Piccolo Corso Biblico

         


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“Giudicare e condannare il fratello che pecca è sbagliato”. Papa Francesco . Fonte : 21-09-2016 lanuovabq.it

 “Non abbiamo il potere di condannare il nostro fratello che sbaglia, non siamo al di sopra di lui”, ha ammonito Francesco: “Abbiamo piuttosto il dovere di recuperarlo alla dignità  di figlio del Padre e di accompagnarlo nel suo cammino di conversione”. 

Di seguito una sintesi delle parole del Papa pubblicata da Radio Vaticana:

“Abbiamo ascoltato il brano del Vangelo di Luca (6,36-38) da cui è tratto il motto di questo Anno Santo straordinario: Misericordiosi come il Padre. L’espressione completa è: «Siate misericordiosi come il Padre vostro è misericordioso» (v. 36). Non si tratta di uno slogan ad effetto, ma di un impegno di vita.

Per comprendere bene questa espressione, possiamo confrontarla con quella parallela del Vangelo di Matteo, dove Gesù dice: «Voi dunque siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (5,48). Nel cosiddetto discorso della montagna, che si apre con le Beatitudini, il Signore insegna che la perfezione consiste nell’amore, compimento di tutti i precetti della Legge.

In questa stessa prospettiva, san Luca esplicita che la perfezione è l’amore misericordioso: essere perfetti significa essere misericordiosi.

Una persona che non è misericordiosa è perfetta? No! Una persona che non è misericordiosa è buona? No! La bontà  e la perfezione si radicano sulla misericordia.
Certo, Dio è perfetto. Tuttavia, se lo consideriamo così, diventa impossibile per gli uomini tendere a quella assoluta perfezione. Invece, averlo dinanzi agli occhi come misericordioso, ci permette di comprendere meglio in che cosa consiste la sua perfezione e ci sprona ad essere come Lui pieni di amore, di compassione, di misericordia.

Ma mi domando: le parole di Gesù sono realistiche? àˆ davvero possibile amare come ama Dio ed essere misericordiosi come Lui? Se guardiamo la storia della salvezza, vediamo che tutta la rivelazione di Dio è un incessante e instancabile amore per gli uomini: Dio è come un padre o come una madre che ama di insondabile amore e lo riversa con abbondanza su ogni creatura.

La morte di Gesù in croce è il culmine della storia d’amore di Dio con l’uomo. Un amore talmente grande che solo Dio lo puಠrealizzare. àˆ evidente che, rapportato a questo amore che non ha misura, il nostro amore sempre sarà  in difetto. Ma quando Gesù ci chiede di essere misericordiosi come il Padre, non pensa alla quantità ! Egli chiede ai suoi discepoli di diventare segno, canali, testimoni della sua misericordia.

E la Chiesa non può che essere sacramento della misericordia di Dio nel mondo, in ogni tempo e verso tutta l’umanità .

Ogni cristiano, pertanto, è chiamato ad essere testimone della misericordia, e questo avviene in cammino di santità .
Pensiamo a quanti santi sono diventati misericordiosi perchè si sono lasciati riempire il cuore dalla divina misericordia. Hanno dato corpo all’amore del Signore riversandolo nelle molteplici necessità  dell’umanità  sofferente. In questo fiorire di tante forme di carità  è possibile scorgere i riflessi del volto misericordioso di Cristo.
Ci domandiamo: Che cosa significa per i discepoli essere misericordiosi? E questo viene  è spiegato da Gesù con due verbi: «perdonare» (v. 37) e «donare» (v. 38). La misericordia si esprime, anzitutto, nel perdono ... ˆ il perdono infatti il pilastro che regge la vita della comunità  cristiana, perchè in esso si mostra la gratuità  dell’amore con cui Dio ci ha amati per primo. Il cristiano deve perdonare! Ma perchè? Perchè è stato perdonato. Tutti noi che stiamo qui, oggi, in piazza, tutti noi, siamo stati perdonati. Nessuno di noi, nella sua vita, non ha avuto bisogno del perdono di Dio. E perchè noi siamo stati perdonati, dobbiamo perdonare.
Ma lo recitiamo tutti i giorni nel Padre Nostro: “Perdona i nostri peccati; perdona i nostri debiti come noi li perdoniamo ai nostri debitori”. Cioè perdonare le offese, perdonare tante cose, perchè noi siamo stati perdonati da tante offese, da tanti peccati. E così è facile perdonare: se Di ha perdonato me, perchè non devo perdonare gli altri? Sono più grande di Dio? Capite bene questo? Questo pilastro del perdono ci mostra la gratuità  dell’amore di Dio, che ci ha amato per primi. Giudicare e condannare il fratello che pecca è sbagliato. Non perchè non si voglia riconoscere il peccato, ma perchè condannare il peccatore spezza il legame di fraternità  con lui e disprezza la misericordia di Dio, che invece non vuole rinunciare a nessuno dei suoi figli. Non abbiamo il potere di condannare il nostro fratello che sbaglia, non siamo al di sopra di lui: abbiamo piuttosto il dovere di recuperarlo alla dignità  di figlio del Padre e di accompagnarlo nel suo cammino di conversione.

