Corso di Religione





         


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Destino e destinazioneIl Destino Il problema della sorte individuale di ciascun uomo dopo la morte appartiene a quelle domande fondamentali cui tutta l'umanità da sempre cerca risposta e questo tema include il problema del destino . Nella percezione naturalistica il cosmo si presenta come un insieme strutturato e gerarchico, dove ogni cosa ha il suo posto e ogni evento la sua causa. In genere questo ordine è riferito agli dèi e viene considerata stoltezza infrangerlo. Questa percezione viene elaborata in tutte le culture attraverso l'idea di un Destino cui tutto e tutti sono sottoposti.

Probabilmente il punto di partenza di questa concezione è l'"esperienza" dell'infrangersi dei sogni umani contro qualcosa di più forte  :
 " ...l'uomo vorrebbe essere artefice della propria esistenza, ma non ci riesce e - conseguentemente - si forma l'idea di un destino inflessibile , superiore ai suoi sogni e alle sue aspirazioni, delle quali a lui tocca solo una parte ben determinata"

Nella cultura greca classica il destino era inteso, in senso globale, come Fato , qualcosa a cui tutto è sottomesso : il cosmo, gli uomini e gli dèi .

Nel Fato si inseriva il destino degli uomini in questa vita e dopo la morte.
Nell'Islam il Destino coincide con Allah. Tutto avviene " se vuole Allah" e se qualcosa avviene è perchè"lo ha voluto Allah". La libertà dell'uomo è vista come un ostacolo alla " sottomissione ad Allah" ( Islam, appunto) . La destinazione La cultura popolare occidentale fa coincidere il Fato con Dio ( la sua volontà)  come avviene nell'Islam : una concezione naturalistica di un Fato, un destino individuale ineluttabile, ma  permane sia anche la concezione di una libertà assoluta dell'uomo, della natura e della storia da qualsiasi Fato ineluttabile.

Destino e destinazione sono due concetti diversi : diversamente dal destino, considerato qualcosa di ben determinato e immutabile che riguarda ogni individuo  singolarmente , la destinazione è qualcosa che gli dèi e l'ambiente di vita possono determinare ma che l'individuo può accettare, rifiutare o anche cambiare.Nel cristianesimo non esiste la rivelazione di un " destino" come " Fato", come Forza Invincibile cui tutto è sottoposto ineluttabilmente.Dio si è rivelato ad Israele come l'Essere sovrano del cosmo e della storia, dominatore ordinatore e perciò creatore, ma non come autore di un destino ineluttabile per la storia.

DIO si è rivelato come Colui che fa la storia insieme con gli uomini : la storia è il risultato della Sua azione e di quella - libera - degli uomini.
At 13,48 i pagani si rallegravano e glorificavano la parola di Dio e abbracciarono la fede tutti quelli che erano destinati alla VITA eterna.Dio " destina" gli uomini alla VITA eterna nel suo Regno ma questi possono rifiutarsi.

Destinazione, non destino : destinati da Dio ma anche liberi di rifiutare quella destinazione.
Ro 6,22 Ora .. liberati dal peccato e fatti servi di Dio, voi raccogliete il frutto che vi porta alla santificazione e come destino avete la Vita eterna.
I cristiani, discepoli di Gesù sono destinati da DIO alla VITA eterna ma la destinazione cambia se la salvezza viene perduta con il peccato. I salvati, i cristiani possono liberamente scegliere di rifutare la salvezza ricevuta da Gesù ed autodestinarsi alla morte.
Si può dire che Dio abbia nelle sue mani -per ciascuno personalmente- un diverso " destino" che ineluttabilemente si compirà .

Dio agisce per donare a tutti gli uomini  - indistintamente- la VITA eterna per mezzo di Gesù e la risposta di ciascuno ( collaborazione o rifiuto) alla sua offerta e azione è di fatto una autodestinazione - il destino che liberamente uno sceglie - : VITA eterna insieme a Lui o separazione da LUI , la non-VITA   .
L'uomo di FEDE nella Parola di Gesù è un  UOMO SPIRITUALE ,  rinato dallo Spirito , immortale , cresciuto con l'Eucarestia : se  pone la propria fede in altri " spiriti" ( religioni, ideologie etc.) si separa dallo Spirito di Gesù, - // dalla VITA eterna che lo rende immortale - e torna uomo decaduto, dominato dalla morte : si è autodestinato alla non-VITA.
I " novissimi" In passato si sentiva spesso parlare dal pulpito di “novissimi”. “Novissimus” in latino significa “ultimo”: “novissimi” sono gli ultimi avvenimenti dell'esistenza umana sulla terra, cioè la Morte, ( l' auto ) Giudizio, l' Inferno e il Paradiso.

