Corso di Religione

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IL PENSIERO ORIENTALE
La " conoscenza " in oriente .
         


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Ramakrishna Sebbene le tradizioni spirituali orientali differiscano in numerosi particolari, la loro concezione del mondo è sostanzialmente analoga. 

Essa si basa sull'esperienza mistica - un'esperienza diretta, non intellettuale della realtà - che possiede alcune caratteristiche fondamentali indipendenti dal contesto geografico, storico o culturale del mistico.


Ramakrishna Paramahmsa (1834-1886)  era bramino bengalese diventato sacerdote del tempio di Dakshineshvar dedicato a Kali.

Mostrava una acutissima sensibilità mistica e una capacità permanente di estasi. Nell'estasi egli sperimentava quella che lui definiva «l'essenza di tutte le religioni».

Nel corso della storia si è constatato che la mente dell'uomo è capace di due tipi di conoscenza, ovvero di due modalità di coscienza, che spesso vennero chiamati rispettivamente razionale e intuitiva e furono tradizionalmente associati alla scienza e alla religione. 

In Occidente, la conoscenza intuitiva, di tipo religioso, non è tenuta in grande considerazione, si privilegia la conoscenza razionale, scientifica; l'atteggiamento orientale tradizionale è in genere esattamente l'opposto. 

In Oriente i nomi stessi con cui vengono indicati i due tipi di conoscenza rivelano il diverso valore che a essi viene attribuito. 

Le Upanishad , testi sacri dell'induismo, per esempio, parlano di una conoscenza più elevata e di una inferiore e associano quest'ultima alle varie scienze, la prima alla consapevolezza religiosa

I Buddhisti parlano di conoscenza « relativa » e di conoscenza « assoluta » oppure di « verità condizionale » e di « verità trascendentale ». 


La filosofia cinese, d'altra parte, ha sempre sottolineato la natura complementare dell'intuitivo e dei razionale, rappresentandoli con la coppia di archetipi yin e yang che costituiscono i principi fondamentali del pensiero cinese.

Come conseguenza, si sono sviluppate nell'antica Cina due tradizioni filosofiche complementari - il Taoismo e il Confucianesimo per trattare i due tipi di conoscenza.

Le seguenti affermazioni, fatte da due grandi pensatori, uno occidentale e l'altro orientale, rappresentano le due tipiche posizioni su questo problema. 

In Cina Lao-tzu disse:  « Somma cosa è non sapere di sapere ». In Grecia Socrate si espresse con la famosa frase « So di non sapere nulla »


La conoscenza razionale è ricavata dall'esperienza che abbiamo degli oggetti e degli eventi del nostro ambiente quotidiano.

Essa appartiene al campo dell'intelletto, la cui funzione è quella di discriminare, dividere, confrontare, misurare e ordinare in categorie. 

In tal modo si producono un gran numero di distinzioni intellettuali, di opposti che possono esistere solo l'uno in rapporto all'altro; per questa ragione i Buddhisti definiscono  « relativo » questo tipo di conoscenza.

L'astrazione è una caratteristica tipica di questa conoscenza, perché per poter confrontare e classificare l'immensa varietà di forme, di strutture e di fenomeni che ci circondano, non si possono prenderne in considerazione tutti gli aspetti, ma se ne devono scegliere solo alcuni significativi.

Perciò si costruisce una mappa intellettuale della realtà nella quale le cose sono ridotte ai loro contorni. 

Per la maggior parte di noi è molto difficile tenere costantemente presenti i limiti e la relatività della conoscenza concettuale.

Poiché la nostra rappresentazione della realtà è molto più facile da afferrare che non la realtà stessa, noi tendiamo a confondere le due cose e a prendere i nostri concetti e i nostri simboli come fossero la realtà.

Uno dei principali scopi del misticismo orientale è quello di liberarci da questa confusione.

I buddhisti Zen dicono che serve un dito per indicare la luna: ma non ci si deve più preoccupare del dito quando si è individuata la luna.