Alla sua Chiesa, a noi, Gesù indica anche un secondo pilastro: “donare”. Perdonare è il primo pilastro; donare è il secondo pilastro. «Date e vi sarà  dato [.] con la misura con la quale misurate [cò che donate n.d.r.], sarà  misurato a voi in cambio» (v. 38). Dio dona ben al di là  dei nostri meriti, ma sarà  ancora più generoso con quanti qui in terra saranno stati generosi.

Gesù non dice cosa avverrà  a coloro che non donano, ma l’immagine della “misura” costituisce un ammonimento:
con la misura dell’amore che diamo, siamo noi stessi a decidere come saremo giudicati, // come saremo amati.
Se guardiamo bene, c’è una logica coerente: nella misura in cui si riceve da Dio, si dona al fratello, e nella misura in cui si dona al fratello, si riceve da Dio! Quanto bisogno abbiamo tutti di essere un po’ più misericordiosi, di non sparlare degli altri, di non giudicare, di non “spiumare” gli altri con le critiche, con le invidie, con le gelosie. No!
Perdonare, essere misericordiosi, vivere la nostra vita nell’amore e donare. Essa - carità  e questo amore - permette ai discepoli di Gesù di non perdere l’identità  ricevuta da Lui, e di riconoscersi come figli dello stesso Padre. Nell’amore che essi - cioè noi - praticano nella vita si riverbera così quella Misericordia che non avrà  mai fine (cfr 1 Cor 13,1-12).
Ma non dimenticatevi di questo: misericordia e dono; perdono e dono Così il cuore si allarga, si allarga nell’amore. Invece l’egoismo, la rabbia, fa il cuore piccolo, piccolo, piccolo, piccolo e si indurisce come una pietra. Cosa preferite voi? Un cuore di pietra? Vi domando, rispondete: [rispondono: “No!”] Non sento bene. [rispondono: “No!”] Un cuore pieno di amore? [rispondono: “Sì!”] Se preferite un cuore pieno di amore, siate misericordiosi!' " .

NOTA
LETTERALE- Luca 11, 4  e perdona a noi i nostri peccati, anche noi infatti perdoniamo a ognuno che si è indebitato con noi καὶ ἄφες ἡμῖν τὰς ἁμαρτίας ἡμῶν, καὶ γὰρ αὐτοὶ ἀφίομεν παντὶ ὀφείλοντι ἡμῖν·
 LETTERALE Matteo 6, 12 e perdona a noi i nostri debiti come anche noi perdoniamo i nostri debitori,
καὶ ἄφες ἡμῖν τὰ ὀφειλήματα ἡμῶν, ὡς καὶ ἡμεῖς  ἀφήκαμεν τοῖς ὀφειλέταις ἡμῶν·

MATTEO :ὀφειλήματα= debiti ; παραπτώματα = colpe
LUCA : ἁμαρτίας= peccati

traducono l’aramaico hoba che significa sia debito che peccato
«Rimetti a noi i nostri debiti, come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori»
(nell’ebraico e nell’aramaico un unico termine, hoba’, designa il «debito» e il «peccato »).

" Il perdono umano è condizione-premessa per ottenere il perdono divino? Oppure, all’inverso, si deve intendere: «Come tu, o Dio, perdoni, così perdoneremo anche noi»? O ancora, Gesù accosta semplicemente i due perdoni, rendendoli paralleli, senza dipendenze causative? Paolo.Ricca conclude: «Comunque si voglia interpretare il nesso tra perdono divino e quello umano, è importante per Gesù che si riconosca che i due perdoni sono indissolubilmente legati tra loro».

( Card. Gianfranco Ravasi , ne "Il Sole 24 Ore" , 28-02-2021- Ego te absolvo )

P. Alberto Maggi (Appunti da Conferenze non verificati da A. Maggi)

" La colpa veniva considerata da Israele un debito da pagare al Signore. Secondo Abboth III,16 (trattato rabbinico) esiste un Libro della contabilità celeste in cui l’angelo di Dio scrive debiti e crediti dell’israelita : Is 43,25 Io, io cancello i tuoi misfatti, per riguardo a me non ricordo più i tuoi peccati.

Il debito di Israele è stato cancellato da Gesù dal  “chirografico” ovvero “ dal certificato di debito” ovvero il “ documento scritto del debito
Col 2,13 Con lui Dio ha dato VITA anche a voi, che eravate morti per i vostri peccati e per l'incirconcisione della vostra carne, perdonandoci tutti i peccati, 14 // annullando il documento scritto del nostro debito, le cui condizioni ci erano sfavorevoli. Egli lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce; Così come gli uomini cancellano i debiti dei loro debitori, Dio ha già cancellato i debiti/peccati dell'umanità  sulla croce di Gesù .

1Gv 4:10 In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione [ cancellazione purificazione ] per i nostri peccati.
1Gv 2:2 Egli è vittima di espiazione per i nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo

Questo non significa che Dio ha un registro dei peccati di ciascuno e prima li annota e poi -quando Gesù glielo chiede- li cancella .