Ora se ne parla sempre meno : si sente parlare di problemi sociali, politici, economici..., ma non più dei problemi fondamentali dell'esistenza umana, come sono anche i “novissimi”.
Nel Catechismo Universale della Chiesa Cattolica I " novissimi"
CUCC - ARTICOLO 12 1020 Per il cristiano, che unisce la propria morte a quella di Gesù, la morte è come un andare verso di Lui ed entrare nella VITA eterna. Quando la Chiesa ha pronunciato, per l'ultima volta, le parole di perdono dell'assoluzione di Cristo sul cristiano morente, l'ha segnato, per l'ultima volta, con una unzione fortificante e gli ha dato Cristo nel viatico come nutrimento per il viaggio, a lui si rivolge con queste dolci e rassicuranti parole:

« Parti, anima cristiana, da questo mondo, nel nome di Dio Padre onnipotente che ti ha creato, nel nome di Gesù Cristo, Figlio del Dio vivo, che è morto per te sulla croce, nel nome dello Spirito Santo, che ti è stato dato in dono;
- la tua dimora sia oggi nella pace della santa Gerusalemme, con la Vergine Maria, Madre di Dio, con san Giuseppe, con tutti gli angeli e i santi. [...]
- Tu possa tornare al tuo Creatore, che ti ha formato dalla polvere della terra.
- Quando lascerai questa vita, ti venga incontro la Vergine Maria con gli angeli e i santi. [...] Mite e festoso ti appaia il volto di Cristo e possa tu contemplarlo per tutti i secoli in eterno ». 

[Rituale romano, Rito delle esequie, Raccomandazione dell'anima].

I. Il giudizio particolare 1021 La morte pone fine alla vita dell'uomo come tempo aperto all'accoglienza o al rifiuto della grazia divina apparsa in Cristo.   [1Tm1,9Egli infatti ci ha salvati e ci ha chiamati con una vocazione santa, non già in base alle nostre opere, ma secondo il suo progetto e la sua grazia. Questa ci è stata data in Cristo Gesù fin dall'eternità, 10ma è stata rivelata ora, con la manifestazione del salvatore nostro Cristo Gesù. Egli ha vinto la morte e ha fatto risplendere la vita e l'incorruttibilità per mezzo del Vangelo]
Il Nuovo Testamento parla del giudizio principalmente nella prospettiva dell'incontro finale con Cristo alla sua seconda venuta, ma afferma anche, a più riprese, l'immediata retribuzione che, dopo la morte, sarà data a ciascuno in rapporto alle sue opere e alla sua fede. La parabola del povero Lazzaro [Cf Lc 16,22 ] e la parola detta da Cristo in croce al buon ladrone [Cf Lc 23,43  " oggi sarai con Me in Paradiso") ] così come altri testi del Nuovo Testamento [Cf 2Cor 5,8; Fil 1,23; Eb 9,27; Eb 12,23 ] parlano di una sorte ultima dell'anima [Cf Mt 16,26 ] che può essere diversa per le une e per le altre.1022 Ogni uomo fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui :

- o passerà attraverso una purificazione, [Cf Concilio di Lione II: Denz.-Schönm., 857-858; Concilio di Firenze II: ibid., 1304-1306; Concilio di Trento: ibid., 1820]
- o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, [Cf Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: Denz.-Schönm., 1000-1001; Giovanni XXII, Bolla Ne super his: ibid., 990]
-
oppure si dannerà immediatamente per sempre [Cf Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: Denz.-Schönm., 1002].
Alla sera della vita, saremo giudicati sull'amore
[Cf San Giovanni della Croce, Parole di luce e di amore, 1, 57].
II. Il cielo 1023 Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio e che sono perfettamente purificati,
- Vivono per sempre  con Cristo

- Sono per sempre  simili a Dio,
perché  lo vedono « così come egli è » (1 Gv 3,2), « faccia a faccia » (1 Cor 13,12): 614
Con la nostra apostolica autorità definiamo che, per disposizione generale di Dio, le anime di tutti i santi morti prima della passione di Cristo. . . e quelle di tutti i fedeli morti dopo aver ricevuto il santo Battesimo di Cristo, nelle quali al momento della morte non c'era o non ci sarà nulla da purificare, oppure, se in esse ci sarà stato o ci sarà qualcosa da purificare, quando, dopo la morte, si saranno purificate. . ., anche prima della risurrezione dei loro corpi e del giudizio universale - e questo dopo l'Ascensione del Signore e Salvatore Gesù Cristo al cielo - sono state, sono e saranno in cielo, associate al Regno dei cieli e al Paradiso celeste con Cristo, insieme con i santi angeli.

