Corso di Religione

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La " dittatura del politicamente corretto", «erede del progressismo», «catechismo civile», «religione secolare».
«Politicamente corretto, religione che vieta la dialettica e il dissenso»da La Verità, 7 aprile 2019 (Versione integrale) di Maurizio Caverzan


Non l’aveva fatto ancora nessuno. Nessuno si era messo lì, a studiare il politicamente corretto. Origini, caratteristiche, scenari. Solo un costume e un linguaggio edulcorati o qualcosa di più solido e pregnante? Ad approfondire scientificamente la questione ha pensato Eugenio Capozzi, docente di storia contemporanea presso la facoltà di lettere dell’università «Suor Orsola Benincasa» di Napoli.

Politicamente corretto – Storia di un’ideologia ( Marsilio) è lo studio più serio sull’argomento, uno studio nel quale fioccano le definizioni: «erede estremo del progressismo», «catechismo civile», «religione secolare».

Perché ha scritto un saggio sul politicamente corretto ora che sembra aver iniziato a declinare? «Benché sfidato da forze di altro orientamento, il politicamente corretto continua a dominare il sistema dei media, della formazione universitaria, il linguaggio della politica e delle istituzioni. Sembra in declino, ma è in buona salute e condiziona il dibattito del mondo occidentale. Comprenderne la natura è utile perché oggi si tendono a considerare certe censure come semplici tic, eccessi di zelo della mentalità liberale. Siamo tutti d’accordo a rispettare le diversità e le minoranze, si dice, solo che i depositari del politically correct esagerano…».

Invece? «Se si guardano con attenzione queste censure ci si accorge che siamo di fronte a un’ideologia diversa dal liberalismo e dalla democrazia: un sistema pervasivo e pericoloso».

Addirittura? «Imbattendomi quotidianamente in qualche tempesta mediatica scatenata per un vocabolo o un pronome che offendeva questa o quella minoranza, sostituito da espressioni considerate più corrette, mi è venuto in mente il Ministero della verità di 1984 di George Orwell che modifica il linguaggio e la storia creando la neolingua e il bispensiero. È esattamente ciò che fa oggi la propaganda del politicamente corretto».

Non vedente, diversamente abile, operatore ecologico: quanto è importante la creazione di un vocabolario più dolce e liofilizzato? «Si è cominciato a parlare attraverso eufemismi».

Sinonimo d’ipocrisia. «Ora però siamo ben oltre questo. Prendiamo l’ ideologia gender che considera l’identità sessuale come frutto di una scelta soggettiva e gli individui come esseri fluttuanti. Se fosse davvero così, dovremmo esprimerci in base alla rappresentazione che ognuno dà di sé stesso in quel momento: uomo, donna, nessuna delle due… Ogni volta dovremmo cercare i termini adatti. Ma se il linguaggio si soggettivizza, scompare il minimo comun denominatore indispensabile per dialogare».

Alcune correzioni sono rivelatrici: perché il termine migrante ha preso il posto di emigrato o immigrato «Le persone che si muovono da un Paese a un altro sono emigranti o immigrati. Ma il relativismo culturale rifiuta l’idea stessa degli Stati con confini e sovranità stabiliti dal diritto internazionale, afferma che il genere umano è per sua natura nomade e che spostarsi da una parte all’altra del mondo è una condizione esistenziale. Anche in questo caso si assume la liquidità come carattere fondamentale delle comunità. Perciò non è lecito porre un freno agli spostamenti degli individui».

Tranne quando scappano dalla guerra, dalla povertà e dalla fame. «Oltre all’argomentazione umanitaria, dietro l’immigrazionismo illimitato c’è un’altra filosofia radicata. L’occidente deve mescolarsi con le altre civiltà fino a creare un sincretismo nel quale l’umanità è un crogiuolo, una mescolanza indistinta di culture. Questo perché la way of life occidentale è un’eredità negativa per la protezione e la sicurezza delle persone. Ma è un altro dogma lacunoso».

Perché «La pretesa universalistica dei diritti umani si ferma di fronte ai paesi islamici che praticano le più brutali aggressioni sulle donne e gli omosessuali. Le stesse femministe che in Europa vedono bigotti e reazionari ovunque, non dicono una parola su donne e gay lapidati e segregati nello stato del Brunei, in Iran o in Arabia saudita».

Perché in alcune prove elettorali in Europa e in America il politically correct arretra? «Le élite occidentali hanno visto calare i loro consensi dopo la crisi del 2008 perché è caduta la fiducia nella globalizzazione».

