- POVERI ( perché di essi è il Regno dei cieli :sono entrati nel Regno)
-
MITI // NONVIOLENTI // DISEREDATI ( perché - nel Regno in cui sono entrati- avranno in eredità la terra.)
- HANNO FAME E SETE DELLA GIUSTIZIA ( perchè - nel Regno in cui sono entrati- saranno saziati)
- SONO MISERICORDIOSI ( perchè - nel Regno in cui sono entrati- troveranno misericordia)
- SONO PURI NELLA COSCIENZA ( perchè - nel Regno in cui sono entrati- vedranno Dio)
- SONO OPERATORI DI PIENEZZA DI VITA ( perchè - nel Regno in cui sono entrati- sono simili al Padre, Figli di Dio)
- SONO PERSEGUITATI ( perchè di essi è il Regno dei cieli : sono entrati nel Regno)
e per tutto ciò sono : BEATI, FORTUNATI, AVVANTAGGIATI , perchè sono entrati nel Regno.Ai poveri è annunciata
la Buona Notizia.La Buona Notizia
1- Beati i poveri Nello spirito del giubileo permanente di Gesù, la
comunità accoglie e solleva la condizione dei poveri mettendo liberamente a loro disposizione i suoi beni .
Come ha fatto Dio nella storia e
come ha fatto Gesù.Lc 1,46 ( Lungo la storia Dio ) ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato
i ricchi a mani vuote (cf. 1 Sam2,10ss) . Nella comunità della Carità i poveri sono beati perchè
godono del Giubileo permanente di Gesù che compie la promessa divina
per cui nessuno nel popolo doveva essere bisognoso, ma tutti dovevano avereil giusto.
CUCC
1728
Le beatitudini ci mettono di fronte a scelte
decisive riguardo ai beni terreni;
... Gesù non solo proclama che
il tempo messianico è arrivato, ma proclama che il Regno è arrivato
per tutti, che di fronte all’Amore
di Dio che viene tutti sono i chiamati. I poveri in Spirito.
"va', vendi quello che hai e dallo
ai poveri...e vieni, seguimi "
La povertà è il fondamento di tutte le grazie, di tutta la nostra VITA eterna. Quando manca questa scienza, ogni altra scienza e santità è un nulla, e crolla in rovina al primo soffio di vento. Dove è povertà, là è il regno dell'amore misericordioso. Dove è debolezza, là è la forza di Dio. E dove è pentimento là è la fedeltà di Dio.
[Faustina Kowalska- 30 agosto 1931- Nihil obstat - E. Go rev. Del. Romae dic. 23-VII-1950- IMPRIMATUR E. Vicariatu Urbis, die 8-VIII-1950 ALOYSIUS TRAGLIA Arch. Cassarien Vicesgerens]
Mt6,3 «Beati i
poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli....
[ Lc 6,20 «Beati voi poveri, perché vostro è il
regno di Dio.]Mt e Lc con " poveri" designano la classe povera , che
costituiva la grande maggioranza della popolazione del mondo ellenistico.
“povero in spirito” -in quell'epoca- poneva l’accento
più che sulla mancanza di ricchezze sulla condizione di umiltà opposta all’arroganza tipica delle persone ricche . “povero in spirito” era la condizione di umiltà dei servi cioè il rispetto servile imposto dalla loro posizione sociale. Nel Vangelo di Mt i poveri in spirito sono i discepoli che - anche se ricchi come Lazzaro di Betania , Zaccheo esattore o Giuseppe di Arimatea - hanno abbandonato ogni arroganza tipica delle persone ricche e liberamente hanno agito con l' "umiltà dei servi" .
Hanno sciolto i loro averi dal potere del denaro per investirli nel Programma di Gesù, sottomettendoli così al Regno di Dio.
I discepoli di Gesù si fanno poveri in virtù della ispirazione( // in virtù dello Spirito ) che hanno ricevuto dalle Parole di Gesù : in questo sperimentano la felicità della VITA eterna ( ovvero la beatitudine) .
Mt 25,31 Quando il Figlio dell'UOMO verrà nella
sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della
sua gloria. 32Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli
uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, 33e porrà le
pecore alla sua destra e le capre alla sinistra.
Linguaggio apocalittico : si tratta della venuta nel mondo di Gesù risorto ad evangelizzare il mondo per mezzo della sua Chiesa .
L'evangelizzazione riguarderà tutti i popoli e opererà un giudizio , una separazione tra chi accoglierà il Vangelo e chi lo rifiuterà. E' il giudizio universale che avviene lungo tutta l'epoca di evangelizzazione.
34Allora il re dirà a
quelli che saranno alla sua destra: «Venite, benedetti del Padre
mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione
del mondo, 35 perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho
avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, 36nudo
e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete
venuti a trovarmi» . 37Allora i giusti gli risponderanno: «Signore,
quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato
e ti abbiamo dato da bere? 38Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti
abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? 39Quando mai ti abbiamo visto
malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?». 40E il re risponderà loro: «In
verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi
miei fratelli più piccoli ( i suoi discepoli) , l'avete fatto a me». La
legge
della Carità è il criterio
con cui tutti si autogiudicano nell'era
presente e Carità ( dare grazia su graza Gv 1) è l'evangelizzazione del mondo.
Luca ( scrive per un ebreo illustre cioè una persona importante dell'istituzione ebraica che ha aderito a Gesù, usa
il linguaggio dell'alleanza : benedizioni e maledizioni ) annuncia che i
poveri sono beati nel Regno messianico per mezzo del Giubileo di Gesù mentre i ricchi - che la ricchezza se la
godono e se la ridono - sono guai! ( era il lamento funebre )
:
il rifiuto di Gesù e dell'attuazione del Suo Giubileo non permette loro di ri-nascere UOMINI dallo Spirito( si automaledicono) Mt 25, 41Poi dirà anche a quelli che
saranno alla sinistra: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno,
preparato per il diavolo e per i suoi angeli ( Mt 7,21«Non tutti quelli che dicono: “Signore, Signore!” entreranno nel *regno di Dio. Vi entreranno soltanto quelli che fanno la volontà del Padre mio che è in cielo. 22Quando verrà il giorno del giudizio, molti mi diranno: “Signore, Signore! Tu sai che noi abbiamo parlato a tuo nome, e invocando il tuo nome abbiamo scacciato demòni e abbiamo fatto molti miracoli”. 23«Ma allora io dirò: Non vi ho mai conosciuti.Andate via da me, gente malvagia!». ) ( cf. Mc 9,48; Gd 7; Ap 20,10.) , 42perché ho avuto fame
e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere,
43ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato
e in carcere e non mi avete visitato». 44Anch'essi allora risponderanno: «Signore,
quando ti abbiamo visto affamato o assetato o straniero o nudo o malato o
in carcere, e non ti abbiamo servito?». 45Allora egli risponderà loro: «In
verità io vi dico: tutto quello che non avete fatto a uno solo di
questi più piccoli, non l'avete fatto a me». 46E se ne andranno: questi al supplizio eterno, i giusti invece
alla VITA eterna»
La Carità è l'evangelizzazione del mondo
La VITA eterna è "VIVA" nell'UOMO che agisce la Carità cioè "DA' grazie su grazie" :
-
ai bisognosi di beni (a partire da quelli materiali ) , il necessario
- ai bisognosi di salvezza , l'evangelizzazione
L'UOMO VIVE già la VITA eterna che ha ricevuto da Gesù e giunge a " maturità" cioè al COMPIMENTO del suo essere, evangelizzando il mondo : passerà dalla morte sorgendo UOMO Definitivo .Il supplizio eterno è " pianto e stridor di denti " , la coscienza definitiva del proprio rifiuto della VITA ( // dello Spirito) cioè della Carità verso tutti : è' la coscienza del fallimento irreversibile del proprio essere . Luca sottolinea l'ineluttabilità di confrontarsi con
questa opzione perchè dalla scelta
a favore o meno della VITA cioè della Carità dipende il compimento dell'essere .I ricchi e il Regno messianico Mt 3,11 ( Giovanni il battista : ) Io vi battezzo nell'acqua per la conversione; ma Colui che viene dopo
di me ( Gesù) è più forte di me e io non sono degno di portargli i sandali; egli vi battezzerà
in Spirito Santo e //Fuoco .La VITA donata da Gesù è Spirito // il Fuoco divino che fonde materia e Spirito, accende la coscienza , la ispira alla Carità. Mt 13,22Quello seminato tra i rovi
( la Parola evangelizzatrice seminata nella coscienza occupata dalla ideologia della ricchezza)
è colui che ascolta
la Parola, ma la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza
soffocano la Parola ed essa non dà frutto. [ e il Frutto è l'UOMO compiuto
]
Difficilmente un ricco condividerà le sue ricchezze
per aderire alla comunità messianica anche se capisce il messaggio di
Gesù.
Difficile ma non impossibile .. per lo Spirito:
Giuseppe di Arimatea l'ha fatto, in
virtù del fuoco dello Spirito .
Mt 27,57 57Ormai era già sera, quando venne Giuseppe di Arimatèa. Era un uomo ricco, il quale era diventato pure lui discepolo di Gesù. 58Egli andò da Pilato e gli chiese il corpo di Gesù. E Pilato ordinò di lasciarglielo prendere. 59Allora Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito 60e lo mise nella sua tomba, quella che da poco si era fatto preparare per sé, scavata nella roccia. Poi fece rotolare una grossa pietra davanti alla porta della tomba e se ne andò.
Lo stesso aveva fatto Lazzaro quello morto e rianimato da Gesù. Lazzaro e le sorelle Marta e Maria avevano messo a disposizione la loro casa per Gesù ed i suoi discepoli .
Mc 11, 11Gesù entrò in Gerusalemme e andò nel Tempio. Si guardò attorno osservando ogni cosa e poi, siccome ormai era sera, tornò a Betània insieme con i dodici discepoli.
Gv 11, 17-18Betània era un villaggio distante circa tre chilometri da Gerusalemme
Gv 11, 1-2Lazzaro era il fratello di Maria, la donna che poi unse il Signore con olio profumato e gli asciugò i piedi con i suoi capelli. Essi abitavano a Betània insieme a Marta, loro sorella. Lazzaro si ammalò 3e le sorelle fecero avvisare Gesù: «Signore, il tuo amico è ammalato».
Gv 12, 9Una gran folla venne a sapere che Gesù era a Betània, e ci andò: non solo per lui, ma anche per vedere Lazzaro, che Gesù aveva risuscitato dai morti.