.. La tradizione religiosa insegnava che per ottenere il perdono dei peccati si esigeva un’azione di riparazione da parte dell’uomo nei confronti di un Dio che rinunciava così a punire il colpevole se costui ottemperava alle opere prescritte dalla religione quali sacrifici, digiuni e preghiere etc. (cf Nm 15,22-30). [ Sir 27,30.2 Perdona l`offesa al tuo prossimo e allora per la tua preghiera ti saranno rimessi i peccati.]
La comunità di Gesù ha sperimentato che il perdono concesso dal Padre non è condizionato da alcun tipo di prestazione umana, per questo non chiede che i peccati vengano perdonati, ma cancellati. Questa richiesta va compresa alla luce dell'insegnamento contenuto nell'unico episodio del vangelo di Luca nel quale Gesù condona i peccati, quello della peccatrice, che inizia con queste parole: “Un creditore aveva due debitori: l'uno gli doveva cinquecento denari, l'altro cinquanta. Non avendo essi da restituire condonò il debito a tutti e due” (Lc 7,40). Entrambi i debitori hanno ottenuto il condono dei debiti non per i loro meriti ma per la grande generosità del creditore che li ha cancellati.
Il condono concesso dall'uomo al suo simile non è condizione per quello del Padre, ma la sua conseguenza. Gesù non invita a perdonare i peccati o le colpe degli altri, ma a cancellare i loro debiti. Luca scegliendo il termine “debiti”, anziché peccati, si richiama a quanto prescritto in Dt 15,2 (LXX), dove appare il verbo “essere debitore” in riferimento alla "legge del settimo anno" che prevedeva la cancellazione di tutti i debiti: “Ecco la norma di questa remissione: ogni creditore condonerà il debito del prestito fatto al suo prossimo, quando si sarà proclamato la remissione per Yahvé”. La motivazione che sta alla base di questa Legge è la volontà del Signore come viene espressa nel libro del Deuteronomio: “non vi sarà alcun bisognoso in mezzo a voi” (Dt 15,4).

Israele si sarebbe distinta tra le altre nazioni circostanti per il fatto straordinario che in questa nazione no vi sarebbe stato nessun bisognoso. Ciò era motivato dal fatto che Israele, a differenza dei popoli vicini, era governata dal vero unico Dio, padre per tutti.
Per garantire a tutti la possibilità di una vita dignitosa ed evitare di finire in situazioni di povertà si stabilì che ogni sette anni tutti i debiti dovevano essere cancellati per evitare che diventassero cronici e portassero alla rovina le famiglie.
Il giubileo giudaico [ cf Lv 25,10 ss]:

Dt 15,1 Alla fine di ogni sette anni celebrerete l'anno di remissione. 2 Ecco la norma di questa remissione: ogni creditore che abbia diritto a una prestazione personale in pegno per un prestito fatto al suo prossimo, lascerà cadere il suo diritto: non lo esigerà dal suo prossimo, dal suo fratello, quando si sarà proclamato l'anno di remissione per il Signore.
Le 27:24 Nell'anno del giubileo la terra tornerà a colui da cui fu comprata e del cui patrimonio faceva parte.


Questa legge venne aggirata mediante una dichiarazione, fatta di fronte al tribunale, in virtù della quale il debitore autorizzava il creditore a riscuotere il suo credito in qualunque tempo, anche dopo i sette anni, prescindendo dalla legge del condono.

.. Nel contesto culturale e teologico di questa istituzione si comprende meglio il significato della richiesta del Pater. L'evangelista prende le distanze dall'istituzione della certificazione che permetteva di eludere la legge del settimo anno per riportarsi così alla purezza del disegno primitivo di Dio. Mentre è possibile perdonare le colpe altrui e restare in possesso dei propri averi, il condono dei debiti esige la rinuncia a questi ultimi.


Mt 18,23 A proposito, il regno dei cieli ( quello che chiediamo al Padre) è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. 24Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. 25Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. 26Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. 27Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. 28 Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! 29Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. 30Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito.31Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l`accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell`uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. 33Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? 34E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il debito.
Nella comunità  di Gesù i debiti vengono rimessi continuamente : è il giubileo permanente annunciato da Gesù fondamento del regno messianico.

Nella comunità cristiana non ci sono debitori e creditori perchè c'è la libera condivisione fraterna. Questa condivisione dei Figli , assomiglia a quella che il Padre fa dei suoi beni.
Rm13,8 non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole; perché chi ama il suo simile ha adempiuto la legge.
I cristiani ristabiliscono la comunione tra loro attraverso la libera cancellazione dei debiti ; così ristabiliscono anche la comunione con Dio che sempre cancella i loro debiti  ( verso di Lui cioè i peccati ) .

Affinche si realizzi la libera comunione dei beni è necessario che nella comunità tutti siano liberi. Chi non può restituire diventa debitore, schiavo del suo donatore. Non è libero.

Considerare un fratello come un debitore e’ guardarlo come una persona non libera, come proprio schiavo.

Rimettere i debiti e perdonare le colpe
significa restituire la libertà.
Dio restituisce ai figli la loro libertà cancellando i loro peccati così che possano amarlo non per via del debito che hanno con Lui , ma liberamente. Lo stesso fanno i cristiani.
Ef 4,26-27.31-32  Non peccate (Sal 4, 5); non tramonti il sole sopra la vostra ira, e non date occasione al diavolo. Scompaia da voi ogni asprezza, sdegno, ira. Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo. 
Ef4,32Siate invece benevoli gli uni verso gli altri, misericordiosi, perdonandovi a vicenda come Dio ha perdonato a voi in Cristo.
Mc11,25 Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati».