Il fatto che all’apice della globalizzazione sia esplosa questa crisi avrebbe dovuto far riflettere. «Questo è il problema. La modernità liquida come opportunità illimitata ha cominciato a perdere prestigio. Nuovi movimenti di opinione e partiti si sono contrapposti alle élite transnazionali. Ma il politicamente corretto incarna un potere stratificato. Negli Stati uniti ha vinto Donald Trump, ma il 95% del sistema mediatico, culturale e accademico gli è ferocemente avverso».

Quanto l’espansione del politicamente corretto deve al ruolo crescente dei cosiddetti radical chic? «La nozione di radical chic  è spesso usata in maniera impropria. Tom Wolf la coniò nel 1970 dopo un party nell’attico a Manhattan del compositore e direttore d’orchestra Leonard Bernstein, organizzato per raccogliere fondi in favore del movimento marxista leninista delle Pantere nere . Nella sua essenza, radical chic indica un appartenente alla borghesia della conoscenza che flirta con espressioni estremiste della politica, perché la concepisce in una veste estetica ed eticista, non basata su conflitti sociali ed economici. Il radical chic è l’embrione del buonista, il quale pensa che l’emergenza immigrazione si risolva con la bontà e che chi non accoglie tutti i migranti è cattivo e, di conseguenza, razzista».

Descrive il politicamente corretto come una forma di «catechismo civile» che opera attraverso dogmi, liturgie, precetti e anatemi quando si sfiorano temi come aborto, diritti delle donne, degli omosessuali, persone di colore. «Le vecchie ideologie si fondavano sulla concezione dialettica della storia e della politica. Invece il politicamente corretto rifiuta la dialettica perché attribuisce al relativismo la capacità di assicurare una convivenza senza conflitti. Perciò, chi continua a non accettare i dogmi e i precetti della nuova religione non può avere cittadinanza nella discussione e va scomunicato perché è pazzo o finge».

Tra l’ugualitarismo postmarxista, il relativismo, l’ecologismo, la difesa delle minoranze e il multiculturalismo qual è l’ingrediente principale di questa nuova religione? «Direi il relativismo culturale, dal quale deriva tutto il resto».

L’aveva capito papa Ratzinger? «Esattamente, nasce tutto da lì. Anche la variante, più sofisticata e intransigente, dell’antiumanesimo ambientalista».

Che sarebbe? «Quel pensiero che considera la difesa dell’ambiente non come condizione per una vita migliore dell’uomo, ma vede l’uomo stesso come un potenziale danno per l’ambiente. Il punto d’arrivo finale è la sparizione dell’uomo o la riduzione della sua presenza, per non collaborare all’inquinamento attraverso l’atto di consumare e produrre. Uno stadio di passaggio in questa direzione è l’ antispecismo : essere esseri umani non è più un valore aggiunto rispetto alle altre specie animali».

Come vanno letti il movimento Me too e quello in difesa del clima trainato da Greta Thunberg? «Sono due fenomeni d’immediata valenza precettistica, traducibili in prescrizioni di comportamenti ipocritamente redentivi. Il Me too è la trasformazione definitiva del femminismo in ideologia. Un élite di donne al potere nelle professioni e nella politica combatte, dietro una maschera buonista, la propria battaglia per sconfiggere i maschi oppressori. Il gretismo è la sublimazione delle borghesie Ztl ( zone a traffico limitato ) purificate che additano come ignoranti e volgari coloro che continuano a occupare il mondo con pretese di qualità della vita migliore per sé e i propri figli. È un nuovo farisaismo ambientalista».

L’occidente non è esente da colpe avendo prodotto il colonialismo e l’esportazione della democrazia… «Quello che chiamiamo occidente è frutto di una storia tormentata e conflittuale. Attraverso questa storia, pur sanguinosa e violenta, si è arrivati a un modello sociale e politico in cui la dignità dell’uomo e i diritti delle minoranze sono maggiormente garantiti. L’occidente ha colpe orripilanti, ma solo in questa civiltà, risultato dei contributi dell’ebraismo, del cristianesimo, dell’età greca e romana, la difesa della dignità della persona ha trovato compimento. In Cina, in India, in Africa, non c’è nulla che si avvicini a questo grado di rispetto dell’uomo».