Ed anche l'esattore Zaccheo:
1Gesù entrò nella città di Gèrico e la stava attraversando. 2Qui viveva un certo Zaccheo. Era un capo degli agenti delle tasse ed era molto ricco. ... si arrampicò sopra un albero in un punto dove Gesù doveva passare: sperava così di poterlo vedere. 5Quando arrivò in quel punto, Gesù guardò in alto e gli disse: «Zaccheo, scendi in fretta, perché oggi devo fermarmi a casa tua!». 6Zaccheo scese subito dall’albero e con grande gioia accolse Gesù in casa sua.... stando davanti al Signore, gli disse: — Signore, do ai poveri la metà dei miei beni e se ho rubato a qualcuno gli restituisco quattro volte tanto. 9Allora Gesù disse a Zaccheo: — Oggi la salvezza è entrata in questa casa. Nella comunità cristiana nessuno era bisognosoLa condivisione obbligatoria dei beni ? La promessa : Dt
15,4 Del resto non vi sarà alcun bisognoso in mezzo a voi;
Il compimento:
At 4,34 Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano
campi o case
li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto
La comunità cristiana di Gerusalemme aveva pensato di risolvere il problema dei bisognosi con la condivisione obbligatoria dei beni.
At 2,
42Erano
perseveranti nell'insegnamento degli apostoli e nella comunione, nello
spezzare il pane e nelle preghiere. 43Un senso di timore era in tutti,
e prodigi e segni avvenivano per opera degli apostoli. 44Tutti i credenti
stavano insieme e avevano ogni cosa in comune; 45vendevano le loro proprietà
e sostanze e le dividevano con tutti, secondo il bisogno di ciascuno.
46Ogni giorno erano perseveranti insieme nel tempio e, spezzando il
pane nelle case, prendevano cibo con letizia e semplicità di cuore,
47lodando Dio e godendo il favore di tutto il popolo. Intanto il Signore
ogni giorno aggiungeva alla comunità quelli che erano salvati.
La comunità di Antiochia invece praticava la libera donazione dei beni ai bisognosi.
Quando venne una carestia sotto l'imperatore Claudio la Comunità di Gerusalemme - dove c' era la condicisione obbligatoria dei beni- pativa la fame ed era in grave difficoltà.
Atti 11, 28 ( nella Chiesa di Antiochia) Uno di loro, che si chiamava Agabo, si alzò a parlare e per impulso dello Spirito Santo annunziò che stava per arrivare una grande carestia su tutta la terra. Di fatto ciò avvenne sotto l’imperatore Claudio. 29I discepoli allora decisero di mandare soccorsi ai fratelli che abitavano in Giudea, ciascuno secondo le sue possibilità. 30Così fecero: per mezzo di Bàrnaba e Saulo mandarono i soccorsi ai responsabili di quella comunità.
Luca avverte: la comunità di Antiochia , non praticando la condivisione obbligatoria dei beni
ma la libera disposizione( ciascuno secondo le sue possibilità) ha potuto salvare se stessa ed i fratelli della Giudea.
Paolo :
Fil 4, 12So vivere nella povertà come so vivere nell'abbondanza; sono allenato a tutto e per tutto, alla sazietà e alla fame, all'abbondanza
e all'indigenza. 13Tutto posso in Colui che mi dà la forza (
lo Spirito)...
18Ho il necessario e anche il superfluo; sono ricolmo dei vostri
doni ricevuti da Epafrodìto, che sono un piacevole profumo, un sacrificio
gradito, che piace a Dio.19 Il mio
Dio, a sua volta, colmerà ogni vostro bisogno secondo la sua ricchezza
con magnificenza, in Cristo Gesù. Il pane dal Cielo e il PANE del Cielo.
" voi date loro da mangiare"Giustizia e abbondanza erano
segni attesi dell'era messianica ( Is 65,17ss) : un banchetto abbondante preparato da Dio per tuttiGesù pone i discepoli di fronte al problema della sussitenza di coloro che lo seguono nel suo esodo dal Mondo Antico verso il Mondo Nuovo, il Regno messianico di Dio.
La sua comunità si impegna nella amministrazione dei beni che riceve ( materiali e spirituali) per la beatitudine di tutti.
Amministrare implica condividerli con saggezza ma anche produrli. Lc 9, 11... la gente ... seguì Gesù. Egli li accolse volentieri, parlava loro del regno di Dio e guariva quelli che avevano bisogno di cure. 12Ormai era quasi sera, i Dodici si avvicinarono a Gesù e gli dissero: — Lascia andare la gente, in modo che possa trovare da mangiare e da dormire nei villaggi e nelle campagne qui intorno: perché questo è un luogo isolato. 13Ma Gesù rispose: — Date voi qualcosa da mangiare a questa gente!
I discepoli dissero: — Noi abbiamo soltanto cinque pani e due pesci. A meno che non andiamo noi a comprare cibo per tutta questa gente! 14Gli uomini presenti erano circa cinquemila. Gesù disse ai suoi discepoli: — Fateli sedere a gruppi di cinquanta circa! 15Così fecero e invitarono tutti a sedersi per terra. 16Poi Gesù prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo e disse la preghiera di benedizione. Poi cominciò a spezzare i pani e a darli ai discepoli perché li distribuissero alla folla. 17Tutti mangiarono e ne ebbero abbastanza. Alla fine raccolsero i pezzi avanzati e ne riempirono dodici ceste. Beati i poveri per lo spirito, perché di questi è il
regno dei cieli. A. Maggi in Consolare afflitti, affliggere consolati studubibici.it
-trascrizione di conferenze non riviste dall'autore
" La comprensione di chi siano questi "poveri" dipende
dal significato che si dà alla formulazione "di spirito",
che può essere interpretata come:
- deficienza dell'individuo (poveri di spirito);
- atteggiamento spirituale (poveri in/nello spirito);
- scelta esistenziale (poveri per lo spirito)... E Gesù non
esalta come condizione invidiabile ("beati") le deficenze della
persona. Sarà piuttosto compito dei credenti accogliere e supplire
ai limiti di questi individui .
1 Ts 5, 14 Vi
esortiamo, fratelli: correggete gli indisciplinati, confortate
i pusillanimi, sostenete i deboli, siate pazienti con tutti.
L'interpretazione che più ha avuto successo,
e se ne comprende bene il perché, è quella dei poveri
nello spirito, dove l'accento viene posto su un atteggiamento "spirituale" verso
la povertà, proprio di quanti non sono attaccati ai loro
beni: i "distaccati".
La povertà, viene intesa
come l' atteggiamento interiore di chi, pur restando saldamente
in possesso dei propri beni, ne è "spiritualmente" distaccato:
la povertà di spirito si trasforma in spirito
di povertà.
Dal contesto di tutto il
vangelo si vede che Gesù non si accontenta di chiedere un
distacco "spirituale" dai
propri beni, ma un abbandono
effettivo, radicale e immediato: "va',
vendi quello che hai e dallo
ai poveri..." (Mt 19,21)...
Proclamando "beati" i poveri, Gesù non
tenta di
idealizzare
o sublimare
la loro condizione,
ma chiede ai suoi discepoli di entrare volontariamente nella
condizione di poveri per eliminare le cause che provocano la
povertà.
Gesù non intende gratificare i miserabili di questo mondo,
promuovendoli
nella spirituale
categoria
di "beati",
ma assicurarli
che la loro
indigenza è finalmente terminata
perché altri hanno scelto di condividere con loro tutto
quel che
hanno e che
sono.
Infatti
scegliere
di farsi povero non significa andarsi ad aggiungere ai già troppi
miserabili di questo
mondo, ma
mettersi
dalla parte
degli ultimi della società.
Ci si fa
ultimi al
fine di donare dignità agli ultimi, scelta
che non solo
non diminuisce la dignità della persona,
ma l'innalza
alla stessa qualità dell'agire di Dio che
afferma "Io, il Signore, sono il primo e io stesso
sono con
gli ultimi" (Is 41,4; cf Gv 13,12-14).
Quelli
che la società ha reso poveri vengono da Gesù proclamati "beati" perché ci
sarà chi si prenderà cura di loro. E quelli che
decidono
volontariamente di vivere da poveri ( a favore dei poveri),
vengono dichiarati beati perché il Padre si
prende cura
di essi.
A chi diventa responsabile della felicità del
proprio fratello,
Gesù garantisce che il Padre stesso
si farà carico della loro felicità .
(cf Mt 6, 24Nessuno può servire
due padroni, perché o odierà l'uno e amerà l'altro,
oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro.
Non potete servire Dio e la ricchezza. 25Perciò io vi
dico: non preoccupatevi per la vostra vita, di quello che mangerete
o berrete, né per il vostro corpo, di quello che indosserete;
la vita non vale forse più del cibo e il corpo più del
vestito? 26Guardate gli uccelli del cielo: non séminano
e non mietono, né raccolgono nei granai; eppure il Padre
vostro celeste li nutre. Non valete forse più di loro?
27E chi di voi, per quanto si preoccupi, può allungare
anche di poco la propria vita? 28E per il vestito, perché vi
preoccupate? Osservate come crescono i gigli del campo: non
faticano e non filano. 29Eppure io vi dico che neanche Salomone,
con tutta la sua gloria, vestiva come uno di loro. 30Ora, se
Dio veste così l'erba del campo, che oggi c'è e
domani si getta nel forno, non farà molto di più per
voi, gente di poca fede? 31Non preoccupatevi dunque dicendo: «Che
cosa mangeremo? Che cosa berremo? Che cosa indosseremo?».
32Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. Il Padre vostro
celeste, infatti, sa che ne avete bisogno. 33Cercate invece,
anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste
cose vi saranno date in aggiunta. 34Non preoccupatevi dunque
del domani, perché il domani si preoccuperà di
se stesso. A ciascun giorno basta la sua pena. cf.:
Mt 25,34-40)L'uso del plurale (" i poveri" ... " di essi"), indica
che Gesù non chiama a una povertà individuale, ascetica,
che favorisca la santificazione del singolo individuo, ma lancia a tutti
i suoi seguaci una proposta che se accolta può trasformare radicalmente
la società.Gesù invita i credenti a farsi volontariamente tutti poveri perché nessuno
più sia povero, come lui che: "da ricco che era, si è fatto
povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua
povertà" (2 Cor 8,9).
Effetto dell'accoglienza di questa
beatitudine è il regno dei cieli. "... Gesù proclama “beati i poveri per lo spirito perché
di questi è il regno dei cieli”. E’ al primo posto
perché è la condizione perché esistano tutte le altre beatitudini. E’ l’unica con
il tempo del verbo al presente: “di essi è il regno”, le altre hanno tutte
il verbo al futuro, esse sono infatti l’effetto dell’accoglienza di questa
beatitudine.
La prima beatitudine è quella che è stata più fraintesa ed è
quella che ha fatto credere che Gesù avesse proclamato beati
i poveri. No, mai Gesù nei vangeli proclama beati i poveri; i poveri sono
disgraziati ed è compito
della comunità cristiana togliere dalla loro condizione di povertà.