Filem 1, 10 [Paolo:] ti prego dunque per il mio figlio, che ho generato in catene, 11Onesimo, .... 12te l`ho rimandato...17se dunque tu mi consideri come amico (o Filemone), accoglilo (il tuo schiavo Onesimo) come me stesso. 18e se in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tutto sul mio conto 19 lo scrivo di mio pugno, io, Paolo: pagherò io stesso per non dirti che anche tu mi sei debitore e proprio di te stesso! 20 sì, fratello! che io possa ottenere da te questo favore nel signore; dá questo sollievo al mio cuore in Cristo!
Mt 18, 21 Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». 22 E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette. ( che significa "sempre" )
" perché anche noi" La sola volta in cui nel Pater una petizione viene motivata da una clausola, essa riguarda l'unica indicazione concreta sull'agire dei credenti: "perché anche noi li cancelliamo ai nostri debitori". La comunità non presenta al Padre occasionali buoni propositi per il futuro, ma uno stile di vita del presente, una continua realtà verificabile quotidianamente.

Mentre il mutuo servizio arricchisce la comunità garantendo la presenza del Signore "venuto per servire" l'egoismo l'impoverisce, innescando un devastante processo di dissoluzione che rischia di distruggerla. Per questo il condono del debito e con esso la concessione del perdono, devono essere immediati.

Ogni ritardo nella manifestazione di un amore capace di tradursi in generosa condivisione, non fa che aumentare il debito verso il Padre originato dall'assenza dell'amore e impoverire tutta la comunità: "Non abbiate alcun debito con nessuno, se non quello di un amore vicendevole" (Rm 13,8).

Anche in questa petizione si sottolinea mediante l'uso del pronome/aggettivo ("noi/nostri") che la richiesta non riguarda la generosa disponibilità del singolo credente, ma lo stile della comunità.

Questo comportamento è possibile solo per quanti hanno risposto all’invito di Gesù di lasciare tutto per seguirlo e vivono la beatitudine della scelta per la povertà volontaria .

Nella pratica del condono dei debiti la comunità realizza la volontà di Dio: “Non c’era infatti tra loro alcun bisognoso” (At 4,34).
La fedeltà alla volontà  del Padre permette alla comunità di stare al sicuro dalla tentazione che può distruggerla: quella dell’ambizione, del dominio e del potere. Per questo l’ultima richiesta è: non c’indurre in tentazione . "
Libretto sul Padre nostro F. Armellini

".. Il senso di colpa, la coscienza della propria debolezza e fragilità  sono scolpiti profondamente nel cuore di tutti gli uomini fin dai tempi più remoti. Nella Bibbia sono frequenti le espressioni pessimistiche: Ogni pensiero concepito dal loro cuore non era altro che male... perchè il cuore dell'uomo è incline al male fin dalla giovinezza (Gen 6,5; 8,21). Tutti gli uomini sono peccatori e sono privi della gloria di Dio" (Rm 3,23); Tutti manchiamo in molte cose (Gc 3,2); Se diciamo che siamo senza peccato inganniamo noi stessi (1 Gv 1,8). I

In tutte le lingue antiche il vocabolario che indica l'idea di peccato è molto ricco: il greco, l'accadico, le lingue semitiche hanno ciascuna una decina di termini. L'ebraico ha una ventina di radici verbali per descrivere l' esperienza del peccato. Le immagini più comuni sono: trasgredire una regola, inciampare, deviare, fare un passo falso, fallire il bersaglio, commettere ingiustizia, ribellarsi ad un superiore, fare un torto, comportarsi da folle...
Come togliere il peccato?Una concezione molto diffusa del peccato è quella che lo vede come una "macchia" da lavare o un'"impurità " da eliminare. Chi lo considera in questo modo è convinto che la remissione possa essere ottenuta mediante riti purificatori Ovidio si faceva beffe di coloro che troppo comodamente pensano che "i debiti si estinguono con l'acqua del fiume" (Fasti 2,45-46). Nella Bibbia il peccato non è considerato solo un errore, una scelta infelice, è l'interruzione del dialogo con Dio, è la rottura del rapporto di amore con lo Sposo, è un'infedeltà  nei confronti dell'Alleato.

Le vostre iniquità  -dice Isaia -hanno scavato un abisso fra voi e il vostro Dio (Is 59,2).

Alla ventina di immagini usate dalla Bibbia per definire il peccato, negli ultimi secoli prima di Cristo se ne era aggiunta un'altra che aveva finito per prevalere su tutte: quella del debito nei confronti di Dio. Parlando di debiti, Gesù ci ricorda che non si tratta semplicemente di trasgressioni, sbagli, infrazioni alla legge, bensì di rottura di relazione con lui. Al tempo di Gesù l'immagine del debito era usuale per definire i rapporti uomo Dio e quindi non c'è da meravigliarsi che sia ripresa frequentemente anche nei vangeli.
Che cosa è il perdono di Dio? (Il perdono divino ) Non va confuso con l' amnistia che non ha niente a che fare con il crimine, ma solo con la pena. Nella Bibbia compaiono 2 modi di procedere quando si vuole ristabilire la giustizia a livello giuridico e sono impiegate come immagini del modo con cui Dio fa giustizia.
Il primo è il giudizio, il mishpat . Compare 421 volte nell' AT. E' il modo cui siamo abituati: ci sono un reo e una parte lesa; la parte lesa ricorre al giudice che ristabilisce la giustizia stabilendo, secondo la legge del taglione, una pena proporzionata alla colpa. Compito della pena è segnalare la gravità  del male. Se è punito molto severamente è grave. Il giudice non può perdonare, deve punire. Non può dire: io sono buono e ti perdono.