Che ruolo hanno l’industria culturale, il cinema e la televisione nella creazione dell’immaginario politicamente corretto? «Essendo un sistema di pensiero liquido e pervasivo, il politicamente corretto ha sostituito i testi sacri come il Libretto rosso [ Mao Tse Tung ndr], Il Capitale [Marx.K. ndr] e il Mein Kampf  [A. Hitler ndr] con l’industria dell’intrattenimento, la cultura pop e la comunicazione digitale dei social media che, non a caso, sono concentrati in pochi grandi gruppi. E che, ancora non a caso, su piattaforme come Netflix, Amazon prime e Google, si concentrano le richieste di censura e controllo con l’insistente evocazione di fake news ( notizie false ndr) e hate speech (discorsi d’odio ndr)».

Che cosa pensa del giro delle televisioni dei due ragazzini, l’italo egiziano Ramy e l’italo marocchino Adam, seguito al dirottamento del pulmino dei bambini? «L’episodio di San Donato milanese è il classico esempio di come il sistema dei media diventi cassa di propaganda ideologica. Il fatto che un italiano di origine senegalese abbia minacciato di uccidere decine di bambini è stato trasformato in un’apologia dello ius soli utilizzando il fatto che alcuni di quei bambini non erano di origine europea. Non a caso l’intervento di altri bambini nati in Italia è stato sottaciuto».

Perché un’editorialista frequente ospite dei talk show può permettersi di bollare come «fossili viventi» i partecipanti al Congresso mondiale della famiglia di Verona? «È un esempio lampante di quello che abbiamo detto: il politicamente corretto non ammette dialettica e dissenso. Chi esprime una posizione alternativa, in questo caso la difesa della famiglia, viene bollato come retrogrado perché il fatto stesso di esserci viene vissuto come un attacco, un’offesa e una violenza verso il dogma, in questo caso le famiglie plurali e arcobaleno».

Oggi il propellente più efficace del politicamente corretto è l’ideologia gender o l’ antiumanesimo ambientalista ? «Non so cosa sia peggio. Sono entrambi componenti della stessa idea liquida della vita che ha una delle sue fonti ispirative in  Imagine  di John Lennon, non a caso cantata per decenni in tutti i raduni pacifisti, ambientalisti, in favore dell’amore libero. Sogna un mondo senza patrie, proprietà e fedi, solo votato alla soddisfazione dell’emozione istantanea dell’individuo».

È l’uomo che si sostituisce a Dio? «E che, paradossalmente, si nullifica riducendosi a un fascio di pulsioni. Senza uno statuto proprio, è un’entità totalmente manipolabile. O, forse, sostituibile».


Il politicamente corretto è una deriva ideologica nutrita della retorica neo progressista, in realtà regressiva, di una precisa classe sociale,( i vincenti della post modernità, cosmopoliti e globalisti)..source : di Roberto Pecchioli totustuus.org Gen 24 2019

.. ma è qualcosa di più.

E’ la liquidazione coatta “a fin di bene” dell’intera civiltà europea in base al presupposto della sua natura sopraffattrice e violenta, frutto del dominio di una minoranza di maschi eterosessuali.L’effetto farfalla è un concetto enunciato dal matematico Edward Lorenz nell’ambito della fisica, ponendo una domanda paradossale: può il battito d’ali di una farfalla in Brasile determinare un tornado nel Texas? La risposta, all’interno della teoria del caos, è . Piccoli cambiamenti nelle condizioni iniziali di un sistema sono in grado di produrre conseguenze di grande portata. L’irruzione nell’immaginario europeo e occidentale del linguaggio politicamente corretto ne è una dimostrazione.

La correttezza politica, nata come quasi tutte le follie dell’ultimo mezzo secolo nelle università americane con l’intento di proteggere le minoranze attraverso l’uso di espressioni verbali più appropriate e rispettose, ha generato un mostro e modificato in profondità la percezione della realtà e il giudizio collettivo. Capita ai sogni della ragione malintesa, destinati a trasformarsi in incubi.

Il politicamente corretto corrode la libertà di espressione, diventa un rizoma che si espande in ogni direzione, cellule impazzite che accecano sino ad abbattere i pilastri della libertà di pensiero e di espressione, orgogliose conquiste del pensiero europeo. Va addirittura oltre, poiché riconfigura le parole non solo nei significati, ma soprattutto nei giudizi che contengono, con espressioni imposte e altre proibite.

E’ dunque una vera e propria ideologia , in cui confluiscono elementi della linguistica, della sociologia, della psicologia di massa e delle tecniche di persuasione come la programmazione neuro linguistica .