E dopo la passione e la morte del nostro Signore Gesù Cristo, esse hanno visto e vedono l'essenza divina in una visione intuitiva e anche a faccia a faccia, senza la mediazione di alcuna creatura

[ Benedetto XII, Cost. Benedictus Deus: Denz. -Schönm., 1000; cf Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 49].
1024 Questa VITA perfetta, questa comunione di VITA e di Amore con la Santissima Trinità, con la Vergine Maria, gli angeli e tutti i beati è chiamata « il cielo ».

Il cielo è il fine ultimo dell'uomo e la realizzazione delle sue aspirazioni più profonde ( // la destinazione ) , lo stato di felicità suprema e definitiva.
1025 Vivere in cielo è “essere con Cristo” [Cf Gv 14,3; Fil 1,23; 1Ts 4,17 ]. Gli eletti Vivono “in Lui”, ma conservando, anzi, trovando la loro vera identità , il loro proprio nome: [Cf Ap 2,17 ]

Vita est enim esse cum Christo; ideo ubi Christus, ibi VITA, ibi regnum
- La VITA , infatti, è stare con Cristo, perché dove c'è Cristo, là c'è la VITA, là c'è il Regno
[Sant'Ambrogio, Expositio Evangelii secundum Lucam, 10, 121: PL 15, 1834A]. 1026 Con la sua morte e la sua risurrezione Gesù Cristo ci ha « aperto » il cielo.

La VITA dei beati consiste nel pieno possesso dei frutti della redenzione compiuta da Cristo, il quale associa alla sua glorificazione celeste coloro che hanno creduto in lui e che sono rimasti fedeli alla sua volontà.

Il cielo è la beata comunità di tutti coloro che sono perfettamente incorporati in Lui.
1027 Questo mistero di comunione beata con Dio e con tutti coloro che sono in Cristo supera ogni possibilità di comprensione e di descrizione. La Scrittura ce ne parla con immagini: vita, luce, pace, banchetto di nozze, vino del Regno, casa del Padre, Gerusalemme celeste, paradiso:  « Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano » (1 Cor 2,9).
1028 A motivo della sua trascendenza, Dio non può essere visto quale è se non quando egli stesso apre il suo mistero alla contemplazione immediata dell'uomo e gliene dona la capacità. Questa contemplazione di Dio nella sua gloria celeste è chiamata dalla Chiesa « la visione beatifica »: « Questa sarà la tua gloria e la tua felicità: essere ammesso a vedere Dio, avere l'onore di partecipare alle gioie della salvezza e della luce eterna insieme con Cristo, il Signore tuo Dio, [...] godere nel regno dei cieli, insieme con i giusti e gli amici di Dio, le gioie dell'immortalità raggiunta ». 

[San Cipriano di Cartagine, Epistulae, 56, 10, 1: PL 4, 357B].
1029 Nella gloria del cielo i beati continuano a compiere con gioia la volontà di Dio in rapporto agli altri uomini e all'intera creazione. Regnano già con Cristo; con lui  « regneranno nei secoli dei secoli » (Ap 22,5) III. La purificazione finale o purgatorio 1030 Coloro che muoiono nella grazia e nell'amicizia di Dio, ma sono imperfettamente purificati, sebbene siano certi della loro salvezza eterna, vengono però sottoposti, dopo la loro morte, ad una purificazione, al fine di ottenere la santità necessaria per entrare nella gioia del cielo. 1031 La Chiesa chiama purgatorio questa purificazione finale degli eletti, che è tutt'altra cosa dal castigo dei dannati. La Chiesa ha formulato la dottrina della fede relativa al purgatorio soprattutto nei Concili di Firenze 621 e di Trento. 622 La Tradizione della Chiesa, rifacendosi a certi passi della Scrittura, 623 parla di un fuoco purificatore:
Per quanto riguarda alcune colpe leggere, si deve credere che c'è, prima del Giudizio, un fuoco purificatore; infatti colui che è la Verità afferma che, se qualcuno pronuncia una bestemmia contro lo Spirito Santo, non gli sarà perdonata né in questo secolo, né in quello futuro ( Mt 12,31 ). Da questa affermazione si deduce che certe colpe possono essere rimesse in questo secolo, ma certe altre nel secolo futuro [San Gregorio Magno, Dialoghi, 4, 39] 1032 Questo insegnamento poggia anche sulla pratica della preghiera per i defunti di cui la Sacra Scrittura già parla: “Perciò [Giuda Maccabeo] fece offrire il sacrificio espiatorio per i morti, perché fossero assolti dal peccato” ( 2Mac 12,45 ). Fin dai primi tempi, la Chiesa ha onorato la memoria dei defunti e ha offerto per loro suffragi, in particolare il sacrificio eucaristico, [Cf Concilio di Lione II: Denz. -Schönm., 856] affinché, purificati, possano giungere alla visione beatifica di Dio. La Chiesa raccomanda anche le elemosine, le indulgenze e le opere di penitenza a favore dei defunti: Rechiamo loro soccorso e commemoriamoli. Se i figli di Giobbe sono stati purificati dal sacrificio del loro padre, [Cf Gb 1,5 ] perché dovremmo dubitare che le nostre offerte per i morti portino loro qualche consolazione? Non esitiamo a soccorrere coloro che sono morti e ad offrire per loro le nostre preghiere [San Giovanni Crisostomo, Homiliae in primam ad Corinthios, 41, 5: PG 61, 594-595]. IV. L'inferno 1033 Non possiamo essere uniti a Dio se non scegliamo liberamente di amarlo. Ma non possiamo amare Dio se pecchiamo gravemente contro di lui, contro il nostro prossimo o contro noi stessi: Chi non ama rimane nella morte. Chiunque odia il proprio fratello è omicida, e voi sapete che nessun omicida possiede in se stesso la VITA eterna” ( 1Gv 3,15 ). Nostro Signore ci avverte che saremo separati da lui se non soccorriamo nei loro gravi bisogni i poveri e i piccoli che sono suoi fratelli [Cf Mt 25,31-46 ]. Morire in peccato mortale senza essersene pentiti e senza accogliere l'amore misericordioso di Dio, significa rimanere separati per sempre da lui per una nostra libera scelta.