Possiamo parlare di Dio giudice in questo senso? No! Perchè Dio perdona e invece il giudice non può perdonare.


Ci chiediamo: il mishpat risolve il problema dell' ingiustizia? La risposta è no. La punizione segnala il male non lo elimina. L' esempio più paradossale è la pena di morte. A che serve? A dire che il reato è gravissimo. Per dire che non si deve uccidere, si uccide.

Il secondo sistema è il  rib . Compare 131 volte nell' AT. Succede quando la parte lesa non va dal giudice, ma dal colpevole e gli pone davanti il suo peccato.
Lo scopo del rib è di
- aiutare il colpevole a rendersi conto che sta facendo del male non solo   a chi lo subisce, ma a se stesso
-indurre chi sbaglia a smettere di fare il male, è la sua conversione, è la   sua salvezza.
- tirarlo fuori dal pericolo di rovinarsi la vita, è che lui torni ad essere una   persona felice.
Nel mishpat si accusa il colpevole per condannarlo.Nel rib si accusa il colpevole non per fargliela pagare, ma per ricuperarlo alla vita, per perdonarlo. Nella casa di Zaccheo arriva la salvezza quando lui capisce che non era bello ciò che faceva.
Perchè il rib funzioni è necessario che la parte lesa vada dal colpevole, non mossa da desiderio di vendetta, per prendersi una rivincita e neppure per essere risarcita dei danni, ma solo perchè desidera che l' altro smetta di fare e di farsi del male. L' accusa del rib non è altro che l' offerta del perdono. Non è vero perdono quello di chi, subito un torto, dice che non vuole più pensarci, chiude il discorso e si fa gli affari suoi. Chi perdona realmente non si dà  pace finchè l' altro continua a fare il male.
Proprio perchè ha perdonato va dal colpevole e, proprio perchè lo ama, trova anche le parole giuste per toccargli il cuore. Quando questi capisce che sta facendo il male lo riconosce, confessa la sua colpa. Allora il rib ha avuto successo.

Ma può accadere il contrario: l' altro non accetta il perdono, allora si passa al mishpat, secondo le indicazioni di Gesù, ma non per condannare, ma per trovare un altro modo di perdonare (Mt 18,15-18).
La vita di Gesù è stata tutta un rib , un mettere gli uomini di fronte alle immagini false di Dio e di uomo che stavano seguendo.
La morte di Gesù è il rib definitivo, la definitiva offerta di perdono, che mostra il vero volto di Dio. Il verbo tipico del perdonare è creare: Crea in me, o Dio, un cuore puro (Sal 51,12), un cuore che viva della logica dell' amore gratuito.
Sono tre i modi con cui Gesù manifesta il perdono.
- Mostra indifferenza totale verso il passato fallimentare.
- Scusa, cerca attenuanti: non sanno quello che fanno.
- Si interessa solo del futuro: l'uomo non coincide con i suoi fallimenti, ma con i suoi ideali (Lc 7,45).



 "Condona i nostri debiti"  
: E' la comunità  che vuole accogliere sempre più il rib di Dio.
Il singolo prega per sintonizzarsi sulla logica nuova che troviamo nella denuncia del servo spietato (Mt 18,23-35).
E' la richiesta di assomigliare al Padre nel perdonare. Non posso dire di avere perdonato il debito al fratello se lo lascio nella condizione di continuare a "indebitarsi".

Il nostro perdono, come quello del Padre, significa dare fiducia al fratello, aiutarlo. E' rivolto al futuro più che al passato. La preghiera (del Pater) introduce in questa visione del perdono. "
Non abbandonarci alla tentazioneLEGGI : ARTICOLO


Gc 1,13 Nessuno, quando è tentato, dica: «Sono tentato da Dio»; perché Dio non tenta nessuno al male.Libretto sul Padre nostroF. Armellini

" .. Meglio essere leali con il testo: il verbo greco significa proprio condurre dentro. E si tratta di peirasmos, tribolazione, prova, perciò " Non condurci nella prova ". La prova -per Gesù- è un pericolo da cui guardarsi perchè se si entra sono guai. Vegliate e pregate per non entrare nella ( prova ) tentazione (Lc 22,40) L' immagine di Dio tentatore ha avuto un' evoluzione nella Bibbia. Vediamola.

Nei testi più antichi gli autori si servono di un linguaggio teologicamente ancora molto rudimentale e primitivo. Alcune espressioni che essi utilizzano sono piuttosto scioccanti per la nostra sensibilità .

Qualche rara volta dicono che Dio "eccita" l' uomo a fare il male: "L' ira del Signore si accese contro Israele e incitò Davide a fare il censimento" (2Sam 24,1) cioè a soddisfare la sua ambizione di dominio, oppure affermano che egli invia uno spirito cattivo in qualche persona (1Sam 18,10-11). Il Signore indurì il cuore del faraone (4,21).

Si tratta evidentemente di un linguaggio arcaico. Sono numerosi invece i testi che affermano che egli mette alla prova la fedeltà  dei suoi servi. Abramo (Gen 22,1-19). Israele nel deserto con la manna e con l' acqua (Es 15,25; 16,4).