La lingua è la realtà immediata del pensiero, osservò Karl Marx. Si può pensare, quindi giudicare, solo con le parole, suoni associati a immagini e significati. Per questo le parole dominano il mondo e le idee appartengono ai termini che le definiscono. Le parole, in determinati momenti, possono diventare fatti, disse Benito Mussolini in un discorso del 1929. Lo comprese anche il pensiero positivista di Wittgenstein, che prescriveva di non chiedere il significato, ma l’uso delle parole. Ne sono esempi illuminanti termini come razzismo, tolleranza, progresso, democrazia, che hanno perduto il senso iniziale e, attraverso un trasbordo ideologico indotto dai padroni della cultura di massa, significano adesso ciò che ha voluto il pensiero dominante.

...

Il p.c. diventa quindi un’anti cultura che nega cittadinanza a ciò che non riconosce in base al suo “a priori”, un relativismo radicale fondato sull’idea di uguaglianza declinata come uniformità, negazione delle differenze mascherata da finta avalutatività.

Il nucleo fondante del politicamente corretto è l’adesione a un bigottismo dell’equivalenza qualitativa di idee, persone, civiltà, religioni, principi, un plumbeo nichilismo in salsa etica certo della propria superiorità in quanto unica verità è l’Identico.

Il p.c, giudicando in base a criteri aprioristici, svaluta e nega. E’ una forma di oscurantismo orientato alla sostituzione delle parole e dei significati, al divieto, all’ espulsione “etica” dalle università e dalle biblioteche (quindi dall’orizzonte comune) di libri, idee e autori in base a un grottesco interdetto preventivo che non risparmia Shakespeare, Kant, Dante e la stessa Bibbia, tolta dagli scaffali di un’università gallese.

La sua accanita ansia totalitaria non è diversa da quella del califfo Omar dinanzi alla biblioteca di Alessandria summa della cultura antica. “In quei libri o ci sono cose già presenti nel Corano, o ci sono cose che non ne fanno parte: nel primo caso sono inutili, nell’altro sono dannose e vanno distrutte”.

Attraverso la messa all’indice di parole e concetti “sensibili”, il p.c. nega nei fatti la libertà, che è ricerca e dubbio fecondo, e persino il progresso in nome del quale afferma di agire.

Cresciuto nelle università, ne è la negazione radicale, poiché chiude la conoscenza in un recinto soffocante, dove la mente istruita a metà diventa la più propensa alle utopie e a nuovi fanatismi. Scriveva il grande cardinale John Newman che non la cultura o l’acquisizione, ma il pensiero e la ragione esercitati sulla conoscenza sono l’obiettivo di quello che chiamava allenamento intellettuale.

Al contrario, il p.c. agisce attraverso scomuniche preventive il cui esito è l’indebolimento progressivo della mente europea e occidentale. L’effetto paradosso è l’adesione alla cosiddetta teoria sociologica dell’etichettatura, ( labelling ) secondo la quale è la società a decretare quali comportamenti sono devianti :

L’atto deviante – pronunciare determinate parole, esprimere certi giudizi – produce una reazione sociale in quanto la cultura dominante ne postula e impone il (pre)giudizio negativo. Il relativismo culturale diventa il punto di forza: il nuovo deviante politicamente scorretto viene etichettato come malvagio, colpevolizzato nei suoi stessi sentimenti espressi con le parole, un diverso da isolare in un mondo di identici.

La qualifica di deviante, secondo il labelling, è un’etichetta affibbiata da gruppi di potere; dunque il p.c. è un potere teso a esercitare la censura conformista e pregiudiziale che rimprovera ai bersagli della sua azione Il significato delle parole ha sempre dato origine a discussioni. Per la linguistica, il significato non è la cosa, ma la sua rappresentazione psichica. L’intento del p.c. è quello di mutare i significati, una sorta di neolingua al servizio del bispensiero (Orwell), ma soprattutto proibire l’uso di una serie di parole, i “significanti”. L’obiettivo è riconfigurare l’universo mentale di chi pensa e parla, neutralizzando le parole affinché perdano le vecchie caratteristiche e assumano il nuovo senso/significato: opinioni indotte che sostituiscono la realtà.

Tuttavia, sembra sorgere una reazione contro il politicamente corretto e il suo travolgente effetto farfalla. I dubbi si stanno diffondendo in vari settori di opinione, le librerie cominciano a offrire testi di analisi e di aperta contestazione, come il recente Politicamente corretto. Storia di un’ideologia di Eugenio Capozzi. Si registrano interventi di intellettuali di fama mondiale, come il premio Nobel per la letteratura Mario Vargas Llosa, che ha definito il p.c. una nuova inquisizione.

