Corso di Religione

MORALE



LE VIRTU MORALI
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Le virtù teologali.
Le virtù morali naturali CUCC

1804
Le virtù umane sono attitudini ferme, disposizioni stabili, perfezioni abituali dell'intelligenza e della volontà che regolano i nostri atti, ordinano le nostre passioni e guidano la nostra condotta secondo la ragione e la fede. Esse procurano facilità, padronanza dì sé e gioia per condurre una vita moralmente buona.
L'uomo virtuoso è colui che liberamente pratica il bene. 1803 «Tutto quello che è vero, nobile, giusto, puro, amabile, onorato, quello che è virtù e merita lode, tutto questo sia oggetto dei vostri pensieri » (Fil 4,8). La virtù è una disposizione abituale e ferma a fare il bene. Essa consente alla persona, non soltanto di compiere atti buoni, ma di dare il meglio di sé. Con tutte le proprie energie sensibili e spirituali la persona virtuosa tende verso il bene; lo ricerca e lo sceglie in azioni concrete. Il fine di una vita virtuosa consiste nel divenire simili a Dio. 1804 Le virtù morali vengono acquisite umanamente. Sono i frutti e i germi di atti moralmente buoni; dispongono tutte le potenzialità dell'essere umano ad entrare in comunione con l'amore divino.

1810 Le virtù umane acquisite mediante l'educazione, mediante atti deliberati e una perseveranza sempre rinnovata nello sforzo, sono purificate ed elevate dalla grazia divina.  Con l'aiuto di Dio forgiano il carattere e rendono spontanea la pratica del bene. L'uomo virtuoso è felice di praticare le virtù.

Questo rimane per l'uomo un obiettivo naturale ma irraggiungibile con le sole sue vitù naturali. La salvezza cristiana interviene rendendolo un obiettivo raggiungibile.

Le vitù teologali
1811 Per l'uomo ferito dal peccato non è facile conservare l'equilibrio morale. Il dono della salvezza fattoci da Cristo ci dà la grazia necessaria per perseverare nella ricerca delle virtù. Essa però non è un semplice potenziamento delle virtù umane ma è il cambiamento della natura umana stessa!

Dio è il titolare , per natura , di " virtù divine " ( espressione analogica, antropomorfismo ). In quanto Dio, per mezzo di Gesù, dona ai credenti la sua natura divina facendoli uominidei come Gesù così che questi sono chiamati, dalla loro stessa " nuova natura umanodivina " , ad una vita morale simile a quella di Gesù. Sono chiamati a vivere " virtù umanodivine ".

Le virtù cristiane sono perciò teologali, provengono da una relazione di comunicazione ed unione con Dio, in Gesù. Esse sono l'unione della fede con , dell'umano, con il divino , le " virtù divine" Le virtù teologali non sono attitudini di natura umana ma di natura umanodivina. Fede, Speranza e Carità sono tre virtù umanodivine che i cristiani ricevono da Dio, dalla sua natura partecipata in Gesù. Si chiamano per questo virtù teologali cioè " che risiedono in Dio, di origine divina" .  

1812 1812 Le virtù umane si radicano nelle virtù teologali, le quali rendono le facoltà dell'uomo idonee alla partecipazione alla natura divina. Le virtù teologali si riferiscono direttamente a Dio. Esse dispongono i cristiani a vivere in relazione con la Santissima Trinità. Hanno come origine causa ed oggetto Dio Uno e Trino.

1813 Le virtù teologali sono il pegno della presenza e dell'azione dello Spirito Santo nelle facoltà dell'essere umano. Tre sono le virtù teologali: la fede,la speranza e la carità.
" Le virtù teologali   fondano, animano e caratterizzano l'agire morale del cristiano. Esse informano e vivificano tutte le virtù morali. Sono infuse da Dio nell'anima dei fedeli per renderli capaci di agire quali suoi figli e meritare la vita eterna.

Errata è la credenza per cui, praticando le virtù umane della fede , speranza e amore per Dio e per il prossimo , chiunque può meritarsi di diventare uomodio : si parla spesso di merito nel linguaggio cristiano ma mai in senso retributivo .

Il merito del cristiano è detto sempre in senso conservativo : la salvezza cristiana non è la retribuzione che Dio concede per una superprestazione morale dell'uomo; la morale umanodivina che è la vita cristiana è conseguenza della salvezza ricevuta e aderire liberamente ad essa merita , nel senso che conserva , la salvezza fino al suo compimento definitivo.