Ed è questo stato di definitiva auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati che viene designato con la parola “inferno”.
1034 Gesù parla ripetutamente della “Geenna”, del “fuoco inestinguibile”, [Cf Mt 5,22; Mt 5,29; 1034 Mt 13,42; Mt 13,50; Mc 9,43-48 ] che è riservato a chi sino alla fine della vita rifiuta di credere e di convertirsi, e dove possono perire sia l'anima che il corpo [Cf Mt 10,28 ]. Gesù annunzia con parole severe che egli “manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno. . . tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente” ( Mt 13,41-42 ), e che pronunzierà la condanna: “Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno!” ( Mt 25,41 ). 1035 La Chiesa nel suo insegnamento afferma l'esistenza dell'inferno e la sua eternità.

Le anime di coloro che muoiono in stato di peccato mortale, dopo la morte discendono immediatamente negli inferi, dove subiscono le pene dell'inferno, “il fuoco eterno” [Cf Simbolo “Quicumque”: Denz. -Schnöm., 76; Sinodo di Costantinopoli: ibid., 409. 411; 274].
La pena principale dell'inferno consiste nella separazione eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo può avere la vita e la felicità per le quali è stato creato e alle quali aspira. 1036 Le affermazioni della Sacra Scrittura e gli insegnamenti della Chiesa riguardanti l'inferno sono un appello alla responsabilità con la quale l'uomo deve usare la propria libertà in vista del proprio destino eterno. Costituiscono nello stesso tempo un pressante appello alla conversione: “Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla Vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!” ( Mt 7,13-14 ). Siccome non conosciamo né il giorno né l'ora, bisogna, come ci avvisa il Signore, che vegliamo assiduamente, affinché, finito l'unico corso della nostra vita terrena, meritiamo con lui di entrare al banchetto nuziale ed essere annoverati tra i beati, né ci si comandi, come a servi cattivi e pigri, di andare al fuoco eterno, nelle tenebre esteriori dove “ci sarà pianto e stridore di denti” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48]. 1037 Dio non predestina nessuno ad andare all'inferno; [ Cf Concilio di Orange II: Denz. -Schönm. , 397; Concilio di Trento: ibid. , 1567] questo è la conseguenza di una avversione volontaria a Dio (un peccato mortale), in cui si persiste sino alla fine. Nella liturgia eucaristica e nelle preghiere quotidiane dei fedeli, la Chiesa implora la misericordia di Dio, il quale non vuole “che alcuno perisca, ma che tutti abbiano modo di pentirsi” ( 2Pt 3,9 ):  Accetta con benevolenza, o Signore, l'offerta che ti presentiamo noi tuoi ministri e tutta la tua famiglia: disponi nella tua pace i nostri giorni, salvaci dalla dannazione eterna, e accoglici nel gregge degli eletti [Messale Romano, Canone Romano].