Questo il disegno di Dio sull’umanità, un disegno che era
già espresso nell’antica alleanza: “nel mio popolo nessuno
sia bisognoso”.
A quell’epoca non si credeva nell’esistenza di un dio unico
ma ogni nazione aveva la sua divinità, si trattava di vedere qual’ era
la più importante, la più gloriosa. Ebbene, se tra di voi
non ci sarà alcun povero, quella sarà la prova della presenza
di Dio e la prova che questo Dio è grande.
Questa sarà anche
la prova della presenza del Cristo secondo gli atti degli apostoli: “testimoniavano
con gran forza la risurrezione di Gesù” e questo come?
Con grandi cerimonie? Con grandi preghiere? No, “testimoniavano
la risurrezione di Cristo perché nessuno tra di loro era bisognoso”. La prova della presenza del Signore nella comunità è dove non ci sono bisognosi.
Quindi mai Gesù ha proclamato beati i poveri. Ma Gesù proclama “beati
i poveri di spirito”...
La povertà di spirito si era trasformata in “spirito di
povertà”… Gesù quando incontra il
ricco, non gli chiede un distacco spirituale.
Non gli dice “tieni
pure i tuoi beni, l’importante è che tu ne sia distaccato
spiritualmente”.
No, il distacco che Gesù chiede è reale,
immediato e concreto...
Ed è questo quello che Gesù ci chiede. Gesù proclama
immensamente beati, felici, quelli che volontariamente, liberamente e
per amore decidono di entrare nella condizione di povertà. Che
significa? Non certo andare ad aggiungerci ai tanti altri poveri.
Gesù non
ci chiede di spogliarci ma chiede di vestire gli altri.
Credo che tutti
noi possiamo vestire qualcuno senza bisogno di doverci spogliare. Gesù chiede
di abbassare un po’ il nostro livello di vita per permettere a
quelli che lo hanno troppo basso di innalzarlo un po’. Gesù chiede
non l’elemosina ma la condivisione. Mentre l’elemosina presuppone
un benefattore e un beneficato, per cui rimane sempre una differenza,
la condivisione che Gesù propone, crea dei fratelli. Allora Gesù dice: “quelli
che liberamente , volontariamente e per Amore, si sentono responsabili
della felicità e del benessere degli altri , sono felici, immensamente
felici, beati, perché proprio per quelli come loro è donato il regno dei cieli”.
E qui siamo da capo perché il regno è stato interpretato
in passato come un regno “nei” cieli. Nulla di tutto questo.
Sappiamo che Matteo scrive a una comunità di giudei ed è attento
a non urtare la suscettibilità dei suoi interlocutori. Sa infatti
che, nel mondo giudaico, il nome di Dio non si
pronuncia né tanto
meno si scrive. Allora tutte le volte che l’evangelista ne ha la
possibilità sostituisce il termine Dio con termini che lo raffigurano.
Uno di questi è “ cielo”. Lo facciamo anche noi nella
lingua italiana. Quante volte, nel parlare comune,
diciamo: “grazie
al cielo” e sicuramente non ringraziamo l’atmosfera, ma Dio.
Oppure, in un italiano un po’ più antico, diciamo: “il
ciel non voglia” intendendo dire “Dio non voglia”. “Regno
dei cieli” quindi, nel Vangelo di Matteo è il “regno
di Dio”.
Ma cosa significa questo?
Israele, dopo l’esperienza della monarchia –che
era stata un totale fallimento- aveva proiettato
in Dio l’immagine
ideale del re e, secondo la Bibbia, re ideale è colui che si prende
cura del povero, dell’orfano, della vedova, cioè delle persone
che non hanno nessuno che pensi a loro. Ora possiamo
capire che la beatitudine non è una promessa per il futuro ma è una
proposta per l’immediato. Lo abbiamo visto nell’uso del verbo “è”,
non “sarà”. Gesù si rivolge a una comunità :
il messaggio è per individui ma individui che formano una comunità.
Gesù non è venuto a formare dei santi ma a dare un messaggio che cambi le strutture stesse
della società.
Le società si
basano su tre verbi che portano rivalità e inimicizia.
Questi verbi sono: AVERE, SALIRE, COMANDARE.
Possedere sempre di più per salire al di sopra degli altri e poterli
comandare. Ebbene il Regno che propone Gesù è una società
- dove al posto dell’ ACCUMULO dei beni c’è la gioia
della CONDIVISIONE;
- dove alla bramosia di SALIRE sopra gli altri
c’è la gioia di SCENDERE (che significa non considerare nessuno
inferiore a se stessi)
- e dove al desiderio diCOMANDARE c’è l’esperienza
gioiosa del SERVIRE gli altri. Questo è il Regno di Dio. Un cambio
radicale nei valori che reggono la società.
"... Felici perché?
Perché di questi Dio si prende cura. E’ un cambio
meraviglioso! Se noi ci occupiamo degli altri,
permettiamo a Dio di prendersi cura di noi. Allora
cambia completamente il rapporto con il Signore.
Lo si sente presente nella propria esistenza.
L’unica nostra preoccupazione è prenderci
cura degli altri. Ai nostri bisogni, alle nostre
necessità ci
pensa Dio stesso: ecco la beatitudine!
E’ una proposta tutta a
vantaggio degli uomini perché Gesù non si lascia vincere
in generosità. Ogni volta che trasformiamo l’amore ricevuto
da Dio in amore comunicato agli altri attiriamo
da parte di Dio una risposta ancora più grande e questo è il
fattore di crescita delle persone.
La prima beatitudine è dunque la scelta di essere responsabili
della felicità delle persone.
Chi fa questo , sperimenta un cambio straordinario
nella sua esistenza, si rende conto che Dio si prende
cura come un padre della sua persona, del suo
benessere. Se c’è questa scelta
da parte di una comunità, ecco che Gesù presenta le possibili
conseguenze positive nell’umanità. "
[leggi :
A. Maggi Padre dei poveri . Assisi
2010 ] Gesù proclama beati, felici coloro che liberamente
, in virtù della loro
comunione di Spirito con Dio
( l'accoglienza del suo progetto creativo ), fanno la scelta di sentirsi responsabili
della felicità e del benessere di tutti. Il denaro Il
denaro viene emesso da un poterepolitico-economico che ne garantisce
il valore corrispettivo: funziona per la fiducia
( è vera fede) che le persone danno a chi lo garantisce.
Usare il denaro come corrispettivo di un bene reale significa dare fiducia ( fede ) ad un potere politico-economico che da un momento all'altro può anche fallire lasciando i suoi " fedeli" a mani vuote. La storia anche recente insegna.
Restituite a Cesare [ Matheos-Camacho-Il vangelo
di Matteo-Cittadella-Assisi] Mt 21,15 Allora i farisei se ne andarono e tennero
consiglio per vedere come coglierlo in fallo nei suoi discorsi.
16Mandarono dunque da lui i propri discepoli, con gli erodiani, a dirgli: «Maestro,
sappiamo che sei veritiero e insegni la via di Dio secondo verità.
Tu non hai soggezione di alcuno, perché non guardi in faccia a nessuno.
17Dunque, di' a noi il tuo parere: è lecito, o no, pagare il tributo
a Cesare?».
18Ma Gesù, conoscendo la loro malizia, rispose: «Ipocriti,
perché volete mettermi alla prova? 19Mostratemi la moneta del tributo».
Ed essi gli presentarono un denaro. 20Egli domandò loro: «Questa
immagine e l'iscrizione, di chi sono?». 21Gli risposero: «Di
Cesare». Allora disse loro: «Rendete dunque a Cesare quello che è di
Cesare ( le monete) e a Dio quello che è di Dio ( il Suo popolo ) ». 22A queste parole rimasero meravigliati, lo lasciarono e se ne
andarono.
" Gesù chiede una moneta dell'imperatore
(un denaro) che ne recava l'effige e su cui era scritto
il suo nome. Per comprendere la risposta di Gesù bisogna tener
presente la differenza fra il verbo utilizzato dagli
avversari: « pagare/dare
tributo al Cesare » e quello usato da Gesù: «rendere/restituire al Cesare ciò che è del Cesare ».
L'immagine
e l'iscrizione sulla moneta mostrano chi sia il suo proprietario.
La loro idea di tributo è quella di un furto; propongono di
non pagare il tributo, ma tenendosi il denaro del Cesare. Gesù afferma
che non basta rifiutarsi di pagare il tributo,bisogna uscire
dalla dìpendenza economica rifiutando il denaro del Cesare (« restituite »)
così non lo si riconoscerà come Signore né bisognerà pagargli
il tributo. Quando essi saranno capaci di rinunciare
a tale denaro e alla ricchezza che procura loro, potranno essere fedeli
a Dio, cui debbono rendere il popolo che gli hanno rubato
( restituite a Dio ciò che è di Dio) . E' l'ambizione
dei dirigenti e il loro amore per il denaro a dar luogo al dominio
romano e a creare l'ingiustizia in Israele. Rispetto al Cesare perciò devono
rinunciare al suo denaro, che li mantiene soggetti a lui; rispetto
a Dio, devono rinunciare al dominio sul popolo che tengono assoggettato
con lo sfruttamento economico in nome di Dio.Gesù ha messo in chiaro il loro atteggiamento interiore,
e ha indicato loro un cammino che essi non vogliono seguire." Per entrare nella comunità di
Gesù , è indispensabile rinunciare al denaro come forma che assoggetta ad un
potere , una signoria diversa da quella di Dio. Gesù e l'uso dei beni Alberto Maggi OSM- trascrizione di conferenze non rivista dall'autore
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"Quando Gesù sta andando verso Gerusalemme è seguito da una gran
massa di persone, perché? Per interesse.
Pensano che lui sia il Messia
che sta andando a Gerusalemme per fare un colpo di stato e ad intronizzarsi al
posto dei sommi sacerdoti e dei romani. Quindi lo seguono sperando di spartirsi
il bottino e condividere il potere con lui.
Gesù fa tre tappe prima di
arrivare a Gerusalemme;
1. nella prima dice: a Gerusalemme io dovrò soffrire molto.
E tutta la gente: siamo pronti a soffrire con te!
2. Nella seconda tappa Gesù si ferma e dice: a Gerusalemme sarò messo
a morte. E chi lo segue: siamo pronti a morire con te!
3. Nell'ultima tappa, ormai in vista di Gerusalemme, Gesù dichiara: chi
non lascia tutto quello che ha non mi può seguire! E tutti: ciao
messia, va’ da solo a Gerusalemme, poi ci mandi una cartolina!
Erano pronti a soffrire con Gesù, erano pronti a morire con Gesù,
ma quando si è trattato di toccare il portafoglio.... E' la prova che
c'è qualcosa che non va.