Se volessimo tradurne il messaggio in termini comprensibili per l' uomo d' oggi dovremmo dire: Dio ha voluto che la fedeltà  del suo popolo fosse stimolata alla crescita da tutti gli avvenimenti in cui era coinvolto.

Non sono difficoltà  programmate e volute direttamente da Dio, sono episodi che appartengono alla storia di un popolo, sono frutto di coincidenze, di fatalità  o di scelte umane. Dio ha saputo servirsene per consolidare la fede del suo popolo.

Nel VI° sec. a.C. Israele viene in contatto con le religioni persiane e da esse riprende l' idea che tutto ciò che c' è di male nel mondo e nell' uomo sia causato dall' avversario di Dio. il diavolo.

Questo personaggio misterioso aiuta a purificare ulteriormente il linguaggio teologico della Bibbia. La frase: Dio incitò Davide a fare il censimento (2Sam 24,1) diviene: Satana incitò Davide a fare il censimento (1 Cr 21,1).

Nonostante l' evoluzione del linguaggio teologico, c' è una tentazione che, anche negli ultimi secoli prima di Cristo, continua ad essere attribuita a Dio senza difficoltà : quella che deriva dalle sofferenze, dalle disgrazie, dalle contrarietà  della vita.

Il maestro Ben Sirac esorta il discepolo con queste parole: Figlio, se cominci a servire il Signore, preparati alla prova (Sir 2,1) e lo rassicura: Chi teme il Signore non incontrerà  male alcuno, ma nella tentazione Dio lo libererà  (33,1).

Queste tentazioni non sono istigazioni al male, sono soltanto occasioni propizie per rendere più ferma la fede del giusto. Quando i rabbini del tempo di Gesù insegnavano: Non c' è uomo che Dio non abbia tentato si riferivano a queste prove educative.

Con il Nuovo Testamento si fa un ulteriore passo in avanti: l' immagine di Dio che tenta non solo è completamente abbandonata, ma viene positivamente esclusa. Nella lettera di Giacomo si afferma:
"Nessuno, quando è tentato, dica: Sono tentato da Dio perchè Dio non tenta nessuno al male. Ciascuno piuttosto è tentato dalla propria concupiscenza che lo attrae e lo seduce" (Gc 1,13-14).

La tentazione intesa come seduzione al male è attribuita a satana.


1Pt 5, 5Anche voi, giovani, siate sottomessi agli anziani. Rivestitevi tutti di umiltà  gli uni verso gli altri, perchè Dio resiste ai superbi, ma dà  grazia agli umili. 6Umiliatevi dunque sotto la potente mano di Dio, affinchè vi esalti al tempo opportuno, 7riversando su di lui ogni vostra preoccupazione, perchè egli ha cura di voi. 8Siate sobri, vegliate. Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare. 9Resistetegli saldi nella fede, sapendo che le medesime sofferenze sono imposte ai vostri fratelli sparsi per il mondo.

1Cor 7, 3Il marito dia alla moglie ciò che le è dovuto; ugualmente anche la moglie al marito. 4La moglie non è padrona del proprio corpo, ma lo è il marito; allo stesso modo anche il marito non è padrone del proprio corpo, ma lo è la moglie. 5Non rifiutatevi l'un l'altro, se non di comune accordo e temporaneamente, per dedicarvi alla preghiera. Poi tornate insieme, perchè Satana non vi tenti mediante la vostra incontinenza.


Gli uomini del nostro tempo sono giustamente restii a credere in un Dio che invia dolori e disgrazie, anche se lo fa a scopo di bene. Preferiscono sentirsi dire che in tutte le situazioni della vita (buone o cattive), in tutte le difficoltà  o avversità  (che derivano da cause naturali o dalla volontà  dell' uomo) Dio è al loro fianco per aiutarli a non uscirne sconfitti.

Si può essere messi alla prova dal dolore. Sir 2,1.4-5: Figlio, preparati alla tentazione. Accetta quanto ti capita, sii paziente nelle vicende dolorose, perchè (Dio) prova gli uomini ben accetti nel crogiuolo del dolore.

Stiamo attenti però a interpretare in modo corretto queste espressioni. In passato la sofferenza è stata presentata, in modo spesso ingenuo, come un dono di Dio, come una grazia speciale.

Oggi siamo sempre più coscienti che un certo linguaggio su Dio non può essere più usato. E' già  un problema serio l' esistenza del male e della possibilità  che l' uomo lo scelga. Fin dai tempi antichi gli uomini si sono spesso chiesti, legittimamente, se non siamo di fronte ad uno sbaglio del progettista.

Ma si può essere messi alla prova anche dal successo. Dt 8,12-14: Quando ti sarai saziato, quando avrai costruito belle case e vi avrai abitato, quando avrai visto il tuo bestiame grosso e minuto moltiplicarsi, accrescersi il tuo argento ed il tuo oro e abbondare ogni cosa, il tuo cuore non si inorgoglisca in modo da dimenticare il Signore tuo Dio.


.. Gesù ha sperimentato le nostre stesse prove. Mat 4,1 Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo.
Egli -dice la lettera agli Ebrei - sa compatire le nostre infermità  perchè è stato messo alla prova in tutto come noi, ( dalla storia non da Dio )  l' unica differenza è che, mentre noi spesso cediamo, egli resistette, vinse sempre; ora, proprio per il fatto di essere stato messo alla prova, è in grado di venire in aiuto di coloro che subiscono la prova ( dalla storia non da Dio) (Eb 4,15; 2,18).

