripreso un’affermazione circa la comune discendenza da un documento del 2004 della Commissione Teologica Internazionale, hanno sottolineato che Benedetto era all’epoca capo di questa commissione, e hanno concluso che la Chiesa cattolica non ha difficoltà ad accettare la nozione di “evoluzione” quale usata dai biologisti che vanno per la maggiore – che è sinonimo di neodarwinismo.

Il documento della commissione riaffema invece il perenne insegnamento della Chiesa cattolica sulla realtà di un disegno nella natura. Commentando il largo abuso che si fa della lettera di Giovanni Paolo II del 1996 sull’evoluzione, la commissione avverte che “il messaggio di Giovanni Paolo II non può essere letto come un’approvazione generale di tutte le teorie dell’evoluzione, incluse quelle di provenienza neodarwinista, che negano esplicitamente che la divina Provvidenza possa avere avuto qualunque ruolo veramente causale nello sviluppo della vita dell’universo”.

Inoltre, a giudizio della commissione, “un processo evolutivo privo di guida – un processo che quindi non rientra nei confini della divina Provvidenza – semplicemente non può esistere”.

Proprio questo ha detto poche settimane fa Benedetto XVI nell’omelia d’inaugurazione del pontificato: “Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario”.

Nel corso della storia la Chiesa ha difeso la verità della fede ricevuta da Gesù Cristo. Ma nell’era moderna, la Chiesa cattolikca si è trovata nell’insolita posizione di ergersi anche a difesa della ragione. Nel XIX secolo il Concilio Vaticano I ha insegnato a un mondo tentato dalla “morte di Dio” che con l’uso della sola ragione l’umanità può conoscere la realtà della Causa Incausata, del Primo Motore, il Dio dei filosofi.

Oggi, all’inizio del XXI secolo, messa a confronto con tesi scientifiche come quelle del neodarwinismo e con le multiformi ipotesi di cosmologia inventate per fini e disegni rinvenuti nella scienza moderna, la Chiesa cattolica difenderà di nuovo la ragione umana proclamando che l’immanente disegno evidente nella natura è reale. Le teorie scientifiche che cercano di spazzar via l’apparire del disegno come effetto di “caso e necessità” non sono per niente scientifiche ma, come Giovanni Paolo II ha messo in luce, un’abdicazione dell’umana intelligenza.

Dialogo tra scienza e fede DI LUIGI DELL’AGLIO Avvenire-Venerdi 17 /06/2005

La teoria dell’evoluzione è ormai accettata dalla Chiesa purché non si affermi che l’uomo è prodotto del caso. Fa discutere un pamphlet dello studioso Orlando Franceschelli.

Sta per riaprirsi una larga e animata discussione su evoluzionismo e creazione, disputa che sempre più accende animi e intelletti sui due fronti. I credenti accettano, in linea di massima, l’evoluzione (sono soprattutto gli evangelici a recalcitrare) ma, tra credenti e naturalisti neodarwiniani è scontro su quanto c’è a monte dell’evoluzione.

Su questo tema si "riscalderà" il nascente dialogo tra scienza e fede. In tutto il mondo, si pubblicano già agguerriti saggi sulla materia. Affiorano aspetti della questione abbastanza sconosciuti al grande pubblico. In Italia esce oggi nelle librerie uno studio dal titolo Dio e Darwin, edito da Donzelli, in cui il filosofo della scienza Orlando Franceschelli "apre" ai credenti. La teoria dell’evoluzione non deve essere percepita come una forzatura dai credenti, e per larga parte non lo è: questa la tesi dell’autore.

Franceschelli passa in rassegna le posizioni dei principali protagonisti della disputa: fautori del creazionismo che rifiutano l’evoluzione, darwiniani o neodarwiniani, e soprattutto "teisti evoluzionisti", come li chiama, sui quali si sofferma ampiamente. L’autore vuole descrivere in profondità quella componente del fronte dei credenti che, cercando di immaginare com’è il Dio artefice di un mondo in evoluzione, concepisce il creatore in modo nuovo.

E questa posizione affascina Franceschelli: l’evoluzione, nella sua complessità, può apparire un processo di straordinario interesse soprattutto perché induce alcuni pensatori a una riflessione sempre più ricca sul Dio creatore. L’autore premette che la Chiesa ha riconosciuto alla teoria dell’evoluzione un fondamento scientifico. Ma come ha affermato il Papa nell’omelia di inizio del pontificato, ricorda Franceschelli l’uomo non può essere considerato «un prodotto casuale e senza senso dell’evoluzione. Perché è voluto e amato da Dio».

Del resto, «la Chiesa cattolica», scrive Franceschelli, «ha ribadito ufficialmente che l’evoluzione va intesa non in termini naturalistico-darwiniani ma come cammino della Creazione, secondo il disegno della infinita bontà, sapienza e potenza di Dio».

Il darwinismo svolge un ruolo «che è quasi più importante per i credenti che per i non credenti», rileva l’autore del libro. «Darwin ha fatto un dono alla teologia, ricordandole la vulnerabilità cui si trova esposto perfino Dio. Se è vero che l’evoluzione è il processo attraverso il quale si realizza la promessa di Dio (nonostante sofferenze e sprechi che l’evoluzione dissemina lungo il suo cammino), dobbiamo immaginare un Deus Creator et Evolutor.
Cioè un Dio che, per amore, decide di creare, contraendo la propria presenza e la propria potenza. Fino a concedere alla sua stessa creazione l’autonomia evolutiva, segnata persino dalla pura casualità».