Il termine "mammona", nella radice ebraica, ha lo
stesso significato di una parola conosciutissima che diciamo tante volte nelle
preghiere: "amen". Quando al termine di una preghiera noi pronunciamo
la parola "amen", nella lingua italiana significa "così sia",
cioè qualcosa che è sicuro, che è certo. Ebbene, il termine "mammona",
nella lingua aramaica ed ebraica, significa ciò che è certo,
ciò che da sicurezza, ciò su cui si può contare.
Quindi, "Mamon", "mammona",
definisce tutto quello su cui si può contare. E qual è quella cosa
sulla quale si può contare, che dà fiducia e certezza?L'accumulo
dei beni! Quindi il termine "mammona'' che troviamo nei vangeli significa
la ricchezza, l'accumulo dei beni. Questo termine nei vangeli appare
solo quattro volte, di cui ben tre nel vangelo di Luca.
1-L'elogio dell'imbroglione Tra tutte le parabole di Gesù una non ha mai smesso di sconcertare, di
scandalizzare e di mettere in crisi coloro che devono commentarla, perché in
questa parabola Gesù fa l'elogio di un imbroglione! Questa
parabola la troviamo al capitolo 16 del vangelo di Luca.
Narra di un uomo ricco
che aveva un amministratore, un fattore che fu accusato di sperperare i suoi
averi. Il padrone lo chiamò e gli disse: "Rendimi conto dell'amministrazione,
perché sei licenziato".
Allora il fattore pensò tra sé: "Adesso che il padrone mi
toglie l'amministrazione che faccio? Zappare non ho forza, mendicare mi vergogno,
ma so io quel che devo fare". Il brano continua spiegando che, chiamati
uno per uno i debitori del padrone, disse al primo: "Tu quanto devi al mio
padrone?". Gli rispose: "Cento barili d'olio".
Il fattore continuò: "Devi
cento barili? Scrivi subito con la tua mano nella tua ricevuta cinquanta". Cento barili d'olio erano un capitale, immaginate che corrispondevano a più di
tre anni di paga per un operaio. Ne chiama un altro e domanda: "Tu quanto
devi al padrone?". E questi: "Cento misure di grano". Il fattore: "Prendi
la tua ricevuta e scrivi ottanta'". Cento misure di grano erano circa 260-280
quintali.
Perché il fattore si comporta in questo modo? 4 Perché pensa che,
una volta licenziato, queste persone che lui aveva favorito senz'altro lo avrebbero
preso a lavorare da loro. Gli sarebbero stati riconoscenti per questo enorme
sconto. Quindi, all'imbroglio che aveva già fatto al padrone, aggiunge
pure quest'altro imbroglio! E' sorprendente il finale di questa parabola: "Il
padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito
con scaltrezza".
Quindi Gesù, in questa parabola, mette in bocca al padrone, che pur era
stato imbrogliato, un elogio per questo fattore, perché vedendosi perduto
aveva usato scaltrezza. Gesù conclude: "I figli di questo mondo,
infatti, verso i loro pari, sono più furbi dei figli della luce".
"Fatevi
furbi, guardate la gente come usa la furbizia per i propri interessi, ebbene
fatevi furbi pure voi. State bene? Siete nel benessere? Usate le vostre ricchezze
per fare del bene agli altri perché ne avrete un vantaggio". Quindi, Gesù non prende come modello un imbroglione, ma col criterio di una parabola,
loda la scaltrezza di questo uomo che adopera il denaro per farsi degli amici.
Questa parabola serve a Gesù per introdurre il tema che viene poi e questo è l'insegnamento
che rivolge ai suoi discepoli e quindi a noi credenti di tutti i tempi. "Ebbene io vi dico. procuratevi amici con l'iniqua mammona".Gesù non è contrario al benessere, mai Gesù ha parole
contro il benessere della gente. La volontà di Dio è che l'uomo
stia bene.
Quello che Gesù loda è la furbizia nell'uso dei beni. Vedremo tra poco, continuando l'esposizione, che Gesù vuol mettere in
pratica la volontà di Dio che fin dai primi tempi era stata espressa e.. La volontà di Dio era questa: "Che nel mio popolo nessuno sia
bisognoso".
Questa è la principale volontà di Dio e tutte
le leggi che questo Dio aveva emesso erano per far sì che nessuno nel
suo popolo fosse bisognoso.
Quindi il benessere non è malvisto, il benessere
non è negativo, ma fa parte della volontà di Dio: che
il popolo viva bene, che il popolo sia nel benessere non deve essere visto come
qualcosa da rifiutare, ma un qualcosa da cercare.
Questo è il problema : se il benessere è positivo
lo deve essere per tutti.
Il benessere diventa negativo quando appartiene soltanto
ad una piccola parte della popolazione, mentre la stragrande maggioranza ne è priva. Allora Gesù, in questo insegnamento, dice: "Procuratevi amici con
l'iniqua mammona". All'epoca di Gesù i rabbini distinguevano il mammona (ora non lo chiameremo più mammona, ma useremo il termine "ricchezza" così ci
comprendiamo meglio e non facciamo confusione) tra ricchezza onesta e ricchezza
disonesta. Ebbene . in bocca a Gesù la ricchezza è sempre
disonesta, o meglio, usando un termine più fedele al testo greco, "ingiusta" (ἃδικος) Per Gesù la ricchezza è sempre frutto di ingiustizia, perché in
qualche maniera chi accumula, sottrae agli altri.Ma Gesù - ed è questa la conclusione di questa parabola - propone
di usare i beni che si possiedono per farsi degli amici.
Chi sono questi amici? Coloro che non sono nel benessere.“Procuratevi amici con i beni che avete”,
quindi i capitali che avete, le somme che avete non trattenetele per voi, (vedremo
poi gli effetti nefasti di chi trattiene per sé) ma fatevi degli amici.
Prosegue Gesù: "Perché quand'essa (la ricchezza) verrà a
mancare ( quando morirete) vi accolgano nelle dimore eterne". E' inevitabile che prima o poi, per quanta ricchezza si possa accumulare, la
si dovrà lasciare. Sempre nel vangelo di Luca (12,16-21), che è l'evangelista
che più degli altri ha a cuore questo tema, si trova un passo in cui Gesù parla
di un uomo che ha accumulato tanto nella propria vita. Ad un certo momento questi
si mette a ragionare e pensa: "Cosa farò di tutto questo accumulo?
Ebbene, demolirò i granai che possiedo e ne costruirò di ancora
più grandi".
Semplificando, a quest'uomo che crede di ragionare bene
per la propria vita, Dio stesso dice: "Ma quanto sei scemo! Credi di ragionare,
ma invece sei scemo, stanotte stessa creperai e tutto quello che hai accumulato,
frutto di non pochi sacrifici, frutto di chissà quali ingiustizie, a chi
lo lascerai?".
Gesù ci ricorda che tutto quello che un uomo può accumulare
prima o poi verrà lasciato.
2-Decidersi Queste sono tutte indicazioni utili per poi comprendere meglio la parabola di
Lazzaro e del ricco. Sono tutte anticipazione del tema. Quindi, Gesù non è contrario
al benessere, ma vuole che il benessere sia esteso a tutti. Continua Gesù: "Se
dunque non siete stati fedeli nell'ingiusta ricchezza, chi vi affiderà quella
vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la
vostra?". Soggiunge poi Gesù: "Nessun servo
può seguire due padroni, o odierà uno e amerà l'altro; oppure
si affezionerà ad uno e disprezzerà l'altro. Non
potete servire Dio e mammona, non potete seguire Dio e la ricchezza!".
Povero Gesù, ma quanto era illuso!
I farisei erano amici del denaro e, quando Gesù viene a dire "non
potere mettere la vostra fiducia in Dio e allo stesso tempo metterla nel denaro",
essi, che erano amici del denaro, "ascoltavano tutte queste cose e si beffavano
di lui!". I farisei scoppiano a ridere e si chiedono: "Ma questo Gesù dove
vive?Ma non sa che da sempre religione e denaro sono andati sotto braccio?Ma
Gesù non sa che da sempre la religione ha avuto bisogno del denaro e il
denaro si è fatto scudo e si è appoggiato alla religione? Questo
Gesù è veramente un illuso, perché dice che non si può seguire
Dio e il denaro? Certo che si può servire, si può servire benissimo!".
Sapete perché il tempio di Gerusalemme era la più grande banca
del medio oriente? Perché in quel posto i depositi erano sicuri. Grazie
alla superstizione che aveva la gente, infatti si credeva che all'interno del
tempio di Gerusalemme abitasse Dio stesso, e soprattutto per l'enorme ed ingente
quantitativo di guardie che servivano il tempio, non c'era mai stato un furto.
Per questo motivo i ricchi depositavano i loro averi nel tempio di Gerusalemme.
Quando i romani conquistarono Gerusalemme e distrussero il tempio, il prezzo
dell'oro in tutta la Siria scese di oltre la metà. Quindi, vedete che
Dio e il denaro andavano a braccetto.
I farisei si beffano di Gesù "ma non sa che la religione ha sempre
avuto bisogno del denaro, ha benedetto e giustificato il denaro, e il denaro
si è fatto sempre scudo dell'appoggio della religione?". Forse Gesù non
sapeva che un giorno proprio per mezzo dei suoi credenti lo Spirito Santo, che
significa l'Amore gratuito di Dio, sarebbe diventato il nome di una banca, "Banco
di Santo Spirito"…
A noi non scandalizza, siamo talmente abituati
a vedere nomi di Dio e di santi affibbiati a banche che non ci crea scandalo. Per portare un esempio all'estremo, provate invece ad immaginare il nome della
vergine Maria o di una santa associati ad un postribolo, chiamato con il termine
bordello o casino, cosa ne verrebbe fuori? Ne saremo subito scandalizzati, perché queste
due cose sarebbero nettamente in contrasto e stonerebbero ai nostri orecchi.
Invece, Banco di Santo Spirito per noi va bene e non notiamo nessun contrasto!
Ritornando ai farisei, abbiamo visto che si beffano di Gesù, si prendono
gioco di Lui, le persone religiose, le persone pie sono quelle più capaci
negli affari. Questo all'epoca di Gesù, e forse anche al tempo nostro. L'insegnamento di Gesù è chiaro: mettere la nostra fiducia
in Dio.
Mettere la fiducia in Dio ( invece che nel denaro) non significa impoverirsi, ma aver tanta fiducia
in Lui da capire che se io mi prendo cura dell'altro, avrò la certezza
che Dio si prenderà cura di me.
Gesù non ci chiede di spogliarci, ci chiede di vestire gli altri e io
credo che onestamente e sinceramente ognuno di noi potrebbe vestire qualcun altro
senza bisogno di spogliarsi.Continuando il brano vediamo che la reazione di
Gesù è di una violenza senza pari, infatti dice: "Voi vi ritenete
giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori!". Queste persone che erano molto riverite, queste persone che erano stimate e onorate
vengono messe a nudo da Gesù e fatte vedere nella loro giusta dimensione: "Sembrate
così di fronte agli uomini, ma Dio conosce il vostro cuore".
