Corso di Religione

         


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La restaurazione del regno di Giuda. ( >.. ) Il regno di Israele o del Nord si chiude con la conquista della città di Samaria - la capitale - da parte dell'assiro Sargon II nel 721, che distrugge la città e deporta il fior fiore della popolazione nella Mesopotamia.

Gli Assiri soccombono nel 612 con la perdita di Ninive - alla potenza babilonese. Il regno di Giuda, alleatosi con l'Egitto, subisce l'assalto del re Nabucodonosor che nel 597 conquista Gerusalemme: il re Jeconia (o Joachim) si arrende e e viene deportato in esilio con 10.000 Ebrei, gli elementi più validi, a Babilonia.

Sul trono di Gerusalemme è posto Sedecia, che pressato dal partito filoegiziano, provoca una ribellione contro Nabucodonosor il quale rientra a Gerusalemme e distrugge il tempio, saccheggia la città e deporta in esilio sia il re che un migliaio di cittadini: è l'anno fatidico 586.

Dopo il 586 nel territorio di Giuda rimane la popolazione più misera; vari fuorusciti si rifugiano in Egitto. Sul piano politico, l'esilio segna
- la fine di Israele come nazione
- il crollo di tutte le strutture e di tutte le certezze di una ripresa
Sul piano religioso,
- un cumulo di interrogativi mette in crisi la fede di Israele, per la perdita delle forme concrete della sua espressione (tempio, re).

Dn3,26 "Benedetto sei tu, Signore D-o dei nostri padri; degno di lode e glorioso è il tuo nome per sempre. 27 Tu sei giusto in tutto ciò che hai fatto; tutte le tue opere sono vere, rette le tue vie e giusti tutti i tuoi giudizi. 28 Giusto è stato il tuo giudizio per quanto hai fatto ricadere su di noi e sulla città santa dei nostri padri, Gerusalemme. Con verità e giustizia tu ci hai inflitto tutto questo a causa dei nostri peccati, 29 poiché noi abbiamo peccato, abbiamo agito da iniqui, allontanandoci da te, abbiamo mancato in ogni modo. Non abbiamo obbedito ai tuoi comandamenti, 30 non li abbiamo osservati, non abbiamo fatto quanto ci avevi ordinato per il nostro bene. 31 Ora quanto hai fatto ricadere su di noi, tutto ciò che ci hai fatto, l'hai fatto con retto giudizio: 32 ci hai dato in potere dei nostri nemici, ingiusti, i peggiori fra gli empi, e di un re iniquo, il più malvagio su tutta la terra. 33 Ora non osiamo aprire la bocca: disonore e disprezzo sono toccati ai tuoi servi, ai tuoi adoratori. 34 Non ci abbandonare fino in fondo, per amore del tuo nome, non rompere la tua alleanza; 35 non ritirare da noi la tua misericordia, per amore di Abramo tuo amico, di Isacco tuo servo, d'Israele tuo santo, 36 ai quali hai parlato, promettendo di moltiplicare la loro stirpe come le stelle del cielo, come la sabbia sulla spiaggia del mare. 37 Ora invece, Signore, noi siamo diventati più piccoli di qualunque altra nazione, ora siamo umiliati per tutta la terra a causa dei nostri peccati. 38 Ora non abbiamo più né principe, né capo, né profeta, né olocausto, né sacrificio, né oblazione, né incenso, né luogo per presentarti le primizie e trovar misericordia. 39 Potessimo esser accolti con il cuore contrito e con lo spirito umiliato, come olocausti di montoni e di tori, come migliaia di grassi agnelli. 40 Tale sia oggi il nostro sacrificio davanti a te e ti sia gradito, perché non c'è confusione per coloro che confidano in te. 41 Ora ti seguiamo con tutto il cuore, ti temiamo e cerchiamo il tuo volto. 42 Fa' con noi secondo la tua clemenza, trattaci secondo la tua benevolenza, secondo la grandezza della tua misericordia. 43 Salvaci con i tuoi prodigi, da' gloria, Signore, al tuo nome. 44 Siano invece confusi quanti fanno il male ai tuoi servi, siano coperti di vergogna con tutta la loro potenza; e sia infranta la loro forza! 45 Sappiano che tu sei il Signore, il D-o unico e glorioso su tutta la terra".

E con la fede, entra in crisi la speranza. In questo disastro dalle proporzioni grandissime, il popolo in esilio è tuttavia sostenuto dalla parola dei profeti. A Babilonia Israele viene a conoscenza dei valori culturali e religiosi dei popoli di oriente , in particolare della Mesopotamia, che gli consentiranno una riflessione sapienziale sulle origini dell'uomo e del mondo alla luce della rivelazione di D-o. Israele acquista una nuova conoscenza di D-o .