1811 Ciascuno deve sempre implorare questa grazia di luce e di forza, ricorrere ai sacramenti, cooperare con lo Spirito Santo, seguire i suoi inviti ad amare il bene e a stare lontano dal male

La fede 1814 La fede è la virtù teologale per la quale noi crediamo in Dio e a tutto ciò che egli ci ha detto e rivelato, e che la Santa Chiesa ci propone da credere, perché egli è la stessa verità. Con la fede « l'uorno si abbandona tutto a Dio liberamente ».66 Per questo il credente cerca di conoscere e di fare la volontà di Dio. « il giusto vivrà mediante la fede » (Rm 1, 17). La fede viva « opera per mezzo della carità » (Gal 5,6)»

1815 Il dono della fede rimane in colui che non ha peccato contro di essa. 67 Ma « la fede senza le Opere è morta » (Gc 2,26): se non si accompagna alla speranza e all'amore, la fede non unisce Pienamente fedele a Cristo e non ne fa un membro vivo dei suo Corpo.

1816 Il discepolo di Cristo non deve soltanto custodire la fede e vivere di essa, ma anche professarla, darne testimonianza con franchezza e diffonderla: « Devono tutti essere pronti a confessare Cristo davanti agli uomini, e a seguirlo sulla via della Croce attraverso le Persecuzioni, che non mancano mai alla Chiesa ». Il servizio e la testimonianza della fede sono indispensabili per la salvezza :« Chi mi riconoscerà davanti agli uomini anch'io lo rico. noscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mj rinnegherà davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli » (Mt 10,32-33).


La speranza  1817 La speranza è la virtù teologale per la quale desideriamo il Regno dei 1024 cieli e la vita eterna come nostra felicità riponendo la nostra fiducia   nelle promesse di Cristo e appoggiandoci non solo sulle nostre forze, ma sull'aiuto della grazia dello  Spirito Santo. « Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso » (Eb 10,23). Lo Spirito è stato « effuso da lui su di noi abbondantemente per mezzo di Gesù Cristo, Salvatore nostro, perché, giustificati dalla sua grazia, diventassimo eredi, secondo la speranza, della vita eterna » (Tt 3,6-7). 

1818 La virtù della speranza risponde all'aspirazione alla felicità, che Dio ha posto nel cuore di ogni uomo; essa assume le attese che ispirano le attività degli uomini; le purifica per ordinarle al Regno dei cieli; salvaguarda dallo scoraggiamento; sostiene in tutti i momenti di abbandono; dilata il cuore nell'attesa della beatitudine eterna. Lo slancio della speranza preserva dall'egoismo e conduce alla gioia della carità.

1819 La speranza cristiana riprende e porta a pienezza la speranza del popolo eletto, la quale trova la propria origine ed il proprio modello nella speranza di Abramo, colmato in Isacco delle promesse di Dio e purificato dalla prova del sacrificio. « Egli ebbe fede sperando contro ogni speranza e così divenne padre di molti popoli » (Rm 4,18). E la speranza cristiana si sviluppa, fin dagli inizi della predicazione di Gesù, nell'annuncio delle beatitudini.

Le beatitudini elevano la nostra speranza verso il Cielo come verso la nuova Terra promessa; ne tracciano il cammino attraverso le prove che attendono i discepoli di Gesù. Ma per i meriti di Gesù Cristo e della sua Passione, Dio ci custodisce nella « speranza » che « non delude » (Rm 5,5). La speranza è àncora della nostra vita, sicura e salda, la quale penetra... » là « dove Gesù è entrato per noi come precursore » (Eb 6,19-20). t altresì un'arma che ci protegge nel combattimento della salvezza: « Dobbiamo essere... rivestiti con la corazza della fede e della carità, avendo come elino la speranza della salvezza » (1 Ts 5,8). Essa ci procura la gioia anche nella prova: « lieti nella speranza, forti nella tribolazione » (Fin 12,12). Si esprime e si alimenta nella preghiera, in modo particolarissimo in quella del Pater, sintesi di tutto ciò che la speranza ci fa desiderare.

1821 Noi possiamo, dunque, sperare la gloria del cielo promessa da Dio a coloro che lo amano " e fanno la sua volontà. In ogni circostanza ognuno deve sperare, con la grazia di Dio, di perseverare « sino alla fine » e ottenere la gioia dei cielo, quale eterna ricompensa di Dio per le buone opere compiute con la grazia di Cristo.
Nella speranza la Chiesa prega che « tutti gli uomini siano salvati » (1 Tm 2,4). Essa anela ad essere unita a Cristo, suo Sposo, nella gloria dei cielo:Spera, anima mia, spera.