Il "cuore" nel
mondo ebraico non ha il significato che diamo noi che lo definiamo come la sede
degli affetti, ma significava la "testa", quindi Gesù sta dicendo "Dio
conosce la vostra mente". E continua: "Ciò che è esaltato
tra gli uomini (qui Gesù usa un termine molto forte, abominio) è abominio presso Dio".
Tutta la loro santità, tutta la loro pietà,
tutta la loro apparenza di grande spiritualità è un abominio nei
confronti di Dio, perché non si può servire Dio e allo stesso tempo
servire il denaro. Non si può avere fiducia in Dio e allo stesso tempo
impinguare il conto in banca.3-Il ricco anonimo e il Lazzaro povero Gesù prosegue con una parabola che è molto importante e sulla quale
ci soffermeremo ora in particolare. Va notato che questa parabola Gesù la
propone proprio per i farisei. La parabola che sentiremo è rivolta a coloro
che credono che sia compatibile seguire Dio e il denaro. un uomo ricco :Quando nei vangeli il personaggio non ha nome significa che è un personaggio rappresentativo, che può cioè rappresentare ognuno di noi. Una parabola che è veramente un capolavoro, anche dal punto di vista letterario.
L'evangelista scrive che c'è un uomo ricco e questa persona non ha un nome.
Con
una rapida ed efficace descrizione Gesù traccia la personalità di
quest'uomo che è ricco: "vestiva di porpora e di bisso". Oggi
probabilmente Gesù avrebbe usato l'espressione "vestiva firmato da
capo a piedi" e poi vedremo il perché.
Tutti i giorni questo uomo banchettava lautamente. La descrizione del ricco è tutta
qui.
E' importante questo fatto, perché già dagli altri incontri
abbiamo visto come bisogna leggere il vangelo e come bisogna star attenti ai
titoli che normalmente vengono messi ai brani evangelici.
Il più delle
volte questo brano e intitolato "la parabola del ricco cattivo e di Lazzaro",
ma il ricco non è cattivo, non c'è nessun accenno alla malvagità del
ricco! Se uno pensa che il ricco sia cattivo, si immaginerà che possa
comportarsi in maniera malvagia nei confronti del povero, che quando lo trova
seduto all'ingresso della sua casa lo prenda a calci nel sedere.
Sempre questo titolo potrebbe far intendere che questo ricco sia cattivo e che
normalmente gli altri ricchi siano buoni. Invece no! Non c'è nessuna descrizione
di cattiveria o di malvagità del ricco. Il ricco veste di porpora e di
bisso, cosa significa questa descrizione che dà l'evangelista? Anche oggi,
da un punto di vista della psicologia è molto efficace, perché quest'uomo
in realtà è nudo, quest'uomo è di una profonda miseria e
povertà interiore e ha il bisogno di manifestarsi al di fuori con segni
esteriori.
Questo è stato sempre vero ed è attuale più che mai! Più la
persona è misera dentro e più ha bisogno di apparire al di fuori.
Oggi forse si può vedere l'equivalente descrizione misurata con la cilindrata
delle macchine: più la persona è meschina e più ha bisogno
di possedere una macchina potente e di grossa cilindrata.
La quantità dei
cavalli della cilindrata è in proporzione con la povertà interiore
dell'individuo. Una persona che è povera dentro ha bisogno di apparire
ricca al di fuori e più accessori e più cose esibisce al di fuori
di sé, più queste sono una denuncia della profonda miseria e povertà che
ha dentro. Al contrario, più una persona è ricca dentro e più sarà sempre
semplice ed essenziale al di fuori. Quindi, vedete che l'evangelista Luca e Gesù,
2000 anni fa, erano già dei profondi conoscitori della psicologia delle
persone.
Questa miseria interiore si manifesta nel bisogno di banchettare lautamente tutti
i giorni. Questo ricco ha una grande fame dentro di sé, è quella
fame di pienezza che ogni uomo ha. Ognuno di noi nasce con un desiderio di pienezza,
con una profonda fame e questa fame va saziata; ebbene, il ricco pensa di saziare
questa fame ingurgitando cibi! Non capisce che la sua è una fame interiore
che risiede altrove.
Cambia la scena e ci viene presentato un mendicante, prima un ricco, ora un mendicante.
Ricordo ancora che questa parabola è rivolta ai farisei ed usa categorie
farisaiche; nel mondo ebraico, secondo la tradizione religiosa dove ancora non
era chiaro in concetto della resurrezione e dell'aldilà, si riteneva che
Dio premiasse o castigasse le persone già su questa terra.
Se una persona
si comportava bene Dio la premiava con una moglie feconda, tanti figli, ricchezza
e lunga vita. Queste sono le quattro caratteristiche di chi si comportava bene.
Quindi chi è ricco e ha una moglie che gli mette al mondo tanti figli
e vive a lungo è una persona buona, benedetta da Dio. Al contrario, se
la persona si comporta male Dio renderà sterile la moglie, quindi non
avrà figli, essa vivrà nella povertà e soprattutto morirà presto.
Perciò, una persona castigata da Dio è il povero con una moglie
sterile e la cui esistenza durerà pochi anni. Credendo che la ricchezza
sia una benedizione del Signore, sembra che Gesù ci abbia presentato in
questo ricco che veste splendidamente e banchetta lautamente, una persona benedetta
agli occhi di Dio! Gesù, poi, sembra presentarci un maledetto da Dio,
un castigato da Dio, Lazzaro, un mendicante. Questa persona agli occhi della
gente era veramente un castigato, perché non soltanto era povero, ma la
sua stessa esistenza dipendeva dalla generosità degli altri.
Mentre il ricco non ha nome, non ha identità, il povero la possiede. Lazzaro è un'espressione
ebraica che significa"Dio aiuta" e sarà il significato di tutto
l'insegnamento. Questo è importante, perché è l'unico
personaggio delle parabole di Gesù che ha un nome, non c'è altro
personaggio nei vangeli, protagonista di una parabola, che abbia il nome proprio.
Questo personaggio giaceva sulla porta del ricco "coperto di piaghe".
Ecco perché è povero, adesso lo sappiamo, è un peccatore!
La Bibbia dice che coloro che hanno il corpo coperto da piaghe sono stati castigati
da Dio per i loro peccati. Gesù quindi presenta due tipi di persone:
1. il ricco, benedetto da Dio
2. e l'altro non solo maledetto, ma maledetto in quanto è un peccatore.
Se l'è andata a cercare la propria condizione? Questo povero era bramoso
di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco, ma gli unici che gli
si avvicinano sono esseri ritenuti immondi, i cani.
Nel mondo orientale, ancora oggi, il cane è considerato un animale impuro.
Gli unici che si avvicinano a questo mendicante a questo maledetto da Dio, a
questo castigato dal Signore, sono i cani che vanno a leccargli le piaghe. Nessun
gesto di compassione dal personale della casa e, soprattutto, nessuna reazione
da parte del ricco, non perché fosse malvagio, ma perché il ricco
non se ne accorge! Vedremo che l'accusa che farà poi Gesù al ricco
non è di cattivo comportamento nei confronti del povero, ma di aver vissuto
ad un livello tale da non accorgersi dell'esistenza di questo mendicante.
I ricchi vivono in un loro mondo, vivono in un mondo nel quale raramente si imbattono
nella povertà, vivono nei loro quartieri, frequentano persone del loro
stesso livello, ristoranti esclusivi e non si imbattono mai nella miseria e nella
disperazione degli uomini. Il ricco non è uno che si comporta in maniera
malvagia nei confronti del povero, ma è uno chelo ignora, è il
vero cieco. Ritornando al brano, arriva la morte, infatti un giorno il povero
Lazzaro morì.
All'epoca di Gesù non si credeva nella resurrezione, ma si pensava che
tutti quanti, buoni e cattivi, dopo la morte finissero in una caverna sotterranea
che gli ebrei chiamavano "Sheol", da una radice che significa "quello
che inghiotte", mentre nel mondo greco veniva chiamata "ade",
dal nome di una divinità del mondo della morte .
A volte la traduzione
di questo termine ha portato tanta confusione nella nostra testa, infatti nella
lingua latina si chiamava "inferi" da non confondere assolutamente
con l'inferno! L'inferno non c'è nei vangeli, l'inferno lo hanno inventato
successivamente i cristiani in un eccesso di masochismo o di cattiveria.
Nei vangeli si parla di questa caverna sotterranea che nella lingua latina si
traduce con "inferi", che intende la parte inferiore della terra. Ricordate
il testo del credo dove si dice "morì, discese agli inferi..."?
Magari, più di una volta, ci siamo chiesti cosa sia andato a fare Gesù all'inferno….
Per la mentalità di allora gli inferi erano la dimora dei morti, quindi
tutti, buoni e cattivi, una volta morti scendevano in questa caverna sotterranea.
C'era però una differenza, ( secondo i giudei) nel luogo più profondo, nel luogo più tenebroso
si credeva scendessero i malvagi, mentre in cima, dove si immaginava ci fosse
come una montagna, il luogo più eccelso, più luminoso, andavano
i giusti. Questa ultima parte era chiamata "il seno di Abramo", cioè l'intimità con
Abramo.
Continuando la lettura della parabola vediamo che il povero muore e - cosa ci
dovremo aspettare? - egli è un peccatore, le piaghe lo provano, è stato
maledetto da Dio essendo povero e mendicante, si dovrebbe dedurre che fu sprofondato
nel profondo degli inferi. Invece, che sorpresa, si legge: "un giorno il
povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo".
L'uomo
al quale nessuno si avvicinava perché era un impuro, circondato soltanto
dai cani, esseri immondi come lui, viene adesso avvicinato da quelli che erano
ritenuti gli esseri più vicini a Dio, gli angeli! E dove fu portato? In
alto, nel seno di Abramo!
Qui c'è qualcosa che non quadra, ma le sorprese non sono finite perché morì anche
il ricco e Gesù lo liquida con una parola "e fu sepolto": il
termine greco fa capire che ha avuto delle grandi onoranze funebri
e una bellissima tomba. Se era ricco era benedetto da Dio, quindi dovrebbe essere
anche lui nel seno di Abramo! Invece no! "Stava negli inferi", cioè nel
posto più profondo di questa caverna sotterranea, tra i tormenti.
Vedete come Gesù ha rovesciato la mentalità ebraica! Non è vero
che il ricco è un benedetto da Dio, in realtà è un maledetto perché non ha usato la sua ricchezza per farsi degli amici che lo accogliessero
se fosse diventato povero Ora, stando nel profondo di questa caverna sotterranea tra i tormenti: "Il
ricco levò gli occhi e vide da lontano Abramo e accanto a lui Lazzaro.