Il direttore della Reale Accademia della Lingua Spagnola, Darìo Villanueva, lo considera una insidiosa forma di censura. “Una censura perversa cui non eravamo preparati, poiché non la esercita lo Stato, il governo, il partito e la Chiesa, ma frammenti diffusi di quella che chiamiamo società civile”.

Altri segnalano che il p.c. nega la razionalità e fomenta l’autocensura, la peggiore forma di coartare la creatività e la libera espressione.

Avanza una società che proscrive ogni dissidenza in nome del comfort di qualsiasi minoranza, nella quale non può sussistere il pensiero libero se si comprime il confronto delle idee, derubricato a inventario di parole offensive o moralmente riprovevoli. L’elenco delle follie è ormai sterminato. Nei campus delle università anglosassoni sono stati creati luoghi detti spazi sicuri dove ogni studente può esprimersi “liberamente”, ossia, a detta dei sostenitori dell’esperimento, “senza timore di non sentirsi a proprio agio o non sicuro per il suo sesso, razza, etnia, orientamento sessuale, genere, biografia, bagaglio culturale, religione, età o identità fisica e mentale “.

Esseri senza volto e identità partecipano a dibattiti in cui non è permesso applaudire, in quanto il battito delle mani potrebbe risultare aggressivo per qualche spettatore. All’applauso si sostituisce un movimento delle mani levate in alto, chiamato jazz hands. In diversi spazi pubblici si realizzano bagni neutri per non offendere i transessuali.

Il nuovo credo conta con potenti alleati. I giganti tecnologici di Silicon Valley, Hollywood e mezzi di informazione influenti come il New York Times e la rivista The Atlantic sono paladini della sottocultura politicamente corretta. Non va meglio in Inghilterra, dove all’università di Oxford, tempio della cultura britannica, è stato interrotto un dibattito sull’aborto perché tra gli intervenuti figuravano degli uomini.

Facebook censura classici della storia dell’arte che rappresentano figure umane nude, ma il puritanesimo di ritorno non si estende ai manuali che insegnano come costruire una bomba. In giro per il mondo, rettori sono tacciati di fascismo per il suo esatto contrario, ossia incoraggiare il libero confronto delle idee, lo scambio intellettuale che tanto irrita i giovani delicati conosciuti come “generazione fiocchi di neve”. Nel nord dell’Inghilterra, abusi sessuali di giovani di origine pachistana nei confronti di ragazzine bianche povere sono stati ignorati dall’amministrazione comunale laburista per timore di essere tacciata di razzismo e xenofobia, i peccati massimi nel nuovo inferno asettico, inodore e insapore dominato dalla correttezza politica.

Ciononostante, monta l’opposizione. In un dibattito di grande impatto mediatico organizzato dalla catena americana Abc, i sostenitori del politicamente corretto sono stati travolti dalla disapprovazione del pubblico presente e di quello televisivo. Un sondaggio di The Atlantic ha rilevato l’ottanta per cento di sì alla domanda se negli Stati Uniti il p.c. sia un problema.

Il dato interessante è la maggioranza schiacciante di rifiuto del p.c. tra le minoranze asiatiche e ispaniche. E’ evidente che si tratta di una costruzione intellettuale a cui la gente comune si sente estranea e, finalmente, avversa. Non si può negare per sempre il senso comune o censurare un’istituzione come la famiglia, risalente all’origine dell’umanità, definita con fastidio “tradizionale”.

Nel dibattito di Abc ha trionfato un attore, presentatore e saggista londinese, Stephen Fry. Presentatosi come uomo di sinistra “della vecchia scuola” e candidato perfetto per essere protetto dal p.c. in quanto ebreo e omosessuale, ha parlato di una cultura del risentimento che deve finire. “Rabbia, ostilità e intolleranza, questa certezza assoluta che si è con noi o contro di noi deve finire. Siamo entrati in una dinamica binaria, tossica e a somma zero, una pazzia che ci distruggerà se non la fermiamo”. Fry ha aggiunto che è in errore chi preferisce ottenere ragione piuttosto che ricercare la verità, poiché la correttezza politica “vuole essere corretta senza pensare se è efficace e veritiera”.