Tu non conosci il giorno né l'ora. Veglia premurosamente, tutto passa in un soffio, sebbene la tua impazienza possa rendere incerto ciò che è certo, e lungo un tempo molto breve. Pensa che quanto più lotterai, tanto più proverai l'amore che hai per il tuo Dio e tanto più un giorno godrai con il tuo Diletto, in una felicità ed in un'estasi che mai potranno aver fine. Lo slancio della speranza preserva dall'egoismo e conduce alla gioia della carità.

La carità  1822 La carità è la virtù teologale per la quale amiamo Dio sopra ogni cosa per se stesso, e il nostro prossimo come noi stessi per amore di Dio. Il dono divino della carità ai cristiani, In Gesù, li rende capaci di adempiere alla Legge Divina rivelata nell'At. Tutto nella vita cristiana è dono di Dio che diventa storia con l'adesione di fede e speranza dell'uomo. Ed è Carità.  1823 Gesù fa della carità il comandamento nuovo [Cf Gv 13,34 ]. Amando i suoi “sino alla fine” ( Gv 13,1 ), egli manifesta l'amore che riceve dal Padre. Amandosi gli uni gli altri, i discepoli imitano l'amore di Gesù, che essi ricevono a loro volta. Per questo Gesù dice: “Come il Padre ha amato me, così anch'io ho amato voi. Rimanete nel mio amore” ( Gv 15,9 ). E ancora: “Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati” ( Gv 15,12 ). Nessuno può comandare ad un uomo di amare : neppure Dio. Infatti è in virtù della partecipazione alla natura divina che l'uomo è spinto, dalla sua stessa nuova natura dunque , ad amare, come Gesù e in definitiva come Dio stesso.

 1824 La carità, frutto dello Spirito e pienezza della legge, osserva i comandamenti di Dio e del suo Cristo: “Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore” ( Gv 15,9-10 ) [Cf Mt 22,40; Rm 13,8-10 ].

 1825 Cristo è morto per amore verso di noi, quando eravamo ancora “nemici” ( Rm 5,10 ). Il Signore ci chiede di amare come lui, perfino i nostri nemici , [Cf Mt 5,44 ] di farci il prossimo del più lontano, [Cf Lc 10,27-37 ] di amare i bambini[Cf Mc 9,37 ] e i poveri come lui stesso [Cf Mt 25,40; 1825 Mt 25,45 ]. L'Apostolo san Paolo ha dato un ineguagliabile quadro della carità: “La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta” ( 1Cor 13,4-7 ).

 1826 “Se non avessi la carità, dice ancora l'Apostolo, non sono nulla. . . ”. E tutto ciò che è privilegio, servizio, perfino virtù. . . senza la carità, “niente mi giova” ( 1Cor 13,1-4 ). La carità è superiore a tutte le virtù. E' la prima delle virtù teologali: “Queste le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità” ( 1Cor 13,13 ).

 1827 L'esercizio di tutte le virtù è animato e ispirato dalla carità. Questa è il “vincolo di perfezione” ( Col 3,14 ); è la forma delle virtù; le articola e le ordina tra loro; è sorgente e termine della loro pratica cristiana. La carità garantisce e purifica la nostra capacità umana di amare. La eleva alla perfezione soprannaturale dell'amore divino.

 1828 La pratica della vita morale animata dalla carità dà al cristiano la libertà spirituale dei figli di Dio. Egli non sta davanti a Dio come uno schiavo, nel timore servile, né come il mercenario in cerca del salario, ma come un figlio che corrisponde all'amore di colui che “ci ha amati per primo” ( 1Gv 4,19 ): O ci allontaniamo dal male per timore del castigo e siamo nella disposizione dello schiavo. O ci lasciamo prendere dall'attrattiva della ricompensa e siamo simili ai mercenari. Oppure è per il bene in se stesso e per l'amore di colui che comanda che noi obbediamo. . . e allora siamo nella disposizione dei figli [San Basilio di Cesarea, Regulae fusius tractatae, prol. 3: PG 31, 896B].

 1829 La carità ha come frutti la gioia, la pace e la misericordia; esige la generosità e la correzione fraterna; è benevolenza; suscita la reciprocità, si dimostra sempre disinteressata e benefica; è amicizia e comunione: Il compimento di tutte le nostre opere è l'amore. Qui è il nostro fine; per questo noi corriamo, verso questa meta corriamo; quando saremo giunti, vi troveremo riposo [Sant'Agostino, In epistulam Johannis ad Parthos tractatus, 10, 4]



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