Allora, gridando disse: Padre Abramo". Il fatto che ora il ricco chiami
Abramo con l'appellativo di padre, significa che lui e Lazzaro sono fratelli; finalmente il ricco scorge nel povero Lazzaro un fratello, anche se adesso di lui non
ha bisogno per il suo interesse.
Ma non si può cambiare all'ultimo momento,
una conversione all'ultimo momento non porta gli effetti voluti.
Il ricco è l'individuo che per la sua mentalità, per la sua abitudine,
per la vita che ha tenuto, pensa che tutto gli sia dovuto. Quindi, anche nell'aldilà,
stando tra i tormenti, cosa fa? Vedendo Lazzaro dice: "Padre Abramo,
mostrami pietà e comanda a Lazzaro!".
Parla all'imperativo,
non supplica, continua ancora a comandare, non capisce che ormai la sua esistenza è finita.
Continua: "Manda Lazzaro a intingere nell'acqua la punta del dito e
bagnarmi la lingua perché questa fiamma mi tortura". Quindi, comanda ancora di usare Lazzaro per i suoi scopi e per il suo interesse.
Pur in mezzo ai tormenti, pur stando nell'aldilà non ha capito assolutamente
niente. Abramo gli risponde che non è possibile, gli dice che tra il povero
Lazzaro e lui c'è un abisso invalicabile e incolmabile. Qual è questo
abisso? E' lo stesso che esisteva in terra. Sulla terra il ricco non aveva scorto
l'esistenza del mendicante pur stando a pochi metri di distanza, infatti, uno
banchettava nella sala da pranzo, mentre l'altro mendicava fuori dalla sua villa insieme con i cani.
Nonostante fossero solo pochi metri c'era una distanza abissale. Abramo fa notare
che la stessa lontananza di allora c'è anche adesso, per cui è impossibile
che si trovino. Non è facile, però, cambiare la mentalità del ricco, infatti
ora chiede di mandare Lazzaro ad avvertire..., chi? Ci aspetteremmo dicesse di
avvertire il popolo, affinché non commetta il suo stesso errore e capisca
che la ricchezza non va usata soltanto per sé, ma condivisa con gli altri,
ma niente da fare! Il ricco è tale perché in lui non c'è traccia
di generosità. Se i ricchi fossero generosi non sarebbero più ricchi. Il ricco è tale perché è egoista e anche dalla sua triste
posizione nell'aldilà comanda di mandare Lazzaro alla sua famiglia. Non
dice di mandarlo nel paese dove abitava ad avvisare tutto il popolo, ma continua
soltanto a pensare egoisticamente nei termini ristretti del proprio interesse.
Dice: "Ho cinque fratelli affinché li ammonisca". Abramo risponde: "Hanno
Mosè, hanno i profeti, se non hanno ascoltato loro non ascolteranno neanche
se uno resuscitasse dai morti".
Perché queste parole? Perché Mosè è colui
che ha trascritto la legge e nella legge era ben chiara la volontà di
Dio e cioè "che nessuno tra la mia gente sia bisognosa".
Quindi, Mosè ha già indicato loro quello che devono fare e anche
i profeti sono stati una continua denuncia contro l'accumulo dei beni e un continuo
richiamo a favore dei poveri. Ma non hanno ascoltato né Mosè né i
profeti e non capiranno neanche se uno resuscitasse dai morti.
Siamo nel vangelo di Luca dove ( il contesto) è possibile sperimentare Gesù resuscitato
soltanto al momento dello spezzare il pane. Lo spezzare il pane significa dire: "Guarda,
quello che possiedo non lo tengo soltanto per me, ma lo condivido con te!".
Soltanto in questo momento si sperimenta che Gesù è resuscitato! Gesù insegna che il ricco - il ricco è figura dei farisei - non
sarà mai capace di sperimentare Gesù resuscitato, perché mai
sarà capace di condividere quello che ha con chi è nel bisogno.
Non solo in questa parabola, ma tutto l'insegnamento di Gesù è a
favore della condivisione dei beni. Cancella i nostri debiti"rimetti, cioè cancella i nostri debiti, come noi li cancelliamo ai nostri debitori".Nel popolo di Israele si viveva una profonda ingiustizia; poche persone detenevano
una grande quantità di terra e la maggioranza ne era priva, allora si
sperava che con l'avvento del messia si sarebbe ristabilita la giustizia.
E'
quello che Gesù tenta di fare. Nel vangelo di Luca, nella prima predica
che Gesù fa a Nazaret, dice: "Sono venuto a proclamare l'anno
di grazia del Signore".
(//Matteo 13,53-58; Marco 6,1-6) Lc 4,16Poi Gesù andò a Nàzaret, il villaggio nel quale era cresciuto. Era sabato, il giorno del riposo. Come al solito Gesù entrò nella sinagoga e si alzò per fare la lettura della Bibbia. 17Gli diedero il libro del profeta Isaia ed egli, aprendolo, trovò questa profezia: 18Il Signore ha mandato il suo Spirito su di me. Egli mi ha scelto per portare il lieto messaggio ai poveri. Mi ha mandato per proclamare la liberazione ai prigionieri e il dono della vista ai ciechi, per liberare gli oppressi, 19per annunziare il tempo nel quale il Signore sarà favorevole. 20Quando ebbe finito di leggere, Gesù chiuse il libro, lo restituì all’inserviente e si sedette. La gente che era nella sinagoga teneva gli occhi fissi su Gesù. 21Allora egli cominciò a dire: «Oggi per voi che mi ascoltate si realizza questa profezia». L'anno di grazia del Signore era un
giubileo
, che includeva la remissione dei debiti. Levitico 25:8-13... , la celebrazione di quest'anno comportava, tra l'altro, la restituzione delle terre agli antichi proprietari, la remissione dei debiti, la liberazione di schiavi e prigionieri, il riposo della terra, e la misericordia divina particolarmente manifesta.
Credete che lo abbiano applaudito? Lo hanno preso a calci nel sedere, lo hanno
buttato fuori dalla sinagoga e lo hanno condotto - dice l'evangelista - sul ciglio
del burrone, dove la loro città era situata, per gettarlo giù.
Perché questo atteggiamento? Perché Gesù, dopo aver detto
che era venuto a proclamare l'anno della grazia, cioè l'anno della remissione
dei debiti, dice: "Oggi si realizza questa profezia!". Fintanto che
la profezia era una speranza per un tempo abbastanza lontano andava bene, ma
che Gesù venisse a dire che oggi stesso i debiti dovevano essere cancellati era
troppo!
Caro Gesù, questi discorsi vai a farli da un'altra parte! E Gesù lo
farà nel Padrenostro. Nel
Padre nostro
una delle richieste, purtroppo malamente compresa, perché identificata
con il perdono dei peccati, in Luca è "rimetti, cioè cancella i nostri
debiti, come noi li cancelliamo ai nostri debitori".
In questa richiesta al Padre non si sta parlando di perdono dei peccati ...( TILC Mt 6, 12Perdona le nostre offese come anche noi perdoniamo a chi ci ha offeso.), .. ma di debiti; quello che nella legislazione
di Mosè doveva accadere ogni sette anni , per Gesù deve essere la
pratica quotidiana che distingue la comunità dei credenti. Una comunità alla quale Gesù ha proposto la prima beatitudine.E'
terribile vedere come le beatitudini di Gesù, in particolare la prima,
siano delle situazioni temute da tutti. Non si trovano persone che pregano affinché poter
vivere la prima beatitudine: "Beati i poveri perché di essi è il
regno dei cieli". Questa beatitudine non significa andarsi ad aggiungere ai tanti poveri
che la società ha creato! Gesù non vuole che noi diventiamo poveri,
ma vuole che noi eliminiamo la povertà!
Vuole che i "poveri per lo
Spirito" ( Mt 6) , cioè tali per una decisione volontaria, eliminino la radice
dell'ingiustizia e abbassino il proprio livello di vita per permettere ad altri
di innalzarlo; questi sono beati perché Dio si prende cura di loro.
Allora, alla comunità che ha fatto la scelta di sentirsi responsabile
della felicità degli altri, Gesù propone, in una preghiera, il
pegno della cancellazione immediata e quotidiana dei debiti.
La comunità cristiana
non può essere una comunità di debitori e di creditori! Anche questo
- voi lo capite - è un messaggio troppo forte per cui è stato "spiritualizzato".
L'interpretazione che è stata data alla frase "rimetti a noi i nostri
debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori" è stata quella
del perdono delle colpe. E' più facile perdonare un'offesa, anche
se è difficile perdonare, piuttosto che cancellare un debito. Ma perché Gesù ha così a cuore questo fatto della
ricchezza? Perché la ricchezza è l'inganno che usa la società per
rendere le persone sue schiave. 4-Un tale ( nobile, giovane ) ricco Matteo scrive il suo Vangelo per
una comunità di
ebrei anche ricchi e potenti che erano divenuti cristiani avendo accolto Gesù : per questo parla dell'uomo ricco che vuole guadagnare la VITA eterna. (//Matteo 19,16-30; Marco 10,17-31)
Terminiamo con un episodio emblematico che è presente in tutti e tre i
vangeli sinottici: l'episodio del ricco. C'è un tale che si avvicina a
Gesù "pieno di angoscia" e poi capiremo il perché di
questa suo stato. Si mette in ginocchio davanti a Gesù e Gesù gli
domanda cosa volesse. Questo individuo è angosciato perché vuole
sapere cosa deve fare per essere sicuro di avere la VITA eterna.
E' strano, nei
vangeli si nota che le uniche persone preoccupate per la VITA eterna sono sempre
le persone che stanno molto bene in questo mondo. Esse, infatti, temono il rischio
di non poter star bene pure nell'aldilà a causa di qualche inavvertenza
o qualche inadempienza religiosa.
Lc 18,18Uno dei capi domandò un giorno a Gesù: — Maestro buono, che cosa devo fare per ottenere la VITA eterna? 19Gesù gli rispose: — Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, tranne Dio! 20 I comandamenti li conosci: Non commettere adulterio, non uccidere, non rubare, non dire il falso contro nessuno, rispetta tuo padre e tua madre! 21Ma quell’uomo disse: — Fin da giovane io ho ubbidito a tutti questi comandamenti. 22Gesù lo ascoltò, poi gli disse: — Ancora una cosa ti manca: vendi tutto quel che possiedi e i soldi che ricavi distribuiscili ai poveri. Allora avrai un tesoro in cielo. Poi vieni e seguimi! 23Ma quell’uomo, udita la proposta di Gesù, diventò molto triste. Era troppo ricco. 24Gesù notò la sua tristezza e disse: «Com’è difficile per quelli che sono ricchi entrare nel regno di Dio! 25Se è difficile che un cammello passi attraverso la cruna di un ago, è ancor più difficile che un ricco possa entrare nel regno di Dio». 26Quelli che lo ascoltavano domandarono a Gesù: — Ma allora chi potrà mai salvarsi? 27Gesù rispose: — Ciò che è impossibile agli uomini è possibile a Dio. 28Allora Pietro gli disse: — E noi? Noi abbiamo abbandonato tutto quel che avevamo per venire con te. 29Gesù si volse ai discepoli e rispose: — Io vi assicuro che se qualcuno ha abbandonato casa, moglie, fratelli, genitori e figli… per il regno di Dio, 30costui riceverà molto di più già in questa vita, e nel mondo futuro riceverà la VITA eterna.