Il saggio taoista Chuang-tzu ha scritto:
« Il fine della nassa è il pesce: preso il pesce metti da parte la nassa. Il fine del calappio è la lepre: presa la lepre metti da parte il calappio. li fine delle parole è l'idea: afferrata l'idea metti da parte le parole ».


In Occidente lo studioso di semantica Alfred Korzybski puntualizzò esattamente la stessa questione con la sua sintetica formula : « La mappa del territorio , non è il territorio ».

La conoscenza razionale scaturisce  dal normale stato di veglia della coscienza : l'intellet to interpreta il contenuto della coscienza trasformandolo in un sistema di concetti astratti e di simboli .

Questo sistema è caratterizzato dalla struttura lineare e sequenziale tipica del nostro modo di pensare e di parlare.

Nella maggior parte dei linguaggi questa struttura lineare è resa esplicita dall'uso di alfabeti che servono a comunicare esperienze e riflessioni con lunghe file di lettere.
Ciò che interessa ai mistici orientali è la ricerca di un'esperienza diretta della realtà che trascenda non solo il pensiero intellettuale, ma anche la percezione sensoriale.

Si legge nelle Upanishad:
« Essendosi concentrato su ciò che è di là dell'udito, di là dal tatto, di là dalla vista, di là dal gusto e dall'olfatto, che è indefettibile ed eterno, senza principio e senza fine, più grande dei grande, duraturo, l'uomo si salva dalle fauci della morte ».

La conoscenza che deriva da un'esperienza di questo tipo viene chiamata dai Buddhisti « conoscenza assoluta» perché non si basa su discriminazioni, astrazioni e classificazioni dell'intelletto, le quali sono sempre relative e approssimate.
 
I mistici orientali insistono continuamente sul fatto che la realtà ultima ( ciò su cui tutto si fonda ) non può mai essere oggetto di ragionamento o di conoscenza dimostrabile.

Né può essere descritta adeguatamente con parole, perché sta al di là del campo dei sensi e dell'intelletto dai quali derivano le nostre parole e i nostri concetti.

A questo riguardo le Upanishad dicono: « Ivi non giunge la vista, né la parola, e neppure la mente. Non sappiamo né conosciamo in quale modo Lo si possa insegnare... ». 

Si tratta di una conoscenza che viene da uno stato di coscienza non ordinario, uno stato straordinario di  coscienza del mistero,  uno stato  mistico.

In questa coscienza mistica vengono superati limiti della conoscenza razionale.

Che uno stato di questo tipo esista, non solo è testimoniato da numerosi mistici in Oriente e in Occidente, ma è anche indicato dalla ricerca psicologica.

Come dice William James:
« La normale coscienza dello stato di veglia, che chiamiamo coscienza razionale, è soltanto un tipo di coscienza particolare, mentre tutto intorno ad essa, separate da schermi sottilissimi, esistono forme potenziali di coscienza completamente diverse ».

La conoscenza assoluta è quindi un'esperienza della realtà totalmente non intellettuale, un'esperienza che nasce da uno stato di coscienza non ordinario, che può essere chiamato uno stato « meditativo » o mistico .

Essa è, come ci dicono i Buddhisti, l'esperienza diretta dell'« essenza assoluta », indifferenziata, indivisa, indeterminata.

Non essenza di qualcosa, ma essenza in quanto tale. La comprensione perfetta di tale essenza assoluta non solo è il cuore del misticismo orientale, ma è anche la caratteristica fondamentale di ogni esperienza mistica.

Le visioni improvvise Sebbene non si verifichino di solito profonde esperienze mistiche senza una lunga preparazione, ognuno di noi ha sperimentato, durante la normale vita quotidiana, visioni intuitive dirette.