I profeti in esilio interpretano gli eventi, rispondono alle domande angosciate, offrono messaggi di speranza. L'esilio non è qualcosa di imprevisto. Esso ha una causa: il peccato del popolo; ha uno scopo: la purificazione di Israele dalle sue deviazioni.

Accanto a questo aspetto negativo, i profeti rivelano un significato positivo, di salvezza:si riflette sul passato, si prende coscienza delle proprie colpe, si ritorna a D-o.
E si annuncia un nuovo ordine, una nuova creazione, un nuovo esodo, una nuova alleanza, un nuovo regno. D-o resta il salvatore del suo popolo. Il suo amore non viene meno. .
Israele acquista coscienza della propria missione nel mondo, della sua funzione rispetto agli altri popoli.

Qual è il senso della sofferenza collettiva del popolo?
Il dolore patito dal giusto Israele che compie la sua missione ai gentili ( Isarele è servo di Jhwh) ha un senso , vale la pena accettarlo, poichè i gentili avranno da Dio salvezza e riconosceranno il giusto innocente che hanno perseguitato: tutto cio' viene espresso dal profeta Isaia nei carmi del servo di Jahvè . La sofferenza del giusto innocente non è amore della sofferenza, ma accettazione della missione alle genti fino a dare la vita . Fa parte della missione del servo di D-o.

Israele è testimone di Jhwh in terra straniera per convertire tutti i popoli alla fede in Lui. D-o si rivela nel suo contegno con Israele come il D-o che non vuole la morte del peccatore, ma la conversione e la vita. Invia il castigo, sottomette alla prova, ma non abbandona né delude.

Israele trova la risposta ad un punto essenziale della sua fede: la responsabilità dei peccati cade sul peccatore o su tutto il popolo?
Ciascuno' è responsabile delle sue azioni, nonostante la sòlidarietà di origine e di nazione. È il punto di partenza per la restaurazione religiosa di Isarele: il giudaismo.

A Babilonia i deportati si raccolgono in gruppi e mantengono vive le tradizioni nazionali. Tra questi svolge la sua missione il profeta Ezechiele. La catastrofe nazionale, la scomparsa di tutte le istituzioni sulle quali Israele si era retto per secoli (re, stato, terra santa, tempio e culto organizzato) e le minacce profetiche avverate danno modo. al popolo di riflettere , pentirsi , di convertirsi, di prospettare un nuovo futuro.

Intanto nelle colonie giudaiche si porta a termine il lavoro di raccolta e compilazione delle scritture e vengono composti nuovi libri che saranno la guida per la restaurazione.
La fine della alleanza antica e la promessa della nuovaAlleanza è l'impegno di D-o verso il suo popolo. Questo impegno di D-o si concretizza nella sua parola che è promessa . Il popolo è chiamato a credere in questa parola aprendosi al compimento delle promesse. Per il popolo ogni alleanza contiene delle istruzioni, dei comandamenti divini. D-o, che rispetta fino in fondo la libertà umana, compie la sua opera di salvezza, le sue promesse, solo se l'uomo orienta la sua vita secondo queste istruzioni.
Il rispetto della alleanza non è una prestazione che l’uomo deve a D-o , che D-o richiede per essere fedele alla sua parola, ma è la condizione di libera scelta dell’uomo, il segno attivo nella storia della sua volontà di salvezza.
E’ più una relazione di amore e solidarietà (=misericordia nella lingua ebraica, viscere, sentimento profondo) che non un patto politico-militare.
Finchè l’alleanza è rispettata dall’uomo sono attive le promesse divine le sue benedizioni, le sue grazie.
Israele era schiavo in Egitto e D-o è intervenuto per liberarlo. Era nell’alleanza tra “Re” e “vassallo”, ma D-o lo ha fatto per amore non per legalismo. Se l’uomo rompe l’alleanza non solo perde le benedizioni divine, ma scattano le maledizioni.
Sir 17,10 Stabilì con loro un'alleanza eterna e fece loro conoscere i suoi decreti.
Gen 9,16 L'arco sarà sulle nubi e io lo guarderò per ricordare l'alleanza eterna tra D-o e ogni essere che vive in ogni carne che è sulla terra».
Sal 104,10 La stabilì per Giacobbe come legge, come alleanza eterna per Israele: ...
2Sam 23,5 Così è stabile la mia casa davanti a D-o, perché ha stabilito con me (Davide) un'alleanza eterna, in tutto regolata e garantita. Non farà dunque germogliare quanto mi salva e quanto mi diletta?

Etc...
Il concetto di alleanza era capace di evocare la gratuita e originaria bontà di D-o  e insieme la sua 'indefettibile giustizia che, per il bene del popolo, svelava e puniva la colpa.

Ma, proprio per questo, l'idea di alleanza divenne l'esplicitazione massima della tragedia. Dopo 400 di regno dei davididi e di azione profetica da parte di D-o il popolo si dimostra sempre più infedele.

