Corso di Religione



EBRAISMO
Il giudaismo.
Sefarditi e Askenaziti.
Persecuzioni, ghetti, pogrom.
         


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SOMMARIO





Le scuole ebraiche della diaspora Questi secoli della diaspora (a partire dal VI sec d.C..), sono caratterizzati da una relativa tranquillità per le comunità che vivono nei paesi conquistati dai musulmani. Infatti, tranne casi anche gravi, ma sporadici, i rapporti con la civiltà islamica furono, nel complesso, buoni. Le stesse comunità ebraiche condivideranno l'apogeo e la decadenza del mondo musulmano.  Diversi i sintomi che iniziano a manifestarsi nel mondo cristiano.

SEFARDITI (Sefardim) sono gli ebrei provenienti da paesi latini e dai territori dell'impero ottomano, dove si erano diffusi in seguito all'espulsione dalla Spagna (in ebraico Sefarad). Molti di essi parlano un dialetto di origine spagnola, detto ladino, un misto di ebraico e di spagnolo scritto con lettere ebraiche.

ASCHENAZITI ( Askenazim) sono coloro che provengono dall'Europa Orientale, cioè da Germania (Askenaz, in ebraico), Polonia, Romania, Russia, Ucraina ecc... Essi parlano un dialetto, formatosi lungo i secoli, misto di tedesco e di ebraico che si chiama yiddish (cioè: giudaico). Hanno prodotto una letteratura ricca di capolavori e un teatro famoso in tutto il mondo.
Con l'anno mille tramontano definitivamente le scuole babilonese e palestinese e sorgono in Europa due nuovi poli di cultura ebraica.

Il primo grande centro si forma in Spagna che diventa la culla dell'ebraismo sefardita e di tutta un'eredità culturale e spirituale che le comunità sefardite posseggono tuttora.


Questa età aurea dell'ebraismo sefardita, che va all'incirca fino al 1492, anno in cui gli ebrei sono espulsi dalla Spagna, produce opere di pensiero notevoli ed esprime uomini eccezionali.

Il secondo grande centro sorge in Renania (Germania ovest), che diventa la culla dell'ebraismo askenazita ed è caratterizzato da un prosperare degli studi rabbinici.

Dalla Renania si estenderà in Germania e nell'est della Francia per arrivare, alla fine del Medio Evo, nell'Europa centro-orientale, e particolarmente in Polonia.  


La persecuzione degli ebrei Con il 1096, anno della prima crociata, inizia per gli ebrei un periodo molto duro: persecuzioni, privazioni dei diritti civili più elementari, continue espulsioni e massacri.

La barriera religiosa, a causa della stretta connessione tra religioso e civile, si traduce in barriera sociale, amministrativa ed economica e incide profondamente sul ruolo dell'ebreo nella società del tempo. Un esempio: il divieto, per il cristiano, di prestare denaro a interesse fa si che gli ebrei si specializzino nell'attività economica e mercantile.

Per cui se da un lato gli ebrei sono apprezzati per la loro indiscutibile abilità in campo economico, dall'altro sono costretti a comperare tutto ciò che agli altri è riconosciuto come diritto (il diritto di residenza, quello di stabilirsi in una parte della città, di esercitare un certo tipo di commercio, ecc.).  

  I ghetti  GHETTO DI VARSAVIA

Da queste premesse è facile comprendere come la posizione degli ebrei risulti instabile: spesso vengono cacciati dalle loro case senza alcun motivo, e subiscono la confisca dei beni.

A causa di questa cronica precarietà gli ebrei tentano di rinsaldare i legami culturali, religiosi e comunitari creando dei quartieri separati in cui possano sentirsi più uniti e pronti a difendersi da ogni sorta di pericolo e di provocazione: nascono così i ghetti

Il ghetto nasce intorno al 1500. L'etimologia della parola è incerta, forse italiana. Come si forma un ghetto? La forma della tradizione religiosa e culturale nonché le abitudini alla vita comunitaria si incontrano con la pressione costante del mondo esterno: spontaneamente si tende a vivere in uno stesso quartiere.

A un certo punto della storia, però, il ghetto ebraico da volontario diventa coatto. Perché?

Da una parte, la preoccupazione dei religiosi cristiani che una comunità ebraica, di religione diversa e con usi diversi e irrinunciabili, costituisca, in mezzo a una comunità cristiana, un incentivo all'apostasia; dall'altra, il senso di sicurezza del potere politico nel vedere facilmente controllabile una parte di popolazione così importante per l'economia. Terzo grosso motivo, l'antisemitismo instillato nel popolo esige, spesso prima delle decisioni ufficiali, un riconoscimento esteriore e l'isolamento dei diversi. 

Ancora una volta il potere politico e religioso trasforma una scelta volontaria in un'imposizione, per cui il ghetto diventa una specie di prigione socialmente controllabile e che difficilmente si può evitare. Questa vita penosa e umiliante dura per parecchi secoli.

Con la bolla di Paolo IV del 1555, il ghetto diventa un'istituzione negli stati della Chiesa e nell'Europa cristiana. 

Da questo momento il ghetto viene situato nel quartiere più malsano della città. Ma parlare di quartiere è errato: come poteva essere chiamato quartiere un agglomerato di case che si poteva chiudere a ogni contatto esterno con solo tre porte, che non poteva espandersi se non in senso verticale ? ( il ghetto veneziano e il ghetto di Francoforte giungono ad avere, nel 1711, ottomila persone distribuite in 190 case)  

I forti legami familiari, la cultura universale portata dai fratelli in transito, le esperienze di coloro che lasciavano il ghetto per poi ritornarvi, la stessa attribuzione d'importanza non legata, almeno inizialmente, al censo ma al sapere e alla virtù, facevano sì che nel ghetto non vi fosse ristagno né culturale né morale.

Anzi, i pogrom , gli incendi dolosi, le espulsioni, le distruzioni e le ricostruzioni del ghetto, contribuivano a formare quelle caratteristiche intellettuali, tutte ambientali e niente affatto ereditarie, che ebbero poi gli ebrei che, affrancati socialmente, si inserirono nella vita pubblica.


Solo con l'illuminismo e la rivoluzione francese si ha la completa, almeno formalmente, equiparazione degli ebrei agli altri cittadini.




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