A tutti noi è capitato di aver dimenticato e di non riuscire a ricordare, nonostante la più intensa concentrazione, il nome di una persona o di un luogo, o di qualche altra cosa. Sembra di averlo « sulla punta della lingua » ma non siamo capaci di pronunciarlo, finché a un certo punto, dopo che abbiamo ormai rinunciato e abbiamo spostato la nostra attenzione su qualche altra cosa, improvvisamente, come in un lampo, ci ricordiamo il nome dimenticato. In questo processo non interviene alcun ragionamento.

E' una visione improvvisa, immediata. Questo esempio dell'improvviso ricordarsi di qualcosa è particolarmente pertinente al Buddhismo, secondo il quale la nostra natura originaria e quella del Buddha illuminato, realtà che in seguito noi abbiamo dimenticato.

Ai discepoli del buddhismo Zen viene chiesto di scoprire la loro « faccia originaria » e l'improvviso « ricordarsi » di questa faccia costituisce per loro l'illuminazione.

Un altro esempio ben noto di visione intuitiva spontanea è dato dalle arguzie.
In quell'istante di distacco in cui si afferra la battuta di spirito si compie l'esperienza di un momento di « illuminazione ». E ben noto che questo momento deve giungere spontaneamente, che non si può provocarlo « spiegando » lo scherzo, cioè con l'analisi intellettuale.

Solo con una visione intuitíva improvvisa che coglie il significato più profondo dell'arguzia possiamo provare l'esperienza della risata liberatoria che la battuta di spirito è intesa a produrre. La somiglianza che c'è tra un'intuizione spirituale e la comprensione di un'arguzia deve essere ben nota agli uomini e alle donne che hanno raggiunto l'illuminazione, perché quasi sempre essi mostrano di possedere un grande senso dell'umorismo, Lo Zen, in particolare, è ricco di storie e aneddoti divertenti e nel Tao-te-ching leggiamo: 
« Se non se ne ridesse, la Via non meriterebbe di essere considerata tale ».


Nella nostra vita quotidiana, le visioni intuitive dirette, che penetrano nella natura delle cose, sono normalmente limitate a istanti estremamente brevi. Non è cosi nel misticismo orientale nel quale esse durano per periodi più lunghi e infine diventano uno stato di consapevolezza continuo.

La preparazione della mente a questo stato di consapevolezza - che consente di percepire la realtà in maniera immediata, non concettuale - è lo scopo principale di tutte le scuole del misticismo orientale e di molti aspetti dei modo di vita orientale.

Nel corso della lunga storia culturale dell'India, della Cina e del Giappone sono state elaborate un'enorme varietà di  tecniche, di rituali e di forme artistiche per conseguire questo scopo, ognuno dei quali può essere chiamato meditazione nel senso più ampio dei termine.

La meditazione Lo scopo fondamentale di queste tecniche sembra essere quello di far tacere la mente pensante e di spostare la consapevolezza dalla modalità razionale di coscienza a quella intuitiva. In molte forme di meditazione, il silenzio della mente razionale è ottenuto concentrando l'attenzione su un singolo particolare, come il proprio respiro, il suono di un mantra o il simbolo visivo di un mandala.

Altre scuole concentrano l'attenzione su movimenti del corpo che devono essere eseguiti spontaneamente, senza interferenza di alcun pensiero.

Questa è la via dello Yoga indù e dei T'ai Chi Ch'uan taoista. I movimenti ritmici praticati da queste scuole possono condurre alla stessa sensazione di pace e di acquietamento caratteristica delle forme più statiche di meditazione; una sensazione che, incidentalmente, può essere provocata anche da alcuni sport. Anche le varie forme dell'arte orientale sono modi di meditazione.

Esse non sono intese tanto come mezzi per esprimere le idee dell'artista quanto come vie di realizzazíone di sé attraverso lo sviluppo della modalità intuitiva della coscienza. La musica indiana non si impara leggendo le note, ma ascoltando l'insegnante che suona e sviluppando in tal modo una sensibilità per la musica, proprio come i movimenti del T'ai Chi non vengono imparati seguendo certe istruzioni verbali ma ripetendoli più e più volte in perfetta sincronia con il maestro.