Il ricco chiede a Gesù: "Cosa
devo fare per avere la VITA eterna?". Gesù gli domanda per quale
motivo lo chieda proprio a lui, avendo egli già Mosè: "Osserva
i comandamenti!". Costui continua domandando: "Quali?".
Sapete che i comandamenti erano rappresentati con due tavole: una che rappresentava
gli obblighi nei confronti di Dio, i primi tre comandamenti, e l'altra gli obblighi
nei confronti degli uomini, gli altri sette comandamenti. Qui Gesù, con
un'audacia che era un'autentica bestemmia per la mentalità ebraica, elimina
la prima tavola, cioè i comandamenti nei confronti di Dio ed elenca gli
altri.
Per aver la VITA eterna non importa come ci si sia comportati nei confronti
di Dio, ma è importante non causare le situazioni di ingiustizia presenti
nella seconda tavola. Tra l'altro, nel vangelo di Marco, Gesù aggiunge
alla lista: "non imbrogliare", perché, lo verremo a sapere tra
poco, questo individuo è ricco e chi è ricco in qualche maniera
ha imbrogliato, se non ha imbrogliato lui è stato il padre, se non ha
imbrogliato il padre sarà stato il nonno. Alla base delle grandi ricchezze
c'è sempre l'ingiustizia. L'individuo si rasserena, sentendo questa risposta, perché risponde a
Gesù: "Io tutto questo lo ho praticato da sempre". Allora, Gesù gli
disse: "Se vuoi essere perfetto vendi tutto quello che hai e dallo ai poveri
e avrai un tesoro nel cielo, poi vieni e seguimi!" Il termine "perfetto" significa "completo",
letteralmente "maturo". Il soggetto, nel vangelo di Matteo, è rappresentato come un giovanetto,
che indica una persona di età compresa tra i diciotto e vent'anni, dopo
di questa età si entrava nella maturità fino ai quarant'anni. Quindi... c'è un individuo - e qui sta la denuncia che ci presenta l'evangelista
- che né la religione, né la ricchezza avevano reso una persona
matura, era rimasto un immaturo .
( Il tale non ha nome proprio : rappresenta tutti coloro che sono molto religiosi e sono sempre preoccupati di essere a posto con Dio cioè di aver osservato tutti i precetti religiosi ma sono anche angosciati dal dubbio che ci sia ancora qualcosa " da fare" per meritare la VITA eterna. N.d.r.) Allora Gesù gli dice:
se vuoi crescere, se vuoi diventare maturo, sbarazzati
di tutto quello che hai, vieni e seguimi
.Seguire Gesù non significa andare
a fare il morto di fame, andarsi ad aggiungere ai poveri di questo mondo, ma
significa essere persone che hanno tanta fiducia in Dio da sentirsi responsabili
della felicità e del benessere economico degli altri. Ebbene, se questa
persona prima era angosciata ora, termina la narrazione, è rattristata: "Se
ne andò via rattristato perché aveva molte ricchezze". Chi
rimane nella ricchezza rimane una persona immatura! Perché questa immaturità?Per Gesù, il criterio per misurare il valore di una persona non sta nella
sua spiritualità, nella sua vita religiosa o nelle pratiche di pietà,
ma nella sua generosità, perché quest'ultimo è un atteggiamento
che tutti possono avere. Quando Gesù nel vangelo afferma: "se il tuo occhio è limpido
tutto il tuo corpo, tutta la tua vita sarà nello splendore, ma se il tuo
occhio è cattivo tutta la tua vita sarà nelle tenebre", a
cosa si riferisce? Nel mondo ebraico per indicare generosità e avarizia,
si usava l'espressione "occhio limpido e occhio cattivo".
L'occhio cattivo era sinonimo di avarizia.
Perché gli ebrei parlavano
di occhio cattivo? Perché l'avaro ha sempre l'occhio sospettoso. Se avete la possibilità di conoscere una persona avara, guardatela negli
occhi! Vi guarda sempre con sospetto! Se voi le fate un sorriso e le dite "buon
giorno", non si rallegra, ma pensa: "Oh Dio, quello mi ha sorriso,
cosa vorrà da me? E perché mi ha detto buongiorno?"... se
le chiedete come sta la fate prendere dal panico! "Perché mi ha chiesto
come sto? Forse aspetta che muoia per avere i miei beni?".
Quindi, l'avaro è la
persona che vive continuamente sospettoso nei confronti degli altri e se gli
si usa una gentilezza è come se gli si facesse una cattiveria, perché vede
tutto come un attentato alla sua sicurezza! L'avaro è sempre sospettoso, da qui l'occhio cattivo, mentre la persona
generosa ha l'occhio luminoso, l'occhio splendente. Per Gesù se la persona è generosa,
lo diciamo anche noi nella nostra lingua italiana, è una persona splendida. Una persona è splendida quando si interessa degli altri, quando vive per
gli altri, è questo il criterio che Gesù applica per stimare il
valore delle persone!
°°°
E' un criterio che, modernamente, potremmo definire di grande democrazia, perché generosi
lo possiamo essere tutti! La generosità non dipende dal titolo di studio
che uno ha e neanche dalle possibilità o dalle capacità che possiede,
essere generosi è possibile a tutti, meno che ad una categoria, quella
del ricco. Il ricco non potrà mai essere generoso, perché se diventa
tale non potrà più essere ricco.
L'insegnamento di Gesù è molto
radicale, anche se si è cercato poi di attenuarlo, dice: "E' più facile
che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno di
Dio". Cosa vuol dire questo passo?
Il regno di Dio è il regno dove tutti sono signori! Gesù è il Signore e questa sua prerogativa viene da Lui comunicata a tutti: ognuno di noi è chiamato ad essere signore!
Il regno di Dio è un regno di "signori", ma non di ricchi. Qual è la differenza tra
il ricco e il signore? Mentre il ricco è colui che ha, il signore è colui
che DA'!
Gesù è il Signore perché tutto quello che
era e tutto quello che aveva ce lo ha dato e ognuno di noi può essere
un signore( ... DANDO) Anche se una persona si trova in condizioni economiche di indigenza, anche se
una persona si trova in condizioni fisiche precarie e di grande difficoltà può essere
un gran signore, perché può dare e può dare in tante maniere. Nella comunità di Gesù c'è posto per i signori, ma non per
i ricchi, il criterio di valutazione è la generosità!I 4 terreni Conoscete tutti la parabola dei quattro terreni, col la quale terminiamo questa
nostra esposizione. Ci sono quattro terreni sui quali il seminatore semina, su
tre fiasco completo! Il primo perché si seminava per strada, il terreno
era troppo duro e vuol rappresentare le persone ambiziose che sono refrattarie
all'insegnamento di Gesù.
Nel secondo terreno c'erano le pietre e il sole,
che è fattore di vita per le piante, quando la pianticella nasce la secca
perché questa non ha messo radici; rappresenta gli incostanti, quelle
persone che solo per un po' di tempo si appassionano a Gesù.
La più tragica è la
terza categoria, perché il terreno qui è buono! Il seme una volta
caduto nel terreno ha trovato le condizioni ambientali favorevoli: buona terra,
umidità, comincia a spuntare e mette subito radici. Assieme alla pianta,
però, senza accorgersene, crescono le erbacce e le spine. Queste crescono
talmente fino ad arrivare a soffocare la pianta e questa pianta che poteva portare
frutto non ci riesce e muore.
E' Gesù stesso che ci dà la spiegazione di questo terzo terreno
e rappresenta in esso le persone in continua preoccupazione economica che vedono
nell'accumulo dei beni la soluzione della loro situazione, ma una volta raggiunta
la soluzione nascono nuovi desideri, nuove ambizioni che li fanno di nuovo tornare
in condizione di preoccupazione economica dove l'unica soluzione che intravedono
per risolvere i loro problemi è appunto quella dell'aumento continuo dei
loro beni. E' un circolo vizioso!
Cosa pensa questa categoria di persone?
"lo credo che se potessi avere un aumento di stipendio, se potessi avere
un colpo di fortuna in borsa o una vincita alla lotteria, finalmente appagherei
i miei desideri, tutti quei desideri che non posso realizzare perché non
ho le possibilità economiche necessarie"
Quindi spera ardentemente
di poterli realizzare. Arriva l'aumento di stipendio, arriva il colpo all'enalotto
o in borsa e realizza questi desideri, è appagata questa categoria di
persone? No! Perché immediatamente nascono nuove ambizioni, nascono nuove
illusioni che fanno di nuovo tornare in una situazione di preoccupazione economica!
Questo lo possiamo toccare con mano nell'esperienza e nella pratica quotidiana! Quante famiglie si trovano in condizioni economiche precarie perché devono
pagare il mutuo della casa; quando finalmente hanno pagato la casa, credete che
stiano bene? No, perché ci vorrebbe una casetta al mare per i bambini
e per la suocera e allora eccoli di nuovo con tante preoccupazioni economiche
per farsi la casa al mare. Fatta la casa al mare ci vuole quella in montagna. Cosa vuole insegnare Gesù? Che bisogna saper indicare un orizzonte ( di benessere oltre il quale c'è il superfluo) davanti
a noi.
Coloro che non mettono un freno al loro tenore di vita, al proprio livello
di vita, (ripeto non che Gesù voglia dei miserabili, anzi ci vuole nel
benessere) si troveranno sempre in condizioni economiche precarie e più possederanno,
più spereranno di possedere. Una persona a cui manca sempre qualcosa per
essere contenta, come si può preoccupare della felicità degli altri? E' talmente presa dalla propria ricerca di benessere da non potersi mai occupare
e preoccupare degli altri! "Io farei tanto del bene, ma adesso ho questo
obiettivo da raggiungere e non posso, però quando lo avrò realizzato
ci penserò io!". Quando lo realizzerà, dopo qualche mese,
nasceranno nuove ambizioni! Allora, Gesù ci dice che il criterio che fa
crescere la persona è la generosità! ( il DARE) L'ultimo terreno, quello sgombro, rappresenta la persona che, libera da ogni
vincolo, cresce e sviluppa frutto: il trenta, il sessanta, il cento per cento La generosità conduce le persone a una pienezza infinita perché Dio,
che è partecipe in questo gioco, in questa gara, non si lascia vincere
in generosità.