Ora resta da sapere da quale prova chiediamo di essere preservati.


.. Luca usa il termine peirasmos che nelle scritture cristiane indica tentazioni interiori e tribolazioni esteriori , prove della fede che tentano all'apostasia ( = rinnegare la fede) . Il Regno definitivo di Dio tarda a manifestarsi , sembra che nel mondo non cambi mai niente. Allora ci si chiede : " ma non sarà  tutto un bel sogno quello predicato da Gesù. Bello, ma irrealizzabile " .
La tentazione è quella di lasciarsi irretire da questa logica, di abbandonare la sequela ( cioè l'evangelizzazione del mondo) e ripiegare sulle realtà  del mondo , come fanno tutti !.."1Gv2,15 Non amate né il mondo, né le cose del mondo! Se uno ama il mondo, l'amore del Padre non è in lui; 16 perché tutto quello che è nel mondo, la concupiscenza della carne, la concupiscenza degli occhi e la superbia della vita, non viene dal Padre, ma dal mondo. 17 E il mondo passa con la sua concupiscenza; ma chi fa la volontà di Dio rimane in eterno!
A Maggi . Appunti da conferenze non verificati da A. Maggi

.. Nel vangelo di Luca il verbo "tentare/provare" compare solo due volte, nell'episodio del deserto, dove Gesù “per quaranta giorni fu tentato dal diavolo” (Lc 4,2), e quando alcuni, "per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo" (Lc 11,16): in entrambi i casi il verbo assume la connotazione negativa di tentazione.

Il denominatore comune di queste tentazioni è un messianismo spettacolare all'insegna del successo, secondo la visione nazionalista giudaica di un messia trionfante.

Prima del Pater il termine prova/tentazione appare nel vangelo di Luca nell'episodio del deserto quando “dopo aver esaurito ogni specie di tentazione/prova, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato” (4,13), e nella parabola dei quattro terreni, dove il venir meno al momento della prova ha origine nel mancato radicamento della Parola: "Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell'ora della prova vengono meno" (Lc 8,13).


.. Era precisamente questa la preghiera che Pietro avrebbe dovuto fare, ma che egli trascurò, quando entrò nel palazzo del sommo sacerdote e fu colto nella voragine della prova e non ne uscì , così che rinnegò il suo Signore.

.. In questo caso l'evangelista avrebbe usato un termine plurale anziché singolare e avrebbe chiesto al Padre "non c'indurre nelle prove", anziché "nella prova" ("Voi siete quelli che avete perseverato con me nelle mie prove" (Lc 22,28).
La formula della petizione del Pater indica che si tratta di un’unica prova, particolarmente temuta in quanto si può trasformare in un autentico disastro per la comunità stessa ed è la prova della persecuzione e della croce L'invito alla preghiera unisce tematicamente la domanda del Pater alla prova del Getsemani, quando Gesù per due volte dirà ai discepoli: "pregate per non entrare nella prova/tentazione (Lc 22,40.46; ).

La differenza tra la petizione del Pater e la formulazione presente nella narrazione del Getsemani è che in quest'ultimo caso il termine “prova” viene introdotto dal verbo "entrare" anziché "indurre/mettere". Ciò consente di collegare in successione di eventi la richiesta del Pater e il monito del Getsemani.

Mentre nel Pater la preghiera è rivolta direttamente al Padre come colui che può preservare i suoi dal rimanere travolti dalla prova, nel Getsemani l'invito alla vigilanza e alla preghiera non mira a liberare i discepoli da una situazione esterna di pericolo (la cattura di Gesù è ormai inevitabile), ma tende ad evitare che gli stessi ne siano irrimediabilmente vinti e soccombano ad essa.
La richiesta al Padre di non essere condotti nella prova contiene e sottintende quella di non soccombere alla stessa .

La domanda formulata nel Pater intende prevenire i rischi connessi all'essere sopraffatti nella prova, così come era accaduto ai discepoli nel Getsemani.

La prova che può far cadere è quella della croce che richiede la testimonianza di fede fino alla morte.
La morte in croce di Gesù ha fatto perdere ogni fiducia in lui come l’atteso Messia liberatore, come affermano delusi i due discepoli di Emmaus: “Noi speravano che fosse lui quello che avrebbe liberato Israele. Ma siamo già al terzo giorno da quando sono accaduti questi fatti!”.

La morte in croce di Gesù “scandalo per i Giudei, stoltezza per i pagani” (1 Cor 1,21) è stato talmente forte che impedisce l’esperienza di Gesù risorto, come affermano i due discepoli: “Alcuni dei nostri sono andati al sepolcro e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto” (Lc 24,2124).

Per non essere sopraffatti dallo scandalo della croce (Ga 5,11), dove il figlio di Dio muore come un delinquente in mezzo ai banditi, occorre che il discepolo “ogni giorno prenda la sua croce” (Lc 9,23).

La rinuncia a ogni forma di ambizione tesa a dominare gli altri e l’accettazione di essere considerati come Gesù un rifiuto della società farà si che al momento della persecuzione e della prova questa non giunga inattesa, ma considerata come normale conseguenza della sequela a Gesù che ha detto ai discepoli:

“Metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome… Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni d i voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome”
(Lc21,12.16).