Franceschelli ricorda che «la contrazione del potere divino nella creatio ex amore» è concetto antico. Questo filone di pensiero ha portato a immaginare che Dio abbia quasi «rinunciato a intervenire» e che la creazione sia ormai «affidata alla responsabilità dell’uomo». Ne viene fuori un Dio, che risulta «il più laico e il meno riconducibile a idolo».

Questo vuol dire, per Franceschelli, «ripensare l’antropologia su basi evolutive», «senza smarrire la consapevolezza delle vere e proprie ferite senza redenzione, di fronte alle quali ci mette un’evoluzione senza creatore».

La presenza del male nel mondo è stata un problema anche nella riflessione di Darwin. Quest’uomo che «da aspirante pastore e prete di campagna, desideroso di scrutare la creazione di Dio nella serena beatitudine del giardino di una canonica, si trasformò in "cappellano del diavolo"».

Del dolore, Darwin fece un’esperienza personale durissima: gli morì la figlioletta Annie di nove anni. Franceschelli cita poi Dietrich Bonhoeffer: «Dobbiamo saper cercare e trovare Dio anche in una realtà privata della presenza di Dio; cioè in ciò che conosciamo, non in ciò che non conosciamo». Nel dialogo in corso, scienza, filosofia e fede si parleranno ma senza rinunciare alle proprie idee fondamentali. ...

«La Chiesa constata che la dottrina della Creazione sembra oggi dimenticata dal pensiero filosofico e oscurata nella società secolarizzata»

(
Giuseppe Tanzella- Nitti, professore di teologia alla Pontificia Università della Santa Croce )

Antropologi, filosofi e teologi dibattono sul fondamento scientifico e sugli aspetti ancora nebulosi della teoria dell’evoluzione... L’evoluzione delle specie può considerarsi un fatto. I lati oscuri riguardano le cause: selezione naturale e trasmissione ereditaria di una mutazione genetica casuale (come vogliono Darwin e i darwinisti), oppure potenzialità organiche che si attuano nei viventi, e adattamento all’ambiente? E poi che cosa "guida" l’evoluzione: il cieco gioco del caso oppure un finalismo? Domande filosofiche cui le scienze non sembrano poter rispondere.

Chi può dire che ciò che ai nostri occhi appare puro gioco d’azzardo non segua lo scopo nascosto di colui che possiede tutte le regole del gioco, cioè di un Creatore?

Creazione ed evoluzione sembrano sempre in conflitto. Perciò scienziati, filosofi e teologi non possono fare a meno di discuterne. Ma il conflitto è solo apparente. Per evolversi, il mondo deve essere stato creato. La creazione sta nel fondamento della storia e dell’evoluzione .

L’evoluzione dissemina sul suo cammino anche "sofferenze di innocenti, e sprechi"... C’è una serie di domande che la teologia deve affrontare. Quale senso hanno i lunghissimi tempi trascorsi a partire dalla comparsa dei primi uomini? La morte entra nel mondo come conclusione di un arco di vita biologica. Esisteva anche prima della comparsa dell’uomo? Che senso hanno la distruzione e la violenza?

Mettere a fuoco queste domande aiuterà la teologia a comprendere meglio il testo biblico. Il lavoro interdisciplinare va però condotto con rigore e senza mistificazioni. Occorre interrogarsi su cosa vogliano dire sofferenza e violenza. E chiedersi anche «L quale sia l’effettivo valore degli "sprechi».

La "creazione continua" comporta un’autolimitazione e una "vulnerabilità" di Dio , che spiega la presenza del male nel mondo?

L’idea che la creazione implichi un certo "ritrarsi" di Dio non è nuova. Ne parlano la kabalah ebraica, alcuni autori mistici e certe correnti della teologia ortodossa. Se ben compresa, è un’immagine suggestiva. A Dio, il creare risulta "costoso": l’amore implica sempre un coinvolgimento e un sacrificio. Estrapolare però questa immagine fino a radicalizzarla, facendo dell’evoluzione un limite all’onnipotenza divina (qualcosa che sfugga al suo disegno creatore), giungendo perfino a ipotizzare un Dio in evoluzione, risulterebbe contraddittorio.

Ci troveremmo di fronte a un’immagine di Dio tramutata in caricatura. Come quella di un Dio che non conoscerebbe il futuro, perché ancora da costruire evolutivamente. Un Dio che non sia Signore della storia, e dunque anche di una storia evolutiva, non è più Dio. Almeno non più il Dio della Rivelazione ebraico-cristiana ».

E l’asimmetria tra fede nella creazione e coscienza moderna?

L’esistenza di un’asimmetria, di una divaricazione, fra fede nella creazione e coscienza moderna è stata più volte messa in luce. In realtà, la fede in Dio Creatore è una base insostituibile del credo cristiano. La ragione non potrà mai essere del tutto emancipata dalla fede, perché resta sempre una ragione "creata". La creatura senza il Creatore svanisce, affermava la Gaudium et spes.

Ma il Creatore deve potersi riconoscere anche attraverso il creato. Ricordo un’espressione di qualche anno fa del cardinale Ratzinger: "Se Dio non ha un reale rapporto con il mondo, se questo non è intessuto del progetto di Dio, allora la fede perde i suoi fondamenti e si dissolve nella sfera vaga del sentimento". La fede in un Dio Creatore distingue la vera religione dalla superstizione e dalla credulità».


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