V. Il giudizio finale 1038 La risurrezione di tutti i morti,  « dei giusti e degli ingiusti » (At 24,15), precederà il giudizio finale. Sarà  « l'ora in cui tutti coloro che sono nei sepolcri udranno la sua voce [del Figlio dell'uomo] e ne usciranno: quanti fecero il bene per una risurrezione di vita e quanti fecero il male per una risurrezione di condanna » (Gv 5,28-29). Allora Cristo  « verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli [...]. E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra. [...] E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla VITA eterna » (Mt 25,31-33.46). 1039 Davanti a Cristo che è la Verità sarà definitivamente messa a nudo la verità sul rapporto di ogni uomo con Dio  [Cf Gv 12,49 ]. Il Giudizio finale manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena:  Tutto il male che fanno i cattivi viene registrato a loro insaputa. Il giorno in cui Dio non tacerà ( Sal 50,3 ). . . egli si volgerà verso i malvagi e dirà loro: “Io avevo posto sulla terra i miei poverelli, per voi. Io, loro capo, sedevo nel cielo alla destra di mio Padre, ma sulla terra le mie membra avevano fame. Se voi aveste donato alle mie membra, il vostro dono sarebbe giunto fino al capo. Quando ho posto i miei poverelli sulla terra, li ho costituiti come vostri fattorini perché portassero le vostre buone opere nel mio tesoro: voi non avete posto nulla nelle loro mani, per questo non possedete nulla presso di me [Sant'Agostino, Sermones, 18, 4, 4: PL 38, 130-131].

1040 Il Giudizio finale avverrà al momento del ritorno glorioso di Cristo. Soltanto il Padre ne conosce l'ora e il giorno, egli solo decide circa la sua venuta. Per mezzo del suo Figlio Gesù pronunzierà allora la sua parola definitiva su tutta la storia. Conosceremo il senso ultimo di tutta l'opera della creazione e di tutta l'Economia della salvezza, e comprenderemo le mirabili vie attraverso le quali la Provvidenza divina avrà condotto ogni cosa verso il suo fine ultimo. Il Giudizio finale manifesterà che la giustizia di Dio trionfa su tutte le ingiustizie commesse dalle sue creature e che il suo amore è più forte della morte [Cf Ct 8,6 ]. 1041 Il messaggio del Giudizio finale chiama alla conversione fin tanto che Dio dona agli uomini “il momento favorevole, il giorno della salvezza” ( 2Cor 6,2 ). Ispira il santo timor di Dio. Impegna per la giustizia del Regno di Dio. Annunzia la “beata speranza” ( Tt 2,13 ) del ritorno del Signore il quale “verrà per essere glorificato nei suoi santi ed essere riconosciuto mirabile in tutti quelli che avranno creduto” ( 2Ts 1,10 ).   VI. La speranza dei cieli nuovi e della terra nuova 1042 Alla fine dei tempi, il regno di Dio giungerà alla sua pienezza. Dopo il giudizio universale i giusti regneranno per sempre con Cristo, glorificati in corpo e anima, e lo stesso universo sarà rinnovato: Allora la Chiesa. . . avrà il suo compimento. . . nella gloria del cielo, quando verrà il tempo della restaurazione di tutte le cose e quando col genere umano anche tutto il mondo, il quale è intimamente unito con l'uomo e per mezzo di lui arriva al suo fine, sarà perfettamente ricapitolato in Cristo [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 48]. 1043 Questo misterioso rinnovamento, che trasformerà l'umanità e il mondo, dalla Sacra Scrittura è definito con l'espressione:  “i nuovi cieli e una terra nuova” ( 2Pt 3,13 ) [Cf Ap 21,1 ]. Sarà la realizzazione definitiva del disegno di Dio di  “ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo come quelle della terra” ( Ef 1,10 ). 1044 In questo nuovo universo, [Cf Ap 21,5 ] la Gerusalemme celeste, Dio avrà la sua dimora in mezzo agli uomini. Egli “tergerà ogni lacrima dai loro occhi; non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno perché le cose di prima sono passate” ( Ap 21,4 ) [Cf Ap 21,27 ]. 1045 Per l'uomo questo compimento sarà la realizzazione definitiva dell'unità del genere umano, voluta da Dio fin dalla creazione e di cui la Chiesa nella storia è “come sacramento” [Conc. Ecum. Vat. II, Lumen gentium, 1].

Coloro che saranno uniti a Cristo formeranno la comunità dei redenti, la “Città santa” di Dio ( Ap 21,2 ), “la Sposa dell'Agnello” ( Ap 21,9 ). Essa non sarà più ferita dal peccato, dalle impurità, [Cf Ap 21,27 ] dall'amor proprio, che distruggono o feriscono la comunità terrena degli uomini.