Pensate che avevano assicurato Gesù, siamo tutti pronti a morire per te, ma quando da lontano hanno visto le luci delle guardie sono scappati tutti quanti e lo hanno lasciato solo; quindi la comunità che è reduce da questa tragica esperienza che di fronte al momento della prova e della persecuzione tutti sono fuggiti, tutti hanno ceduto, nella preghiera dice: fa’ che nel momento della prova noi non cadiamo, non lasciare che affoghiamo.
Quindi non è una tentazione,  quale possa essere, ma il momento della persecuzione. Chiunque vive fedelmente il messaggio di Gesù, prima o poi incontra la persecuzione ed il rischio che si corre è quello di cedere, quello di lasciarsi andare, invece no, bisogna rimanere fermi ( nella vita di fede ) perché il Signore sta sempre con i perseguitati e mai con chi perseguita.

" Non condurci nella prova > Guidaci fuori dalla prova" La preghiera del Padre Nostro - che cerca la comunione di Spirito con il Padre e con Gesù - allontana dalla tentazione di fare apostasia ( abbandonare la fede)

Lc 22,46 E disse loro: «Perché dormite? Alzatevi e pregate, per non entrare in tentazione
[ peirasmos= tribolazione, prova della FEDE]
Mt 26,41-Mar 14,38 Vegliate e pregate, per non cadere in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole»

Pregate perchè quando siete entrati nella prova ( è il mondo che vi conduce ) il Padre mediante lo Spirito vi conduce fuori dalla tentazione  che è sempre quella di  fare apostasia . 1Cor 10,13 Nessuna tentazione [prova ] è superiore alle forze umane, vi ha sorpresi; Dio infatti è degno di fede e non permetterà  che siate tentati oltre le vostre forze ma, insieme con la tentazione , vi darà  anche il modo di uscirne   per poterla sostenere.
La prova della fede è parte della storia della salvezza : Sir 2,1 Figlio, se ti presenti per servire il Signore, prepàrati alla tentazione.
Sir 33,1 Chi teme il Signore non incorre in alcun male, se subisce tentazioni,
ne sarà liberato di nuovo.

La carne , l'umano, e' debole  e viene tentata dai propri desideri smodati e dalle ideologie e attrattive del potere del mondo, la concupiscenza ovvero il maligno o demoniaco.
La richiesta della comunità non è quella di essere preservata dalle prove che la vita presenta ma dalla apostasia.

Gesù invita a pregare per posizionarsi insieme a Lui ogni giorno (nel)lo Spirito il quale -nella prova della fede- salva dalla apostasia.
liberaci dal male/maligno Libretto del Padre NostroF. Armellini.

" Il verbo impiegato in greco significa: strappaci via dal maligno, liberaci, sottraici ai lacci del maligno. Equivale a : " Padre, spezza il potere del maligno che vuole dominarci per distruggere l ' immagine di Gesù in noi, ( l'Uomo Compiuto)" .



Sia il senso di maligno che di male sono sostenibili. Gli Orientali hanno tenuto il maschile (maligno) gli Occidentali piuttosto il neutro (il male). Trattandosi però di una preghiera giudaica è più probabile che la richiesta sia di essere liberati dal male, da ogni forma di male.

Se intendiamo "che ci liberi dal maligno, dal satana, dal diavolo, " chiediamo che il suo Spirito ci renda forti al punto da non cedere mai, come Lui ha fatto, alla inclinazione verso il male, verso la non-VITA, verso il deturpamento dell' immagine di figli di Dio che ci è stata donata. I biblisti sono concordi nel dire che, probabilmente, il vangelo non ha riportato la solenne esaltazione di Dio: Poichè tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli che era usata dai primi cristiani nella liturgia, come ci è testimoniato dalla Didakè (8,3). Questa dossologia è la conclusione più logica del percorso perchè ci riporta al Padre dal cui amore la preghiera era iniziata. .. "Conclusione Il Padre Nostro non è una recita gradita a Dio nè una supplica rituale ma il promemoria quotidiano della salvezza che gli evangelisti hanno trasmesso per coloro che hanno accolto la Vita nello Spirito. Pregare significa scambiare i propri desideri con quelli di Dio . Questo è lo Spirito con cui Gesù pregava .

Eb 10,7 «Ecco, io vengo - ... - per fare, o Dio, la tua volontà»
Mt 26,42 «Padre mio, ... si compia la tua volontà» .

etc.

- Gesù ha santificato il nome di Dio 
- Gesù è in se stesso il Regno di Dio e lo annuncia , dona ed estende.
- Ha compiuto in se stesso la volontà del Padre, l'Uomo Definitivo, in comunione di Spirito con Lui
- Ha dato se stesso all'umanità come Pane di VITA , Forza che compie l'UOMO e lo risorge da morte.
- Ha sempre perdonato tutti, ovvero ha cancellato "il peccato del mondo" .
- Ha subìto per tutta la vita la prova estrema della fede cui lo ha sottoposto il mondo ed ha chiesto al Padre di non sottoporvi i suoi discepoli.
- Ne è uscito vittorioso liberando in se stesso la creazione-storia dal potere del maligno, la morte .
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