Le cerimonie giapponesi del tè (Zen) sono ricche di movimenti lenti e rituali. La calligrafia cinese richiede un movimento spontaneo e sciolto della mano.

Tutte queste abilità sono usate in Oriente per sviluppare la modalità meditativa della coscienza. Per la maggior parte delle persone, e in particolar  modo per gli intellettuali, questa modalità della coscienza è un'esperienza completamente nuova.

A causa del loro lavoro di ricerca, gli scienziati hanno familiarità con le visioni intuitive dirette, perché ogni nuova scoperta nasce in un improvviso lampo di illuminazione non verbale di questo tipo. Ma questi momenti sono estremamente brevi e si verificano quando la mente è satura di informazioni, concetti e schemi di pensiero.

Nella meditazione, viceversa, la mente è svuotata di tutti i pensierí e di tutti i concetti e quindi è preparata a funzionare nella sua modalità intuitiva per lunghi periodi. Secondo le parole di Chuang tzu, « La quiete dei cuore dei Santo è il riflesso del Cielo e della Terra, lo specchio delle diecimila creature »


Quando la mente razionale tace, la modalità intuitiva produce uno stato di straordinaria consapevolezza; l'ambiente viene percepito direttamente senza il filtro del pensiero concettuale. 

L'esperienza di unione con l'ambiente circostante è la principale caratteristica di questo stato di meditazione. Questo è uno stato di coscienza nel quale ogni forma di frammentazione è venuta meno, dissolvendosi in un'unità indifferenziata. Nella meditazione profonda, la mente è totalmente vigile.

Oltre alla comprensione non-sensoriale della realtà, essa percepisce tutti i suoni, le impressioni visive, e gli altri stimoli che provengono dall'ambiente circostante, ma non ne trattiene le immagini sensoriali per analizzarle o interpretarle. Ad esse non è consentito distrarre l'attenzione.

Tale stato di coscienza non è dissimile dallo stato mentale di un guerriero che attende l'attacco con estrema vigilanza, registrando ogni cosa che gli si muove intorno senza venirne distratto neppure per un istante.

Yasutani, Roshi , maestro Zen, si serve di questa immagine nella sua descrizione dello shikan-taza, la pratica di meditazione Zen: « Lo shíkan-taza è uno stato molto elevato di consapevolezza intensa nel quale non c'è ansia né fretta, e certamente non c'è mai fiacchezza. Lo stato mentale di chi si trova di fronte alla morte. Immaginate di essere impegnati in un duello alla spada come si usava nel Giappone antico. Quando fronteggiate il vostro avversario, siete costantemente attento, fermo, pronto. Se allentaste la vostra vigilanza anche solo per un istante, sareste colpito immediatamente. Una folla si è raccolta per vedere il combattimento. Poiché non siete cieco, li vedete con l'angolo dell'occhio e poiché non siete sordo, li udite. Ma nemmeno per un istante la vostra mente è catturata da queste impressioni dei sensi ».

Questo è l'obiettivo. La mente vigile e nello stesso tempo libera dalle percezioni sensoriali.
A causa della somiglianza tra lo stato di meditazione e l'atteggiamento mentale di un guerriero, l'immagine del guerriero svolge un ruolo importante nella vita spirituale e culturale dell'Oriente. La vicenda narrata nel libro religioso prediletto in India, la Bhagavad Gitá , si svolge in un campo di battaglia e le arti marziali costituiscono una parte importante della cultura tradizionale della Cina e dei Giappone.

In Giappone, la forte influenza dello Zen sulla tradizione dei samurai dette origine al bushido , « la via dei guerriero » ( a sinistra), un'arte della spada in cui l'intuito spirituale dello schermidore raggiunge la più alta perfezione.

Il T'ai Chi Ch'uan taoista, che fu considerato la massima espressione dell'arte marziale in Cina, fonde i lenti e ritmici movimenti « yogici » con l'assoluta prontezza della mente del guerriero in una specificità unica.





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