La visione beatifica, nella quale Dio si manifesterà in modo inesauribile agli eletti, sarà sorgente perenne di gaudio, di pace e di reciproca comunione.
1046 Quanto al cosmo, la Rivelazione afferma la profonda comunione di destino fra il mondo materiale e l'uomo:  

La creazione stessa attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio. . . e nutre la speranza di essere lei pure liberata dalla schiavitù della corruzione. . . Sappiamo bene infatti che tutta la creazione geme e soffre fino ad oggi nelle doglie del parto; essa non è la sola, ma anche noi, che possediamo le primizie dello Spirito, gemiamo interiormente aspettando l'adozione a figli, la redenzione del nostro corpo ( Rm 8,19-23 ).
1047 Anche l'universo visibile, dunque, è destinato ad essere trasformato, “affinché il mondo stesso, restaurato nel suo stato primitivo, sia, senza più alcun ostacolo, al servizio dei giusti”, partecipando alla loro glorificazione in Gesù Cristo risorto [Sant'Ireneo di Lione, Adversus haereses, 5, 32, 1].

1048 “ Ignoriamo il tempo in cui avranno fine la terra e l'umanità, e non sappiamo il modo in cui sarà trasformato l'universo.
Passa certamente l'aspetto di questo mondo, deformato dal peccato. Sappiamo, però, dalla Rivelazione che Dio prepara una nuova abitazione e una terra nuova, in cui abita la giustizia, e la cui felicità sazierà sovrabbondantemente tutti i desideri di pace che salgono nel cuore degli uomini” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 39]. 1049 “Tuttavia l'attesa di una terra nuova non deve indebolire, bensì piuttosto stimolare la sollecitudine nel lavoro relativo alla terra presente, dove cresce quel corpo dell'umanità nuova che già riesce a offrire una certa prefigurazione che adombra il mondo nuovo. Pertanto, benché si debba accuratamente distinguere il progresso terreno dallo sviluppo del Regno di Cristo, tuttavia, nella misura in cui può contribuire a meglio ordinare l'umana società, tale progresso è di grande importanza” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 39]. 1050 “Infatti. . . tutti i buoni frutti della natura e della nostra operosità, dopo che li avremo diffusi sulla terra nello Spirito del Signore e secondo il suo precetto, li ritroveremo poi di nuovo, ma purificati da ogni macchia, illuminati e trasfigurati, allorquando Cristo rimetterà al Padre il Regno eterno e universale” [Conc. Ecum. Vat. II, Gaudium et spes, 39].

Dio allora sarà “tutto in tutti” ( 1Cor 15,28 ), nella VITA eterna: La VITA, nella sua stessa realtà e verità, è il Padre, che attraverso il Figlio nello Spirito Santo, riversa come fonte su tutti noi i suoi doni celesti. E per la sua bontà promette veramente anche a noi uomini i beni divini della VITA eterna [ San Cirillo di Gerusalemme, Catecheses illuminandorum, 18, 29: PG 33, 1049, cf Liturgia delle Ore, III, Ufficio delle letture del giovedì della diciassettesima settimana. [Paolo VI, Credo del popolo di Dio, 28.]
Le indulgenze

Le pene del peccato  1472 Per comprendere questa dottrina e questa pratica della Chiesa bisogna tener presente che il peccato ha una duplice conseguenza. Il peccato grave ci priva della comunione con Dio e perciò ci rende incapaci di conseguire la vita eterna, la cui privazione è chiamata la “pena eterna” del peccato. D'altra parte, ogni peccato, anche veniale, provoca un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purifica zione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato Purgatorio. Tale purificazione libera dalla cosiddetta “pena temporale” del peccato. Queste due pene non devono essere concepite come una specie di vendetta, che Dio infligge dall'esterno, bensì come derivanti dalla natura stessa del peccato. Una conversione, che procede da una fervente carità, può arrivare alla totale purificazione del peccatore, così che non sussista più alcuna pena [Cf Concilio di Trento: Denz. -Schönm., 1712-1713; 1820].