«Essi hanno violato la mia alleanza» (Geremia 31,32).

con questa frase lapidaria Geremia non constatava semplicemente la serie ripetuta di infrazioni, non chiedeva più un rinnovato impegno da parte del popolo, solennizzato dal cerimoniale pubblico dei riti di espiazione.

Egli denunciava la rottura definitiva del rapporto. Israele avrebbe perso il possesso della Palestina. Paragonabile al ripudio della moglie infedele (Geremia 3,1.8; Osea 2,4), questo è il momento della fine: la Gloria di D-o si allontana dal tempio (Ezechiele 10,18-19; 11,22-23), i figli di Giacobbe sono dispersi fra le genti, senza terra e senza speranza (Ezechiele 37,11).

Quale la causa di un simile insuccesso?
Di fronte al fallimento della relazione tra D-o e Israele, i profeti hanno cercato le cause e individuati i difetti. Geremia, uno dei più lucidi interpreti della storia di Israele, rifacendosi alle tradizioni del Deuteronomio, scorge l'elemento critico nella esteriorità della legge.

L'alleanza del Sinai era come simboleggiata dalle tavole di pietra (Deuteronomio 5,22), sulle quali erano iscritte le parole della Torah; che richiedeva perciò la mediazione di Mosè (e dei suoi successori) per essere trasmessa, insegnata e attualizzata (Deuteronomio ).

La volontà di D-o era tuttavia come un giogo (Geremia 2,20), imposto ad un popolo ribelle (5,23); il cuore di Israele, marchiato dal peccato (17,1), rimaneva incapace di conoscere il Signore e il suo diritto (5,4-5).

La storia aveva dolorosamente rivelato la fragilità di una simile relazione, nella quale il partner umano aveva lo sciagurato potere di infrangere le regole e di spezzare il vincolo d'amore. Israele spesso peccò di idolatria e infranse l'alleanza, ma D-o non ritirò mai le sue promesse: così i profeti maturarono la coscienza di una "alleanza nuova".

Alleanza non più come patto bilaterale difficile da osservare, ma come gratuita promessa di predilezione di D-o per l'umanità intera. L’uomo si è dimostrato radicalmente incapace di osservare le leggi di D-o cioè di creare le condizioni per cui potesse compiere le sue promesse.

Ecco allora che D-o interviene con un'alleanza nuova (Geremia 31,31-32), cambiando il cuore dell'uomo (Ezechiele 11,19).
Il Ritorno in Palestina IRAQ-BASSORILIEVO CHE RAPPRESENTA GLI EBREI CHE LASCIANO BABILONIA 

Quando nel 538 Ciro degli Achemenidi conquista Babilonia e fonda il gigantesco impero persiano, gli Ebrei di Babilonia sono al suo fianco. Inizia in questo periodo il fenomeno storico della Diaspora, cioè della dispersione del popolo d'Israele in mezzo ai popoli pagani. Questo fenomeno dura sino ai giorni nostri ed è tipico di Israele.
Ciro aiuta gli Ebrei e li accoglie presso la sua corte. Con un Editto famoso, nel 538, consente agli Ebrei che lo desiderano di tornare a Gerusalemme e dispone affinché il Tempio di D-o venga ricostruito a spese dell'impero.  Zorobabele, discendente della famiglia di Davide, guida un importante gruppo di esiliati nel rientro nell'antica capitale. Egli organizza anche la ricostruzione dei Tempio. I sovrani persiani appoggiano costantemente la comunità ebraica sia in Babilonia sia in Palestina. Verso il 400 a.C. inviano a Gerusalemme lo scriba Esdra che ristabilisce in pieno il culto legittimo nel Tempio e il rispetto della Legge.

I sovrani persiani accettano che gli Ebrei possano vivere secondo la Legge mosaica. L'ebreo Neemia è inviato dall'imperatore persiano al fianco di Esdra per organizzare Gerusalemme e il suo territorio in provincia autonoma dei l'impero.



Ciro finanzio' il ritorno in patria ed anche la ricostruzione del Tempio.
La costruzione dei secondo Tempio fu iniziata nel 536 a.C. sulle fondamenta salomoniche rase al suolo mezzo secolo Prima dai Babilonesi.



La gente che ricordava il Tempio precedente pianse nel fare il confronto (Esd 3,12). Il Tempio non fu completato definitivamente fino al 516 a.C., il sesto anno dell'imperatore persiano Dario (522-486), con i'incoraggiamento di Aggeo e Zaccaria (Esd 6,13-15). 

Le testimonianze archeologiche confermano che l'epoca persiana in Palestina fu povera al confronto con altre in termini di edilizia.

Documenti aramaici posteriori provenienti da Elefantina, nell'Alto Egitto, attestano la procedura ufficiale per ottenere il permesso di costruire un luogo di culto ebraico e l'opposizione generata dalla presenza di vari antagonisti in quel periodo.

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