Quello che noi diamo agli altri ci viene prontamente restituito, ma con un'aggiunta di pienezza di vita, perché Dio regala vita a chi produce vita.C'è scritto poi, nel vangelo di Giovanni, che
Dio dona lo Spirito senza misura, la misura la mettiamo sempre noi! Lo Spirito è la
capacità d'Amore che Dio DA'. Quindi, a chi produce sarà dato,
e viene dato con un'abbondanza tale che ci permette di poter produrre ancora
di più, invece a chi non produce verrà tolto, sottratto anche quello
che crede di avere ... a chi produce Amore, viene data ancora più grande
capacità d'Amare, ma quelli che non producono Amore devono stare attenti,
perché, nel momento del bisogno, si troveranno svuotati // e incapaci di
poterlo donare. Ogni volta che noi trasformiamo la nostra vita in aumentato Amore, servizio
e interesse verso gli altri, permettiamo a Dio di comunicarcelo ancora di più.
Questa è la crescita dell'
UOMO
...."Papa Francesco: «Se la ricchezza non è condivisa genera
corruzione»di Alessandro De Carolis-Omelia messa S.Marta - 25/05/2015
10:19 http://it.radiovaticana.va/
" Il cammello e la cruna dell’ago, ovvero come l’“entusiasmo” per Cristo possa
trasformarsi in pochi istanti in “tristezza e chiusura in se stesso”. La
scena che Papa Francesco commenta all’omelia è tra le più famose del Vangelo.
Il giovane ricco incontra Gesù, chiede di seguirlo, gli assicura di vivere
da sempre i comandamenti, ma poi cambia del tutto umore e atteggiamento quando
il Maestro gli comunica l’ultimo passo da compiere, la “cosa sola” che manca:
vendere i beni, darli ai poveri e a quel punto mettersi alla sua sequela.
Di colpo, “la gioia e la speranza” in quel giovane ricco svaniscono, perché
lui, a quella sua ricchezza, non vuole rinunciare:
“L’attaccamento alle ricchezze è l’inizio di ogni genere di corruzione,
dappertutto: corruzione personale, corruzione negli affari, anche la piccola
corruzione commerciale, di quelli che tolgono 50 grammi al peso giusto, corruzione
politica, corruzione nell’educazione… Perché? Perché quelli che vivono attaccati
al proprio potere, alle proprie ricchezze, si credono nel paradiso. Sono
chiusi, non hanno orizzonte, non hanno speranza. Alla fine dovranno lasciare
tutto”.
“C’è un mistero nel possesso della ricchezze”, osserva Francesco.
“Le ricchezze hanno la capacità di sedurre, di portarci
a una seduzione e farci credere che noi stiamo in un paradiso terrestre”. Invece, afferma
il Papa, quel paradiso terrestre è un luogo senza “orizzonte”, simile a
quel quartiere che Francesco ricorda di aver visto negli anni Settanta,
abitato da gente benestante che ne aveva munito i confini per difendersi
dai ladri:
“E vivere senza orizzonte è una vita sterile, vivere senza speranza è una
vita triste. L’attaccamento alle ricchezze ci dà tristezza e ci fa sterili.
Dico ‘attaccamento’, non dico ‘amministrare bene le ricchezze’, perché le
ricchezze sono per il bene comune, per tutti. E se il Signore a una persona
gliene dà è perché li faccia per il bene di tutti, non per se stesso, non
perché le chiuda nel suo cuore, che poi con questo diventa corrotto e triste”.
Le ricchezze prive di generosità, insiste Papa Francesco,
“ci fanno credere che siamo potenti, come Dio. E alla fine ci tolgono il
meglio, la speranza”. Ma Gesù, conclude, indica nel Vangelo quale sia la giusta
modalità per vivere un’abbondanza di beni:
“La prima Beatitudine: ‘Beati i poveri in spirito’, cioè spogliarsi di questo
attaccamento e fare che le ricchezze che il Signore gli ha dato a lui siano
per il bene comune. L’unica maniera. Aprire la mano, aprire il cuore, aprire
l’orizzonte. Ma se tu hai la mano chiusa, hai il cuore chiuso come quell’uomo
che faceva i banchetti e indossava vesti lussuose, non hai orizzonti, non
vedi gli altri che hanno bisogno e finirai come quell’uomo: lontano da Dio”. Papa Francesco Omelia messa s.marta 19-6-2015
"Le ricchezze che contano sono quello riconosciute dalla «borsa del cielo».
E non coincidono con le logiche avide degli uomini, destinate a esser preda
di «tarma e ruggine» ma anche a scatenare guerre.
Così il vero segreto è
comportarsi da amministratori autentici che mettono tutti i beni «al servizio
degli altri». «nella radice di questo atteggiamento c’è la voglia di sicurezza». Come
a dire «io voglio essere sicuro e, per questo, ho questo risparmio».
Però «le ricchezze non sono come una statua, non sono ferme:
le ricchezze hanno la tendenza a crescere, a muoversi, a prendere il posto
nella vita e nel cuore dell’uomo». E «così quell’uomo
che, per non diventare schiavo di una povertà, accumula ricchezze finisce
schiavo delle ricchezze».
Ecco, allora, il consiglio di Gesù: «Non accumulate
per voi tesori sulla terra». Del resto, ha aggiunto il Papa, «le ricchezze invadono anche il cuore,
s’impadroniscono del cuore e corrompono il cuore. E quell’uomo finisce corrotto
per questo atteggiamento di accumulare ricchezze».
Francesco ha quindi ricordato che «Gesù, in un’altra
catechesi sullo stesso tema, sullo stesso argomento, parlava di quell’uomo
che aveva avuto un buon raccolto di grano e pensava: ma cosa farò adesso?
Distruggerò i miei magazzini e ne farò altri più grandi». Ma il Signore dice:
«Stolto, morirai questa notte». E «questo — ha spiegato il Papa — è un secondo tratto
di questa abitudine: l’uomo che accumula ricchezze non si accorge che dovrà
lasciarle».
Nel passo evangelico odierno, «Gesù parla delle tarme e della
ruggine: ma quali sono? C’è la distruzione del cuore, la corruzione del cuore
e anche la distruzione delle famiglie».«È vero, se noi sentiamo le persone che sono in questo atteggiamento
di accumulare ricchezze, loro “accantoneranno” tante scuse per giustificarsi,
tante!».
Però «alla fine queste ricchezze non danno la sicurezza
per sempre. Anzi, ti portano giù nella tua dignità». E questo vale anche «in
famiglia»: tante famiglie si dividono proprio per le ricchezze.
Di più: «Anche nella radice delle guerre c’è quest’ambizione
che distrugge, corrompe» ha fatto presente il Papa.
Difatti «in questo mondo,
in questo momento, ci si sono tante guerre per avidità di potere, di ricchezze».
Ma «si può pensare alla guerra nel nostro cuore: “Tenetevi lontano da ogni
cupidigia!” dice il Signore».
Perché «la cupidigia va avanti, va avanti,
va avanti: è uno scalino, apre la porta, poi viene la vanità — credersi importanti,
credersi potenti — e, alla fine, l’orgoglio». E «da lì tutti i vizi, tutti:
sono scalini, ma il primo è la cupidigia, la voglia di accumulare ricchezze».
Francesco ha quindi ricordato «un detto molto bello: il diavolo
entra per i portafogli» oppure «entra per le tasche, è lo stesso: questa
è l’entrata del diavolo e da lì a tutti i vizi, a queste sicurezze non sicure».
E «questa — ha spiegato il Papa — è proprio la corruzione, è la tarma e la
ruggine che ci porta avanti». Del resto «accumulare è proprio una qualità
dell’uomo: fare le cose e dominare il mondo è anche una missione».
Ma «cosa
devo accumulare io?». La risposta di Gesù, nel Vangelo di oggi, è chiara:
«Accumulate invece per voi tesori in cielo, dove non ci sono i ladri, dove
non si ruba, dove non c’è tarma e ruggine». Proprio «questa è la lotta di
ogni giorno: come gestire bene le ricchezze della terra perché siano orientate
al cielo e diventino ricchezze del cielo».
«Quando il Signore benedice una persona con le ricchezze — ha
affermato Francesco — lo fa amministratore di quelle ricchezze per il bene
comune e per il bene di tutto» e «non per il proprio bene». Ma «non è facile
diventare un onesto amministratore, perché c’è sempre la tentazione della
cupidigia, del diventare importante: il mondo t’insegna questo e ci porta
per questa strada».
Si deve invece «pensare agli altri, pensare che quello che io
ho è al servizio degli altri e che nessuna cosa che ho la potrò portare con
me». E «se io uso quello che il Signore mi ha dato per il bene comune, come
amministratore, questo mi santifica, mi farà santo». Però «non è facile»
ha riconosciuto ancora il Papa. Così «tutti i giorni dobbiamo essere nel
nostro cuore per domandarci: dov’è il tuo tesoro? Nelle ricchezze o in questa
amministrazione, in questo servizio per il bene comune?». Perciò «quando un ricco vede che il suo tesoro è amministrato
per il bene comune, e lui nel suo cuore e nella sua vita vive semplicemente,
come se fosse povero: quell’uomo è santo, quell’uomo va sulla strada della
santità, perché le sue ricchezze sono per tutti». Ma «è difficile, è come
giocare col fuoco» ha aggiunto il Pontefice. Per questo motivo «tanti tranquillizzano
la propria coscienza con l’elemosina e danno quello che avanza loro».
Però
«quello non è l’amministratore: l’amministratore prende per sé per quello
che avanza e dà agli altri, in servizio, tutto». Infatti «amministrare la
ricchezza è uno spogliarsi continuamente del proprio interesse e non pensare
che queste ricchezze ci daranno salvezza». Dunque «accumulare sì va bene,
tesori sì va bene, ma quelli che hanno prezzo — diciamo così — nella “borsa
del cielo”: lì, accumulare lì!».
Del resto, ha spiegato il Papa, «il Signore nella sua vita ha
vissuto come un povero, ma quanta ricchezza!». Paolo stesso, ha proseguito
Francesco riferendosi al prima lettura (2 Corinzi 11.18, 21-30), «ha vissuto
come un povero e di che cosa si vantava? Della propria debolezza».
«... nella celebrazione dell’Eucaristia il Signore che è tanto ricco — tanto
ricco! — si è fatto povero per arricchirci». Proprio «con la sua povertà
ci insegni questa strada del non accumulare ricchezza sulla terra, perché
corrompono». E, «quando le abbiamo, a usarle, come amministratore, al servizio
degli altri». top
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