 1473 Il perdono del peccato e la restaurazione della comunione con Dio comportano la remissione delle pene eterne del peccato. Rimangono, tuttavia, le pene temporali del peccato. Il cristiano deve sforzarsi, sopportando pazientemente le sofferenze e le prove di ogni genere e, venuto il giorno, affrontando serenamente la morte, di accettare come una grazia queste pene temporali del peccato; deve impegnarsi, attraverso le opere di misericordia e di carità, come pure mediante la preghiera e le varie pratiche di penitenza, a spogliarsi completamente dell'“uomo vecchio” e a rivestire “l'uomo nuovo” [Cf Ef 4,24 ].
Nella comunione dei santi  1474 Il cristiano che si sforza di purificarsi del suo peccato e di santificarsi con l'aiuto della grazia di Dio, non si trova solo. “La vita dei singoli figli di Dio in Cristo e per mezzo di Cristo viene congiunta con legame meraviglioso alla vita di tutti gli altri fratelli cristiani nella soprannaturale unità del Corpo mistico di Cristo, fin quasi a formare una sola mistica persona” [Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5].  1475 Nella comunione dei santi “tra i fedeli, che già hanno raggiunto la patria celeste o che stanno espiando le loro colpe nel Purgatorio, o che ancora sono pellegrini sulla terra, esiste certamente un vincolo perenne di carità ed un abbondante scambio di tutti i beni” [Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5]. In questo ammirabile scambio, la santità dell'uno giova agli altri, ben al di là del danno che il peccato dell'uno ha potuto causare agli altri. In tal modo, il ricorso alla comunione dei santi permette al peccatore contrito di essere in più breve tempo e più efficacemente purificato dalle pene del peccato.

 1476 Questi beni spirituali della comunione dei santi sono anche chiamati il tesoro della Chiesa, che non “si deve considerare come la somma di beni materiali, accumulati nel corso dei secoli, ma come l'infinito ed inesauribile valore che le espiazioni e i meriti di Cristo hanno presso il Padre ed offerti perché tutta l'umanità fosse liberata dal peccato e pervenisse alla comunione con il Padre; è lo stesso Cristo redentore, in cui sono e vivono le soddisfazioni ed i meriti della sua redenzione” [Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5].

 1477 “Appartiene inoltre a questo tesoro il valore veramente immenso, incommensurabile e sempre nuovo che presso Dio hanno le preghiere e le buone opere del la beata Vergine Maria e di tutti i santi, i quali, seguendo le orme di Cristo Signore per grazia sua, hanno santificato la loro vita e condotto a compimento la missione affidata loro dal Padre; in tal modo, realizzando la loro salvezza, hanno anche cooperato alla salvezza dei propri fratelli nell'unità del Corpo mistico” [Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 5].
Che cos'è l'indulgenza? L'indulgenza è la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, già rimessi quanto alla colpa, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa, la quale, come ministra della redenzione, autoritativamente dispensa ed applica il tesoro delle soddisfazioni di Cristo e dei santi.

L'indulgenza è parziale o plenaria secondo che libera in parte o in tutto dalla pena temporale dovuta per i peccati” [Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, Normae 1-3, AAS 59 (1967), 5-24]
Le indulgenze possono essere applicate ai vivi o ai defunti.

Ottenere l'indulgenza di Dio ( anche per i defunti ) mediante la Chiesa

 1471 La dottrina e la pratica delle indulgenze nella Chiesa sono strettamente legate agli effetti del sacramento della Penitenza.1478 L'indulgenza si ottiene mediante la Chiesa che, in virtù del potere di legare e di sciogliere accordatole da Gesù Cristo, interviene a favore di un cristiano e gli dischiude il tesoro dei meriti di Cristo e dei santi perché ottenga dal Padre delle misericordie la remissione delle pene temporali dovute per i suoi peccati. Così la Chiesa non vuole soltanto venire in aiuto a questo cristiano, ma anche spingerlo a compiere opere di pietà, di penitenza e di carità [Cf Paolo VI, Cost. ap. Indulgentiarum doctrina, 8; Concilio di Trento: Denz. -Schönm. , 1835].