Chi ha fatto avanzare la civiltà sono gli eretici, i sognatori, i ribelli e gli scettici, proprio quelli espulsi dai campus in cui gli studenti, con il sostegno dei docenti, non vogliono confrontarsi con idee diverse dalle loro; ma hanno idee, poi, se tutto si equivale e l’unica affermazione diventa la negazione? Lo stesso capita nelle reti sociali, i nuovi media che a colpi di mi piace, non mi piace, contribuiscono a riaffermare gli stessi pregiudizi. Un pensatore caro alla sinistra, Bertrand Russell, scrisse che i possessori di certezze assolute sono generalmente gli sciocchi, mentre i dubbi appartengono a chi ha immaginazione e capacità di comprendere.

Conformismo saccente di ceti agiati ma di mediocre cultura (le classi medie semicolte descritte da Costanzo Preve), il politicamente corretto ci sta sfuggendo di mano. Vargas Llosa lo considera il principale nemico della libertà; si comincia a prendere atto che molti reprimono se stessi per timore della correzione petulante dei chierici progressisti e vivono nella paura di avere pensieri eterodossi, sbagliati, moralmente riprovevoli. La dittatura dei buoni rende fragili e insicuri i milioni che non la condividono ma ne temono le conseguenze.

Il politicamente corretto, infatti, porta a esprimersi non come si pensa davvero, ma trascinati dalla frivolezza, dalla viltà e dall’opportunismo, allineando le proprie opinioni a quelle più conformiste. E’ una mancanza di sincerità e di autenticità che trasforma tutta la vita politica, sociale e culturale in una caricatura, in qualcosa di forzato, una falsità sistematica nella quale non si esprimono convinzioni genuine, ma solo banalità, pose, luoghi comuni. Il p.c. ha a che vedere con la sinistra culturale, poiché è lei che ha stabilito i parametri da cui non deve uscire chi non voglia incorrere in impopolarità, discredito, e non intenda essere considerato inadeguato sotto il profilo ideologico, morale, sessuale e così via.

Sta contagiando un numero sempre più grande di ambiti, la conoscenza si riempie di pregiudizi, risulta poco creativa, per nulla originale e non rappresentativa delle esperienze reali, un manierismo mediocre quanto obbligato.

Si tratta di un meccanismo che impone una censura discreta, dissimulata, che non dice il suo nome e non castiga (ancora) fisicamente, ma sanziona con l’isolamento in nome di una correttezza supposta e mai davvero definita. In larga misura, è la moderna inquisizione che induce al silenzio.

Se ti esprimi non per convinzione, ma per paura, ti trasformi nel censore di te stesso, temi di dire cose “scorrette”, diventi elusivo, eviti di pronunciarti e di ragionare con la tua testa. Il rischio è specialmente grave per chi non ha idee ferme e principi radicati, la maggioranza nel mondo liquido a cui è indirizzato il devastante messaggio del politicamente corretto, sistema apparentemente fluido basato sul rispetto dell’altro, in realtà potente meccanismo di decostruzione e di riduzione dell’uomo a essere eterodiretto, sostanzialmente non pensante.

Una volta ancora nella storia, i responsabili sono i portatori insani di ideologie il cui obiettivo è ri-costruire l’uomo per realizzare la felicità in terra. Nel caso dell’ideologia della correttezza politica, attraverso la neutralizzazione prima, l’abolizione poi delle differenze e delle distinzioni, considerate fonti di conflitto tra gli uomini. E’ un perverso costruttivismo utopistico , assai diffuso nei periodi di crisi delle civiltà; Augusto Del Noce lo chiamava “ virtuismo ”.

La diagnosi è definita; la prognosi, in una società dominata dal politicamente corretto, è infausta per il nichilismo che diffonde e la debolezza intrinseca di chi sa solo negare. Non esiste differenza qualitativa tra gli uomini, le loro idee, le loro civiltà; tutto si equivale, non c’è il bene e il male se non a partire da quella negazione iniziale.

Fine dei giochi, game over. Il politicamente corretto risulta falso nelle premesse, distruttivo nelle azioni e portatore di una spaventosa incultura. Che sia nato e abbia conseguito potere nelle università una volta simboli del sapere è una prova raggelante dell’agonia, della condizione terminale della nostra civiltà.

Si manifestano tuttavia anticorpi, dubbi e reazioni. Forse l’effetto farfalla non ha ancora vinto la partita e, parafrasando Curzio Malaparte, non tutto è perduto finché non è tutto perduto.






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