479 Poiché i fedeli defunti in via di purificazione sono anch'essi membri della medesima comunione dei santi, noi possiamo aiutarli, tra l'altro, ottenendo per loro delle indulgenze, in modo tale che siano sgravati dalle pene temporali dovute per i loro peccati. 480 Come tutti i sacramenti, la Penitenza è un'azione liturgica. Questi sono ordinariamente gli elementi della celebrazione: il saluto e la benedizione del sacerdote, la lettura della Parola di Dio per illuminare la coscienza e suscitare la contrizione, e l'esortazione al pentimento; la confessione che riconosce i peccati e li manifesta al sacerdote; l'imposizione e l'accettazione della penitenza; l'assoluzione da parte del sacerdote; la lode con rendimento di grazie e il congedo con la benedizione da parte del sacerdote.  1481 La liturgia bizantina usa più formule di assoluzione, a carattere deprecativo, le quali mirabilmente esprimono il mistero del perdono: “Il Dio che, attraverso il profeta Natan, ha perdonato a Davide quando confessò i propri peccati, e a Pietro quando pianse amaramente, e alla peccatrice quando versò lacrime sui suoi piedi, e al pubblicano e al prodigo, questo stesso Dio ti perdoni, attraverso me, peccatore, in questa vita e nell'altra, e non ti condanni quando apparirai al suo tremendo tribunale, egli che è benedetto nei secoli dei secoli. Amen”.
1482 Il sacramento della Penitenza può anche aver luogo nel quadro di una celebrazione comunitaria, nella quale ci si prepara insieme alla confessione e insieme si rende grazie per il perdono ricevuto. In questo caso, la confessione personale dei peccati e l'assoluzione individuale sono inserite in una liturgia della Parola di Dio, con letture e omelia, esame di coscienza condotto in comune, richiesta comunitaria del perdono, preghiera del “Padre Nostro” e ringraziamento comune. Tale celebrazione comunitaria esprime più chiaramente il carattere ecclesiale della penitenza. Tuttavia, in qualunque modo venga celebrato, il sacramento della Penitenza è sem pre, per sua stessa natura, un'azione liturgica, quindi ecclesiale e pubblica [Cf Conc. Ecum. Vat. II, Sacrosanctum concilium, 26-27]. 1483 In casi di grave necessità si può ricorrere alla celebrazione comunitaria della riconciliazione con confessione generale e assoluzione generale. Tale grave necessità può presentarsi qualora vi sia un imminente pericolo di morte senza che il o i sacerdoti abbiano il tempo sufficiente per ascoltare la confessione di ciascun penitente. La necessità grave può verificarsi anche quando, in considerazione del numero dei penitenti, non vi siano confessori in numero sufficiente per ascoltare debitamente le confessioni dei singoli entro un tempo ragionevole, così che i penitenti, senza loro colpa, rimarrebbero a lungo privati della grazia sacramentale o della santa Comunione.

In questo caso i fedeli, perché sia valida l'assoluzione, devono fare il proposito di confessare individualmente i propri peccati gravi a tempo debito [Cf Codice di Diritto Canonico, 962, 1]. Spetta al vescovo diocesano giudicare se ricorrano le condizioni richieste per l'assoluzione generale [Cf Codice di Diritto Canonico, 962, 1]. Una considerevole affluenza di fedeli in occasione di grandi feste o di pellegrinaggi non costituisce un caso di tale grave necessità [Cf Codice di Diritto Canonico, 962, 1].
 1484 “La confessione individuale e completa, con la relativa assoluzione, resta l'unico modo ordinario grazie al quale i fedeli si riconciliano con Dio e con la Chiesa, a meno che un'impossibilità fisica o morale non li dispensi da una tale confessione” [Rituale romano, Rito della penitenza, 31]. Ciò non è senza motivazioni profonde. Cristo agisce in ogni sacramento. Si rivolge personalmente a ciascun peccatore: “Figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati” ( Mc 2,5 ) è il medico che si china su ogni singolo ammalato che ha bisogno di lui [Cf Mc 2,17 ] per guarirlo; lo rialza e lo reintegra nella comunione fraterna. La confessione personale è quindi la forma più significativa della riconciliazione con Dio e con la Chiesa. Pensieri dei santi Il grande Dottore della Chiesa San Francesco di Sales (1567-1655) offre uno splendido insegnamento sul Purgatorio. Già nel Medioevo insegnava che “dal pensiero del Purgatorio possiamo cavare più consolazione che timore”. Ecco quello che ci ha detto:
1. Le anime vivono lì una continua unione con Dio.
2. Sono perfettamente conformate alla volontà di Dio. Vogliono solo quello che vuole Dio. Se venisse loro aperto il Paradiso, preferirebbero precipitarsi all’Inferno che presentarsi macchiate al cospetto di Dio.
3. Si purificano volontariamente, amorevolmente, perché Dio vuole così.
4. Vogliono rimanere nella forma gradita a Dio e per tutto il tempo che Egli vuole.
5. Sono invincibili nella prova e non possono avere neanche un moto di impazienza o commettere qualsiasi imperfezione.
6. Amano più Dio di se stesse, con amore semplice, puro e disinteressato.
7. Sono consolate dagli angeli.
8. Sono certe della propria salvezza, con una speranza ineguagliabile.
9. Le loro amarezze sono alleviate da una pace profonda.
10. Se il dolore che soffrono è infernale, la carità effonde nel loro cuore una tenerezza ineffabile – la carità che è più forte della morte e più potente dell’Inferno.
11. Il Purgatorio è uno stato felice, più desiderabile che temibile, perché le fiamme che esistono lì sono fiamme d’amore.

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